The Last Dance
(docu-serie, episodio 1)
The Last Dance è una docu-serie, ma non sul ballo come qualcuno potrebbe immagine. Parla di basket. Dell'ultima gloriosa stagione dei Chicago Bulls di Michael Jordan.
The Last Dance è una docuserie sul basket, ma non è solo quello. E' anche una macchina del tempo, che viaggia tra il presente, il passato e il passato ancora più passato. Va a spasso tra epoche differenti per cercare di comporre un puzzle unico, un po' come True Detective.
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"Le cose che dice Cannibal Kid hanno ancora meno senso di quelle che dico io." |
Quella per lo sport è stata la prima grande passione della mia vita. Suona strano dirlo oggi, considerando che non me ne frega più niente praticamente di nessuna disciplina, se non per un vago interesse rimasto nei confronti del calcio, nonostante il business che è diventato più che altro mi disgusti. Proprio dal calcio sono partito, quando ero un ragazzino, un vero e proprio kid non ancora cannibal. C'è stato un periodo in cui ho persino giocato, sebbene non proprio a livelli professionistici. Militavo tra le file dei pulcini della terza squadra, su tre, in ordine di importanza della mia città, dopo il Casale e la Junior, ovvero la Ronzonese.
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Pure il logo era scarso |
Perdevamo ogni partita con punteggi tipo 10 - 0. Quando andava bene 10 - 1. E non è che giocassimo contro i pulcini del Real Madrid o della Juventus. Se non ricordo male, nell'intera stagione siamo riusciti a fare un punto solo, pareggiando in trasferta con un sudatissimo 0 - 0 contro la seconda squadra più scarsa del girone. Se la definizione di "scarponi" ancora non esisteva, l'hanno coniata apposta per noi i cronisti sportivi dei giornali locali che avevano la fortuna di assistere alle nostre disfatte. Io ero un titolare inamovibile della squadra. Forse perché in genere eravamo in 11 contati e quindi non c'era manco la possibilità di fare sostituzioni. Quando si ammalava qualcuno, eravamo costretti a giocare in 10. Non che facesse un'enorme differenza. Tanto perdevamo comunque. Penso siamo stati una delle peggiori squadre nella storia dello sport mondiale.
Tutto l'opposto dei Chicago Bulls dell'epoca di Michael Jordan + Scottie Pippen + Dennis Rodman, in pratica. Una delle squadre più forti di tutti i tempi, in qualunque sport. Diciamo ai livelli dell'Inter del triplete guidata da José Mourinho e anche meglio, anche perché questi hanno continuato a dominare l'NBA per vari anni. Dopo 5 campionati vinti, nel 1997/1998 sono arrivati alla fine del ciclo. Alla loro ultima annata insieme allenati da Phil Jackson. Un ultimo ballo, appunto, come lo ha ribattezzato lo stesso allenatore, già all'epoca dai toni nostalgici, figuriamoci oggi. Per chi allora l'ha vissuto da protagonista, così come pure per chi l'ha assistito da semplice spettatore.
Ritornando a me, archiviata la mia non troppo esaltante avventura nella Ronzonese, ho continuato a giocare a calcio. Sì, ma solo nei campetti con gli amici, non più a livello "agonistico". Ho continuato inoltre a seguirlo da tifoso, per la precisione della Juve. Tutta colpa di Roby Baggio. Quando mi sono innamorato del pallone, lui era il giocatore del momento. Era anche il più stiloso, con quel divin codino che anche io cercai maldestramente di farmi crescere.
C'è stato un periodo in cui seguivo tutte le partite. Non allo stadio. Non sono mai stato un tipo da stadio, almeno quello no. Le guardavo in TV, oppure le ascoltavo alla radio. Seguivo persino le partite dell'Intertoto e le amichevoli estive pre-campionato. Ero malato. Poi è arrivato un periodo in cui ho cominciato a seguicchiare anche qualche altro sport. Tipo il ciclismo. Cosa che oggi al solo pensiero mi viene da sbadigliare. Quella però era l'epoca del Pirata Pantani e il ciclismo, per quanto incredibile possa sembrare adesso, era un'avventura entusiasmante e persino rock.
Ritornando a me, archiviata la mia non troppo esaltante avventura nella Ronzonese, ho continuato a giocare a calcio. Sì, ma solo nei campetti con gli amici, non più a livello "agonistico". Ho continuato inoltre a seguirlo da tifoso, per la precisione della Juve. Tutta colpa di Roby Baggio. Quando mi sono innamorato del pallone, lui era il giocatore del momento. Era anche il più stiloso, con quel divin codino che anche io cercai maldestramente di farmi crescere.
C'è stato un periodo in cui seguivo tutte le partite. Non allo stadio. Non sono mai stato un tipo da stadio, almeno quello no. Le guardavo in TV, oppure le ascoltavo alla radio. Seguivo persino le partite dell'Intertoto e le amichevoli estive pre-campionato. Ero malato. Poi è arrivato un periodo in cui ho cominciato a seguicchiare anche qualche altro sport. Tipo il ciclismo. Cosa che oggi al solo pensiero mi viene da sbadigliare. Quella però era l'epoca del Pirata Pantani e il ciclismo, per quanto incredibile possa sembrare adesso, era un'avventura entusiasmante e persino rock.
Per qualche tempo mi sono appassionato anche al basket, rigorosamente quello più spettacolare, quello dell'NBA, guardando NBA su TMC con Guido Bagatta. Lo ammetto: non sono mai stato un tifoso dei Bulls e Michael Jordan non è mai stato il mio idolo assoluto. Il fatto è che era troppo forte e io in quel periodo avevo 15/16 anni e, da bravo adolescente ribelle, avevo cominciato a stare dalla parte degli outsider. Degli eterni sconfitti. In altre parole, tifavo per gli Orlando Magic di Penny Hardaway e Shaquille O'Neal.
Tutta questa premessa per dire che non è necessario essere stati dei fan di Michael Jordan e dei Chicago Bulls degli anni '90 per trovare The Last Dance una visione appassionante, emozionante, a tratti divertente e a tratti persino toccante. Non è nemmeno necessario essere patiti di basket o di sport in generale. The Last Dance racconta bene una storia ricca di risvolti, non solo sportivi. Racconta dei grandi personaggi. La star numero 1 ovviamente è Michael Jordan. Più simile a un Dio, che a un semplice giocatore di basket. Io ho sempre invidiato la disinvoltura di certi sportivi, e di certi cestisti in particolare. E' come se guardassero il mondo dall'alto, e in effetti così è. E' una cosa che non va confusa con la freddezza. Loro in campo sono rilassati, perché si trovan lì a fare la cosa che più amano. Poco importa che su di loro ci siano milioni di occhi puntati.
Al fianco di Air Jordan c'è la spalla perfetta, Scottie Pippen. Ho sempre provato simpatia nei suoi confronti. Per il suo accettare di essere l'eterno secondo alle spalle di un gigante insuperabile come MJ. In praticamente qualsiasi altra squadra del mondo il leader assoluto sarebbe potuto essere lui e invece a lui andava bene essere il gregario. Non ho però mai avuto il coraggio di dire pubblicamente che mi piaceva Pippen. Potete immaginare altrimenti gli sfottò tra ragazzini ai tempi. E forse anche oggi.
Per movimentare la situazione, al fianco di due personaggi tanto impeccabili c'era il "cazzone" di turno. Il "matto" della squadra. Dennis Rodman. Uno showman fuori e dentro dal campo, il re dei rimbalzi noto per i suoi look eccentrici, per la sua imprevedibilità e per le sue faccende di gossip con gente come Madonna e Carmen Electra, e scusate se è poco. In una buona storia come si deve, uno come lui non può mancare.
E come guest star c'è anche Barack Obama, alias "ex cittadino di Chicago".
In The Last Dance c'è insomma tutto: la storia sportiva e umana, i personaggioni e anche la capacità di ricostruire un determinato periodo storico. Perché questa non è solo una docu-serie sul basket. Ve l'ho detto, è una fottuta macchina del tempo.
(voto 7/10)
Tutta questa premessa per dire che non è necessario essere stati dei fan di Michael Jordan e dei Chicago Bulls degli anni '90 per trovare The Last Dance una visione appassionante, emozionante, a tratti divertente e a tratti persino toccante. Non è nemmeno necessario essere patiti di basket o di sport in generale. The Last Dance racconta bene una storia ricca di risvolti, non solo sportivi. Racconta dei grandi personaggi. La star numero 1 ovviamente è Michael Jordan. Più simile a un Dio, che a un semplice giocatore di basket. Io ho sempre invidiato la disinvoltura di certi sportivi, e di certi cestisti in particolare. E' come se guardassero il mondo dall'alto, e in effetti così è. E' una cosa che non va confusa con la freddezza. Loro in campo sono rilassati, perché si trovan lì a fare la cosa che più amano. Poco importa che su di loro ci siano milioni di occhi puntati.
Al fianco di Air Jordan c'è la spalla perfetta, Scottie Pippen. Ho sempre provato simpatia nei suoi confronti. Per il suo accettare di essere l'eterno secondo alle spalle di un gigante insuperabile come MJ. In praticamente qualsiasi altra squadra del mondo il leader assoluto sarebbe potuto essere lui e invece a lui andava bene essere il gregario. Non ho però mai avuto il coraggio di dire pubblicamente che mi piaceva Pippen. Potete immaginare altrimenti gli sfottò tra ragazzini ai tempi. E forse anche oggi.
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"Scottie, potresti essere tu il vero fuoriclasse della squadra. Se solo non fossi una Pippen, ahahah." |
Per movimentare la situazione, al fianco di due personaggi tanto impeccabili c'era il "cazzone" di turno. Il "matto" della squadra. Dennis Rodman. Uno showman fuori e dentro dal campo, il re dei rimbalzi noto per i suoi look eccentrici, per la sua imprevedibilità e per le sue faccende di gossip con gente come Madonna e Carmen Electra, e scusate se è poco. In una buona storia come si deve, uno come lui non può mancare.
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"Matto sarai tu!" |
E come guest star c'è anche Barack Obama, alias "ex cittadino di Chicago".
In The Last Dance c'è insomma tutto: la storia sportiva e umana, i personaggioni e anche la capacità di ricostruire un determinato periodo storico. Perché questa non è solo una docu-serie sul basket. Ve l'ho detto, è una fottuta macchina del tempo.
(voto 7/10)