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C'ERA UNA VOLTA UNA POLACCA A NEW YORK: CHE LAVORO LE FECERO FARE?

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C'era una volta a New York
(USA 2013)
Titolo originale: The Immigrant
Regia: James Gray
Sceneggiatura: James Gray, Ric Menello
Cast: Marion Cotillard, Joaquin Phoenix, Jeremy Renner, Angela Sarafyan, Jicky Schnee, Dagmara Dominczyk, Maja Wampuszyc
Genere: clandestino
Se ti piace guarda anche: Boardwalk Empire, C'era una volta in America, Two Lovers, Blood Ties

C'era una volta una giovane donna che viveva nella Terra di Polonia. La fanciulla aveva una grande fortuna e una grande sventura. La sua fortuna era quella di essere una gran sventolona. La sua sventura era che per quel motivo tutti se la volevano ciulare, con o senza il suo consenso. Nonostante fosse polacca, la fanciulla aveva lo splendido volto dell'attrice francese Marion Cotillard, d'altra parte per gli americani noi europei siamo sempre stati tutti uguali.
La ragazza polacca con il volto da francese se ne era scappata dalla sua terra natale dove tutti la volevano ciulare fino agli Stati Uniti in cerca di maggiore fortuna. Non è che ne avesse trovata molta già a partire dal viaggio in nave, dove è stata stuprata. Una volta arrivata a New York, le cose non è che siano andate per lei poi molto meglio. Anzi. I medici americani hanno scoperto che la sorella con cui è arrivata era malata e l'hanno messa in quarantena, manco avesse avuto l'ebola. Le cure cui doveva essere sottoposta erano molto costose e così, per permettersele, che lavoro volete si sia messa a fare la bella fanciulla polacca?

Sì, proprio quello che state pensando. Sarà uno stereotipo, ma si è messa a esercitare la professione più antica del mondo. D'altra parte questa non è, nonostante il titolo italiano, una favola. La bella Marion non ha fatto in tempo a mettere piede sul suolo americano che aveva già un pappone/talent-scout, ovvero Joaquin Phoenix, attore spesso strepitoso che qui, dopo la prova magistrale in The Master, ci regala invece una delle interpretazioni più sotto tono della sua intera carriera. Mai visto così spento e fuori parte.
Nemmeno Marion Cotillard riesce a tenere a galla le sorti né del suo sventurato personaggio, né della sventurata pellicola di cui è protagonista. E chi segue questo blog sa quanto Marion sia venerata come un santino qui su Pensieri Cannibali dove, tanto per dire, Un sapore di ruggine e ossaè stato eletto film dell'anno 2012.
Quanto a C'era una volta a New York, non è un film brutto. È solo piatto. Più che noioso, ed è abbastanza noioso, è piatto. Si sta sempre lì lì in attesa di qualcosa e invece non succede niente. Come un episodio di Boardwalk Empire, serie ambientata nello stesso deprimente periodo del Proibizionismo, solo ancora più palloso. Il regista James Gray firma un lavoro molto classico, d'altri tempi, e ha scelto di fare un lavoro di sottrazione, senza estremismi, senza violenza, senza scene esplicite. Una pellicola su una polacca che fa la prostituta e non c'è manco mezza scena di sesso?
Ma dove siamo?

C'era una volta a New York sembra la versione per famiglie di un film di Lars von Trier. È un melodramma, in cui di dramma ce ne sarebbe in dosi abbondanti, solo non ci viene mostrato. E ciò non ha senso. Va bene non voler far prostituire i sentimenti ma solo la protagonista, però un melò ha bisogno di emozioni forti. Di scene madri. Di conflitti. Il triangolo sentimentale tra Marion Cotillard, il suo P.I.M.P. Joaquin Phoenix e un mago interpretato da Jeremy Renner, tra i tre attori a sorpresa quello che qui appare più convincente, aveva un potenziale enorme e invece si risolve in maniera sbrigativa e banale.
Dopo tanto penare, si arriva a fine film chiedendosi quale sia lo scopo di una pellicola del genere. Perché raccontare una storia di immigrazione di un centinaio di anni fa, disperata e dura, ma nemmeno troppo disperata e dura, quando il mondo di oggi, come il bellissimo Due giorni, una notte con la stessa Marion Cotillard testimonia, offre spunti parecchio più interessanti e attuali?
L'unico messaggio arrivato a destinazione, almeno per quanto mi riguarda, è quanto l'American Dream rappresentasse una gigantesca illusione, per non dire una gigantesca stronzata, già un secolo or sono. Questa però è una cosa che ormai sappiamo benissimo e forse non era necessaria una “nuova” pellicola per ribadire un concetto tanto risaputo.
L'immersione nel periodo degli anni '20 non è nemmeno così efficace da un punto di vista meramente stilistico. James Gray propone il cantante lirico italiano Caruso, qualche abito d'epoca, una fotografia vagamente simile a quella di C'era una volta in America, il capolavoro di Sergio Leone richiamato dal titolo italiano, ma non si respira mai davvero l'aria dell'epoca. Appare tutto finto, artificioso, solo in tono molto minore rispetto ai bei vecchi kolossal de 'na vorta.

C'era una volta a New York più che una pellicola è un paradosso. È un film storico senza Storia. È un melò sentimentale senza sentimenti. È un film su una “professionista del sesso” senza sesso. E badate bene con quale eleganza ho evitato la parola puttana fino alla fine del post... oops, quasi fino alla fine del post. È un romanzo criminale senza criminali. È una storia triste che non commuove mai. Le uniche cose che non mancano a questo film sono allora la noia, ma di quella ne avremmo anche tutti volentieri fatto a meno, e una certa raffinatezza, questo bisogna concederglielo. Soltanto che per raccontare una storia del genere non serviva raffinatezza. Serviva semmai - Marion Cotillard mi passi il francese - tirare fuori di più le palle.
(voto 5-/10)


GOD HELP THE GIRL, E GOD HELP YOU SE NON GUARDATE QUESTO FILM

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God Help the Girl
(UK 2014)
Regia: Stuart Murdoch
Sceneggiatura: Stuart Murdoch
Cast: Emily Browning, Olly Alexander, Hannah Murray, Pierre Boulanger
Genere: indie-pop
Se ti piace guarda anche: Tutto può cambiare, Frank, Skins, Submarine

God Help the Girl è la pellicola d'esordio come regista e sceneggiatore di Stuart Murdoch, il cantante e leader dei Belle and Sebastian. Se li conoscete, saprete già a grandi linee cosa aspettarvi da questo film, che in pratica è la versione cinematografica della loro musica. Provoca la stessa identica sensazione di leggerezza.
Se non li conoscete, smettetela subito di ascoltare quella merda di Vasco, che quando lo mettete su il lettore mp3 vi avvisa che danneggia l'udito, e cominciate a sentire della musica decente, per God!



Per chi – mannaggia a lui – pensa siano solo dei cartoni animati, i Belle and Sebastian sono pure un gruppo indie-pop scozzese. Così però suona vago. I Belle and Sebastian non sono uno tra i tanti gruppi indie-pop in circolazione. I Belle and Sebastian sono Il Gruppo Indie-Pop per Eccellenza. Quando nel 1996 hanno tirato fuori quel gioiellino di esordio che risponde al nome di Tigermilk, nessuno in pratica faceva musica indie. O comunque nessuno la chiamava così. Allora a rappresentare la musica alternative c'erano i gruppi post-grunge arrabbiati con le chitarre distorte da una parte e dall'altra a rappresentare il pop c'erano le boy-band e girl-band commerciali. I Belle and Sebastian facevano invece qualcosa di totalmente differente da entrambe le correnti, con il loro pop delicato & spensierato che guardava tanto alla musica degli anni Sessanta, quanto a band anni '80 come gli Smiths, omaggiati anche nello stile retrò-chic delle copertine dei loro dischi. Oggi può sembrare una cosa comune, ma allora non lo era. I Belle and Sebastian erano hipster prima ancora che gli hipster fossero nati ed erano indie quando non era cool essere indie.

Ma perché sto parlando al passato? I Belle and Sebastian sono ancora un grande gruppo indie, continuano a sfornare dischi uno più bello dell'altro senza aver perso un briciolo della freschezza dei primi tempi e nel 2015 uscirà il loro nuovo atteso album “Girls in Peacetime Want To Dance”, di cui questa “The Party Line” è la prima anticipazione.



Non contento di essere “solo” il leader, nonché uno dei cantanti e autori principali di questo collettivo musicale di Glasgow, Stuart Murdoch adesso ha anche scritto e diretto il suo primo film. Naturalmente ha pure composto le canzoni e le musiche presenti, ma questo va da sé.
God Save the Girl è la perfetta trasposizione su grande schermo dell'immaginario dei Belle and Sebastian. Un viaggio nel mondo di Stuart Murdoch (che non ha niente a che vedere con Rupert Murdoch, sia chiaro), ovvero una Glasgow popolata da strambi musicisti, o se non altro aspiranti tali, indie. Nel caso abbiate dei dubbi in proposito, si tratta di un film musicale, molto musicale, in tutti i sensi possibili. Le canzoni sono presenti in sottofondo, sono suonate dalle band nei locali e ci sono pure svariati momenti musical. Musical nel senso che a un certo punto i personaggi si mettono a cantare così, come se fossero dentro a un vecchio film della Disney. O a un nuovo film della Disney, si veda il gargantuesco successo recente di Frozen. Persino i dialoghi sono pregni di musica. In tal senso, God Help the Girl fa perfettamente il paio con Tutto può cambiare, altra non-commedia romantica dell'anno, in cui al centro di tutto non vi è tanto una storia sentimentale, quanto la musica. Non che siano assenti dal film alcuni risvolti romantici, ma non sembrano la cosa più importante che Stuart Murdoch vuole raccontare. Da bravo musicista, si concentra sul rappresentare il colpo di fulmine che colpisce chi suona delle canzoni insieme, piuttosto di quello che travolge due innamorati.

A voler essere pignoli, si può dire che la sceneggiatura è un pochino debole, e forse è davvero così. Stuart Murdoch è un autore sopraffino di canzoni, mentre come autore cinematografico il suo stile è ancora da affinare. Vero. Così come si può dire che il film è troppo naïf. Vero di nuovo, ma è proprio questo il suo bello. God Help the Girl è la tipica pellicola d'esordio. Tipica non nel senso che ricorda altre cose, anche se i richiami alla libertà espressiva della Nouvelle Vague sono piuttosto evidenti.

"Hey, qualcuno sa perché stiamo correndo?"
"Perché è una cosa che fa molto Nouvelle Vague!"

Tipica nel senso che ha i classici pregi e difetti di un'opera prima. Però io adoro le opere prime. Per quanto imperfette, piene di sbavature e ingenuità, rappresentano spesso i lavori più sinceri, onesti e personali di un autore. Il primo film, così come il primo libro o il primo disco, è quello in cui uno ci mette tutto se stesso. Stuart Murdoch dentro a God Help the Girl c'ha infilato Stuart Murdoch al 100%. Il protagonista maschile, interpretato dal promettente Olly Alexander già intravisto nell'ultima stagione di Skins insieme alla stonata Hannah Murray presente pure qua, non è altro che un suo alter ego. Un personaggio nerd che sembra uscito da un film di Wes Anderson o da Submarine, giusto un pochino meno strambo. La protagonista femminile, la girl del titolo che deve essere aiutata da Dio in persona, è invece la sempre splendida Emily Browning che conferma le sue notevoli doti non solo fisiche, non solo recitative, ma pure canore, già messe in mostra nella colonna sonora di Sucker Punch e nel thriller musicale Plush. È lei a intonare molte delle canzoni presenti nella soundtrack della pellicola. Pezzi di una disarmante semplicità, di quelli che già al primo ascolto ti ritrovi a fischiettare e a canticchiare, come solo la migliore musica pop sa fare. God Help the Girl è proprio così: una splendida raccolta di splendide canzoni pop travestita da splendido film Nouvelle Vague.
(voto 7+/10)

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 - GLI SCARTI

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Dicembre significa principalmente una cosa. Il mese del Natale?
No. Certo che no.
Significa che arrivano le immancabili classifiche di fine anno di Pensieri Cannibali. Il meglio e pure il peggio degli ultimi 12 mesi, rivissuti attraverso una serie di classifiche, liste e premi pieni di sorprese e ricchi cotillon.
Vi posso anticipare che quest'anno le classifiche saranno dimezzate. Perché nell'ultima annata sono mancati motivi di interesse?
Certo che no di nuovo. Ho semplicemente deciso di rendere la selezione più accurata e limitata, quindi ci sarà spazio solo per il meglio del meglio, ovvero 20 film, 20 serie tv, 20 album, 20 canzoni, 10 Men of the Year e 10 Cotte adolescenziali.
Le liste cannibali di fine anno cominciano ufficialmente quest'oggi con queste ultime, le Cotte adolescenziali, oh yeah.

Cos'è la classifica delle Cotte adolescenziali?
Per chi non lo sapesse, è la lista delle ragazze/donne/fanciulle/tipe più amate dell'annata qui su Pensieri Cannibali. A questo punto la domanda è: chi conquisterà il trono di reginetta cannibale del 2014?
Lo scopriremo presto. Vediamo intanto il palmarès con le vincitrici delle passate edizioni di questo prestigioso riconoscimento internazionale (come no?):

2014 ???

Prima di gustarci la Top 10, che partirà nei prossimi giorni, ecco le dieci cotte rimaste fuori per un soffio. Degli scarti, in pratica, ma degli scarti di qualità.


Lili Simmons
(USA 1992)
Genere: Amish 2.0
Il suo 2014: nel cast fisso della serie Banshee, apparizioni in un paio di puntate di True Detective e Hawaii Five-0

Lili Simmons nella serie tv Banshee ha dato una rappresentazione tutta nuova della donna Amish. Non più così...

Ma così...

E che Dio, o qualunque altra cosa in cui credano gli Amish, la benedica per questo!


Zoe Kazan
(USA 1983)
Genere: indie queen
Il suo 2014: le pellicole indie In Your Eyes, The Pretty One e What if, più la partecipazione alla mini-serie HBO Olive Kitteridge

La nuova Zooey Deschanel si chiama Zoe. E kazan quanto è deliziosa!


Caitlin Stasey
(Australia 1990)
Genere: bi
Il suo 2014: nel cast delle serie tv Reign e Please Like Me, protagonista dell'horror All Cheerleaders Die, più un'apparizione in I, Frankenstein

Attrice australiana apertamente bisex, ha un doppio volto anche come attrice: sa essere parecchio sexy, come in All Cheerleaders Die e Reign, ma nella serie Please Like Me riesce a essere credibile pure nella parte della sfigatina mollata dal boyfriend gay. Insomma, Caitlin Stasey per tutte le occasioni va bene. Va benissimo.


Stacy Martin
(Francia 1991)
Genere: ninfomane
Il suo 2014: protagonista del controverso Nymphomaniac di Lars von Trier nei panni di Joe da giovane, interpretata poi da “vecchia” da Charlotte Gainsbourg

L'attrice rivelazione di Nymphomaniac Stacy Martin non è una ragazza bellissima. Non è una figa stellare. Non è la top delle tope. Però possiede qualcosa. Che cosa?
Un non so che che non so spiegare ma che mi fa andare fuori di testa.
O forse quel non so che è l'aver interpretato una ninfomane. Forse...


Annet Mahendru
(Russia, Afghanistan, India 1989)
Genere: WhiteRussian
Il suo 2014: la serie tv The Americans, un'apparizione da guest-star in un episodio di Grey's Anatomy, il geniale indie movie Escape from Tomorrow

Annet Mahendru non arriva dalla Sardegna o dalla Romania come il suo cognomeu potrebbeu far pensareu, bensì è un'attrice nata in Afghanistan da madre russa e padre indiano. È cresciuta tra Russia, Germania e Stati Uniti. Parla tedesco, russo, inglese, francese, persiano e hindi, e attualmente interpreta una spia russa in una serie intitolata The Americans.
Confusi?


Antonia Thomas
(Inghilterra 1986)
Genere: misfit
Il suo 2014: la nuova serie britannica Scrotal Recall, il film musical Sunshine on Leith, la mini-serie Fleming: Essere James Bond

Antonia Thopas Thomas è stata tra le interpreti originali del Misfits dei tempi migliori, in cui aveva la parte di Alisha, una ragazza con il potere di far eccitare chiunque toccava. Nonostante quel ruolo sexy, la mia cotta adolescenziale nei suoi confronti è scoppiata soltanto quest'anno con la nuovissima serie britannica Scrotal Recall. A dispetto del titolo volgarotto, una comedy brillante, nemmeno troppo sboccata e parecchio piacevole. E in cui la bell'Antonia è più fascinosa che mai.


Margaret Qualley
(USA 1995)
Genere: tipa che non sa cos'è il sole
Il suo 2014: la serie The Leftovers, più una particina nel film Palo Alto di Gia Coppola

Margaret Qualley ha il fascino della ragazza triste. Di quella che, se sorride, perde metà della sua bellezza. Inutile dire che in una serie costruita sulla depressione come The Leftovers calza semplicemente alla perfezione.
E che nessuno osi mai farle girare una comedy, mi raccomando.


Winter Ave Zoli
(USA 1980)
Genere: daughter of anarchy
Il suo 2014: la serie Sons of Anarchy

In Sons of Anarchy ha la parte della pornostar Lyla. Non so se è lei ad essere un'attrice fenomenale, oppure se è nata per interpretare un ruolo del genere, ma io le consiglierei vivamente di intraprendere una carriera nel porno, che male non fa.


Kiele Sanchez
(USA, Portorico 1977)
Genere: caliente
Il suo 2014: la serie tv Kingdom, l'horror Anarchia - La notte del giudizio

Qualcuno forse la ricorderà in Lost, nei panni di Nikki.
O forse no, visto che il suo è stato uno dei personaggi meno memorabili della memorabile serie.
Adesso però nel nuovo telefilm da non perdere Kingdom si fa ricordare eccome. Un po' perché è l'unica fanciulla in mezzo a un mare di tizi muscolosi. Un po' perché con il tempo è diventata ancora più caliente.


Fumi Nikaidô
(Giappone 1990)
Genere: sexy anime
Il suo 2014: il film Why Don't You Play in Hell? (o se preferite Jigoku de naze warui) di Sion Sono

Sion Sono è un fenomeno sotto due aspetti:
1) Come regista è davvero pazzesco.
2) Ha un talento particolare nello scovare attrici parecchio sexy. Dopo la superdotata (intendo recitativamente parlando) Megumi Kagurazaka protagonista di Guilty of Romance, ecco che nel suo spettacolare Why Don't You Play in Hell? ha tirato fuori dal cilindro la splendida Fumi Nikaidô.
Yatta!

MAZE RUNNER - IL LABIRINTO DEI RAGAZZI CASTRATI

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Maze Runner - Il labirinto
(USA, Canada, UK 2014)
Titolo originale: The Maze Runner
Regia: Wes Ball
Sceneggiatura: Noah Oppenheim, Grant Pierce Myers, T.S. Nowlin
Tratto dal romanzo: Il labirinto di James Dashner
Cast: Dylan O'Brien, Kaya Scodelario, Will Poulter, Ki Hong Lee, Blake Cooper, Aml Ameen, Thomas Brodie-Sangster, Joe Adler, Patricia Clarkson, Don McManus
Genere: bimbominkia
Se ti piace guarda anche: Cube, The Village, Hunger Games

Ci sono film che secondo me dovrebbero farsi pagare i diritti d'autore ogni volta che vengono scopiazzati presi come fonte d'ispirazione. Ci sono in particolare due pellicole che negli ultimi anni sono state saccheggiate alla grande e a cui la Storia del Cinema non ha forse ancora riconosciuto una reale importanza.
Il primo è Cube - Il cubo, secondo me uno dei film più geniali degli ultimi 20 anni. Non ho detto uno dei più belli. Ricordo anzi che la visione mi ha a tratti infastidito parecchio e persino causato dolore. Dolore fisico. Un film che mi provoca una reazione del genere non riesco a considerarlo bello, non nel senso pieno del termine almeno. Ciò non toglie che Cube sia un film assolutamente grandioso. La pellicola diretta da Vincenzo Natali parte da uno spunto fenomenale: un gruppo di persone che non si conoscono tra loro si ritrovano insieme all'interno di un cubo. Nessuno sa come sia successo o il perché. A partire da quest'idea si sviluppa un thriller-horror fantascientifico inquietante come pochi e capace di generare la saga di Saw - L'enigmista, film che ha commercializzato lo spunto di Cube in maniera accattivante e capace di incassare milioni e milioni di dollari, laddove il film di Natali è rimasto un piccolo cult che negli USA non è manco riuscito a raggiungere 1 milione di $ di incasso. Pure la serie Lost, se vogliamo, parte da uno spunto vagamente alla Cube, con degli individui che finiscono loro malgrado insieme in un posto misterioso per misteriose ragioni.

Un altro film, un altro horror molto particolare e ai confini del genere che ha segnato il cinema degli ultimi anni, ma di cui non tutti sono disposti ad ammettere la grandezza è The Village, il migliore e anche l'ultimo lavoro davvero riuscito di M. Night Shyamalan. Più ci penso e più ritengo che The Village sia un fottuto capolavoro. Il fatto che le ultime due fatiche del regista di origini indiane siano due porcherie immani come L'ultimo dominatore dell'aria e After Earth non cambia di una virgola la mia opinione. The Village è una pellicola girata con una classe infinita, che non ho davvero idea dove sia finita negli ultimi anni e, nonostante le interpretazioni di Bryce Dallas Howard, Joaquin Pheonix e Adrien Brody siano spettacolari, il punto di forza principale del film è un altro ancora: la sceneggiatura. Una sceneggiatura estremamente politica che è la migliore rappresentazione dell'America post-11 settembre che mi sia capitato di vedere e che è stata presa da modello per diverse pellicole venute dopo come lo splendido Il nastro bianco di Michael Haneke e il pretenzioso La quinta stagione.

"Giochiamo a domino?"
Perché sto parlando di Cube - Il cubo e di The Village nello spazio riservato a Maze Runner - Il labirinto?
Un po'è per cercare di depistarvi come fa un buon labirinto. Inoltre perché questa è una robetta che dalle due pellicole citate ruba a piene mani.
Maze Runner in pratica è la versione bimbominkia di Cube e The Village messi insieme. Dal primo prende lo spunto iniziale. Un ragazzino si sveglia e si ritrova senza sapere il perché non in un cubo, nemmeno in un culo, bensì in un ascensore chiamato “la scatola”. Stesso destino capitato anche a tutti gli altri ragazzi finiti lì, ritrovatisi a vivere in un posto chiamato "radura" circondato da mura invalicabili, in cui l'unica possibile via d'uscita è data dalla risoluzione di un labirinto.
Qui entriamo in territorio The Village. I ragazzi vivono all'interno della radura con la paura di varcare i misteriosi confini, minacciati non dalle Creature innominabili del film di Shyamalan, bensì da dei ragni giganti che rimandano al Signore degli anelli.

Qualcuno a questo punto potrà dire che anche Hunger Games, il primo film di una saga qui su Pensieri Cannibali osannata o quasi, è derivativo nei confronti di Battle Royale, di cui può essere considerato la versione young adult. Ok, forse è vero. Nella serie di pellicole con protagonista la strepitosa Jennifer Lawrence, oltre ad esserci appunto una protagonista strepitosa, è però anche ben presente un discorso politico. Si può dire che sia infilato dentro in maniera non del tutto approfondita, eppure secondo me è solo un bene che una pellicola per ragazzi presenti un'eroina femminista-anarco-comunista. O qualcosa del genere.
Maze Runner - Il labirinto invece è un film assolutamente bambinesco, in cui non c'è alcuno spazio per una riflessione di tipo politico come in The Village o in Hunger Games, e nemmeno per riflessioni di tipo esistenziale o religioso, che pure gli spunti iniziali avrebbero offerto. La domanda posta dai ragazzi che si ritrovano nella radura non è la stessa che ci poniamo tutti noi su questa Terra: “Perché cazzo siamo qui?”.

Il potenziale di partenza presente in Maze Runner, per quanto scopiazzato da Cube e The Village, era enorme. Peccato che il film si risolva in un banale action avventuroso e in un'inspiegabile battaglia contro degli insettoni giganti. Se nella pellicola di Shyamalan ATTENZIONE SPOILER le Creature innominabili erano solo un'invenzione messa in piedi dagli uomini come forma di controllo, qui i ragnazzi non hanno un valore simbolico o altro. Sono proprio dei ragnazzi veri e propri. FINE SPOILER

Oltre a essere un film che butta nel cesso tutte le sue possibili implicazioni politiche/religiose/filosofiche/esistenziali, Maze Runner è anche una storia con personaggi del tutto anonimi, che oltre ai ricordi sembrano aver perso pure la personalità. Il protagonista, interpretato dal comunque promettente Dylan O'Brien di Teen Wolf, è l'unico a riuscire a segnalarsi, anche se non si capisce bene cosa lo renda così speciale, al punto da riuscire in 3 giorni a combinare all'interno della radura molto più di tutti gli altri ragazzi messi insieme in 3 anni. È lui che è un fenomeno, o sono gli altri a essere molto scemi?
Io punto sulla seconda ipotesi.

Non è finita. Cosa ancor più grave, Maze Runner è un film senza sesso. I ragazzi messi in 'sta cacchio di radura sono tutti maschi e quando finalmente viene inviata tra loro una ragazza, cosa succede?

"Oh, no. Questa volta hanno mandato una ragazza..."
"Bleah, che schifo!!!"

Nessuno di questi tipi ci pensa manco lontanamente a provarci con lei. Nessuno ha anche solo l'idea di sbirciarla mentre si cambia. A nessuno di questi ragazzi in età da tempesta ormonale importa qualcosa di lei. Sono tutti gay?
No, perché in tre anni non si è manco formata una coppia omosessuale. O almeno questo non ci viene fatto sapere. Quello che sappiamo è che a questi ragazzi non interessa né il bigolo, né la patata. Va bene che è una pellicola ambientata in un futuro distopico, ma in questo futuro sono stati tutti castrati?
Dopo 3 anni tra soli maschi, in una situazione normale, se anche avessero messo dentro una tipa cessa, sarebbe stata presa in tutti i suoi orifizi giorno e notte per minimo un mese. Qui invece piazzano nella radura quella gran bella figliola che risponde al nome di Kaya Scodelario, già vista nella serie britannica Skins, e nessuno se la vuole trombare?
Questo film non ha alcun senso!

"Siete qui da 3 anni senza tipe e non vi siete mai presi le chiappette? Mi prendi per il culo?"
"Ti piacerebbe se lo facessi?"
"Mi spiace Kaya, ma nella classifica delle più gnocche della radura sei arrivata seconda."
"E al primo posto chi c'è?"
"Il biondino di Game of Thrones."

Laddove inoltre una pellicola come Cube si fermava prima di dare spiegazioni, e anche in questo stava il suo fascino, Maze Runner fa esattamente l'opposto. Nel suo pessimo finale ci spiega tutto.

ATTENZIONE SPOILER
I ragazzi sono stati messi nella radura per un qualche malato test psicologico e attitudinale, visto che il mondo esterno è stato quasi distrutto da un incremento dell'attività solare e le persone sono state colpite da una tremenda epidemia.
Il mondo sta finendo e l'unica soluzione per provare a salvarlo è mettere dei ragazzini non tanto svegli in un labirinto con dei ragni giganti. Ma siete scemi?
Questo film è la dimostrazione di come l'umanità se la meriti proprio, l'estinzione.
(voto 4/10)

MAN OF THE YEAR 2014 - N. 10 FEDEZ

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Chi si aggiudicherà l'ambito (eddai, è solo un modo di dire) titolo di Man of the Year ovvero, se non speakkate l'inglese, l'uomo più importante e significativo dell'anno secondo Pensieri Cannibali?
A quei due o tre che vogliono scoprirlo dico di pazientare un po', perché la classifica è appena iniziata. Quest'anno non sarà una Top 20, bensì una Top 10. Prima di cominciare la scalata alla cima della decina 2014, vediamo chi ha conquistato il titolo nelle scorse annate:

2014 ???

E ora scopriamo chi c'è alla numero 10 della lista del 2014.


10. Fedez
(Italia 1989)
Genere: hip-pop-hoolista
Il suo 2014: l'album “Pop-Hoolista”, giudice di X-Factor

Iniziamo la classifica degli Uomini dell'anno di Pensieri Cannibali con un personaggio controverso. Molto amato e forse ancor di più molto odiato, Fedez, vero nome Federico Leonardo Lucia, è stato tra i protagonisti dell'annata che volge al termine.
A livello musicale non è che mi entusiasmi proprio moltissimo. Non perché faccia rap, io adoro il rap, piuttosto perché come rapper non è che sia il massimo. Più che rappare, diciamo che parla. Anche le basi e le produzioni dei suoi pezzi non sono fenomenali. E allora perché diavolo è presente in questa classifica?
Perché Fedez con le parole ci sa fare. Ci sa fare parecchio. I testi delle sue canzoni sono brillanti, divertenti, riescono a fotografare il presente in maniera ironica. Alcuni suoi giochi di parole (“Voglio averti account”, “Bella addormentata nel Bronx”, “L'amore Eternit”, “Voglio andare a vivere in campagna pubblicitaria”) sono notevoli, non sfigurerebbero come titoli di miei post e anzi glieli invidio. Alcuni suoi versi sono fantastici (“Un italiano su tre vive a casa dei genitori/Il problema è che gli altri due sono i genitori”) e tutti li condividerebbero su Facebook, se solo a firmarli fosse qualche gruppo indie come gli Zen Circus o Le luci della centrale elettrica e non un rapper venerato da un pubblico di ggiovani bimbiminkia.
Qualcuno può inquadrarlo all'interno di un determinato schieramento politico, quello del Movimento 5 Stelle, e anche lui con “Generazione Boh” se l'è un po' andata a cercare. Il ragazzo però sa pensare con la sua testa e, se come rapper ha ampi margini di miglioramento, come persona sa già il fatto suo. Se è presente in questa Top 10 è poi anche, e soprattutto, per la sua attività sui social network e per come sa rispondere alle critiche. In particolare è da notare come ha messo al suo posto Gasparri, che se l'era presa con una sua fan sovrappeso. Qui sotto la sua replica su Facebook.
Applausi per Fibra Fedez.


KIDS OF ANARCHY – LA GUIDA BABBANA A SONS OF ANARCHY, PUNTATA 2

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Sons of Anarchy
Sons of Anarchy non è una serie tv. Sons of Anarchy è la Droga.
E pensare che all'inizio non mi piaceva neanche. Con le droghe però è così che funziona. Prima di cominciare a usarle pensi: “Non finirò mai in quel tunnel, io.” Poi inizi un po' per gioco e un po' per curiosità a farne uso, dietro consiglio di qualche amico e pensi: “Mah, non mi sembra tutta questa cosa eccezionale.” Fino a che a un certo punto scatta qualcosa, ne diventi dipendente e non riesci più a smettere. Con me è andata così. Non con l'eroina o la cocaina, ma con Sons of Anarchy. Dopo essermi fatto conquistare in maniera via via crescente dalle prime tre stagioni, come raccontato nella prima puntata di questa guida babbana, ormai sono un vero e proprio fan. Tanto che questa non è più una guida babbana, ma una guida da Son of Anarchy onorario.



ATTENZIONE: DA QUI IN POI SONO PRESENTI SPOILER

Stagione 4
Arrivato alla quarta stagione, so già come andranno le cose. Si parte tranquilli, o relativamente tranquilli, e poi i vari intrecci messi insieme dall'autore della serie Kurt Sutter cresceranno sempre di più, fino a esplodere del tutto. Ormai sotto questo aspetto Sons of Anarchy è una garanzia. Di certo più affidabile delle promesse fatte da Jax. Ogni volta che comincia un discorso dicendo: “Me ne occupo io, promesso,” qualcuno finisce morto stecchito, questa è l'unica cosa garantita.
La stagione numero 4 di Sons of Anarchy segue il filone delle precedenti, ma i ritmi sono sempre altissimi e il livello di interesse non scende minimamente. Per quanto la terza rimanga forse la season più fenomenale dell'intera serie, almeno prima di quella conclusiva, ormai sono diventato così inaspettatamente affezionato a questi stronzi del club da sentirmi parte della loro famiglia e da adorare la serie senza condizioni. L'obiettività del mio giudizio si è andata a fare benedire, oppure la qualità di Sons of Anarchy non subisce davvero cali, se mai il contrario?
L'unica cosa che mi lascia un po' dubbioso è il nuovo taglio corto di capelli del protagonista Jax/Charlie Hunnam.

"Bravo, tieni il cappellino che è meglio."

"Ma che diavolo hai fatto ai capelli, son?"
"Eddai mà, non metterti pure tu..."

A questo quarto giro in moto entrano in gioco Danny “Machete” Trejo e in un episodio persino David Hasselhoff, nei panni di un produttore porno in cui risulta del tutto credibile, sarà un caso? La serie d'altra parte è ricca di guest-star piuttosto inaspettate che fanno capolino qua e là e fanno esclamare “Ssshit!”, dallo scrittore Stephen King alla gnocchetta di High School Musical Ashley Tisdale, dal chitarrista dei Jane's Addiction (e pure dei Red Hot Chili Peppers come panchinaro di John Frusciante) Dave Navarro, fino al principe delle tenebre Brian Warner/Marilyn Manson e a Courtney Love nell'ultimissima settima stagione, di cui parlerò nel prossimo Son-post.

Son of Anarking

Nel corso della quarta season il personaggio più sorprendente, e forse non sfruttato al 100% but I'm not sure, è però un altro: il sostituto procuratore Lincoln Potter (Ray McKinnon), un tizio stralunato e clamorosamente somigliante ad Andrea Pirlo. Per il resto, anche questa volta gli episodi finali sono una bomba e la scena conclusiva della stagione è la congiunzione perfetta tra passato e presente di SAMCRO (sigla che sta per Sons of Anarchy Motorcycle Club, Redwood Original). Una chiusura davvero da brividi.
(voto alla stagione 4: 8+/10)


Stagione 5
Quanto ho adorato la quinta stagione, eh? Quanto?
Jesus Christ, davvero tanto. Non sarà forse mitica quanto la terza e non avrà un crescendo clamoroso come la quarta, eppure mi è sembrata la stagione più equilibrata tra tutte. Nel senso che le altre partono quiete e poi a un certo punto esplodono. Questa invece comincia subito a mille. Se nelle altre si viveva un senso di attesa costante e sembrava che le prime puntate viaggiassero con il freno a mano tirato, qui invece il pedale è schiacciato da subito sull'acceleratore. Tanto per dire un paio di cosette che capitano nei primi episodi: Opie viene fatto fuori in una maniera che più brutale non si potrebbe, mentre Jax e Tara si sposano.


Apriamo il capitolo Tara (Maggie Siff). Il suo atteggiamento nei confronti del club è simile al mio. All'inizio è un'esterna. È una dottoressa che, almeno in apparenza, non ha nulla a che vedere con questo branco di motociclisti tatuati e invece, poco a poco, diventa una di loro. Per certi versi appare ancora più spietata di molti di loro. La mia posizione nei confronti di Sons of Anarchy è simile alla sua: all'inizio ero tutto un “No, no, che schifo questo club!” e poi sono diventato un adepto. Un vero e proprio Kid of Anarchy.


Della quinta stagione ho apprezzato la voglia di cambiamento, come si può notare fin dall'inizio in cui Jax non sta più a leggere le memorie del padre, ma scrive le proprie in favore dei figli. Un'idea narrativa ottima che poi però è stata un po' accantonata, peccato. Arrivato a questo punto del viaggio sono comunque talmente intrippato da non vedere più nemmeno i difetti (quali difetti?) della serie e godermi in pieno l'aria che mi passa davanti agli occhi, quasi fossi su una Harley in mezzo agli altri motociclisti tamarri del club.
(voto alla stagione 5: 8,5/10)


Stagione 6
Crisi del sesto anno?
La full immersion nel mondo di Sons of Anarchy mi ha tenuto con il fiato sospeso in pratica dalla seconda parte della seconda stagione, fino al termine della quinta. All'inizio della sesta ho cominciato invece ad accusare un po' il colpo. Mi è sembrato che il gioco messo in piedi da Kurt Sutter cominciasse a diventare leggermente ripetitivo. Forse è davvero così. D'altra parte, quale serie dopo così tante annate non accusa un momento di stanca?
I primi episodi mi hanno fatto un po' quest'impressione, nonostante l'entrata a pieno regime tra gli aficionados del club del latino con il nome da programma per la masterizzazione Nero (interpretato da Jimmy Smits), già guest-star della quinta stagione, e nonostante la voglia di alzare il tiro delle tematiche affrontate, con la sparatoria compiuta da un bambino in una scuola e la sotto trama legata a un simpatico trans alle prese con il suo figliolo.
Se la sensazione iniziale era quella di una stagione che cercava di battere nuove strade in una maniera non troppo convinta, per fortuna anche questo ciclo di episodi, come i precedenti, subisce un'accelerazione clamorosa e (ultra) drammatica nelle tre puntate finale, in cui succede davvero di tutto e di più. Un'anticipazione bomba per la settima, nonché conclusiva season, che terminerà la folle e sanguinosa corsa dei motociclisti tatuati il 9 dicembre. Sons of Anarchy dopo varie annate non ha quindi finito le sue cartucce. Tutt'altro. Ha fatto un nuovo rifornimento, molti personaggi come Tig, Chibs e Juice sono in costante crescita, e il club è pronto a sparare ancora. Il dubbio però a questo punto è lecito. Dopo tante situazioni pazzesche, l'autore Kurt Sutter si sarà tenuto il meglio per il gran finale?
(voto alla stagione 6: 8/10)

"Piacere, sono Kurt Sutter."

"E noi dovremmo davvero stare a seguire le sceneggiature scritte da quel tizio?"

TO BE CONTINUED...

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N. 10 AMY ADAMS

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"No, non c'ho l'X-Factor.
Io c'ho il V-Factor."


10. Amy Adams
(USA, Italia 1974)
Genere: scollata
Il suo 2014: American Hustle, Her - Lei

Una cosa che molti non sanno, e a dirla tutta non lo sapevo nemmeno io prima di scrivere questo post, è che Amy Adams è nata in Italia, a Vicenza per l'esattezza.
Un'altra cosa che molti non sanno è che proviene da una famiglia mormone... okay, forse questo era meglio se continuavamo a non saperlo.
E la volete sapere un'altra cosa ancora?
Il suo primo ruolo di un certo rilievo è stato in Cruel Intentions 2, pessimo sequel del cult movie anni '90 con Sarah Michelle Gellar e Reese Witherspoon. Dopo questa partenza tutt'altro che esaltante, la Adams è però riuscita film dopo film a conquistare tutti. I grandi registi l'hanno chiamata con sempre maggiore frequenza, da Steven Spielberg per Prova a prendermi a Paul Thomas Anderson per The Master, fino ad arrivare di recente a Spike Jonze per Lei - Her e adesso pure a Tim Burton per l'imminente Big Eyes.

Amy Adams è quindi riuscita a conquistare tutti. Davvero tutti. Persino me che per parecchio tempo la trovavo sopravvalutata come attrice e soprattutto non la consideravo una gran bellezza. Con American Hustle, dove a tratti ruba quasi – ho detto quasi – la scena a Jennifer Lawrence ho cambiato del tutto opinione. Merito unicamente suo?
Nah, mi sa che il motivo è da ricercare più che altro in quelle micidiali scollature a V.

"Meglio coprirsi.
Quel Pensieri Cannibali è un sito visitato da un sacco di maniaci, lo sanno tutti."

I FILM PIÙ SCEMI DELLA SETTIMANA

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A Natale siamo tutti più buoni. Tutti tranne i cinema italiani, che continuano a proporre un sacco di pellicole trascurabili.
Questa settimana però c'è un ambo di eccezioni. Non mi riferisco al film italiano Ambo, ma ai due nuovi lavori del giovane Xavier Dolan e del vecchio Woody Allen. Generazioni di Autori a confronto. Il presente, nonché il futuro, che si scontra con il passato. Proprio come Cannibal Kid VS il suo blogger rivale Mr. James Ford.

Scemo & più scemo 2
"Il mio sito preferito è Pensieri Cannibali!"
"Anche il mio, però a volte lo trovo un po' troppo scemo per i miei gusti..."
Cannibal dice: Il primo Scemo & più scemo è una delle commedie più piacevolmente sceme e divertenti degli anni '90. Puro delirio comico di quelli che piacciono a me. L'unica cosa che non ho mai capito del film è se sia più scemo Jim Carrey o Jeff Daniels, così come mi sfugge se sia più scemo io o il finto serioso Mr. Ford. Chissà?
Riguardo al nuovo capitolo comunque non sono troppo fiducioso. A 20 anni di distanza, questo sequel rischia di arrivare davvero fuori tempo massimo e i due protagonisti adesso rischiano di suonare patetici, più che spassosi. Però, anche in questo caso, chissà?
Ford dice: il primo Scemo & più scemo mi era parso, all'epoca, decisamente scemo. E avevo quindici anni. Figuriamoci cosa può sembrarmi questo inutile sequel ora.
Quasi peggio Scemo Kid, degno compagno di Scemo Ford.

Magic in the Moonlight
"Con la sola imposizione delle mani farò sparire per sempre Ford dalla blogosfera."
Cannibal dice: Il mio rapporto con Woody Allen va a periodi e negli ultimi tempi siamo un po' in crisi. Dopo l'orrido To Rome with Love e il sopravvalutato Blue Jasmine, Woody prova a far dimenticare l'acidità del suo ultimo film, che ho trovato poco nelle sue corde, con una nuova commedia. Magic in the Moonlight sfoggia la mia adorata Emma Stone al fianco del da me poco adorato Colin Firth e dalle premesse non sembra essere destinato a diventare uno dei migliori lavori del regista forse più radical-chic della Storia. In compenso potrebbe essere una pellicola caruccia in stile Scoop. Da vedere sicuramente ma, almeno per quanto mi riguarda, con aspettative non troppo alte. Un po' come quando mi accingo a leggere un nuovo post pubblicato su WhiteRussian.
Ford dice: Woody Allen, ormai, con la sua consueta uscita natalizia, è praticamente diventato un cinepanettone per radical chic. Certi anni sa di rancido, certi altri è come il nettare degli dei. Le premesse, in questo caso, non mi sembrano delle migliori, ma io continuo a sperare di sbagliarmi.

Mommy
"Zitta! Non dire mai più che leggi WhiteRussian.
Hanno arrestato gente per molto meno!"
Cannibal dice: Attenzione a questo film. Con la classifica dei migliori lavori dell'anno ormai in dirittura d'arrivo, uno degli ultimi titoli capaci di scompaginare le carte in tavola potrebbe essere questo, insieme a L'amore bugiardo - Gone Girl di David Fincher in uscita tra un paio di settimane.
Osannato all'ultimo Festival di Cannes, dove si è portato a casa il Premio della Giuria, il nuovo film di Xavier Dolan potrebbe essere la prova di maturità di questo giovane e promettentissimo autore canadese. Io punto tutto sul suo Mommy e niente sul Daddy Ford.
Ford dice: di questo giovane e promettente Dolan si parla un gran bene ovunque, dal Festival di Cannes alla blogosfera, e devo ammettere che questo suo lavoro mi incuriosisce molto, tanto da mettere in secondo piano altri recuperi per poterlo avere presto ospite al Saloon. Peccato solo per l'entusiasmo in merito del mio rivale, che potrebbe rivelarsi più un male che un bene per il buon Xavier. Staremo a vedere.

The Rover
"Cannibal, smettila di parlare male di me, o ti sparo con la mia pistola ad acqua!"
Cannibal dice: Se non subisce altri rinvii nella distribuzione, dovrebbe arrivare questa settimana The Rover, porcheruola post-apocalittica con Robert Pattinson. Come testimonia la mia recensione io l'ho detestato. Sono quindi sicuro che questo noiosissimo e senza senso on the road movie australiano verrà adorato da Ford.
Ford dice: avevo rinviato la visione ai tempi dell'uscita in sala, e per una volta la distribuzione pare essermi venuta incontro. The rover approderà a breve da queste parti, e tutti - Peppa Kid in primis - avrete modo di scoprire se un prodotto australiano ed insolito come questo incontrerà effettivamente i favori del vecchio Ford, o si guadagnerà le bottigliate delle grandi occasioni.
Ovvero quelle che, di norma, toccano al Cucciolo Eroico.

Un amico molto speciale
Babbo Fordale porta a spasso il piccolo Cannibal Kid.
Cannibal dice: Da buon Scrooge della blogosfera, non amo molto i film natalizi. Diciamo che non li amo per niente. Eppure questo film di provenienza francese con protagonista l'ottimo Tahar Rahim de Il profeta e Il passato potrebbe essere una di quelle commediole che mettono di buon umore, perfetta per il periodo. Sempre che non si riveli una deprimente bambinata fordiana, ça va sans dire.
Ford dice: di commediole francesi inutili ho già fatto il pieno di recente. Dunque, nonostante il protagonista, salterò a piè pari questa robetta natalizia per godermi l'ennesima visione di Una poltrona per due. Alla faccia del mio ben poco natalizio antagonista.

Ambo
"Bravi Cannibal e Ford, avete fatto ambo...
Di blogger falliti!"
Cannibal dice: Commediola italiana che, nonostante la presenza di quella bella topolona di Serena Autieri, non mi ispira per niente. Preferisco la commediola francese della settimana, grazie.
Ford dice: se evito la commediola francese, figuriamoci quella italiana.

The Perfect Husband
The Perfect Husband, un film dell'orrore con Mr. Ford.
Scritto e diretto da Julez.
Cannibal dice: Un horror italiano.
A una frase del genere, negli anni '70 sarebbe potuta seguire l'esclamazione: “Che figata!”.
Oggi invece al massimo si può dire: “Che merda!”.
Ford dice: un horror. Già un brutto segno.
Un horror italiano. Un segno ancora più brutto.
Ci manca solo che piaccia a Cannibal, e il disastro sarà completo.

La metamorfosi del male
Mr. Ford finalmente arrestato per turpiloquio nei confronti del Cinema.
Cannibal dice: Horrorino che si preannuncia di qualità tra il pessimo e l'infimo, so già che per curiosità potrei finire a vederlo comunque. Per farmi del male. Come se già la lettura quotidiana di WhiteRussian non fosse abbastanza.
Ford dice: ecco un altro horror inutile. Quantomeno non è italiano. Che è già qualcosa.

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N. 9 IGGY AZALEA

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9. Iggy Azalea
(Australia, USA 1990)
Genere: rapperessa
Il suo 2014: l'album d'esordio “The New Classic”, i singoli “Fancy” con Charli XCX, “Black Widow” con Rita Ora, “Beg for It” con MØ, “Problem” con Ariana Grande, “No Mediocre” con T.I. e “Booty” con Jennifer Lopez

Il 2014 è stato l'anno di Iggy Azalea, almeno nell'ambito della musica hip-hop commerciale. Tutto quello che ha toccato si è trasformato in oro, sia i singoloni tratti dal suo album come “Fancy” e “Black Widow”, che i pezzi cui ha prestato le sue rime, come la hit “Problem” di Ariana Grande.
La rapper (o si dice per caso rapperessa? Nah, fa troppo schifo!) australiana non è però presente in questa classifica tanto per il suo talento con le parole, comunque notevole, o per la sua musica, comunque piacevole, ma per le sue ragguardevoli doti fisiche, sfoggiate in una serie di video dal sapore molto cinematografico. Un sapore non solo molto cinematografico, ma anche molto cannibale, visto che i video di “Fancy” e di “Black Widow” omaggiano due super cult di Pensieri Cannibali.
Il videoclip di “Fancy” altro non è che il remake in formato cortometraggio del teen movie Ragazze a Beverly Hills (Clueless) in cui Iggy Azalea riprende il ruolo che fu di Alicia Silverstone, senza sfigurare affatto. E reggere il confronto con la icona teen per eccellenza degli anni '90 non era impresa facile.




In “Black Widow” Iggy Azalea cita invece nientepopodimeno che il regista preferito di questo blog, Mister Quentin Tarantino, e uno dei suoi film più fichi, Kill Bill.



La bocca sboccata di una rapper inserita sopra un corpo da fotomodella, con in più un fondo schiena da urlo AAAH!, un nome da punk-rock star e dei gusti cinematografici perfettamente in linea con Pensieri Cannibali?
Non ci sono dubbi: Iggy Azalea è la mia donna ideale.

MAN OF THE YEAR 2014 – N. 9 ANDREA DIPRÈ

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9. Andrea Diprè
(Italia 1974)
Genere: giegno
Il suo 2014: una serie di video di sempre maggiore successo su YouTube, guest-star in un episodio della serie di Maccio Capatonda Mario, il Macchianera Award di cattivo più temibile della rete

Chi è Andrea Diprè?
Andrea Diprè è un mito.
Non vi basta come descrizione? Aggiungo allora che è una web celebrity, è un critico d'arte 2.0, è l'erede di Vittorio Sgarbi, ma è anche molto di più. Dipré si occupa di cultura pop a 360°. Con le sue video interviste ormai diventate leggendarie in rete ha incontrato i più variegati tra i personaggi, andando a cercare l'arte anche nelle sue forme considerate più basse o trash, passando dal mondo del cinema per adulti con Sasha Grey e varie altre pornostar alla scena rap milanese con Bello Figo Gu (ex Gucci Boy), senza farsi mancare qualche incursione vagamente politica, ad esempio quando ha intervistato la figlia di Beppe Grillo aspirante cantante, e senza dimentica persino l'impegno sociale, attraverso l'incontro con il caso umano Sara Tommasi.

Oltre a un'apparizione come guest-star nella seconda terza stagione della serie di Mtv Mario, il 2014 l'ha visto trionfare ai Macchianera Awards, i premi della rete in cui tra i migliori siti cinematografici era nominato anche Pensieri Cannibali, dove si è portato a casa il riconoscimento di cattivo più temibile dell'anno. Sul fatto che Andrea Diprè sia davvero temibile ci sarebbe da discutere, anche se la vera domanda è un'altra: quest'uomo è un genio o un ciarlatano?
Ai posteri, e a voi, l'ardua sentenza.





I CULT DI PENSIERI CANNIBALI – MEAN GIRLS

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Mean Girls
(USA, Canada 2004)
Regia: Mark Waters
Sceneggiatura: Tina Fey
Ispirato al romanzo: Queen Bees & Wannabees di Rosalind Wisenman
Cast: Lindsay Lohan, Rachel McAdams, Lacey Chabert, Amanda Seyfried, Lizzy Caplan, Daniel Franzese, Jonathan Bennett, Tina Fey, Amy Poehler, Tim Meadows, Neil Flynn, Ana Gasteyer, Rajiv Surendra
Genere: perfido
Se ti piace guarda anche: Ragazze a Beverly Hills, Gossip Girl, Suburgatory

Quando penso a un film perfetto da un punto di vista registico, mi viene subito in mente 2001: Odissea nello spazio.
Quando penso a una pellicola che non potrebbe essere recitata in maniera più perfetta, il mio pensiero (cannibale) corre a Il silenzio degli innocenti.
Quando penso a una sceneggiatura perfetta, tra i primi titoli che mi vengono in mente c'è invece... Mean Girls. Proprio così. Sto delirando?
Può darsi, ma per quanto mi riguarda Mean Girls è un piccolo capolavoro. Un film teen che rasenta la perfezione, in cui al suo interno c'è tutto quello che ci deve essere. Impeccabile non solo a livello di script, ma pure nella scelta del cast.

"Un piccolo capolavoro???
Ma taci Cannibal, Mean Girls è un GRANDE capolavoro!"

Per prima cosa, c'è una protagonista in stato di grazia. Dopo essersi fatta notare come baby diva in alcuni filmetti Disney, Lindsay Lohan tocca qui il suo apice, sia di figaggine che di bravura recitativa. Anche se oggi può apparire folle dirlo, Lindsay ai tempi era un'attrice davvero promettente, oltre che una gnocca stellare. Peccato poi sia passata dall'essere così...


A così...


"Sono davvero io nel futuro, quella roba lì?"

Prima che le troppe droghe annebbiassero la sua mente e la troppa plastica deturpasse il suo viso, rendendola incapace delle anche più elementari espressioni facciali, Lindsay aveva un grosso talento come interprete, via via sempre più sparito proprio dopo Mean Girls. Ciò non fa che confermare la grandezza di questa pellicola. Dopo essere arrivata al top, Lindsay non ha potuto far altro che sprofondare sempre più giù.

Migliore fortuna hanno invece avuto le comprimarie di Lindsay, sconosciute all'epoca e poi diventate delle stelle di prima grandezza o quasi nel firmamento hollywoodiano: sto parlando di Rachel McAdams e Amanda Seyfried, ma pure dell'alternative girl Lizzy Caplan che, grazie alla serie tv Masters of Sex, si sta pure lei facendo strada.

"Finirò a fare una serie che si chiama Masters of Sex?
Ma non fatemi ridere."

Rachel McAdams in particolare qui ha una di quelle parti che nella carriera di un interprete capitano giusto una volta, o massimo due: la sua Regina George è una stronzilla coi fiocchi, una villain memorabile, il simbolo supremo del bullismo al femminile, la cattiveria personificata dentro il corpo hot di una cheerleader. Più piccolo, ma comunque memorabile, è il ruolo offerto a una Amanda Seyfried che, nella parte della “senitiva” decerebrata, è perfetta come non mai. Sarà un caso?

"Cannibal mi ha dato della decolorata...
Cioè, ma ti rendi conto? Io sono bionda naturale!"

E poi c'era anche Lacey Chabert, ma lei, almeno al momento, non è ancora mai esplosa.

"Perché a me non mi si fila nessuno? Perché?

Lindsay Lohan è al top, il resto del cast è in forma strepitosa, la colonna sonora contiene tutte le canzoni giuste al momento giusto ed è capace di spaziare con grande naturalezza da Missy Elliott ai Blondie, da Kelis a Peaches. Il segreto della riuscita di questa pellicola, ciò che l'ha reso un cult istantaneo nel 2004, nonché un classico moderno a distanza di 10 anni, entrato nella pop culture americana come pochi altri film del nuovo millennio, è però un altro. Il punto forte di Mean Girls è la sua sceneggiatura. Come dicevo in apertura, uno script esemplare firmato da Tina Fey, comica del Saturday Night Live nonché presentatrice di eventi come gli Emmy Awards 2013. La Fey non manca di comparire pure come attrice, insieme alla sua inseparabile socia Amy Poehler, cui è affidata l'irresistibile parte di una mamma che fa la super ggiovane.

"Sono più frica di Paris Hilton!"

Partendo con in testa come modelli le commedie anni '80 di John Hughes alla Breakfast Club e Sixteen Candles, oltre a pellicole teen anni novanta come Cruel Intentions, Kiss Me e Amiche cattive, Mean Girls sembra più che altro una versione bastarda di Ragazze a Beverly Hills. Laddove nella pellicola 90s Cher Horowitz/Alicia Silverstone era una specie di Amelie del liceo che sfruttava la sua popolarità per fare del bene, prendendo sotto la sua ala protettrice la ribelle Brittany Murphy, qui Regina George/Rachel McAdams usa il suo status per distruggere gli altri, a partire dalla sua nemicamica Lindsay Lohan, la nuova arrivata dall'Africa.
Dall'Africa???
Un espediente narrativo che sembra campato per aria e invece non lo è. Prendendo ispirazione dal romanzo Queen Bees & Wannabees di Rosalind Wisenman, Tina Fey gioca benissimo il parallelo tra la giungla africana e la vita in un liceo americano e reinventa così il genere teen in maniera tanto animalesca quanto efficace, oltre a imporre un linguaggio tutto suo, con tanti di neologismi (frico, sghicio, strilonza).
Possiamo vedere inoltre Mean Girls anche come una variante al femminile dei buddy movies. Laddove in pellicole come i vari Arma letale, Tango & Cash, 21 Jump Street, Point Break, Fast & Furious etc. si gioca sulla rivalità tra due uomini che si trasforma in amicizia, nello spietato mondo delle ragazze le cose vanno invece al contrario. Un'amicizia tra donne può cambiare segno e diventare la più spietata delle guerre.

"Io e te in competizione, Lindsay?
Ma per favore, non c'è proprio gara."

Se a un livello superficiale può essere vista come una semplice commediola adolescenziale, Mean Girls è in realtà il dark side di Clueless - Ragazze a Beverly Hills, destinato a sua volta a diventare un modello di ispirazione per molti film (Easy Girl, Pretty Persuasion, G.B.F., l'inutile sequel Mean Girls 2) e serie tv (Gossip Girl, Suburgatory, Pretty Little Liars) a venire. Una commedia nera dotata di momenti comici esilaranti e anche un ritratto sociologico di notevole portata, capace di giocare sul terreno delle cheerleader e delle ragazze superficiali con le loro armi e allo stesso tempo farle a pezzettini in maniera spietata. La pellicola in pratica possiede lo stesso diabolico fascino di Regina George/Rachel McAdams. È una fotografia di tutto ciò che non va nel mondo, è il Male puro, eppure non si può fare a meno di amarla e venerarla.
(voto 8/10)

Mean Girls, un film perfetto per tutte le occasioni.
Anche per Natale.

Questo post partecipa alla frichissima iniziativa “Bad Girls”, ovvero una settimana di pezzi dedicati a pellicole con protagoniste le cattive ragazze. Un'iniziativa ideata da Arwen Lynch de La fabbrica dei sogni e di cui qui sotto vi potete beccare il programma completo.

MAN OF THE YEAR 2014 – N. 8 HOZIER

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n. 8 Hozier
(Irlanda 1990)
Genere: cantautore
Il suo 2014: il successo del singolo "Take Me to Church", l'album d'esordio "Hozier"

Hozier secondo me è il nuovo Jeff Buckley.
Okay, l'ho sparata grossa, me ne rendo conto. Eppure il cantautore irlandese classe 1990, nome completo Andrew Hozier-Byrne, ha una voce soul inserita in un contesto pop-rock che mi ricorda proprio il compianto Jeff. Inoltre, il giovane possiede del talento. Talento vero,  puro, di quelli che non si sentono mica tutti i giorni. O, se voi ne sentite tutti i giorni, ditemi dove, per favore.
Il suo primo singolo "Take Me to Church", diventato ormai un successo mondiale, è una di quelle canzoni che difficilmente lasciano indifferenti e l'album di debutto “Hozier” non fa che confermare le sue qualità vocali e di scrittura. Se poi si rivelerà davvero il nuovo Jeff Buckley è tutto da vedere. In alternativa potrebbe anche essere solo il nuovo Damien Rice, un buon cantautore che dopo “The Blower's Daughter” ha fatto ancora dei lavori validi, ma non è mai riuscito a scrivere un'altra canzone allo stesso livello. Mi rendo conto che non è proprio come diventare il nuovo Jeff Buckley, però anche essere il nuovo Damien Rice non sarebbe poi una cosa troppo terribile.
In attesa di scoprire (e ascoltare) il suo futuro, per quanto mi riguarda Hozier è l'artista musicale maschile rivelazione del 2014, la sua “Take Me to Church” è uno dei pezzoni più belli dell'anno e pure il video che accompagna la canzone è una bomba.


COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N.8 VALENTINA NAPPI

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8. Valentina Nappi
(Italia 1990)
Genere: pornostar e blogger, ma non chiamatela pornoblogger
Il suo 2014: un sacco di porno, ma anche un sacco di post sul suo blog

Valentina Nappi è l'attrice italiana oggi come oggi più famosa nel mondo.
Siete grandi appassionati di cinema eppure non l'avete mai sentita nominare?
Questo può significare solo due cose:

A) Siete donne
B) Qualcuno ha messo il parental control sul vostro computer e non potete visitare i siti per adulti

Ho dimenticato di specificare che Valentina Nappi è un'attrice pornografica, ma credo che a livello di popolarità in generale nel mondo attualmente se la giochi alla grande pure con una Monica Bellucci, appena scelta come nuova Bond Girl (girl si fa per dire).
Oltre a tenere alta la bandiera (e forse non solo quella) dell'Italia nel mondo, oltre a essere una delle professioniste più apprezzate nel settore, oltre ad aver dimostrato una grande versatilità nell'affrontare personaggi e situazioni tra le più differenti ed estreme recitativamente parlando, Valentina Nappi è una che sa il fatto suo anche al di fuori del set. Molto attiva non solo a livello sessuale, ma pure su Twitter, sui social network e sul suo blog personale all'interno di MicroMega di Repubblica, dove non risparmia commenti anche e soprattutto politici, così come la collega Sasha Grey – sempre sia lodata – non è estranea a velleità artistiche, filosofiche e culturali.
Oggi la Nappi, originaria di Pompei ebbene sì, è l'attrice pornografica italiana più nota nel mondo, ma domani – chissà? – potrebbe davvero essere l'attrice in generale italiana più conosciuta nel mondo. Con buona pace di Monica Bellucci.

MAN OF THE YEAR 2014 – N. 7 CHRIS PRATT

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n. 7 Chris Pratt
(USA 1979)
Genere:guardone guardiano
Il suo 2014: protagonista del blockbuster Guardiani della Galassia, piccole parti in Lei - Her e Delivery Man, la serie Parks and Recreation

Se una decina d'anni fa avessi puntato dei soldi sull'esplosione di Chris Pratt, oggi sarei ricco da far schifo. Chris Pratt è uno di quegli attori su cui in pochi avrebbero scommesso. A me invece è stato istantaneamente simpatico da subito, da quando è comparso in Everwood, serie iper melodrammatica in cui lui era l'unico che permetteva di accantonare i fazzoletti per qualche istante e regalava qualche momento divertente.
Ancor più di Emily VanCamp oggi star di Revenge, del promettente Gregory Smith adesso nella piccola serie Rookie Blue o dell'odiosa Sarah Drew finita in Grey's Anatomy, l'attore di Everwood che è riuscito del tutto a sorpresa a sfondare a Hollywood è stato lui.
Non che sia stato facile. Chris Pratt si è fatto le ossa nella serie comedy Parks and Recreation e con piccole parti (a volte piccolissime) in The O.C., L'arte di vincere, 5 anni di fidanzamento, Delivery Man, Zero Dark Thirty e Lei - Her. La svolta nella sua carriera è però avvenuta soltanto con Guardiani della Galassia.
Sbeng, d'un tratto è passato dall'essere un attore di seconda (forse terza) fascia, a star di prima grandezza protagonista di un film Marvel che si sta rivelando il maggiore incasso dell'anno a livello mondiale. A breve sarà pure il protagonista del nuovo capitolo di Jurassic Park, Jurassic World. E mo' chi lo ferma più?
Peccato solo non averci scommesso dei soldi anni fa, sul cavallo Pratt.




COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N. 7 KELLY REILLY

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n. 7 Kelly Reilly
(Inghilterra 1977)
Genere: roscia
Il suo 2014: la sottovalutata serie Black Box, i film Rompicapo a New York e Il paradiso per davvero, l'ingresso nel cast della stagione 2 di True Detective

Non sarebbe una vera classifica delle Cotte adolescenziali di Pensieri Cannibali, senza (almeno) una tipa dai capelli rossi. Se non ve ne sono di presenti, attenti: potreste trovarvi di fronte a una pallida imitazione. In attesa di scoprire se ci saranno altre roscie nella classifica di quest'anno, come Jessica Chastain, Emma Stone o – chissà? – Pippi Calzelunghe, ecco alla numero sette la bella Kelly Reilly, per gli amici Lelli Kelly.
Kelly Reilly è un'attrice inglese strafstrepitosa che però non è ancora esplosa del tutto. La rossa ha cominciato a farsi notare in serie, miniserie e film tv britannici, per poi approdare nel cinema internazionale con Appartamento spagnolo in cui aveva il ruolo di Wendy, poi ripreso anche nei due seguiti Bambole russe e Rompicapo a New York, un triplete di film gradevolissimi che ho recuperato soltanto quest'anno in occasione dell'uscita dell'ultimo capitolo. E ho fatto bene a recuperare una saga cinematografica per una volta non-fantasy, anche perché ormai sono merce sempre più rara.
Kelly Reilly la si è poi rivista, sempre con enorme piacere, pure in pellicole come Orgoglio e pregiudizio, Eden Lake, Sherlock Holmes, Sherlock Holmes - Gioco di ombre e Flight.
Il 2014 sarebbe dovuto essere l'anno della sua definitiva ascesa al successo, grazie al ruolo come protagonista della serie medical Black Box, in cui interpreta una neurologa bipolare parecchio imprevedibile, una specie di versione topa del Dr. House. Peccato che la serie, che non era affatto male, sia stata cancellata dopo appena una stagione. Attenzione però perché il 2015 potrebbe davvero essere il suo anno. O almeno a forza di provarci prima o poi lo sarà, no?
Oltre al film Calvary, che dovrebbe uscire in Italia nei prossimi mesi, la vedremo nella seconda stagione di True Detective, accanto a Colin Farrell, Vince Vaughn, Taylor Kitsch, Rachel McAdams e Abigail Spencer. E chissà perché ho come l'impressione che potrebbe rivelarsi all'altezza della prima. Almeno a livello di gnoccaggine presente.

MAN OF THE YEAR 2014 – N. 6 CHRIS MARTIN

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n.6 Chris Martin
(Inghilterra, 1977)
Genere: playboy a sorpresa
Il suo 2014: l'album “Ghost Stories” con i Coldplay, la storia con Jennifer Lawrence

Chris Martin è presente nella classifica degli uomini dell'anno per un'unica ragione.
Sì, certo la musica, ovvio...

Ehm, no. L'avete sentito il nuovo album dei Coldplay?
Anziché “Ghost Stories”, avrebbero dovuto intitolarlo “Sleep Stories”, visto che è buono giusto per prendere sonno e meno male che il loro prossimo album dovrebbe essere l'ultimo della band. L'ultimo almeno fino a che non avranno finito i soldi e saranno costretti a organizzare una reunion...

Se Chris Martin è qui nella decina dei Man of the Year 2014 è allora per un altro motivo: si è fatto Jennifer Lawrence. La storia tra i due forse è già finita o forse no, però in ogni caso complimenti a lui. Di grandi canzoni come “Yellow” o “Fix You” è da qualche annetto che non riesce più a scriverne e quindi il titolo di Singer of the Year ormai se lo sogna. Quello di Playboy of the Year invece se lo merita tutto.

Non è un fotomontaggio.
No, no.

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N. 6 JENNIFER LAWRENCE

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"Amy Adams, t'ho superata.
Seeeh!"
n. 6 Jennifer Lawrence
(USA 1990)
Genere: tuttofare
Il suo 2014: i film American Hustle, X-Men - Giorni di un futuro passato, Serena e Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I, la storia con Chris Martin, lo scandalo The Fappening

Jennifer Lawrence sta cominciando a stufare?
Questa più che una domanda è una bestemmia, me ne rendo conto benissimo, però il dubbio negli ultimi 12 mesi ha assalito persino me. Tra lo scandalo The Fappening delle sue foto zozze finite in rete, la storia d'amore con il divorziato Chris Martin, un film che mi ha parzialmente deluso come American Hustle, un blockbusterone commerciale come X-Men - Giorni di un futuro passato, un dramma storico che ho paura di vedere come Serena, la saga di Hunger Games che rischia di tirare troppo le cose per le lunghe con un episodio finale sdoppiato, più tutta la sovraesposizione mediatica che l'ha vista protagonista negli ultimi tempi, il rischio c'era.
Eppure Jennifer Lawrence non ha stufato. Non ancora, almeno. Senza di lei, senza i suoi scandali, senza le sue cadute e gaffe come alle ultime notti degli Oscar, Hollywood sarebbe un posto più triste. Molto più triste.
Inoltre il suo sorprendente debutto come cantante, con una “The Hanging Tree” da brividi scritta dai Lumineers con l'autrice della saga Suzanne Collins, musicata da James Newton Howard e da lei interpretata in Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I, entrata pure nella Billboard chart delle canzoni più vendute negli USA, dimostra che la Jennifer Lawrence mania non è ancora finita. Tutt'altro.
Jennifer Lawrence foreva!



"L'anno scorso ero seconda e quest'anno solo sesta?
E chissenefrega!"

MAN OF THE YEAR 2014 – N. 5 STROMAE

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n.5 Stromae
(Belgio, Ruanda 1985)
Genere: cantautorapper
Il suo 2014: la partecipazione al Festival di Sanremo come ospite, il successo anche in Italia del suo album del 2013 “Racine carrée” grazie ai singoli “Papaoutai”, “Formidable” e “Tous les mêmes”, il pezzo “Meltdown” nella colonna sonora di Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I

C'è poco da fare. Il 2014 è stato l'anno del Belgio.
Il piccolo staterello che fino ad ora si era segnalato più che altro perché ospita il Parlamento europeo e perché come monumento più noto ha un bambino che piscia, è stato protagonista su tutti i fronti. Dal Belgio arrivano due dei film più belli degli ultimi mesi, la sorpresa Alabama Monroe - Una storia d'amore e Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne, senza dimenticare il delirante e visionario L'étrange couleur des larmes de ton corps, mentre sul campo sportivo la squadra di calcio è stata la rivelazione assoluta degli ultimi Mondiali in Brasile, capace di arrivare fino ai quarti di finale e di mostrare forse il gioco migliore della competizione. Il Belgio sfoggia inoltre uno degli interpreti musicali più interessanti e particolari degli ultimi tempi: il rapper/cantante/cantautore Stromae.

La prima volta che abbiamo sentito parlare di lui in Italia è stata nell'estate del 2010, quando la sua tamarreggiante “Alors on danse” si è trasformata in uno dei tormentoni del periodo. Con un pezzo del genere, Stromae sembrava destinato a essere un one-hit wonder e a scomparire nel nulla, invece no. Dopo l'album d'esordio “Cheese”, nel 2013 ha pubblicato il suo secondo lavoro “Racine carrée”, diventato un grande successo anche dalle nostre parti soltanto nel corso del 2014. Il merito?
Per una volta, diamogliene atto, il contributo di Fabio Fazio è stato fondamentale. È stato lui a volerlo sul palco del Festival di Sanremo, dove Stromae ha interpretato la sua “Formidable” fingendosi ubriaco, tra lo sconcerto e l'incomprensione del pubblico zombie sanremese. Uno dei momenti più sorprendenti e formidabili nella storia della tv italiana, nonché l'unica occasione in cui è valsa la pena tenere gli occhi aperti durante il Festival di quest'anno. E un po' in generale di tutti gli anni.





In più, ora Stromae è stato sdoganato persino negli USA, grazie alla sua partecipazione a un pezzo della colonna sonora di Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte I.
C'è poco da fare. Il 2014 è stato l'anno del Belgio ed è stato l'anno dell'esplosione mondiale di Stromae. Altroché one-hit wonder.



CHI HA PAURA DEL BABADOOK?

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The Babadook
(Australia 2014)
Regia: Jennifer Kent
Sceneggiatura: Jennifer Kent
Cast: Essie Davis, Noah Wiseman, Tim Purcell, Daniel Henshall, Hayley McElhinney
Genere: inquieto
Se ti piace guarda anche: The Ring, Shining, Rosemary's Baby, La madre

Chi ha paura del Babau?
Tutti i bambini e pure alcuni adulti.
Alcuni? Parecchi adulti. Quelli sinceri lo ammetteranno senza problemi, gli altri negheranno, ma non credetegli. Quasi tutti hanno ancora paura del Babau.
Chi ha invece paura del Babadook?
Nessuno. Perché nessuno sa cos'è, o meglio sa chi è, il Babadook. Dopo che avrete visto questo film, anche voi però avrete paura del Babadook. Quindi io vi consiglio di guardare la pellicola australiana firmata dall'esordiente Jennifer Kent, ma solo se avete voglia di essere spaventati. Ha terrorizzato persino il regista de L'esorcista William Friedkin. Una volta tanto, forse l'unica quest'anno, c'è un horror che mette addosso un po' di strizza anche se, più ancora che strizza, mette angoscia. Un'angoscia esistenziale costante. Per quanto non privo di elementi favolistici e visionari, ben presenti e capaci di regalare alla pellicola un fascino notevole, The Babadook è quasi un horror neorealista, nel senso che ci presenta la vita ordinaria di una madre single che ha perso il marito e vive con il suo psicopatico figlio. La loro routine quotidiana ci viene offerta all'inizio senza troppe scosse. Le loro giornate si susseguono in maniera piuttosto normale, di giorno con lui che va a scuola e lei che va al lavoro in un ospizio e la sera poi lo mette a nanna raccontandogli una fiaba della buona notte. Lei invece mette a nanna se stessa giocherellando un po' con il vibratore, ma comunque questa è la loro tranquilla quotidianità. Fino a che nelle loro esistenze non entra il Babadook.

"Adesso ti leggo un libro più terrorizzante di 3 metri sopra il cielo."
"No dai mamma, non è possibile!"

ATTENZIONE SPOILER
Chi è il Babadook?
Il Babadook pensate di non conoscerlo, ma in realtà sì.
Il Badabook è quel mostro che c'è dentro di noi, con cui dobbiamo convivere. È il male che ci rode lo stomaco che a un certo punto viene fuori. È una cosa che fa paura, ma necessaria, perché soltanto combattendolo possiamo liberarcene. Oppure non liberarcene. Tenerlo perché è diventato una parte di noi.
The Babadook ha il pregio non da poco, soprattutto per un horror, di suscitare domande. Di porre interrogativi su noi stessi, sulle nostre paure, sui nostri demoni. Un'altra sua dote è quella di inquietare parecchio e lo fa con una forma cinematografica notevole. La glaciale fotografia della pellicola ci consegna una cittadina dell'Australia più da Nord Europa che da Oceania e ci trascina dentro le vite disperate dei due protagonisti, l'impressionante madre Essie Davis e il piccolo Noah Wiseman, uno dei bimbetti più inquietanti nella Storia del Cinema, insieme a quelli di Shining, Il sesto senso e The Ring. Con quest'ultimo condivide anche il rapporto un po' malato madre/figlio e una delle telefonate più spaventose mai sentite: BABA-DOOOOOK.

"Babadook?
Ma che è? Una nuova compagnia telefonica?"

A un livello puramente orrorifico, c'è da fare un plauso particolare per l'uso del sonoro. Quando viene aperto il libro pop-up del Babadook comincia una musichetta tra il fiabesco e il tenebroso che poi puntualmente finisce quando il libro viene chiuso, oppure fatto a pezzi/bruciato. E la voce del Babadook, per quel poco che si sente, è roba da brividi. La regista Jennifer Kent, per quanto all'esordio, sa come usare musiche ed effetti sonori al momento giusto, senza abusarne come capita in tanti, troppi film dell'orrore che sfruttano il banale trucchetto del “BUUUUUH!” per far saltare lo spettatore sulla poltrona.

La tensione maggiore è costruita tutta a un livello psicologico. The Babadook è una pellicola scritta e diretta da un donna, tratta per altro dal suo cortometraggio Monster del 2005, ed è una cosa che si vede e si sente in ogni momento. Il film mette in scena uno degli incubi peggiori che possano capitare a una donna: l'odio nei confronti del figlio. Annamaria Franzoni credo potrebbe ritrovarsi molto nella protagonista.


Da cosa deriva quest'odio?
Beh, per prima cosa sfido chiunque, madre o padre che sia, a voler bene a un figlio tanto inquietante. Per seconda cosa, suo marito è morto mentre la stava portando all'ospedale per partorire lui, quell'essere abominevole. Una perdita che non è mai stata elaborata del tutto dalla donna e dal bambino. Un trauma che li rende dei “diversi”, degli alieni che non riescono a stare in mezzo alle altre persone e vivono isolati. La loro villetta, simbolo della tipica casa della classica famiglia borghese, senza la figura del padre all'interno si trasforma nel loro Overlook Hotel personale, in cui non si capisce più chi sono i veri mostri. Loro, o il Babadook?
E voi, temete di più voi stessi o avete ancora timore del Babau?
A me personalmente fa più paura lui...


Un'altra domanda, forse ancora più importante: The Babadook è l'horror più spaventoso dell'anno?
La risposta è sì. Solo che quest'anno è troppo facile aggiudicarsi un titolo del genere, vista la mancanza di una concorrenza davvero agguerrita, in quello che è stato l'ennesimo annus horribilis per il genere. Se il premio di pellicola dell'orrore dell'anno se lo può quindi portare a casa senza troppo fatica, il titolo di mio cult personale non riesce invece purtroppo a guadagnarselo, per due motivi:

1) Questo film mi ha inquietato, ma non me l'ha fatta fare sotto dalla paura. Non quanto i miei incubi personali Shining, The Ring o il Bob di Twin Peaks.
2) La parte finale che sceglie di rendere esplicito ciò che fino a quel momento aveva intelligentemente deciso di non mostrare non mi ha convinto. È qui che il film perde una parte del fascino che fino a quel momento aveva sfoggiato in abbondanza. Proprio quando avrebbe dovuto raggiungere il suo climax, la tensione, almeno per quanto mi riguarda, si è invece dissolta.

Nel complesso The Babadook è comunque un esordio molto promettente, ma non privo di qualche limite nella mezz'oretta finale sul quale le tante recensioni entusiastiche hanno preferito tenere gli occhi chiusi. Una cosa d'altra parte più che comprensibile. Sono in molti a tenere gli occhi chiusi quando salta fuori il Babau o, in questo caso, il Babadook.
(voto 7+/10)

E ora, per esorcizzare la paura cantiamo tutti quanti insieme...

COTTA ADOLESCENZIALE 2014 – N. 5 MACKENZIE DAVIS

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n. 5 Mackenzie Davis
(Canada 1987)
Genere: (finta) nerd
Il suo 2014: La serie tv Halt and Catch Fire, i film Quel momento imbarazzante, What If e Breathe In

Non seguite ancora Halt and Catch Fire?
Male male, doppiamente male.
Per prima cosa, vi perdete una delle serie tv migliori dell'anno.
Per seconda cosa, vi perdete una delle migliori gnocchette dell'anno: Mackenzie Davis.
L'attrice canadese si è conquistata delle piccole parti nella commedia Quel momento imbarazzante e negli indie movies What If e Breathe In, ma è Halt and Catch Fire che le ha regalato uno di quei ruoli che non capitano spesso, nel corso di una carriera. Nella serie Mackenzie interpreta il ruolo di Cameron Howe, una programmatrice di computer anni '80 geniale, un'anima punk e un cervello nerd inseriti dentro il corpo esile di una biondina dotata di una bellezza non canonica e di un fascino strano. Strano, quanto irresistibile.
Non ne siete del tutto convinti?
Cominciate a guardare Halt and Catch Fire e cambierete idea, brutti stronzi!
Oh, non prendetevela con me. Questo è quello che gentilmente vi direbbe Cameron Howe di Halt and Catch Fire, mica io.

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