A Classic Horror Story
Dopo l’Eurovision, gli Europei di calcio, le numerose medaglie alle Olimpiadi, l'Oscar a Laura Pausini (ah, quello non è arrivato?), l’Italia vince a sorpresa anche in campo horror.
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"Marcell, ti piacciono i film dell'orrore?" "Draghi, è lei?" |
I registi di A Classic Horror Story Roberto De Feo e Paolo Strippoli sotto la doccia evidentemente non hanno smesso di canticchiare le parole di Renato Carosone, “Tu vuo' fa' l'americano, 'mericano, mericano, ma si' nato in Italy”, e le hanno prese come lezione. Il loro film ha infatti un respiro molto internazionale, ma non si limita a scimmiottare il cinema ‘mericano, ‘mericano. Il suo punto di forza principale sta nell'affondare le radici nel folklore italiano. Senza spoilerare troppo, A Classic Horror Story a tratti può essere considerato come un Midsommar - Il villaggio dei dannati alla calabrese.
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"Non vedo assolutamente punti di contatto tra i due film" |
Un altro motto da cui i due registi sembrano aver preso ispirazione è quindi: “Think globally, act locally”.
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"Ma stai zitto, Cannibal, che non si capisce quello che dici." |
Questo è il primo goal messo a segno dalla pellicola, che poi fa doppietta grazie al suo giocare in maniera sapiente e ironica con i cliché della “classica storia dell’orrore”.
La terza rete che chiude definitivamente la partita la sigla infine la sempre ottima Matilda Lutz, che con questo film si conferma la Scream Queen, o meglio ancora la Final Girl italiana suprema, dopo averla vista in The Ring 3, Revenge e L’estate addosso. Ah, perché, quello di Gabriele Muccino non era un horror?
(voto 6,5/10)