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BELÌN CHE FAMIGLIA, LA FAMIGLIA BÉLIER!

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La famiglia Bélier
(Francia, Belgio 2014)
Titolo originale: La famille Bélier
Regia: Eric Lartigau
Sceneggiatura: Victoria Bedos, Stanislas Carré de Malberg
Da un'idea di:Stefano Accorsi Victoria Bedos
Cast: Louane Emera, François Damiens, Karin Viard, Luca Gelberg, Eric Elmosnino, Roxane Duran, Ilian Bergala, Clémence Lassalas
Genere: famigliare
Se ti piace guarda anche: Gemma Bovery, Shameless, Glue, Quasi amici

Ciao rincoglioniti, lo sapete cosa diceva il regista francese François Truffaut?
Probabilmente no, visto che siete rincoglioniti. Non offendetevi. Ve lo dico con amore, come fa Paula Bélier con la sua famiglia all'interno del film La famiglia Bélier.
Truffaut diceva: “Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di grande musica faranno la mia felicità fino alla mia morte.
A me basterebbe anche solo un film al giorno per farmi felice, purché sia un fim come La famiglia Bélier.


Una pellicola che parte con le note di “That's Not My Name” dei Ting Tings ascoltata nelle cuffie dalla giovane protagonista Paula Bélier mi mette subito nel mood giusto per una visione quantomeno gradevole. Può sembrare un inizio casuale, invece non lo è. Durante questa scena vediamo Paula cantare, cosa che giocherà un ruolo centrale all'interno della narrazione del film. La fanciulla è una campagnola che sembra uscita da un video dei Mumford & Sons o da una canzone di Johnny Cash. È una ragazzina che non ha ancora avuto le mestruazioni, ma è molto più matura di molte sue coetanee, ed è alle prese con il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, con tanto di stravolgimenti emotivi, sentimentali e sessuali di quelli che solo a quell'età si possono attraversare, ed è pure alla ricerca di capire cosa fare del resto della sua vita. Cosa che tanti, anche con il doppio della sua età ve lo assicuro, non hanno ancora compreso. Paula si trova a dover scegliere tra due possibilità. La prima è la sua monotona, ma nemmeno troppo, vita di tutti i giorni nella cascina di famiglia. Una famiglia quella Bélier che non è di quelle che si vedono tutti i giorni. I suoi genitori e suo fratello sono sordomuti.
Non avete sentito?

Ma che è? Siete sordi pure voi?

Ho detto che i suoi genitori e suo fratello sono sordomuti. Sentito, adesso? Lei no, lei una voce ce l'ha ed è pure una bella voce. Oddio, non so se passerebbe le selezioni di X Factor con qualche giudice un po' severo come Simon Cowell o Morgan, o che fa finta di capirne qualcosa di musica e invece non ne capisce una mazza come Simona Ventura, però possiede una discreta voce. Ad esserne convinto è il suo vocal coach che no, non è Emma Marrone né Elisa, bensì un tizio che sembra Herbert Ballerina, l'amichetto di Maccio Capatonda.

"Suono questa tastiera come se fosse...
una catapulta!"

Ed è qui che Paula si trova di fronte a un'altra possibilità, a un altro futuro possibile per la sua vita. Il suo vocal coach cerca infatti di farla partecipare alle audizioni per entrare in una scuola di canto prestigiosa. Quindi no, nemmeno questa volta sto parlando di quella di Amici. Mi riferisco a una scuola di Parigi. Il problema è che così dovrebbe lasciare la sua particolare famiglia in balia del suo destino. Sapranno cavarsela anche da soli, questi campagnoli sordomuti?
Considerando che il padre si candida in politica come sindaco della cittadina in cui vivono, ce la possono anche fare. D'altra parte, se Berlusconi e Renzi ce l'han fatta a diventare premier, tutto può succedere.


La famiglia Bélier è una pellicola deliziosa, adorabile, ma non adorabile in una maniera plasticosa o stucchevole o pucciosa, adorabile nel senso più bello e bastardo del termine. Perché i francesi sono dei bastardi, lo dico anche in questo caso nel senso migliore del termine. Per quanto siano presenti dei momenti da “volemose bene”, c'è sempre un senso dell'umorismo irriverente e poco politically correct che avvolge tutto, nei confronti della politica (attraverso la figura del sindaco), della scuola (la scelta antiquata di far interpretare le canzoni di quello che potremmo definire il vecchio babbione Baglioni francese), e pure dell'handicap, in una maniera non troppo distante da Quasi amici.


Il pregio principale del film comunque è un altro e sta tutto nel titolo: la famiglia Bélier. La cosa fantastica sono loro. I genitori e il fratello sessuomani, ancor più che sordomuti, e soprattutto lei: Paula Bélier, interpretata dalla strepitosa esordiente totale Louane Emera, che tra l'altro ha appena pubblicato il suo album d'esordio come popstar, finito subito al primo posto dei dischi più venduti in Francia.



La Paula Bélier interpretata da Louane è uno dei personaggi femminili più belli degli ultimi tempi. Una sorta di anti-Cenerentola. Una tipa indipendente, che nonostante le sue forti insicurezze è una ragazza molto forte, che fa il paio con la Fiona Gallagher di Shameless. E a proposito di serie tv...

Una volta finita la pellicola, si vorrebbe saperne ancora di più, di questi personaggi. Si vorrebbe stare ancora con loro. Non dico che voglio andare a vivere dalla famiglia Belier, perché abitano in una cascina in campagna e bleeeeeah che schifo, ci sono gli insetti e le bestie e la puzza. Non mi spiacerebbe però vivere con la famiglia Belier in città. O, se non altro, mi accontenterei di una serie tv a loro dedicata. Io voglio, io pretendo una serie tv a loro tutta dedicata. E poi volevo dire un'altra cosa bellissima e importantissima su una scena stupenda della pellicola, quella in cui Paula si esibisce con il suo pseudo-fidanzatino di fronte a tutta la scuola, solo che mi ha lasciato come il titolo del nuovo programma con Antonella Clerici, cioè...


(voto 7+/10)


ANOTHER ME, UNA SOLA SANSA NON ERA ABBASTANZA?

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Another Me
(UK, Spagna 2013)
Regia: Isabel Coixet
Sceneggiatura: Isabel Coixet
Tratto dal romanzo: Another Me di Cathy MacPhail
Cast: Sophie Turner, Rhys Ifans, Claire Forlani, Jonathan Rhys Meyers, Gregg Sulkin, Geraldine Chaplin, Ivana Baquero, Leonor Watling, Charlotte Vega
Genere: sdoppiato
Se ti piace guarda anche: The Double, Enemy, Il cigno nero

Game of Thrones è una serie piena di ottimi personaggi. Soprattutto i primi tempi, poi quel gran bastardo dell'autore George R. R. Martin si è divertito a fare fuori molti dei migliori uno dopo l'altro. Un po' come in The Walking Dead. Appena un personaggio diventa promettente, ecco che su di lui cala La morte nera.
Il trono di spade - Game of Thrones, che ritorna su HBO con la quinta stagione questa sera, è una serie piena di ottimi personaggi, dicevo. Tra questi NON rientra Sansa. La lagnosissima Sansa Stark. Sansa di lei la serie probabilmente sarebbe meglio, ma purtroppo ce la dobbiamo tenere. Se come personaggio l'ho sempre trovata insopportabile, anche l'attrice che la interpreta, Sophie Turner, non mi ha mai convinto del tutto. Sono anzi convinto che abbassi il livello di recitazione rispetto a ottimi attori come Emilia Clarke e Peter Dinklage di diverse spanne, anche se mai quante Kit Harington, il pessimo Jon Snow che non sa niente.
Sophie Turner però è giovane, quello in Game of Thrones è il suo primissimo ruolo, e nel video di “Oblivion” dei Bastille non se la cava poi nient'affatto male.



Ero quindi piuttosto curioso di vederla alla prova in una pellicola tutta “sua”, da protagonista assoluta. L'occasione è arrivata con il thriller Another Me. A me lei non è mai piaciuta molto nemmeno fisicamente, però quando ho visto la locandina della pellicola ho esclamato: “Maremma, la maiala!” (battuta degna di un film di Paolo Ruffini, lo so, lo so).


Locandina a parte, Another Me non fa esclamare per alcun altro motivo. Al massimo fa sbadigliare. Si tratta di un thrillerino davvero anonimo, interpretato sansa convinzione da Sophie Turner e parecchio derivativo. Sembra di assistere a una copia brutta, ma brutta brutta brutta, de Il cigno nero. Pure qui viene affrontato il tema del doppio, solo in maniera molto meno efficace rispetto al film di Darren Aronofsky ai tempi in cui firmava grandi pellicole e non stava a prendere la pioggia insieme a quel menagramo di Noè. Così come perde anche il confronto con The Double ed Enemy, altre due pellicole recenti incentrate sullo stesso identico argomento.


Sorprende trovare alla regia di questa insipida co-produzione anglo-spagnola Isabel Coixet, regista iberica di cui ammetto di non aver mai visto alcun film, ma di cui avevo sentito parlare bene a proposito di La mia vita senza me e La vita segreta delle parole. Una doppietta di film con protagonista Sarah Polley che dovrebbe – non avendole viste il condizionale è d'obbligo – avere in comune con questo nuovo Another Me il tema a lei caro della scomparsa, della sparizione. Al di là della presenza di questo argomento, affrontato in maniera parecchio superficiale, è davvero difficile scorgere dei segni autoriali all'interno di un filmetto come Another Me che pare buono, al massimo, per una prima serata a bassa tensione di Rai 2, o per una visione in seconda serata tra il sonno e la veglia di Italia 1.

"Certo che so' proprio figa in 'sto film!"

Per quanto io sia appassionato della tematica del doppio, sebbene ormai stia diventando troppo abusata e stia cominciando a stufarmi, e per quanto io di solito in questo genere di thriller adolescenziali ci sguazzi alla grande, Another Me è un film che non regala soddisfazioni, manco dalla colonna sonora o da un personaggio secondario. Niente di niente. La storiella romantica tra la Turner e il belloccio Gregg Sulkin, il tipo che si fa Karma e pure l'amica nella lesbo teen serie Faking It, è inserita così, a casaccio, giusto per proporre due limoni tra i protagonisti.


I personaggi dei genitori sono poi del tutto penosi. Il padre è un derelitto vivente che spia la gente dalla finestra, in pratica una versione scema del protagonista de La finestra sul cortile di Hitchcock. La madre è invece la più grande idiota nella storia dell'umanità: tradisce il marito moribondo con Jonathan Rhys Meyers, e fin lì niente da dire, ma decide di farlo dove?
In macchina sotto casa. Con tutti i posti del mondo, proprio lì.

Va beh gente, dai. Sbaracchiamo tutto. Passi la sospensione dell'incredulità, però a una cosa così non si può davvero credere. Andare in un motel no, eh? E Jonathan Rhys Meyers una casa non ce l'ha? Devono per forza trombare in auto come due adolescenti sotto lo sguardo di quel guardone di marito e di quella guardona della figlia?
Sono disposto a credere che Sophie Turner abbia ATTENZIONE SPOILER! una gemella fantasma stalker FINE SPOILER ma questo no, è davvero troppo.

Another Me è un film che fa acqua da tutte le parti, per non parlare di un finale che fa cascare le braccia e pure la palle. Non si può nemmeno addossare troppo la colpa a Sophie Turner la quale, lungi dall'essere anche solo lontanamente convincente, non è nemmeno tra le cose peggiori del film e anzi almeno a livello fisico convince parecchio. Anche tutto il resto del cast recita male, pure Claire Forlani che negli anni '90 sembrava una promessa (mai mantenuta) del cinema, e perfino Jonathan Rhys Meyers, un tipo che io proprio non capisco. Fossi in lui la smetterei di girare filmacci come Shadowhunters, Shelter - Identità paranormali e questo, o seriacce come Dracula, e di professione starei a fare soltanto il figo 24 ore su 24.

"Come siamo caduti così in basso, come?"

Interpreti svogliati a parte, il difetto principale di Another Me è una sceneggiatura scritta coi piedi. Tanto che ti chiedi: ma sarà più colpa della regista e autrice dell'adattamento Isabel Coixet o dell'autrice del romanzo omonimo da cui è tratto, tale Cathy MacPhail, che non ho letto ma che mi immagino come un Harmony young adult dalle vaghe tinte mystery?
Questa domanda è destinata a rimanere sansa risposta. E lo so, lo so, anche le battute e i giochi di parole di questo post sono stati scritti coi piedi.
(voto 4/10)

FAST AND FURIOUS TETTE

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Fast & Furious 7
(USA, Giappone 2015)
Titolo originale: Furious 7
Regia: James Wan
Sceneggiatura: Chris Morgan
Cast: Vin Diesel, Paul Walker, Jason Statham, Dwayne Johnson, Michelle Rodriguez, Jordana Brewster, Tyrese Gibson, Ludacris, Nathalie Emmanuel, Kurt Russell, Lucas Black, Elsa Pataky, Djimon Hounsou, Ronda Rousey, Noel Gugliemi, Iggy Azalea, Jocelin Donahue
Genere: fast & fool
Se ti piace guarda anche: tutti gli altri Fast & Furious

Più che un semplice film, Fast & Furious 7 è un bignamino dell'intera serie.
Fast & Furious 7 è quasi uguale a Fast & Furious 6 che era molto simile a Fast & Furious 5 che era proprio come Fast & Furious 4. In più omaggia brevemente il disprezzato e sottovalutato Fast & Furious: Tokyo Drift. Una cosa che non tutti magari ricordano è che Fast & Furious 4, 5 e 6 sono in realtà prequel del terzo episodio. Il capitolo giapponese era quindi ambientato nel futuro, benché ci fossero auto e musica del 2006 e quindi la cosa non ha molto senso, ma è meglio non farsi troppe domande sulla verosimilità, quando si parla di Fast & Furious.
Inoltre, il settimo episodio dà un maggiore spazio ai siparietti comici di Ludacris e di uno scatenato Tyrese Gibson, che erano tra i protagonisti della seconda pellicola, e soprattutto va a recuperare almeno in piccola parte le atmosfere del primo leggendario capitolo. Se non altro all'inizio, quando finalmente fanno ritorno le sfide in auto, che poi erano l'elemento centrale della prima pellicola, poi purtroppo messo via via sempre più in un angolino. Con la scena di Michelle Rodriguez che sfida in auto la rapper Iggy Azalea si torna finalmente a correre. Broom broom.

"Iggy, mi piacciono le tue canzoni, eheheh."
"Canzoni... certo, adesso si dice così."

Fine della corsa. Il resto del film prosegue infatti sui territori degli ultimi episodi, con meno sfide in auto e più intrecci da action tradizionale. La cosa figa di questa puntata è che viene premuto costantemente il pedale sull'acceleratore delle assurdità. Nessun freno. Qua l'auto del kitsch e della tamarraggine sfreccia ai 100 all'ora...
100 all'ora?
Una volta si diceva così, adesso sarebbe meglio dire ai 300 all'ora.

Il divertimento principale in F&F 7 è allora quello di contare le scene oltre ogni limite della follia e dell'inverosimile. Il lancio delle auto con il paracadute ad esempio è una delle più grandi tamarrate mai viste in vita mia. Pensavo che peggio (o meglio, a seconda dei punti di vista) di così non si potesse fare, invece il film regala un numero impressionante di altre sequenze devastanti, che fanno apparire ogni pellicola con Will Smith finora realizzata come puro neorealismo al confronto.
Il primato delle scene più assurde se lo gioca il compianto Paul Walker che riesce a salvarsi da un camion sul precipizio. Oppure c'è qualcosa di più pazzesco?
Il top dei top è forse il doppio (perché uno solo sarebbe stato troppo poco) salto dei grattacieli in auto ad Abu Dhabi.
Anzi no, mi correggo ancora: probabilmente meno credibile in assoluto è quella della sgnacchera Nathalie Emmanuel che salta tra due macchine in corsa. Questo perché, se Dom Toretto e compagni da bravi stunt sono soliti fare numeri del genere per passare le loro tranquille giornate, lei in teoria è una hacker che queste robe non le aveva mai fatte prima. Lo stesso Ludacris commenta dicendo: “Ce l'ha fatta. Come, non lo so” a dimostrazione di quanto se non altro la serie stessa si renda conto in maniera ironica di quali follie sempre più folli riesce a tirare fuori ogni volta.

Un altro momento clou del film è Ronda Rousey che sfida Michelle Rodriguez. A colpi di botte?
Non solo. Soprattutto a chi recita peggio e anche a chi è meno femminile.

"Sarò io la peggior attrice dell'anno su Pensieri Cannibali!"
"No io, stronzetta!"

Se le due muscolose fanciulle non sono proprio il mio genere di uom... ehm, di donna preferito, la rivelazione gnocchesca della pellicola è invece la citata Nathalie Emmanuel. Già l'avevamo vista come mamma l'ha fatta in Game of Thrones, una serie in cui d'altra parte non puoi essere ingaggiato se non firmi una clausola in cui dai la disponibilità a spogliarti, ma qui nel ruolo della sexy hacker poco hacker e molto sexy è ancora meglio.


"Complimenti Nathalie, sei riuscita a scovare dei tipi più tamarri di Khal Drogo.
Quand'è che me li presenti?"

Sul piano delle sfide, se a livello di figosità Nathalie Emmanuel non conosce rivali, in quanto a chi è più tamarr... volevo dire più action hero ci sono vari scontri. Jason Statham ha il ruolo di un cattivone che più stereotipato non si potrebbe, ma va beh chiudiamo un occhio, e se la prende per prima cosa con The Rock. In seguito a un'esplosione, quest'ultimo cade da un grattacielo sopra il cofano di un'auto ed è ancora vivo. Si chiama mica The Rock per niente.

"Sono io il più tamarro!"
"No, ueeeee, sono io."

"Dilettanti.
Il re degli zarri resto sempre io."

In ospedale, quando si sveglia, la prima cosa che The Rock chiede sono dei pesi per tenersi in allenamento e poi domanda di incontrare Dom Toretto. Dom Toretto/Vin Diesel che pure lui se la dovrà vedere con quel bruto di Jason Statham, addirittura in un doppio combattimento di strada. Come andrà a finire ve lo potete già immaginare.

Una delle scene più sobrie della pellicola.

Se il film dà il tutto e per tutto sul versante action, c'è però spazio anche per qualche momento più riflessivo, per una celebrazione della famigghia come d'altra parte accadeva già nei capitoli precedenti, e pure per qualche sentimentalismo. Vin Diesel per esempio a inizio film viene scaricato da Michelle Rodriguez con la stessa scusa con cui Joey mollava Dawson: “Devo trovare me stessa.” E così anche uno come Vin Diesel finisce nella friend zone, chi l'avrebbe mai detto?


Il momento più forte a livello emotivo è in ogni caso riservato alla fine e riguarda naturalmente il compianto Paul Walker. Se si è disposti a stare al gioco, le due ore di pellicola passano in maniera piuttosto divertente e godibile, grazie anche alla regia di James Wan, quello di Saw - L'enigmista, Insidious e L'evocazione - The Conjuring, che riesce a ridare un po' di brillantezza alla serie dopo la spenta sesta puntata, nonostante io almeno una mezz'ora di inseguimenti e combattimenti vari l'avrei tranquillamente tagliata in sede di montaggio. Alla fine, dopo tanta tamarraggine, tanta azione, tante assurdità, tante tette, tanto tutto, Fast & Furious 7 riesce perfino a commuovere.
Hey, un momento, cooosa???
Ebbene sì. Anche i tamarri hanno un cuore e sanno come far venire gli occhi lucidi.
(voto 6/10)

IL GIOVANE FAVOLOSO VISTO DA... GIACOMO LEOPARDI

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Il giovane favoloso
(Italia 2014)
Regia: Mario Martone
Sceneggiatura: Mario Martone, Ippolita Di Majo
Cast: Elio Germano, Michele Riondino, Isabella Ragonese, Edoardo Natoli, Massimo Popolizio, Raffaella Giordano, Anna Mouglalis, Paolo Graziosi, Iaia Forte, Gloria Ghergo
Genere: biopic
Se ti piace guarda anche: Bright Star, La teoria del tutto, Wilde, The Hours, Amadeus, Last Days

O gentili lettori, or dunque eccomi, in codesta sede virtuale, per ragguagliarvi circa l'ultima pellicola ch'io ho veduta al cinematografo.
Ah, il cinematografo, quale invenzione assurda e magica di cui ancora non mi capacito. Quando nel buio della sala mi ritrovo, penso che forse la Natura non è poi così crudele. Subito dopo però un altro pensiero meno lieto mi balena e a me stesso dico: “Giacomo, di essere tanto ottimista smettila. Smettila subito!”
Sono stato chiamato mica il primo emo della Storia per niente. Qualcuno ha detto che ho anticipato pure Kurt Cobain. Forse han ragione. “Smells Like Teen Spirit” è un po' quel che per me “L'infinito” è stato. Un tormentone. Un successo arduo da scrollar via dalle nostre spalle fragili.
Se confermar tal paragone con Cobain io posso, altre illazioni fatte sul mio conto smentir io voglio. Una volta per tutte dico che no, ne Il sabato del villaggio il verso “La donzelletta vien dalla campagna” non si riferisce a Taylor Swift e alla sua svolta dal genere country al pop. E no, A Silvia della Toffanin non parla. Pier Silvio, tranquillo, portar via non te la voglio, anche se due bottarelle...

Ecco la vera Silvia.
Non tutti lo sanno, ma gli smart phone esistevan già nell'Ottocento.
Poi son passati di moda e solo di recente son tornati in uso.

Quale epoca strana il mondo di oggi in cui viver. Già l'Ottocento faceva abbastanza schifo, ma quando mi ritrovo ad accender quell'aggeggio infernale che voi chiamate TV penso che forse poi così mal non era. Una volta chiamavan me Conte, adesso ce l'han tutti con quel tipo agghiacciande. E allora meno male, meno male che c'è il cinematografo. Viva viva la fregna e viva viva il cinematografo!

"Se ti dedico una poesia me la smolli?"
"Per venire con te, minimo mi devi dedicare un'operetta morale."

Anche se pur lì di cose brutte io ne ho viste assai. Quando m'han detto che volevan girar un lungometraggio sulla mia leggendaria figura, io a quella flebo di Turner ho ripensato e ai produttor ho risposto: “Non vogliate incomodarvi, ve ne prego.” Poi ho ceduto per 10.000 fiorini in gettoni d'oro e per il numero di telefono di Isabella Ragonese, che le fan far la parte di quella frigidona di mia sorella, povera stella, ma du botte pure a lei...

"Guarda Giacomo, sei stato pubblicato su Pensieri Cannibali."
"Ma questo è il riconoscimento più importante della mia intera carriera!"

E così il lungometraggio sulla mia più o meno favolosa vita venne girato e io lo vidi. Confesso che non mi son ritrovato poi tanto in quell'Elio Germano. Bravo è bravo, lo si riconosca, ma io avrei immaginato qualcun più simile a Ryan Gosling, lui sì sarebbe stato perfetto nei miei panni. O anche Chris Hemsworth. N'è uscita invece una version di me a metà strada tra Toni Servillo ne Il divo e il Gollum de Il Signore degli Anelli. Son mica così, io. Son mica così.


A parte quest'impressione nella descrizione fisica, il ritratto dipinto dal regista Mario Martone è favoloso assai. Son rimasto affascinato dalla colonna sonora composta da Sascha Ring alias Apparat che mi ha riportato alla mente le atmosfere dei Sigur Ros. Son rimasto incantato dai paesaggi, da Napoli e persino dalla mia Recanati che a ripensarci in passato ho maltrattato un pochino. Son rimasto sorpreso di come abbian tirato fuori pensier miei che credo di non aver rivelato a nessun'anima viva mai. Ma che è? Han letto il mio diario personale di nascosto, 'sta manica di impiccioni?
In alcuni tratti il lungometraggio gira un po' a vuoto, qua e là una manciata di lungaggini emergono, personalmente avrei inserito qualche scena più hot con il mio personaggio, smentisco nella maniera più categorica di esser vergine e anzi con il mio avvocato sto valutando una possibile causa per diffamazione riguardo a quanto sostenuto dal film, ma nel complesso ho gradito, sì gradito, sovente ho applaudito e alla fine mi si è smosso pur qualcosa dentro.

Ora vi lascio con un'anticipazione in esclusiva per codesto blog del mio ultimo componimento poetico. Se volete la versione integrale, l'abbonamento Premium vi tocca fare.

Sempre cara mi fu quest'Hermione,
e questa Emma Watson, che è tanta roba
talmente tanta che nessun guardo la esclude.
Così tra questa immensità s'annega il pensier cannibale mio,
e il naufragar m'è dolce in questo film.
(voto 7,5/10)

"Che du palle 'sto Leopardi...
Io mi leggo Hunger Games!"

CAGNERENTOLA

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Cenerentola
(USA, UK 2015)
Titolo originale: Cinderella
Regia: Kenneth Branagh
Sceneggiatura: Chris Weitz
Cast: Lily James, Cate Blanchett, Richard Madden, Holliday Grainger, Sophie McShera, Helena Bonham Carter, Stellan Skarsgård, Ben Chaplin, Hayley Atwell, Nonso Anozie
Genere: melenso, anzi zucchesco
Se ti piace guarda anche: Maleficent, Into the Woods, Once Upon a Time

C'era una volta un blogger che adorava le fiabe.
Non so come si chiamasse, ma di certo di nome non faceva Cannibal Kid. Questo perché Cannibal Kid ha sempre odiato le fiabe. Sempre sempre in realtà no. C'è stato un periodo in cui, se non si può dire che le abbia del tutto amate, le ha se non altro tollerate. Quel periodo risale a non troppi anni or sono, quando prodotti come i primi 2 Shrek o le prime stagioni della serie tv Once Upon a Time avevano portato all'interno del genere una ventata d'aria fresca. Per non dire un vero e proprio tornado, capace di prendere racconti e personaggi della tradizione popolare universalmente noti e proporli in una veste nuova, dotata di una forte ironia e di un'impronta moderna/postmoderna.
Il successo di Once Upon a Time ha però - ahinoi - portato più disgrazie che gioie all'interno del Regno della Fantasia. La serie stessa si è trasformata in una soap-fantasy con sempre meno fantasy e sempre più soap. Dopo aver visto le pure pucciosissime versioni in carne e ossa di Elsa e Anna di Frozen, persino il coraggioso Cannibal Kid ha dovuto cedere e non è più riuscito a proseguire nella visione di Once Upon a Time. Al cinema è stato poi un vero e proprio disastro, con un rifiorire di fiabe per il grande schermo rilette con sempre minore originalità e con risultati via via sempre più disastrosi. Dalla Biancaneve kitsch versione Tarsem a quella pseudo action con Kristen Stewart, fino ad arrivare alla buonista Angelina Maleficent Jolie e all'agghiacciante e inascoltabile musical Into the Woods.

Mentre il panorama favolistico cinematografico si faceva desolato, il povero Cannibal Kid passava il tempo a piangere, all'interno del favoloso castello del suo Regno Cannibale. Per rallegrare le sue giornate si trovava così costretto a dilettarsi con punizioni fisiche nei confronti del suo acerrimo nemico, il perfido stregone James Ford. Una volta fatto finire in coma quest'ultimo, dopo uno scherzetto un po' più pesante del solito, Cannibal si trovò all'improvviso senza più nulla di divertente da fare e decise così di accettare l'invito del Principe Azzurro con il volto di Richard Madden di Game of Thrones per partecipare all'anteprima dell'ultimo film che lo vedeva protagonista: Cenerentola, con regia di Kenneth “vorrei essere Shakespeare ma sono nato nell'epoca sbagliata” Branagh e produzione - ovviamente - Disney.


Cannibal invero esitò non poco ad accettare l'invito. Non tanto perché fosse spaventato dalla visione dell'ennesimo film favolistico, e credetemi lo era, ma più che altro perché non aveva niente da mettersi per un'occasione di gala tanto glamour. Mentre era lì lì che temporeggiava nel dare una risposta ad Azzurro, ecco che all'improvviso dal nulla gli apparve di fronte un tizio che disse di essere la sua fatina. Cannibal gli rispose con lo sguardo corrucciato: “Ma te non sei una fatina, te sei Calvin Klein”.
Lo stilista tirò fuori la sua bacchetta magica. No, nessun riferimento sessuale, siamo pur sempre dentro a una fiaba, e poi Calvin Klein è uno dei pochi stilisti non gay. Forse. In un battibaleno CK fece a Cannibal Kid un elegantissimo abito su misura che gli calzò a pennello. Dopodiché Cannibal gli disse: “Ok, grazie mille, Calvin, però mi manca ancora qualcosa per poter partecipare all'evento: un mezzo di trasporto adeguato. Pensi di potermela procurare una Porsche?
Al ché lui rispose: “Una Porsche? Ti rifilo due schiaffoni e una zucca trasformata in carrozza, questo è il massimo che posso fare.
Mesto, Cannibal lo congedò: “Va beh, grazie lo stesso, Calvin. Alla prossima fiaba.
Con un vestito super raffinato e con quella patacca di carrozza che si ritrovava, Cannibal si recò così all'anteprima mondiale di Cenerentola, che si tenne a Gardaland. A quanto pare Disneyland era già impegnata da Topolino che doveva fare non ho capito bene cosa insieme a Minnie, Paperina e quella zoccola di Puffetta.

Iniziò la proiezione del film e Cannibal Kid cominciò a essere sommerso da una melassa assurda. Non in senso figurato. Usciva proprio dallo schermo. Cenerentola era una pellicola talmente sdolcinata e buonista, soprattutto nella prima angosciante parte, che avrebbe fatto venire il diabete persino a uno che si chiama Zucchero. Seguendo il motto della madre della protagonista Ella, “Sii gentile e abbi coraggio”, Cannibal cercò eroicamente di farsi forza e avere coraggio. Molto coraggio. Soprattutto per vedere le terribili interpretazioni di Ben Chaplin  e Hayley Atwell nei panni dei genitori di Ella.



Cannibal si ricordò in quel momento di quanto odiava le fiabe. Tutte, ma in particolare una, proprio quella: Cenerentola. Non aveva mai capito come una storia del genere, che presentava una visione della donna così medievale, potesse essere apprezzata tanto soprattutto dal pubblico femminile.
Riguardo alla nuova versione della fiaba realizzata da Kenneth Branagh, prima della visione Cannibal aveva sentito delle dichiarazioni del regista che parlava della sua Cenerentola come di una eroina femminista.
Ma dove???
A quest'ora senza Principe sarebbe ancora in soffitta a cantare dei pezzi che persino Orietta Berti si rifiuterebbe...

Cannibal si ricordò anche che Cenerentola era tipo il personaggio più insopportabile nell'intera storia della narrativa mondiale, fiabe o non fiabe. Una tipa troppo buona e gentile per essere vera. Persino Madre Teresa si sarebbe incazzata a un certo punto, lei invece no. Santa Cenerentola sopporta di tutto e quindi ci credo che la matrigna e le sue due sorellastre si comportano da bulle nei suoi confronti. Vogliono soltanto metterla alla prova per vedere fino a che punto regge, ma lei niente. Non reagisce mai. Non dà la minima soddisfazione. In questo senso l'attrice che la interpreta si è rivelata perfetta. Lily James, che Cannibal non si stupì nel saper provenire da quella flebo di Downton Abbey, è talmente anonima nella sua pur perfetta fredda bellezza, da risultare la scelta ideale per un personaggio odioso come Ella. Un'attrice insipida e anche abbastanza cagna a recitare, al punto che da ora in poi ci riferiremo a lei come Cagnerentola e fanculo il politically correct...
Ooops, scusate la parolaccia. Mi sono dimenticato di essere dentro a una fiaba.


Dunque, miei cari lettori, dove eravamo rimasti?
Ah sì, c'era una volta questa Cagnerentola che non si sa perché fece subito colpo sul Principe Azzurro. Cioè, questo si trova a disposizione quella gran fregna di Anastasia al secolo Holliday Grainger, e preferisce quella sciacquetta di Cagnerentola?


Per fortuna allora che, se non altro, in mezzo a questo tripudio del buonismo e della celebrazione della Santità di Cagnerentola ci sono le sorellastre, la citata Anastasia e Drisella, bruttarella ma comunque più chiavabile di quella frigidona di Cagnerentola. Quindi c'è la matrigna, una Cate Blanchett che Cannibal ha sempre trovato sopravvalutata ma dalla quale si aspettava comunque di più. La Blanchett perde nettamente il confronto con altre cattivone da fiaba come Lana Parrilla di Once Upon a Time o l'esilarante Julia Roberts del per il resto dimenticabile Biancaneve.

"Cagnerentola, un Oscar come me non lo vincerai mai, quindi abbandona subito il mestiere di attrice.
Lo dico per il tuo bene, eh."

Nonostante tutto, è la Blanchett a tenere viva l'attenzione un film che altrimenti per il povero Cannibal sarebbe risultato davvero insostenibile. Lei, insieme all'idolesco gatto Lucifero e a un'ottima Helena Bonham Carter, che nei panni della fatina regala gli unici momenti divertenti di una visione per il resto troppo seriosa e noiosa.


Al di là della più o meno simpatica comparsata della fatina, tutto il resto della visione scivola via prevedibile e già nota. Più che un film, un cinerantolo del genere fiabesco. Una rilettura della celebre storia tragicamente priva di personalità, senza un briciolo di inventiva o di modernità e che in conclusione propina pure l'immancabile lieto fine. #mainagioia

Ciliegina sulla torta, proprio quando dopo la proiezione Cannibal Kid stava per conoscere la bella Holliday Grainger, ecco che scoccò la mezzanotte e la sua carrozza cominciò a trasformarsi in una zucca, mentre il suo abito di Calvin Klein svanì lasciando il povero protagonista della nostra storia in mutande, tra le risate generali.
Cannibal scappò quindi via, a piedi giacché non aveva più manco una carrozza. In compenso rimase con la zucca. Una volta tornato a casa, dopo una lunga scarpinata, incise la zucca e, preso dalla rabbia, la intagliò creando un volto minaccioso. Questa è la fiaba di come nacque la prima mitica zucca di Halloween.
(voto 4,5/10)


Grumpy Cat al termine della visione del film.
Ha accennato un sorriso soltanto nelle scene con il gatto Lucifero.

AL CINEMA CON MIA MADRE

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Settimana potenzialmente clamorosamente interessante nei cinema italiani, questa qua. C'è il ritorno di Nanni Moretti con un film dal buon potenziale e poi ci sono un paio di pellicole che usciranno in una manciata di sale, ma si preannunciano come delle sorprese positive.
Per sapere tutto – tutto si fa per dire – sulle uscite della settimana, leggete qui sotto i commenti miei e del mio nemico blogger – blogger si fa per dire – Mr. James Ford.

Mia madre
Cannibal dice: Non so davvero che aspettarmi, da questo nuovo film di Nanni Moretti, uno che mi piace parecchio, però ha anche una personalità talmente forte che certe volte oscura la stessa pellicola che interpreta. Con questo Mia madre sembra tornare dalle parti seriose de La stanza del figlio, che pure all'epoca avevo apprezzato, ma non so... Preferisco il Moretti più ironico. E poi qui c'è quella lagna di Margherita Buy, la James Ford del cinema italiano.
Ford dice: Moretti mi è sempre stato sul cazzo. Anche se, in tutta onestà, i suoi primi film - quando ancora era ironico e non radical chic serioso - li ho davvero adorati. Purtroppo, questo Mia madre mi pare più dalle parti de La stanza del figlio - che non mi entusiasmò per nulla - che non di Caro diario. Come se non bastasse ritroviamo Margherita Buy, la Katniss Kid del Cinema italiano.

Nanni Moretti dopo aver letto le parole di Ford.

Black Sea
Cannibal dice: C'è una cosa che odio... okay, ce ne sono due. La prima la conoscete tutti ed è La Cosa che commenta qua sotto. La seconda sono i film ambientati dentro i sottomarini. Mi spiace per il buon Jude Law, ma mi sa che a immergermi in una visione del genere non ce la faccio.
Ford dice: se fossimo ancora tra gli anni ottanta e novanta con in ballo la Bigelow o Sean Connery potrei anche essere curioso rispetto a questo film, ma Jude Law, putroppo, non basta. Probabilmente si inabisserà come spero possa accadere presto al blog del mio rivale qua sopra.
Jude Law dopo aver letto le parole di Ford.

Citizenfour
Cannibal dice: Io di docufilm in genere ne vedo uno all'anno e in genere li adoro: di recente è successo con i capolavori Sugar Man e The Act of Killing, chissà che il miracolo non si ripeta con il documentario premio Oscar dedicato allo scomodo Edward Snowden, un informatico vero, mica come il ridicolo Chris Hemsworth del ridicolo Blackhat.
Ford dice: i documentari sono un terreno da sempre considerato fertile, dal sottoscritto - al contrario del finto intenditore di Cinema che mi ritrovo come compare di rubrica -, e questo Citizenfour potrebbe rivelarsi l'uscita più interessante della settimana.
Sarà una conferma come lo splendido Blackhat o una fuffa tutta scena come il sopravvalutato Birdman?
Edward Snowden dopo aver letto le parole di Ford da' il via al Fordgate.

Le vacanze del piccolo Nicolas
Cannibal dice: Film francese sul periodo pre-adolescenziale?
J'adore!
Anche se non escludo si possa rivelare una bambinata fordianata vaccata clamorosa...
Ford dice: ai tempi, non concessi la visione - o forse la persi senza accorgermene, non ricordo - del primo film con protagonista il piccolo Nicolas, e per il momento non credo andrò in caccia di questa seconda. Attenderò il parere del Coniglione numero uno della blogosfera, e se dovesse proprio fargli schifo, allora correrò a recuperarlo al volo.

Un gruppo di bambini che hanno appena imparato a leggere,
dopo aver letto le parole di Ford.

The Fighters - Addestramento di vita
Cannibal dice: Altra pellicola francese, altra pellicola che sembra meritare una chance. Questa ancor di più. Anche perché, a dispetto del titolo, sembra tutto fuorché un becero action fordiano da trogloditi. Tra Mia madre e Citizenfour, potrebbe a sorpresa essere questo il film della settimana?
Ford dice: non ricordo in quale momento, in questi giorni ancora elettrici per l'esaltazione fornita da Fast and furious 7, mi è parso di vedere il trailer di questo finto survival very radical. Inutile specificare quello che ho pensato. Non vorrei che Peppa Kid si scandalizzasse e corresse a dirlo alla maestra.
Un ragazzo e una ragazza sono scappati lontani dalla tecnologia dopo aver letto le parole di Ford.

Figlio di nessuno
Cannibal dice: Ford, se consigli questo film serbo pseudo autoriale sei proprio un brutto figlio di...
Nessuno. Ahahah :D
Ford dice: l'unico Nessuno che conosco, senza contare l'Odissea, è il neurone che crede di abitare nell'antro che sta tra le orecchie del Cannibale. E purtroppo me lo devo sciroppare più di quanto non vorrei.
Un giovane fan di Cannibal Kid dopo aver letto le parole di Ford.

UN FESTIVAL PIENO DI ITALIANI E NON È SANREMO, MA CANNES

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È stato annunciato poco fa il programma del Festival di Cannes 2015 e gli appassionati di cinema, ma soprattutto chi non ha niente di meglio da fare come il sottoscritto, sono qui a commentarlo apposta per voi. La lista di autori in lizza quest'anno per la Palma d'Oro è davvero impressionante e ci sono un sacco di pellicole dal potenziale esplosivo. L'edizione 2015, che si terrà dal 13 al 24 maggio, sembra proseguire il trend positivo del cinema italiano che, al di là delle commediole commerciali che affollano le nostre sale ogni settimana, tra festival e premiazioni varie non se la sta passando troppo male. Quest'anno a Cannes saranno ben tre gli italiani che si contenderanno la vittoria nella selezione principale del Concorso, cosa che non accadeva dai tempi in cui Berlusconi NON aveva i capelli, ovvero una ventina d'anni.


I tre moschiettieri del cinema italiano (definizione che probabilmente sentirete molto spesso nelle prossime settimane, quindi cominciate a farci l'abitudine) sono Paolo Sorrentino, fresco di Oscar, Nanni Moretti, fresco di previsione delle dimissioni del Papa con il suo Habemus Papam, e Matteo Garrone, fresco di sua revisione personale del mondo dei Reality.
Come i tre hanno tenuto a comunicare a reti e comunicati stampa unificati: “Siamo felici e orgogliosi di rappresentare l’Italia in concorso al prossimo Festival di Cannes. Siamo consapevoli che è una grande occasione per noi e per tutto il cinema italiano. I nostri film, ognuno a suo modo, cercano di avere uno sguardo personale sulla realtà e sul cinema; ci auguriamo che la nostra presenza a Cannes possa essere uno stimolo per tanti altri registi italiani che cercano strade meno ovvie e convenzionali.

A Casa Italia la festa è già cominciata.

Al di là del campanilismo, che comunque non mi appartiene, fa piacere vedere tre registi spesso e volentieri molto interessanti come loro in corsa per la Palma d'Oro. La concorrenza internazionale sarà però di quelle davvero spesse. Tra i nomi in gara, ci sono un sacco di registi che qui su Pensieri Cannibali sono, chi più chi meno, parecchio amati come Gus Van Sant, Jacques Audiard, l'idola Valerie Donzelli, l'altra idola Maïwenn, già autrice di Polisse, più Todd Haynes, Denis Villeneuve e il provocatorio Yorgos Lanthimos, che possiamo anche definire il Lars von Trier greco. O almeno a me piace chiamarlo così.
Questi sono gli autori che io attendo di più, oltre a SorrentinoMorettiGarrone, ma se volete beccarvi il programma completo dei film in Concorso a Cannes 2015, eccovelo qui sotto.
Attenzione però perché il delegato generale del Festival Thierry Fremaux ha detto che nei prossimi giorni verranno svelati altri 3 o 4 film in gara a sorpresa. Solo che ormai che l'ha svelato non sarà poi tutta questa sorpresa. Moccia e i Vanzina possono quindi avere ancora speranza...

Concorso

Mon Roi (Maïwenn)
Saul Fia (Laslo Nemes)
Louder Than Bombs (Joachim Trier)
Mia madre (Nanni Moretti)
Macbeth (Justin Kurzel)
The Lobster (Yorgos Lanthimos)
Youth (Paolo Sorrentino)
Mountains May Depart (Jia Zhangke)
Carol (Todd Haynes)
The Sea of Trees (Gus Van Sant)
Sicario (Denis Villeneuve)
Dheepan (Jacques Audiard)
Il racconto dei racconti (Matteo Garrone)
Marguerite et Julien (Valérie Donzelli)
La loi du Marché (Stephan Brizé)
Our Little Sister (Hirokazu Kore-Eda Hirokazu)
One Floor Below (Radu Muntean)
The Assassin (Hou Hsiao Hsien)

Ecco i film selezionati invece nella categoria Un certain regard, dove spunta il nome di un quarto italiano: Roberto Minervini, già autore di Stop the Pounding Heart.

Un certain regard

Fly Away Solo – Neeraj Ghaywan
Rams – Grímur Hákonarson
Journey to The Shore - Kiyoshi Kurosawa
Je suis un soldat - Laurent Larivière
The High Sun - Dalibor Matanic
The Other Side - Roberto Minervini
One Floor Below - Radu Muntean
The Shameless - Oh Seung-Uk
Las elegidas - David Pablos
Nahid - Ida Panahandeh
The Treasure - Corneliu Porumboiu
The Fourth Direction - Gurvinder Singh
Madonna - Shin Suwon
Maryland - Alice Winocour

Tra i film Fuori Concorso ci sono il nuovo di Woody Allen, il nuovo capitolo reboot della serie di Mad Men Max e il nuovo Pixar Inside Out, mentre tra le proiezioni speciali c'è grande curiosità, almeno da parte mia, per il lungometraggio d'esordio da regista di Natalie Portman e per il documentario su Amy Winehouse.

Fuori Concorso

Mad Max: Fury Road (George Miller)
Irrational Man (Woody Allen)
Inside Out (Pete Docter)
Il piccolo principe (Mark Osborne)

Proiezioni speciali

Asphalte (Samuel Benchetrit)
Oka (Souleymane Cisse)
Hayored Lema’ala (Elad Keidan)
Panama (Pavle Vuckovic)
Amnesia (Barbet Schroeder)
A Tale of Love and Darkness (Natalie Portman) ❤

Proiezioni di mezzanotte

Office - Hong Won-Chan
Amy - Asif Kapadia ❤

THE VOICES - UN FILM, NON UN NUOVO TALENT SHOW

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The Voices
(USA, Germania 2014)
Regia: Marjane Satrapi
Sceneggiatura: Michael R. Perry
Cast: Ryan Reynolds, Gemma Arterton, Anna Kendrick, Jacki Weaver, Ella Smith
Genere: psicopatico
Se ti piace guarda anche: Maniac, American Psycho, Bates Motel, Stoker


Cannibal Kid
Avete visto The Voices?



Cannibal Dog
No, che è? Un nuovo talent show musicale?



Cannibal Cat
Ma no, sei proprio un cane! Quello è The Voice of Italy, il "bellissimo" programma musicale di Rai 2.



Cannibal Kid
Io veramente stavo parlando di un film in cui c'è Ryan Reynolds che parla con il suo cane e il suo gatto come se fossero esseri umani e invece sono solo voci nella sua testa.



Cannibal Dog
Ryan Reynolds?
Sarà anche un bel ragazzo, e averlo come padrone al posto tuo non mi dispiacerebbe, Kid, ma a recitare quello è più cane di me!


Cannibal Cat
E perché hai visto una roba del genere?




Cannibal Kid
Beh, perché la regista è Marjane Satrapi, quella di Persepolis, una pellicola d'esordio davvero fulminante. E soprattutto perché nel cast oltre a Reynolds ci sono Anna Kendrick e Gemma Arterton.


Cannibal Cat
Che belle micine!



Cannibal Dog
Bau bau bauuuuuuuuuuu!




"Che figata! Ora posso mangiare tutto quel che voglio senza preoccuparmi di ingrassare."

Cannibal Kid
Calmi ragazzi, calmi. Purtroppo il film è meno eccitante di quanto si potrebbe immaginare. È un peccato perchè inizia anche bene. Parte come una commedia nera dai toni vagamente thriller che non si capisce dove voglia andare a parare. Sembra una visione piuttosto originale, solo che poi prende la direzione del film su uno psicopatico che diventa sempre più psicopatico in una maniera stereotipatica... volevo dire stereotipata. Un Patrick Bateman meno fighetto o un Norman Bates più tonto. Che poi vogliamo parlare di come la terza stagione di Bates Motel si stia rivelando a sorpresa una roba pazzesca?

Cannibal Cat
No!



Cannibal Kid
Ma uffa...
Comunque, con un grande attore ne sarebbe anche potuto uscire un grande film. Un grande attore come...


Cannibal Dog
Christian Bale.




Cannibal Kid
Esatto, voce nella mia testa... ehm, volevo dire cane cinefilo. Che poi si dice cane cinefilo, oppure un cane deve per forza essere cinofilo?



Cannibal Cat
Non lo so. Io so solo che sono cinofobo. Non sopporto i cani. E sono pure cinefobo, perché odio il bel cinema. Il mio film preferito infatti è Vacanze di Natale e mica il primo, quello è troppo ricercato per me. Io preferisco Vacanze di Natale '95.


Cannibal Dog
Hai detto niente... Quello è un caposaldo della cultura occidentale del Novecento. C'è persino Dylan di Beverly Hills!



Cannibal Kid
Comunque non escludo che sarebbe stato un film molto più valido con un protagonista come Christian Bale o come...



Cannibal Dog
Il cane di The Artist, quello sì che è un grande attore!




Cannibal Kid
Ecco, anche con lui non sarebbe stato male. Invece Ryan Reynolds è troppo figaccione per fare la parte del disadattato. Uno che si è sposato Scarlett Johansson e Blake Lively disadattato... really? Ed è pure troppo poco espressivo per rendere la complessità e la follia di questo tipo che sente le voci.


Cannibal Cat
Sì, ma chissene di lui... Almeno si vede la pussy di Gemma, o quella di Anna?



Cannibal Kid
Vabbé che sei un gatto, però stai sempre a pensare alla pussy, tu? E in ogni caso no, niente pussy in questo film.



Cannibal Dog
Certo che questo è un difetto mica da poco.




Cannibal Kid
Già. Un altro è la parte finale. Anziché creare un crescendo di tensione come vorrebbe, The Voices si dilunga troppo e non risulta avvincente manco per sbaglio. Per non parlare delle scena conclusiva sui titoli di coda. Nelle intenzioni dovrebbe risultare un momento di humour nero originale e spassoso, in pratica fa solo andare giù le mutande. La cosa più assurda di tutte comunque è l'idea che qualcuno possa davvero parlare con un cane e con un gatto.

Cannibal Dog
Un'idea davvero terribile. Manco tu Kid ti abbasseresti mai a far parlare degli animali, pur di nascondere la tua incapacità di analizzare una pellicola in maniera seria e competente.


Cannibal Cat
Nemmeno io che sono cinofobo e cinefobo arriverei a tanto, miao!




(voto 5,5/10)


SHOTGUN LOVESONGS, UN COLPO DI FUCILE O UN COLPO DI FULMINE?

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Nickolas Butler “Shotgun Lovesongs”
(romanzo, USA 2014)
Casa editrice: Marsilio

Shotgun Lovesongs è uno di quei romanzi che ti fanno riflettere sulla vita, su te stesso, su chi eri e su chi sei, e che ti fanno sentire triste e felice allo stesso tempo. Shotgun Lovesongs è in pratica un vero colpo di fucile al cuore.

Ok, la mia sparata anche per oggi l'ho fatta e quindi adesso posso parlarvi del libro come farebbe un critico letterario serio. O quasi.

Winter is coming.
Almeno per l'autore del romanzo Nickolas Butler.

Lo stile usato da Nickolas Butler all'interno del suo esordio letterario Shotgun Lovesongs non è particolarmente ricercato. È come una versione per tutti di Jonathan Franzen e questa non vuole essere una critica, quanto un complimento. Butler va dritto all'essenza delle cose, senza lo sfoggio della potenza intellettuale e di scrittura del celebrato collega, ma facendoti apparire più vicino a lui. Per quanto adori Franzen, romanzi come Le correzioni e Libertà ti fanno sentire quasi intimorito, ti mettono addosso la consapevolezza che non potrai mai scrivere qualcosa su quei livelli. Shotgun Lovesongs invece fa sentire più come se quella potrebbe essere una storia che potresti anche tirare fuori tu. Sebbene poi probabilmente non ci riuscirai mai.
Semplicità è quindi una parola che mi viene in mente quando penso a questo romanzo, che non va confusa con semplicismo. Butler non avrà uno stile troppo elaborato, ma quando si mette tira fuori dei momenti di alta poesia. Come in un passaggio dedicato alla birra perché, proprio così, si può essere poetici anche parlando di birra e questo è un dono raro.

Gole che ingollavano birra, labbra umide, l'aria improvvisamente intrisa dell'aroma dolce di birra americana a basso costo. Era l'odore della nostra infanzia: l'odore dei silos e dei fienili e dei campi durante la stagione del raccolto. La birra era il nostro tonico, potevo capire il tormento di Ronny. Il suo cervello non era così danneggiato da non ricordare le luci fioche dei bar in cui tiravamo tardi e il rimbombo dei nostri jukebox preferiti. Le notti che avevamo trascorso parcheggiati in campagna, sdraiati sul pianale di un vecchio furgoncino in quelle distese infinite di mais. Il sesso sbronzo che ne seguiva: il tocco delle dita, il peso dei seni, la carezza delle gambe, le lotte con le zip ostinate, la resistenza dei jeans troppo stretti che venivano giù. Tutti i nostri ricordi migliori erano alimentati dalla birra, e in quel momento capii quanto Ronny sentisse la mancanza del suo vizio preferito; sapevo che da qualche parte nel circuito del suo cervello c'era ancora una sete inestinguibile.
(da Shotgun Lovesongs di Nickolas Butler)

La storia raccontata in Shotgun Lovesongs, anzi le storie intrecciate del gruppo di protagonisti raccontate in Shotgun Lovesongs non sono troppo originali. Il romanzo parla di un gruppo di circa-trentenni, degli amici d'infanzia, o ex amici d'infanzia, che si ritrovano in occasione del matrimonio di uno di loro, il più stronzo della compagnia. Tra di loro c'è chi è rimasto sempre nella cittadina del Wisconsin in cui è cresciuto, come Hank, uno che ha una fattoria. Intendo una vera fattoria, non una su FarmVille o Farmerama. E c'è poi Lee, la rockstar ricca e famosa che adora tornare nel suo paesino d'origine ed essere solo uno dei tanti, un coglione come tutti gli altri. Ci sono anche Ronny, l'ex star del rodeo un po' lento di comprendonio, e lo yuppie sbruffone Kip, ma il romanzo è giocato principalmente sul contrasto tra Hank e Lee, uniti e divisi pure dall'amore per la stessa donna, Beth. Se sentite odore di triangolo sentimentale beh, sì, qui c'è un Signor Triangolo Sentimentale, molto ben sviluppato ma che risulta anche un po' l'unico limite del romanzo che, soprattutto nell'ultima parte, avrebbe magari potuto indirizzarsi verso altre più originali soluzioni narrative.
Shotgun Lovesongs propone quindi l'incontro/scontro tra una vita sotto i riflettori e un'esistenza più semplice. Chi vive una invidia l'altra e nessuno alla fine è mai del tutto felice. Cosa che non significa che il romanzo sia deprimente. C'è un velo di malinconia che attraversa tutte le sue pagine e allo stesso tempo non mancano dei raggi di sole a illuminarle.

Shotgun Lovesongs va gustato come una puntata delle serie tv Friday Night Lights, accompagnato dalla musica di qualche cantante country come Eric Church in sottofondo. Sognando una vita diversa dalla propria, più glamour e da rockstar, e contemporaneamente ringraziando per la propria semplice, tranquilla, ordinaria vita in una semplice, tranquilla, ordinaria cittadina qualunque. Che sia nel Wisconsin o nella nostra Italietta.
(voto 7,5/10)

P.S. Grazie mille a Mr. Ink e al suo blog Diario di una dipendenza!
Passate dalle sue parti, potrebbe capitarvi di vincere uno dei suoi giveaway come successo a me con questo “Shotgun Lovesong”. Un grande libro e pure gratis. Cosa chiedere di più?

BLACK SAMBATH

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Samba
(Francia 2014)
Regia: Olivier Nakache, Eric Toledano
Sceneggiatura: Olivier Nakache, Eric Toledano
Ispirato al romanzo: Samba pour la France di Delphine Coulin
Cast: Omar Sy, Charlotte Gainsbourg, Tahar Rahim, Izïa Higelin, Isaka Sawadogo, Youngar Fall, Liya Kebede
Genere: interracial
Se ti piace guarda anche: Quasi amici, Polisse, La famiglia Bélier

Mi chiamo Muhammad. Vengo dalla Libia. Sono arrivato su un barcone. Non è stato un viaggio semplice, ho rischiato la vita almeno una mezza dozzina di volte, però ci sono delle volte in cui me la sono vista anche peggio. Con Ryanair, tanto per dire.
Sarei voluto andare a vivere in Germania, ma là mi han detto: “Raus!”. Non so di preciso cosa significhi, visto che ho studiato l'italiano e non il tedesco, però immagino non fosse proprio un segno di benvenuto.
Ho studiato l'italiano, avete capito bene. Io no parlare come nero ignorante, io parlare lingua italiana meglio di molti vostri politici, come Angelina Jolie Alfano o Gasparri o quello là che su Twitter ha scritto “Buona pascuetta!” con la C. Ho pure una laurea specialistica e un master. Anche se non so il tedesco, volevo comunque andare in Germania perché mi han detto che in Italia non c'è lavoro. Non è che ci tenessi particolarmente a venire da voi. Non fraintendetemi. A me piace l'Italia. Adoro i film di Fellini e il vostro cibo, per non parlare della vostra moda. Giorgio Armani è un genio! Detto questo, sarei stato anche volentieri a casa mia. Solo che, non so se qualcuno come ad esempio Salvini ve l'ha detto, ma da noi c'è un pochino di guerra. Presente Milano il primo maggio? Ecco, da noi quella sarebbe considerata una giornata tranquilla.

In ogni caso non è vero che da voi non c'è lavoro. Io un giorno mi sono messo alla ricerca e ho subito trovato una persona gentile pronta ad aiutarmi. Si chiama Cannibal Kid e gestisce un blog che sostiene di essere popolarissimo nel vostro paese, un certo Pensieri Cannibali. Mai sentito prima. Mi è sembrato parecchio disponibile e ha detto che posso lavorare per il suo sito. Posso scrivere per lui gratis. Mi dice che in Italia le cose funzionano così. Se vuoi fare la gavetta, non devi essere troppo choosy. Devi essere disponibile a lavorare senza paga. “Devi essere ancora contento che non ti faccia pagare io per avere l'onore di scrivere sul mio illustre blog,” mi ha detto e io gli ho dato retta. Sembra uno che sa il fatto suo, questo Cannibal Kid. Ho tanto da imparare da lui.


Come primo lavoro, mi ha assegnato la recensione di un film sul tema dell'immigrazione con un protagonista nero, Samba. Ha detto di averlo scelto per me in maniera “Assolutamente casuale” e “Non perché sei un clandestin... ehm, un immigrato. E non è nemmeno perché sei un negr... ehm, una persona di colore.
Cannibal mi ha mandato al cinema, ma ha detto che non gli hanno fatto avere gli accrediti stampa, visto che Pensieri Cannibali pare non sia considerata una fonte di informazione giornalistica del tutto affidabile, e allora mi sono dovuto arrangiare in qualche modo per trovare i soldi per il biglietto. Ho venduto un rene. Spero che Cannibal apprezzi il mio spirito d'iniziativa e mi promuova presto come capo-redattore, anche se al momento in redazione siamo solo io, che figuro come impiegato clandestino, e lui, che figura come CEO, Presidente, Presidente Emerito, Magnifico Rettore, Re, nonché Papa di Pensieri Cannibali.

"Questa rivista sui cavalli è molto più interessante di Pensieri Cannibali."

Il film Samba comincia con un piano sequenza molto bello, che ci trascina dai piani alti di un ristorante ai bassifondi in cui lavorano i clandestini. Quelli come me. Non ho quindi faticato a ritrovarmi nelle avventure, ma diciamo più che altro disavventure del protagonista che si chiama appunto Samba ed è interpretato da un Omar Sy più maturo, anche se meno esplosivo, rispetto a Quasi amici, il film che aveva lanciato lui e la coppia di registi Olivier Nakache e Éric Toledano. Il problema di questa pellicola è il doversi confrontare con un precedente tanto illustre e tanto riuscito. Non giriamoci allora tanto intorno: Samba non è Quasi amici. Detto ciò, possiamo dire che Samba è quasi Quasi amici. I due registi non hanno firmato un nuovo cult, non sono riusciti a realizzare una pellicola altrettanto brillante, non sono riusciti a commuovere e a far ridere quanto l'altra volta, però quasi. Hanno fatto di nuovo centro, o più che altro un centrino. Dopo la malattia, hanno affrontato un nuovo tema pesantuccio come quello dell'immigrazione e ne sono usciti a testa alta, senza esagerare con patetismi e banalità, sebbene non raggiungendo i picchi né drammatici, né comici di Quasi amici.


Una nota di merito, al di là delle musiche sempre impeccabili del vostro Ludovico Einaudi, va agli attori. Oltre a Omar Sy che regge alla grande tutto il film, il “profeta” Tahar Rahim come spalla comica è una piacevole sorpresa, Charlotte Gainsbourg appariva più a suo agio come ninfomane esplicita che come ninfomane repressa come in questo caso però tutto sommato ci sta dentro, come si dice dalle vostre parti, e la tipa che interpreta la sua amica/collega, la caruccia Izïa Higelin è una bella rivelazione. Tra l'altro lei è pure una cantante, piuttosto popolare in Francia, dove è conosciuta semplicemente come Izia. Voi c'avete quella tipa, Emma, i francesi c'hanno Izia. Pardon italienne, ma questa volta vincono loro.



La cosa migliore del film in ogni caso è un'altra. A livello cinematografico non siamo su livelli stellari. Dopo il bel mini piano sequenza iniziale, i due registi procedono più con il pilota automatico. La sceneggiatura, tratta da un romanzo della regista di 17 ragazze Delphine Coulin, non è così fenomenale. Gli sviluppi romantici sono piuttosto prevedibili e la parte finale non convince al 100%. Là dove la pellicola offre il suo meglio è nel presentare la vita di noi immigrati clandestini. Io mi sono ritrovato molto in Samba, ma credo che chiunque possa ritrovarsi in lui, se solo si sforzasse. Il problema della maggior parte della gente non è tanto il razzismo. Il problema è che in molti riescono a pensare solo con la propria testa. Pensano solo e unicamente a se stessi. Non riescono a immedesimarsi negli altri. Come il mio datore di lavoro Cannibal Kid. Bravissimo ragazzo e tutto, però mi sembra troppo egocentrico, troppo egotomane. Non so se riuscirebbe a mettersi davvero nei panni di qualcun altro. Non riguarda solo lui. Il mio paese ne è la perfetta rappresentazione. Gente che si spara per cosa? Religione? Soldi? Potere? Noia? Perché è questo che fanno gli uomini, da che mondo è mondo, uccidono e si fanno la guerra tra loro?
In Italia magari non vi sparate, ma con le parole fate la stessa cosa. Non è una questione di avercela con gli zingari, con i neri, con gli stranieri che vi portano via il lavoro, ma quale lavoro? Quello gratis? Ce l'avete anche tra di voi italiani. I giovani ce l'hanno con i vecchi. I vecchi ce l'hanno con i giovani. Quello della Cisl ce l'ha con quello della Uil che ce l'ha con quello della Cgil. Quello Pro Expo ce l'ha con quello No Expo. Quello di centro-destra ce l'ha con quello di centro-sinistra che ce l'ha con quello di estrema sinistra che ce l'ha con quello di estrema destra che ce l'ha con tutti. Tutti ce l'hanno con gli juventini. Nessuno tollera qualcuno che sia anche solo un minimo diverso da sé. Non è più un'intolleranza razziale. È un'intolleranza come stile di vita.

Scena NON tratta da Nymphomaniac.

Samba non è un film del tutto eccezionale, non è ai livelli di Quasi amici, ma comunque suscita delle riflessioni importanti. Fa immedesimare negli altri. Fa entrare dentro una vita, dentro un mondo. Non mi sembra poco. E a voi, amici italiani?

Infine, chiudo questo post dichiarando in maniera spontanea e senza alcuna pistola puntata alla testa di aver scritto volontariamente questo post gratis. Rifiuto in maniera categorica di considerare il lavoro gratuito come una forma di schiavismo moderno e ringrazio anzi il magnanimo Cannibal Kid per avermi concesso la possibilità di contribuire, senza nemmeno chiedermi soldi in cambio, al suo splendido sito Pensieri Cannibali. Grazie, grazie di cuore Cannibal.
(voto 7/10)

"Questa recensione mi ha fatto troppo ridere."
"Ma veramente per una volta voleva essere un post serio."
"Certo, come no, AHAHAH!"

L'INFERNALE QUINLAN E IL PARADISIACO WELLES

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A modo suo era un grand'uomo… Ma che importa quello che si dice di un morto?”.
Così parlo Marlene Dietrich ne L'infernale Quinlan. E così questo post potrebbe già chiudersi.
Invece no. Orson Welles, da lassù, dovrà stare a sentire cosa abbiamo da dire su di lui e su quello che è forse il suo film più celebre dopo Quarto potere, L'infernale Quinlan.

L'infernale Quinlan
(USA 1958)
Titolo originale: Touch of Evil
Regia: Orson Welles
Sceneggiatura: Orson Welles
Ispirato al romanzo: Badge of Evil di Whit Masterson
Cast: Charlton Heston, Janet Leigh, Orson Welles, Marlene Dietrich, Joseph Calleia, Akim Tamiroff, Valentin de Vergas, Joanna Moore, Dennis Weaver, Ray Collins, Zsa Zsa Gabor
Genere: noir
Se ti piace guarda anche: Quarto potere, Psyco, La morte corre sul fiume, The Bridge

Chissà se Orson Welles adesso si trova in Paradiso o all'Inferno. Io dico che, se Dio ne capisce qualcosa di cinema e non sta tutto il tempo a rimbambirsi di cinepanettoni, un posto nel Paradiso dei grandi della settima arte gliel'avrà riservato. Insieme a lui probabilmente ci sono Stanley Kubrick, che sta studiando un difficoltoso adattamento della Divina Commedia di Dante, i fratellini Lumiere che sostengono di aver inventato anche la app Periscope, Alfred Hitchcock che ci prova con tutte le starlette morte presenti, James Dean e Marilyn Monroe che si scattano selfie in continuazione e poi c'è l'ultimo arrivato, Robin Williams, che con le sue gag cerca di far ridere tutti, persino quel musone di Marlon Brando che, da quando è arrivato in Paradiso, si è messo a ferrea dieta ed è tornato il bello e dannato di un tempo, quello che per contratto deve sempre rimanere con il volto corrucciato e non può mai ridere. Ma prima o poi Williams ce la farà a farlo cedere, magari con l'aiuto di Charlie Chaplin.

In questo momento il club dei grandi del cinema morti, ribattezzato da Robin Williams “Dead Directors & Actors Society”, starà probabilmente festeggiando il compleanno di Orson Welles. Quest'oggi, 6 maggio 2015, fa 100 anni tondi tondi e per l'occasione abbiamo deciso di celebrarlo anche noi blogger cinematografici, grazie a Solaris che ha pensato bene di organizzare l'Orson Welles Day.
Ecco gli altri blog che partecipano alla festa di compleanno.

Solaris
Director's Cult
White Russian
Il Bollalmanacco di Cinema


Di Orson Welles avevo visto finora solo il capolavoro supremo Quarto potere e per quest'occasione speciale ho deciso di andare a ripescare l'altro suo film più celebrato, L'infernale Quinlan. Celebrato a ragione?
Cazzo, sì.
Basta il piano sequenza iniziale per capire che ci troviamo di fronte a un gigante del cinema cui inchinarsi. Al di là dell'impressionante padronanza dei mezzi tecnici sfoggiata e alla capacità di scaraventarci dentro un mondo con una sola singola scena, la cosa che più colpisce è la ancor più impressionante attualità di un film come L'infernale Quinlan. L'uso del piano sequenza è oggi tornato più che mai di moda in serie come True Detective e Daredevil e soprattutto grazie al film premio Oscar Birdman firmato da quello che, insieme a Paul Thomas Anderson, è il più accreditato erede di Welles, ovvero il messicano Ale-Alejandro González Iñárritu. E a proposito...
L'infernale Quinlan è ambientato proprio al confine tra USA e Mexico, dove è avvenuto un misterioso omicidio di un ricco imprenditore con la sua amante, su cui indagano gli agenti dei due paesi. Uno spunto di partenza simile a quello della recente serie The Bridge, la quale si ispira alla serie tv Bron ambientata tra Svezia e Danimarca più che a L'infernale Quinlan, ma era giusto per ribadire la modernità della pellicola.

"Che vuoi fare, legarmi al letto?
Siamo mica in Cinquanta sfumature di grigio, pervertito!"

Il film di Orson Welles parte da questo caso di omicidio, ma poi si concentra su altro. L'infernale Quinlan non è il classico thrillerino che si preoccupa di indagare sul caso e basta. L'omicidio appare giusto un pretesto con cui Orson Welles può dare il via a una giostra cinematografica elettrizzante. Un giallo condotto con un tocco a tratti leggero, nella prima parte della pellicola con toni quasi da commedia hollywoodiana, e a tratti con un tocco malefico, in linea con il titolo originale: Touch of Evil. È come se la pellicola avesse due anime. Da una parte è un prodotto d'intrattenimento, che a distanza di oltre 50 anni fa ancora il suo dannato lavoro, ha un gran ritmo e non annoia nemmeno un secondo. Dall'altra è una riflessione mica da poco sui temi di Giustizia e Male. Oltre che l'occasione di Welles per mettere in mostra le sue capacità registiche, che comunque non appare mai un'esibizione fine a se stessa. È più che altro una goduria per gli occhi, tra giochi di ombre che prendono le mosse dal cinema espressionista tedesco, risputandolo fuori in una forma nuova e ancora oggi tremendamente attuale, e scene di una tensione notevole.

"Come non c'è il Wi-Fi?
E io adesso come faccio a leggere la recensione di Pensieri Cannibali?"

"Basta, questo posto mi ha rotto, me ne vado al Bates Motel!"

A ciò aggiungiamo una Janet Leigh che fa le sue prime esperienze con motel popolati da psycopatici, una manciata di personaggi weird che sembrano provenire dritti dal futuro cinema di David Lynch, una deliziosa colonna sonora firmata dal re del lounge Henry Mancini impegnato in atmosfere thrilla ma non troppo impreziosite da inserti messicaneggianti, rocknrolleggianti e jazzeggianti, e una Marlene Dietrich enorme, seppure nel piccolo ruolo della veggente zingara. Al solo vederla comparire si sente subito odore di noir.


Tra l'altro credo che il suo ruolo sia stato di grande ispirazione per il programma tv La zingara, a conferma di come questo film sia stato importante per il futuro.


L'infernale Quinlan non è un film perfetto, non quanto Quarto potere, però il suo bello è anche questo. La lavorazione della pellicola è stata tormentata dalla produzione e deturpata dalla postproduzione, che lo mandò nei cinema tagliato di una ventina di minuti e con nuove scene girate da tale Henry "Kiii?" Keller. La versione che si trova in giro adesso, curata dall'ammiratore di Welles Rick Schmidlin, è per fortuna più vicina alle intenzioni del regista. La sensazione è comunque quella di una lavoro in qualche modo non del tutto compiuto, cosa che contribuisce solo a renderlo più umano, un po' come Eyes Wide Shut di Stanley Kubrick.
Se c'è una cosa in particolare del film che non funziona è Charlton Heston, il protagonista imposto dalla Universal. Una decisione che Welles commentò ironicamente: “Mi hanno dato Heston, biondo di un metro e novanta, per fare un poliziotto messicano”. Anche questo è il bello del cinema, che non è un'arte realizzata da un uomo solo al comando. Il cinema è un'arte democratica. È una macchina in cui sono coinvolte varie persone e vari interessi, pure economici, con cui persino i più talentuosi ed egocentrici autori si devono confrontare.


A bilanciare un Heston fuori parte ci pensa un gigantesco in tutti i sensi Orson Welles, che oltre a dirigere interpreta il grande grosso perfido capitano di polizia Quinlan. Un personaggio infernale e allo stesso tempo paradisiaco, una figura complessa e sfaccettata sogno di qualunque attore, che il regista - mica scemo - ha regalato a se stesso. Un grande personaggio, per un grande uomo. Perché Orson Welles a modo suo era un grand'uomo… Ma che importa quello che si dice di un morto?
(voto 9/10)

IL CINEMA PUÒ UCCIDERE

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Spettatori, uscite da questi cinema deformi!
Ancora una volta ci aspetta una settimana di nuove pellicole tutt'altro che entusiasmanti in arrivo nelle sale italiane.
Pronti per sapere cosa evitare questo weekend? E pronti anche per scoprire che dietro a titoli di non enorme richiamo potrebbe forse celarsi qualche titolo interessante?
Bene. Basta seguire i miei consigli e non seguire, mi raccomando NON seguire, quelli del mio blogger nemicissimo Mr. James Fordissimo.

Cake
"Angelina si è fatta asportare seno e ovaie?
Ooh, quanto mi dispiace!"

Cannibal dice: Questo film con un'inedita Jennifer Aniston l'ho già visto. O sarebbe meglio dire che questa torta l'ho già mangiata?
In attesa della mia recensione, un'altra bella torta ci starebbe. Da tirare in faccia a quel pagliaccio cinematografico di Ford, UAHAHAH!
Ford dice: questo film con un'inedita Jennifer Aniston non l'ho ancora visto, e continua a non ispirarmi granchè. Non escludo, comunque, un recupero per dovere di cronaca. Un pò come per dovere di cronaca ribadisco l'ignoranza cinematografica del mio rivale. Ahahahahah!

The Gunman
"Io sì che sono un duro.
Mica come quelle mezze seagal di action heroes fordiani."
Cannibal dice: Super floppissimo negli Stati Uniti, questo The Gunman sarà davvero una robaccia da trascurare come hanno fatto gli americani?
A me sembra tanto un tentativo dell'ottimo Sean Penn di riciclarsi in una specie di pessimo action hero alla Liam Neeson. Sarà giunto il momento della fordianizzazione di un grande attore?
Spero proprio di no.
Ford dice: Sean Penn non mi è mai stato particolarmente simpatico, eppure in passato ha regalato davvero interpretazioni memorabili e film difficilmente dimenticabili. Non sembra il caso di questo The Gunman, che pare la brutta copia di un Taken qualsiasi.
Neppure l'essere tamarro mi invoglia a vederlo.

Forza maggiore
"Occhio gente, Ford ha piantato un rutto.
Qua viene giù tutto!"
Cannibal dice: Questo film mi incuriosisce un casino! Potrebbe essere la pellicolona della settimana, almeno spero. Anche se una storia ambientata tra le nevi avrebbero potuta farla uscire prima, non adesso che siamo alle porte dell'estate. Ma d'altra parte i distributori italiani sono quasi più fuori tempo di Ford, uno che a Ferragosto si mette in testa il cappello da Santa Claus e a Natale va in giro in costume da bagno.
Ford dice: anche in questo caso mi trovo abbastanza freddo rispetto all'idea di correre a recuperare questo titolo, ed anche in questo caso penso che potrei recuperarlo giusto per stare un po' dietro alle nuove uscite, che ultimamente sono state così povere di soddisfazione da spingermi quasi esclusivamente ai recuperi. Staremo a vedere.

Leviathan
"Che palle la mia vita. L'unica cosa più noiosa è un mattonazzo russo
sulla mia vita sponsorizzato da Ford."
Cannibal dice: Film russo premiato ai Golden Globe 2015 come miglior film straniero che si preannuncia come un mattonazzo assurdo di quelli che Ford so già che osannerà come un capolavoro.
E poi quello radical-chic sarei io...
Ford dice: finalmente un film che sulla carta promette scintille. Il regista è uno dei più grandi talenti russi della generazione post-Sokurov, ed il film è stato già ottimamente sponsorizzato. Inutile dire che un recupero per quanto mi riguarda è assolutamente obbligatorio.

La voce - Il talento può uccidere
"Con un piccolo intervento estetico potrei diventare uguale a Gabriel Garko..."
Cannibal dice: Oltre al talento, ci sono anche dei film che possono uccidere. Quelli consigliati da Ford, tanto per fare un esempio casuale. O quelli con Rocco Papaleo in versione thriller (seriously???), come in questo caso.
Ford dice: detesto Papaleo quasi quanto Peppa Kid, e dunque questo film, che già non mi pare roba per la quale strapparsi i capelli, cade automaticamente nel dimenticatoio insieme a tutte le opinioni astruse del mio rivale.

Doraemon Il Film - Le avventure di Nobita e dei cinque esploratori
Uno scatto piccante da Doraemon Il film in esclusiva per Pensieri Cannibali.
Cannibal dice: Questo film lo lascio volentieri ai miei nipotini, che del gatto che ha fatto la cazzata di venire dal futuro nella nostra epoca sono fan. E lo lascio a Ford, che appena c'è una bambinata, meglio se retrò, ci si butta con tutti e due i suoi (puzzolenti) piedi.
Ford dice: Doraemon mi è sempre stato simpatico, non dispiace al Fordino e dunque questo film dedicato al gatto venuto dal futuro potrebbe risultare interessante per accompagnare uno dei pomeriggi di gioco con il piccolo ed un film in sottofondo.

Mi chiamo Maya
"Bello, quell'orsacchiotto, dove l'hai preso?"
"L'ho fregato a Peppa Kid."
Cannibal dice: E io mi chiamo Cannibal. Ma non mi sembra il caso di farci su un film.
Se poi mi chiamassi Ford, mi andrei proprio a nascondere.
Ford dice: mi chiamo Ford. E spero, presto, di poter dire che il mio scomodo antagonista si chiamava Cannibal Kid.

UN MAMMO PER AMICA

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Una nuova amica
(Francia 2014)
Titolo originale: Une nouvelle amie
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon
Tratto dal romanzo: The New Girlfriend di Ruth Rendell
Cast: Romain Duris, Romain Duris, Anaïs Demoustier, Isild Le Besco, Raphaël Personnaz, François Ozon
Genere: transitorio
Se ti piace guarda anche: Transparent, La pelle che abito, Mrs. Doubtfire

Ciao care, come va oggi?
Io sto di-vi-na-men-te. Sono andata a farmi una manicure, che levati. Adesso mi odierete tutte stronzette perché ho delle mani che sono un in-can-to.
E ora mi sento un po' di Katy Perry e sputtaneggio alla grande ballando in camera mia con solo gli slippini indosso. You're hot then you're cold, you're yes then you're no, you're asganaway then what's american boys. Perché mi sento Katy? Perché oggi mi sono voluta coccolare: mi sono presa una pausa dal lavoro e mi sono vista un bel film. No, non uno di quei film che si guardano in compagnia del vibratore, sciocchine. Un film film. Un film serio. A tratti fa ridere, ma serio. Il film si chiama Una nuova amica e dentro c'è un canzone di Katy Perry. A-do-ro Katy e le sue canzoni nei film sono sempre perfette. Calzano come un paio di Louboutin nei miei piedini di fata. L'avete visto Un sapore di ruggine e ossa?
No?
Ma non li vedete i film francesi?
Cosa siete, dei bruti? Dei selvaggi che guardano solo Fast & Furious e le partita della Giuventus?
Lì in Un sapore di ruggine e ossa suonavano “Firework”: belliiiiiiiiiiiiiiissima “Firework”!!! ❤
L'hanno messa pure in The Interview: divertentiiiiiiiiiiiiissimo The Interview!!! XD
Qui in questo nuovo film che mi son vista, Una nuova amica, mettono invece “Hot N Cold”, quindi balliamo, puttanelle!
Forza dai, twerkate con quei sederi!
Sputtaneggiamo, ah yeah!


Ora torniamo serie. Già sono bionda ed è un lavoraccio duro, quello di essere prese sul serio quando si è bionde. Perché se prima vi chiedetevate che lavoro faccio, ebbene sì, ve lo svelo in esclusiva mondiale: di mestiere faccio la bionda a tempo pieno. Siamo così sottostimate. Eppure anche noi bionde sappiamo parlare di cinema in maniera professionale quanto e pure più di sitoni famosi come Mymovies, Film Tv, WhiteRussian e Pensieri Cannibali.
Volete la mia recensione ufficiale di Una nuova amica?
Troooooooooppo carino!!!
Fine della rece.

"Rece già finita?
Sul serio?"


No, scherzo, dai. Vi dico anche senza spoilerizzarvi troppo che Romain Duris in questo film è vestito da donna più che da uomo. Uff, che spreco!
Vi dico pure che Romain Duris vestito da donna assomiglia un po' alla bionda di 2 Broke Girls. Non so se lei lo prenderà come un complimento. O se lui lo prenderà come un complimento. Comunque Romain Duris anche vestito da donna ha il suo perché. Anzi, sapete che vi dico?
Che Romain Duris è nato per fare la donna. Gli esce proprio spontaneo. Non so se ciò faccia di lui un grande attore, o un potenziale grande trans, però così è.


Braviiiiiiissima e cariiiiiiiiiiiiniiiiiiiiiiiiiiiiiissima pure l'altra protagonista del film, Anaïs Demoustier, che poverina subito all'inizio perde la sua BFF. La prima parte del film è parecchio triste. Sembra una versione mandata avanti veloce di una fiction Rai. Molto melò. Vi dico solo: prendete i fazzoletti, stronzette mie care, perché anche il cuoricino delle più Elsa tra di voi si scioglierà. Dopo invece preparatevi a ridere. Magari non a crepapelle. Preparatevi a sorridere, che non è vero che fa venire le rughe. Fa venire la pelle più bella e rilassata, credete a me!

"Se quella pazza si veste da donna, io allora mi vesto da uomo."

La pellicola prende poi una piega comedy carucciiiiiiiiiiiissima. E dopo succedono un sacco di altre cose che non vi rivelo perché io vi consiglio di non vedere solo quelle robacce di action americani da macho macho man, ma anche una gran bella pellicola francese come questa, che tratta il tema della maternità... pardon, della paternità e pure della transessualità o più che altro del travestitismo in maniera singolare. Sì, ricorda un po' Almodovar, e ricorda anche Ozpetek che si traveste da Almodovar, però qui è tutto più francese e più chic e quando si parla di Francia io vado fuori di testa e mi pare tutto più bello. Quando si parla di Francia, tutto è più profumato. Anche la merde in Francia profuma di Chanel n. 5. I film francesi mi fanno questo effetto. Assomigliano un po' a quelli americani, assomigliano un po' a quelli italiani, solo che mi sembrano un po' meglio di entrambi.
E adesso prima di andare a vedere la pellicola, tutte a ballare, bitches!
Parti, Katy!

'Cause you're hot then you're cold
You're yes then you're no
Romain Duris you're in then you're out
e soprattutto sei molto In & Out
You're up then you're down
You're wrong when it's right
It's black and it's white
We fight, we break up
We kiss, we make up
(You) You don't really want to stay, no
(You) But you don't really want to go-o
You're hot then you're cold
e questo film per me è yes and then yes.
(voto 7/10)

JAMIE MARKS IS DEAD, UN FILM MORTALE. IN TUTTI I SENSI

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Jamie Marks Is Dead
(USA 2014)
Regia: Carter Smith
Sceneggiatura: Carter Smith
Ispirato al romanzo: One for Sorrow di Christopher Barzak
Cast: Cameron Monaghan, Morgan Saylor, Liv Tyler, Judy Greer, Noah Silver, Brett DelBuono, Connor Antico
Genere: mortale
Se ti piace guarda anche: Il sesto senso, Donnie Darko, Amabili resti, Resta anche domani, The Leftovers

Jamie Marks Is Dead è un film deprimente. D'altra parte, già il titolo mi doveva far venire il sospetto e infatti me l'aveva fatto venire. Solo che a me i film deprimenti in genere piacciono, perché io di base sono un emo. Intendo però quei film “piacevolmente deprimenti”, quelli che smuovono qualcosa dentro, che fanno emozionare, che fanno piangere per la loro tristezza. Jamie Marks Is Dead è invece un film deprimente sotto tutti i punti di vista, tranne quello del deprimente emozionante.

La cosa che più colpisce è l'apatia dei personaggi rappresentati. C'erano una volta i teenager ribelli, come negli anni '50 e '60, o anche solo dei teenager depressi, come nel periodo d'oro del grunge nei '90. Dei teenager che comunque provavano qualcosa. I protagonisti di questo film invece sono del tutto vuoti. Sono già morti senza saperlo.
La storia qui raccontata è già sentita e strasentita, al cinema così come nei notiziari. Un ragazzino, Jamie Marks, viene trovato morto. Non si sa perché e non si sa chi l'abbia ucciso. A differenza di altre vicende simili, come quella di Twin Peaks, l'omicidio misterioso non riguarda una ragazza popolare, bensì un tipo che a scuola non si filava nessuno. Nemmeno i losers se lo cagavano. Un ragazzo invisibile, che però da morto appare al protagonista del film in carne e ossa...
Non vi spoilero niente di più, nel caso vogliate vedervi questo film, cosa che io vi sconsiglio assolutamente.

"Jamie Marks is dead...
Ma James Ford, invece, niente?"

Jamie Marks Is Dead da qui in poi procede tra echi di miei cult personali sospesi tra la vita e la morte come Amabili resti e Donnie Darko, ma siamo davvero distanti anni luce da entrambi, così come da Il sesto senso, che la tematica affrontata sembrerebbe richiamare. Questo moribondo Jamie Marks è una visione che si trascina stancamente come un cadavere, in cui potrebbe succedere di tutto e invece non succede un bel niente. Il protagonista è interpretato da un inespressivo Cameron Monaghan, il rosso di Shameless che sul grande schermo non sembra funzionare, si veda anche The Giver - Il mondo di Jonas, e passa il suo tempo a parlare e a giocare con il fantasma di questo Jamie Marks. Se pensate che la cosa possa essere divertente, vi sbagliate di grosso. Ciliegina sulla torta: c'è pure Morgan Saylor, la teenager odiosa della serie tv Homeland che qui fa la parte della... teenager odiosa.
Dimenticate Ghostbusters, Ghost o qualunque altra pellicola fantasmatica. Qui vi ritroverete di fronte a un fantasma sì, ma solo al fantasma di un film. Un film che aveva tutte le carte in regola per essere affascinante, misterioso, inquietante...
Invece, niente di tutto questo. È solo apatico. Apatico e deprimente.
Jamie Marks è morto. E insieme a lui anche il cinema.
(voto 4-/10)


E adesso, per ripigliarci da tutta questa depressione, una bella botta di allegria gratuita regalata da questa immagine.
Grazie Matteo Salvini!
O meglio, grazie Progetto Kitten!

MOMMY, HO PERSO L'AEREO (E PURE LA TESTA)

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Mommy
(Canada 2014)
Regia: Xavier Dolan
Sceneggiatura: Xavier Dolan
Cast: Antoine-Olivier Pilon,
Anne Dorval,
Suzanne Clément,
Patrick Huard
Genere: mammone
Se ti piace guarda anche: Laurence Anyways,
Les amours imaginaires,
J'ai tué ma mère,
Tom à la ferme,
Tutto su mia madre


UEEEEEEEEEEEEE'
Voglio la Mommy!
O almeno voglio che tutti i film siano come Mommy.
È chiedere tanto?
Voi tenetevi pure i vostri Avengers.
E ficcateveli tutti su per il bucetto del vostro culetto.
Se ci passano.
Con Thor potreste avere qualche problema.
Mi sa anche con Hulk.
Io voglio solo la Mommy.
Mommy, dove sei?
Quando inizi a guardarla, pensi che sia normale.
Una bella pellicola, ma sostanzialmente normale.
Poi partono le note di “Wonderwall” degli Oasis e con una scena tutto cambia.
Il Cinema cambia.
La percezione del mondo cambia.
Non capivi bene la scelta del formato quadrato 1:1, anziché il solito 4:3 o 16:9.
Poi capisci.
E ti rendi conto che non stai vedendo una pellicola normale.
Stai assistendo a un miracolo.

"Ciao Mommy, guarda come mi diverto."

Con una scena tutto può cambiare. Il mondo si può allargare a dismisura. Può assumere dimensioni che non credevi possibili. Per quanto sapessi che Xavier Dolan possedeva del talento, non potevi pensare ne avesse così tanto. Come quando vedi un porno e ti aspetti un superdotato nella norma dei superdotati e invece arriva un tipo con una nerchia di 35 cm da Guinness dei Primati e non ti resta che esclamare: “Cazzo!”. Ecco, è più o meno così che ci si sente guardando Mommy. Mi erano piaciuti i film precedenti di Dolan, a parte il suo acerbo debutto, e in particolare avevo adorato Les amours imaginaires. Con Mommy va però persino oltre l'imaginaires e l'immaginabile. Mette da parte i suoi pur eccellenti lavori precedenti, accantona, sebbene non del tutto, la tematica della confusione sessuale su cui erano per lo più incentrati, toglie l'obiettivo da se stesso e racconta altro. Non per essere il solito esagerato, ma Mommy ridefinisce non solo il Cinema di Dolan, ma il Cinema tutto. È come se il regista 26enne prendesse il passato e dicesse: “Va bene Lumiere, va bene Ėjzenštejn o come minkia si scrive, va bene Welles, va bene Kubrick, ma adesso lasciate fare a me e voi rest in peace tranqui, che da qui in poi ci penso io, okay raga?”
Xavier Dolan non cita Welles o Kubrick o Ėjzenštejn o come minkia si scrive, ma semmai Mamma, ho perso l'aereo, omaggiato in due scene, quella delle mani sulla faccia del protagonista e quella dei sacchetti della spesa che si rompono. Inoltre utilizza una colonna sonora pop che trasforma in sublimi pezzi di loro certo non fenomenali di Celine Dion, Eiffel 65 e Andrea Bocelli, e rende ancora più sublimi pezzi già sublimi di Oasis, Counting Crows, Ludovico Einaudi, Dido e Lana Del Rey, per raccontare una storia sofferta, un rapporto particolare di una madre particolare con un figlio particolare che ha dei problemi mentali e comportamentali senza cazzo di patetismi di sorta. Utilizza un formato cinematografico quadrato 1:1, che però dà l'illusione di essere verticale, come i video amatoriali filmati con gli smart phone e postati su Instagram. Come un live streaming di Periscope, solo girato da Dio. Non si tratta comunque di una scelta meramente estetica. La forma ha una funzione narrativa. Il giovane regista canadese se ne frega delle convenzioni. In stile Nouvelle Vague, solo perfettamente radicato nel presente. Prende il mezzo cinematografico e lo plasma a sua immagine e somiglianza. D'ora innanzi quindi chiamatelo pure Xavier Diolan.


Finita la visione della Mommy, il mondo torna a restringersi.
Perché è ridicola.
Questa pellicola è ridicola.
È ridicola la sua superiorità nei confronti degli altri film in circolazione.
Roba del tipo che dopo che l'hanno presentata a Cannes,
fossi stato negli altri registi mi sarei ritirato.
Mommy mia, ne voglio ancora.
Dammi la tetta.
Ne voglio ancora.
Mommy mia, che film!
(voto 10/10)

MA CHE CAKE HAI DETTO?

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Cake
(USA 2014)
Regia: Daniel Barnz
Sceneggiatura: Patrick Tobin
Cast: Jennifer Aniston, Adriana Barraza, Sam Worthington, Anna Kendrick, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina, Mamie Gummer, Britt Robertson, Lucy Punch
Genere: depresso
Se ti piace guarda anche: Rabbit Hole, Still Alice, In the Bedroom

Jennifer Aniston ha le visioni. Prende un sacco di droghe e medicinali antidepressivi e ha le visioni. E cosa vede? Vede Anna Kendrick.
Jennifer, dammi l'indirizzo del tuo pusher che le tue droghe le voglio prendere anch'io!

A dirla tutta, negli ultimi tempi vedo Anna Kendrick in continuazione pure io. E senza manco il bisogno di droghe. La vedo in qualunque film. Per lo più film mediocri, quando non addirittura pessimi.
Anna Kendrick io la adoro. Mi piace parecchio come attrice...

Okay, la smetto di dire stronzate: mi piace fisicamente e basta. Lo so che non è la classica bellona, ma a me piace proprio per quello. Una cosa che di certo non mi piace di lei invece sono le scelte di carriera che compie. Fa troppi film. Troppi. Va bene che c'è crisi e quando uno ti offre un lavoro non devi essere troppo “choosy” e prendere ciò che viene, però Anna non è che adesso devi girare qualunque merdata ti propongano. In mezzo alla miriade di pellicole in cui è comparsa nella sua breve carriera ci sono un sacco di robe evitabili come Into the Woods, Life After Beth, The Voices, Rapture-Palooza, Che cosa aspettarsi quando si aspetta e Un microfono per due, senza citare l'intera saga di Twilight. Io i film con Anna Kendrick penso di averli visti quasi tutti, sono credo uno degli unici al mondo ad aver guardato persino Elsewhere, roba che manco i suoi genitori sanno che ha girato, però mannaggia a lei se di porcherie ne ha fatte.

"Jennifer, ma andare a fare un pisolino - chessò - in un letto no, eh?"

Da questa introduzione vi potreste immaginare che Anna Kendrick sia la grande protagonista di Cake, invece no. Compare giusto in una manciata di brevissime scene, per pochi secondi. La protagonista vera è Jennifer Aniston, che pure lei in quanto a filmacci non scherza minga. Voi per caso ricordate un bel film con Jennifer Aniston?
Ecco, nemmeno io.
In Cake però Jennifer Aniston abbandona le sue solite commediole americane più o soprattutto meno divertenti e offre un'ottima prova recitativa. Senza ridursi come un monster totale come Charlize Theron appunto in Monster, per l'occasione si è un po' imbruttita, per quanto possa imbruttirsi Jennifer Aniston, perché altrimenti a Hollywood se fai la figa non ti prendono mica sul serio. Al di là del fatto che si presenta leggermente sfigurata e struccata, la Aniston appare davvero lontana anni luce dalle sue solite tipiche parti ed è del tutto convincente.
Un po' meno il film. Non che sia un brutto film, però non è nemmeno bello. È che manca di profondità, proprio come il commento che sto facendo io alla pellicola. Vediamo questa Jennifer Aniston sotto farmaci, che ha avuto un misterioso incidente e sappiamo che dietro c'è qualcos'altro e la pellicola poco a poco ce lo svela, solo che non è che tiri fuori qualcosa di così sconvolgente o che non si sia già visto in molteplici drammoni analoghi. La curiosità maggiore che suscita non è tanto la vicenda di per sé, quanto il titolo: passano i minuti e non si capisce perché questa pellicola si intitoli Cake. Non si tratta nemmeno di un'invenzione dei fantasiosi titolisti italiani, si chiama proprio così in originale. Perché?
A un certo punto viene svelato il mistero del titolo ed è un punto cruciale della vicenda. Solo, forse non così cruciale da ricamarci un intero film sopra.


Laddove la pellicola convince poco non è solo nella sceneggiatura, deboluccia e priva di enormi svolte narrative, ma pure nella regia. In mano a un David Lynch un soggetto del genere, per quanto esile, avrebbe potuto dare vita a un film allucinato e allucinante, a un trip favoloso. Il risultato è molto meno esaltante considerando che il regista è il modesto Daniel Barnz, già dietro la macchina da presa di Beastly, che pure io ero stato uno dei pochi nell'intero globo ad aver apprezzato, uno che gira in maniera parecchio anonima, con uno stile da dramma indie di medio livello, senza lasciare il segno nelle scene più visionarie che possedevano un potenziale cinematografico notevole.

La pecca principale del film comunque è la presenza di Sam “Avatar” Worthington, pure questa volta incapace di tirare fuori un'espressione che sia 1. Dai, ma come fa quest'uomo a essere considerato un attore? Un attore senza espressioni è come un calciatore senza gambe, o come un cantante senza voce, o come una playmate di Playboy senza tette... insomma, avete capito, no?

"Piacere Jennifer, sono un tuo collega attore."
"Stai scherzando, vero?"

Nel cast di contorno c'è poi spazio in una serie di particine tutte piuttosto minuscole e abbozzate per un sacco di volti telefilmici come Felicity Huffman (Desperate Housewives e American Crime), William H. Macy (Shameless), Britt Robertson (Life Unexpected, The Secret Circle e Under the Dome), Chris Messina (The Mindy Project, Damages e The Newsroom), Lucy Punch (Ben and Kate) e la figlia raccomandata di Meryl Streep Mamie Gummer (Emily Owens M.D.). In mezzo a questi nomi più o meno celebri, il personaggio migliore alla fine è quello consegnato alla meno conosciuta del lotto: Adriana Barraza, la badante messicana di Jennifer Aniston che regala i momenti più simpatici di una pellicola che di scene memorabili o particolarmente emozionanti non ne regale a bizzeffe.

"Adriana Barraza? No, mai sentita nominare.
Jennifer Aniston? No, nemmeno."

Cake non è quindi una torta granché gustosa, ma se non altro si fa ricordare per un paio di ragioni. Per una Anna Kendrick che, pur in una parte piccolina, lascia il segno ed è davvero un'ottima attrice...

Okay, la smetto di dire stronzate: mi piace fisicamente e basta. E soprattutto Cake si fa ricordare per la più che valida interpretazione di Jennifer Aniston, che pure lei è davvero un'attrice notevole...

Okay, la smetto davvero con le stronzate: pure lei mi piace fisicamente e basta.
Soprattutto quando non si presenta così...


ma così...


(voto 6/10)

FORZA MAGGIORE - WE CAN BE SCHETTINO, JUST FOR ONE DAY

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Forza maggiore
(Svezia, Francia, Norvegia, Danimarca 2014)
Titolo originale: Turist
Uscito anche in alcuni paesi con il titolo: Force Majeure
Regia: Ruben Östlund
Sceneggiatura: Ruben Östlund
Cast: Johannes Kuhnke, Lisa Loven Kongsli, Vincent Wettergren, Clara Wettergren, Kristofer Hivju, Fanni Metelius, Karin Myrenberg, Brady Corbet
Genere: travolgente
Se ti piace guarda anche: Kynodontas, Escape from Tomorrow, Funny Games

Io odio la neve.
Io odio la montagna.
Io odio sciare.
Io non capisco lo sciare. Posso capire tante cose che a me non piacciono. Capisco ad esempio che ci sia gente che condivide le idee di Salvini, per quanto io non le condivida manco per sbaglio. O capisco che ci sia gente che considera Angelina Jolie sexy, per quanto a me faccia solo paura. Lo sciare invece è una cosa che proprio non mi arriva.
Va bene de gustibus, ma lo sci proprio no. Sciare non è divertente. È noiosissimo di per sé ed è pure pieno di tempi morti. Prendete la lentezza delle funivie. A parte il fatto che io soffro di vertigini e già solo ciò mi esclude dalle discese. Se non altro qualcosa di buono il soffrire di vertigini ce l'ha. A differenza dello sci.

"Che spasso stare in mezzo alla neve, yeah!"

Se qualcuno può considerarlo divertente, fatti suoi, però una cosa è innegabile: sciare è scomodo. Stare in piedi in equilibrio sugli sci non è semplice, si rischia sempre di sci-volare e di cadere e cadere sulla neve, magari ghiacciata, fa un male cane e ti gela pure la pelle. E anche le palle. Andare in giro con quegli scarponi è scomodo. Indossare le maschere da sci è scomodo, oltre che anti-estetico. Le tute da sci sono anti-estetiche e anti-sesso. Non puoi nemmeno dire: “Vado in montagna a vedere un po' di figa” perché no, sono tutte così coperte che al confronto un convento di suore di clausura sembra una passerella di moda.
D'altra parte in montagna fa freddo, quindi ti devi coprire, ma no... quando c'è il sole fa un caldo fottuto dentro quelle inguardabili tute, solo che non puoi rimanere mica in maglietta. E non puoi toglierti nemmeno la maschera, altrimenti ti ustioni e la tintarella da montagna non è per niente affascinante. Un po' come tutto ciò che ha a che fare con la montagna.
Gli appassionati di sci potranno dire che, nell'affrontare una discesa, c'è il brivido della velocità. Gli appassionati di sci di fondo no, non c'hanno nemmeno questa scusa, visto che lo sci di fondo è una rottura ancora più pazzesca. Se però siete amanti della velocità, non potete farvi una corsetta in auto, comodi al calduccio del vostro mezzo con il climatizzatore, oppure al frescuccio dell'aria condizionata, ascoltando la vostra musica preferita?

Ecco, qui arriviamo a un punto fondamentale. Qualcuno dirà che anche correre e fare jogging è noioso e faticoso. Io, da appassionato di corsa moderato, non sono certo un esaltato ai livelli di Linus di Radio Deejay, posso dire che sì, ad alcune persone può fare questo effetto. Però se non altro correre non è scomodo. Correre è sinonimo di libertà. Bastano una t-shirt e dei pantaloncini. In più, puoi decidere tu dove farlo, come farlo, per quanto farlo, senza dover stare ad aspettare i tempi morti di una funivia, o dover aspettare il tuo turno per lanciarti in una discesa, fare lo skipass e tutte queste altre menate che fa la gente che scia. Quando corri sei libero. Quando scii è come se fossi dentro una gabbia.


Al di là di questo, e al di là del fatto che la corsa è gratis, mentre per sciare e avere le attrezzature adatte devi avere un minimo di grana, mentre scii non puoi ascoltare musica. Oddio, c'è gente che lo fa. Magari nemmeno gli sciatori più esperti. Però anche quella è un'attività scomodissima, visto che hai su i guanti e in più con le mani tieni le racchette da sci, quindi come fai ad esempio a cambiare canzone?
Ci penso e ci ripenso, ma davvero non riesco a trovare una singola cosa per cui lo sciare possa essere considerato bello o divertente o piacevole. Una sola unica minima ragione...
No, proprio non mi viene.


Se al mio odio nei confronti di neve, montagna e sci si aggiunge la mia avversione nei confronti delle famigliole felici, i primi 10 minuti del film Forza maggiore, che raccontano di una tranquilla famigliola felice in vacanza in montagna che se la spassa a sciare in mezzo alla neve, sono per me l'horror dell'anno, anzi del secolo.
Per fortuna, poco dopo succede qualcosa.

ATTENZIONE VALANGA

Volevo dire...

ATTENZIONE SPOILER
La famigliola felice protagonista del film viene travolta da una valanga. Letteralmente travolta. E anche in senso figurato. In tutti i sensi viene travolta e, da lì in poi, non sarà più la stessa. Quella valanga cambia tutto. Perché?

Oltre al fatto che venire travolti da una valagna, così come qualunque altra cosa che riguarda la montagna, non è di suo gradevole per niente, mentre ciò stava avvenendo il padre ha preso cellulare e guanti ed è scappato via, lasciando lì la moglie e i due figli in balia del destino. In pratica: è stato colto dalla cosiddetta “Sindrome da Schettino”.
Lo so che tutti, io compreso, quando pensiamo a Schettino facciamo una faccia disgustata e pensiamo a come sia un uomo di merda e siamo sicuri che noi in una situazione di pericolo non ci comporteremmo mai come lui. La verità è che non lo possiamo sapere. Non fino a che non dovremo affrontarla anche noi in prima persona.
Bisogna fare i conti con la triste realtà: tutti noi siamo dei potenziali Schettino. Tutti di fronte alla paura di morire potremmo essere colti dal più umano degli istinti, quello della sopravvivenza, e scappare di fronte a tutto, di fronte alle responsabilità, così come persino di fronte alle persone a noi più care.
Come (forse) canterebbe David Bowie: we can be Schettino, just for one day.

"Eh no, come Schettino no, UEEEEE'!"

Forza maggiore riflette su questo, anche se magari su Schettino in particolare no. Lo fa accompagnato da una colonna sonora poco presente ma parecchio efficace, capace di passare dalla classica di Vivaldi alla dance di Sebastian Ingrosso, e lo fa attraverso uno stile registico che rimanda alla freddezza di Michael Haneke e di Yorgos Lanthimos. D'altra parte vuoi fare una pellicola ambientata sulle nevi e non adottare uno stile glaciale?
Pure il livello di bastardaggine presente in questo film svedese girato dal promettente Ruben Östlund è simile. Era dai tempi di Kynodontas che non vedevo una pellicola tanto perfida nei confronti dell'istituzione della famiglia. O forse da Escape from Tomorrow, quello su una famigliola che va in vacanza a Disneyland e poi le cose non filano troppo lisce.
Come qui. Una settimana bianca può trasformarsi in una settimana da incubo. Attraverso una serie di personaggi uno più odioso dell'altro, il marito codardo ma ancor di più la moglie moralista e perfettina, e pure i figli non è che siano il massimo della simpatia, Forza maggiore è uno sprofondare negli inferi, dove un pericolo mortale sembra nascondersi dietro ogni angolo e dove alla famigliola e in particolare al padre non ne va bene una, ma dico UNA. Persino la tipa che va da lui e gli dice che è il tipo più figo lì presente e poi gli dice che no, si era sbagliata. Eddai, questo è accanimento!


Forza maggiore infastidisce, irrita, innervosisce, eppure per quanto a tratti l'abbia odiato al termine, grazie anche a un dialogo finale magnifico e nella sua semplicità di una profondità vertiginosa, l'ho amato. D'altra parte come potrei non amare un film in cui, oltre al discorso sulla famiglia, sulla responsabilità, sull'eroismo e sull'istinto di sopravvivenza, la morale di fondo fondamentale è: la montagna, la neve e lo sci sono una merda e ti possono solo rovinare la vita!
(voto 7+/10)

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