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Un'estate con Sofia, e con le MILF

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A Netflix c'hanno provato. Hanno tentato la via dei film impegnati, dei lavori con i registi acclamati, delle pellicole per crearsi una reputazione artistica e conquistare gli Oscar. Sono arrivati Roma di Alfonso Cuarón, The Irishman di Martin Scorsese e Storia di un matrimonio con Noah Baumbach, giusto per menzionarne alcuni. Poi però si devono essere detti: “Ragazzi, ma cosa stiamo facendo? Cosa ci guadagniamo?”.

Guardando le classifiche dei film più visti in streaming, quelli di Netflix si sono resi conto che i titoli di maggiore successo sono gli action fracassoni senza sceneggiatura ma con tante esplosioni, le produzioni teen che costano poco, generano parecchio traffico sui social e creano affezione in un pubblico che può garantire anni e anni di abbonamenti futuri, e poi i lavori che puntano sul sesso. Perché dare 159 milioni di dollari di budget a Martin Scorsese, quando con 365 euro o qualcosa del genere puoi andare in Polonia a prendere un titolo come 365 giorni che ti fa pure un numero di visualizzazioni maggiore?

Seguendo questo filone pornograf... ehm, diciamo sensuale, quest'estate dalla Francia sono stati distribuiti in tutto il mondo su Netflix due film perfetti per la stagione. E perfetti per aumentare le visualizzazioni: MILF e Un'estate con Sofia. Figuriamoci se io me li perdevo.

MILF
Regia: Axelle Laffont
Cast: Axelle Laffont, Virginie Ledoyen, Marie-Josée Croze, Waël Sersoub, Matthias Dandois, Victor Meutelet, Rémi Pedevilla, Florence Thomassin, Jéromine Chasseriaud

MILF. Già il titolo lascia presupporre che difficilmente ci troviamo di fronte a un nuovo film di Krzysztof Kieślowski o Ingmar Bergman, anche perché purtroppo entrambi non sono più tra di noi. MILF però non è un porno come qualcuno che passa troppo tempo su Brazzers potrebbe superficialmente pensare. È una commedia estiva con qualche scena di sesso e di nudo. Diciamo che è la via francese alla commedia sexy all'italiana.

"Sti francesoni c'han copiati, e che chezzo!"


Per chi ancora non lo sapesse – ma che non ci siete andati a scuola? – MILF è l'acronimo di Mother I'd Like to Fuck, ovvero “Madre che mi piacerebbe scopare”. In altre parole, è una donna di mezza età considerata ancora sexy dagli uomini più giovani. Come si sottolinea anche all'interno del film, non va confusa con la cougar, che è una donna matura che va a caccia di giovincelli, di “toy boy”.

"Posso essere il tuo toy boy?"
"Il mio cosa? Ma come chezzo parli?"


Per tornare in ambito cinematografico, la prima MILF e allo stesso tempo pure cougar ante litteram è stata Anne Bancroft nei panni di Mrs. Robinson ne Il laureato.

"Signora Robinson, sta cercando di fare la cougar con me?"

Il termine MILF è nato poi solo negli anni '90 ed è diventato di uso comune grazie ad American Pie, dove era riferito alla mamma di Stifler.


Il film MILF è una celebrazione delle MILF, rese attraverso tre differenti sfumature e tre diversi modi di vivere il loro essere MILF.

C'è la mora Virginie Ledoyen, quella di The Beach con Leonardo DiCaprio, che è una vedova di mezza età che ha organizzato con un paio di amiche una specie di vacanza di addio per svuotare la casa in cui passava le vacanze insieme al defunto marito.
Genere: MILF triste e seriosa che non cerca avventure. Forse.


C'è la bionda Marie-Josée Croze, che vive una storia d'amore tormentata con un DJ affetto dalla sindrome di Peter Pan, che non la tratta come si deve. Tra le tre protagoniste è l'unica a non avere figli e quindi tecnicamente non è una MILF vera e propria.
Genere: finta MILF cui i ragazzi più giovani non sembrano interessare più di tanto. Non ci credete?


E poi c'è la rossa Axelle Laffont, che ha curato anche la regia, quella più scatenata. Quella che è figa e sa di esserlo e manda gli uomini, di tutte le età, fuori di testa. Dietro questa sua apparenza da spirito libero, si nasconde però anche tanta voglia di amore.
Genere: MILF suprema


Le tre affrontano in maniera differente le attenzioni nei loro confronti di alcuni affascinanti ragazzi in età universitaria. Prima di chiamare le polizia, lo ripeeto: ho detto età universitaria, non pre-scolare.
 
 
La commedia procede in maniera frizzante, dalle parti di una versione al femminile di Un momento di follia con Vincent Cassel, imperdibile se siete appassionati del genere, e per certi versi anche di Odio l'estate e American Pie 2. Straconsigliato pure per gli amanti delle romcom con Virginie Efira tipo 20 anni di meno.

"Non vuoi farci entrare perché siamo troppo vecchie, stronzetta?
E io allora faccio una chiamata al mio amico Giuseppi e le discoteche ve le chiude tutte."


MILF inoltre riesce a non essere particolarmente volgare. Decidete voi se è una cosa positiva o meno. C'è qualche scena di nudo, ma d'altra parte si sa che tutti i francesi sono nudisti. C'è anche spazio per qualche considerazione non troppo stereotipata, che rende questo filmetto leggero e scemo non poi così scemo.
(voto 6,5/10)


Un'estate con Sofia
Titolo originale: Une fille facile
Regia: Rebecca Zlotowski Cast: Zahia Dehar, Mina Farid, Nuno Lopes, Benoît Magimel, Lakdhar Dridi

Partiamo da una considerazione che non capita di fare spesso. Il titolo italiano in questo caso mi sa che è meglio. L'originale è Une fille facile, e nei paesi anglosassoni Netflix lo distribuisce come An Easy Girl. Cosa che lo fa confondere con Easy Girl, strepitosa commedia che ha rivelato Emma Stone. Non solo. È un titolo che sembra esprimere un giudizio negativo sulla protagonista, una ragazza facile. Ancora un po' e la chiamavano “Putain”, sia la pellicola che la protagonista. Il titolo italiano è più raffinato. Un'estate con Sofia rimanda all'importanza del nome della protagonista, che come stile ricorda quello della Sophia Loren dei primi tempi (e un po' anche a Valeria Marini), e inoltre rende meglio ciò che il film è. Una pellicola estiva, più che la storia di una ragazza facile. Dal titolo francese sembra che la dia a cani e porci, mentre nel corso della vicenda si fa un tipo solo, Nuno Lopes, bello ricco caliente e suona pure la chitarra, con cui credo non andrebbero solo le ragazze facili.


Un'estate con Sofia implica inoltre che il vero protagonista del film sia un altro. Colui che passa l'estate con Sofia. O meglio colei, sua cugina, Naïma interpretata da Mina Farid, attrice promettente che qua rischia di essere oscurata dalla sua prorompente cugina sexy di Parigi, ma che invece in prospettiva futura rischia più lei di fare una bella carriera cinematografica.


Naïma è una 16enne normale che si trova affascinata dallo stile di vita della sua cuggina parigina. Una che ama godersi la bella vita, il lusso, il divertimento e approfittarsi del modo in cui gli uomini perdono la testa per lei. Un altro titolo possibile sarebbe stato: Tutti pazzi per Sofia. Nei panni di questa Sofia c'è una tipa che non passa certo inosservata: Zahia Dehar, modella, attrice ed ex prostituta frango-algerina.


Il suo nome magari non vi dirà nulla, ma forse di lei avete già sentito parlare. Ricordate lo scandalo a luci rosse che aveva coinvolto due giocatori della nazionale francese, Franck Ribéry e Karim Benzema, poco prima dell'inizio dei Mondiali del 2010? Ecco, al centro di tutto c'era lei, all'epoca minorenne. Alla fine i due calciatori sono stati scagionati proprio grazie all'intervento di Zahia Dehar, visto che a loro si era dichiarata maggiorenne.
 
 
Nel film invece, quando al suo personaggio viene chiesta la sua età, risponde in maniera tanto enigmatica quanto affascinante: “Io penso ognuno abbia un'unica età per tutta la vita. Nel senso, sì, è vero, si cresce e si invecchia, ma ho incontrato delle anime che avevano 30 anni tutta la vita, altre che si fermavano a 15, altre che aspettavano già da molto tempo di avere 50 anni”. Al di là del fatto che io mi sono fermato a 15, è grazie a perle come questa che la pellicola riesce a offrire qualche riflessione e qualche momento di profondità.


È anche per questo che Un'estate con Sofia è una visione sì pruriginosa e che gioca parecchio sull'avvenenza di Zahia Dehar, ma è anche un coming of age dallo sguardo femminile. Pure qua, così come nel caso di MILF e di 365 giorni, troviamo infatti dietro la macchina da presa una donna, in questo caso Rebecca Zlotowski, che in Planetarium aveva diretto Natalie Portman e Lily-Rose Depp. Se il pubblico maschile sarà quindi probabilmente sicuramente attratto dalle doti recitative tette di Zahia Dehar, alla fine a livello emotivo a essere più coinvolto potrebbe invece essere il pubblico femminile.


Insomma anche questo film, dalle parti di altri interessanti lavori francesi come A mia sorella! di Catherine Breillat e Giovane e bella di François Ozon, ha le carte in regola per conquistare le attenzioni degli spettatori grazie al suo lato sexy. Per poi provare a essere qualcosina in più.
(voto 6+/10)





Rece flash: supereroi, antieroi e blockbuster vari

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Ecco qualche recensione veloce, o più o meno veloce, che era rimasta nel cassetto e mi ero dimenticato di pubblicare. Non che fosse un'enorme perdita per l'umanità. Qui sotto ho raggruppato quelle dedicate a cinecomics e blockbuster assortiti.
 
 
Captain Marvel
 
Alla Marvel in genere piace vincere facile. Sia detto senza pregiudizi scorsesiani di sorta. Forse giusto qualcuno. Il più delle volte si limita a replicare gli ingredienti che hanno fatto la fortuna dei suoi film precedenti: combattimenti, inseguimenti, effettoni speciali, eroismo e spirito del sacrificio tipicamente ammeregani a manetta, momenti ruffiani più toccanti e una punta d'ironia sempre presente. Ingredienti che di solito con me non hanno enorme efficacia, fatta eccezione per Avengers: Endgame che, tra un viaggio nel tempo, una presa per i fondelli di Ritorno al futuro e un “ti amo 3000” m'ha fregato. M'ha fregato 3000.
 

Con Captain Marvel la Marvel ha deciso di vincere facile anche con me. Come? La formula è semplice: Brie Larson + anni '90. Sono uno spettatore semplice. Mi accontento di poco. Di un'attrice affascinante e talentuosa e di un po' di sana nostalgia del decennio in cui sono cresciuto. L'attrice premio Oscar per Room riesce a regalare spessore al suo personaggio, con un'interpretazione potente come non capita spesso di vedere nei cinecomics. A meno che non consideriate l'inespressività di Chris Evans un superpotere, e allora non parlo più. La ciliegina sulla torta di un film che per il resto è un cinefumetto piuttosto classico sono tutti i vari riferimenti alla pop culture, e ancor di più alla rock culture dei 90s, tra una t-shirt dei Nine Inch Nails indossata dalla sola e unica Capitana degna di questo nome, altroché il Capitone, e una colonna sonora che spazia dai No Doubt ai Garbage, passando per Elastica, R.E.M., Hole e Nirvana. Ed è così che la Marvel questa volta m'ha fregato, anzi m'ha proprio fottuto alla grande.
(voto 6,5/10)
 
 
Spider-Man: Far From Home
 
Spider-Man lontano da casa, e lontano pure dal convincere. Intendiamoci, Spider-Man: Far From Home è un filmetto adolescenziale e vacanziero che si lascia guardare con tranquillità, nonostante le scene action, alquanto bruttarelle, siano troppe e realizzate in maniera discutibile. Quando Tom Holland si mette a saltellare per Venezia come fosse dentro a un videogame, ad esempio, si vede palesemente che è stato realizzato tutto con il green screen. Per essere un film dal budget di $160 milioni, si potevano sbattere un po' di più. Il problema di questo nuovo Spider-Man è lo stesso del precedente Homecoming: come teen movie funziona, come cinecomics meno. Quindi perché non fare un semplice film teen senza supereroi ebbasta? Ah già, perché è una produzione Marvel e Peter Parker ha i superpoteri. Ma non sarebbe meglio se fosse solo un regolare normale banale adolescente?
 
"Questa sì che è una buona idea! Così non dovrei più indossare questo ridicolo costume di Carnevale."
 
E dopo aver fatto rivoltare nella tomba contemporaneamente Stan Lee e Steve Ditko, posso aggiungere che la cosa migliore di questo Far From Home è la sempre più favolosa Zendaya, la star della serie Euphoria che qui riesce a rendere onore a una delle parole più belle e sottovalutate della lingua italiana: “boh”. Che poi come si scrive? Boh, bho, bo, bo' o magari bò?
L'unica risposta che mi viene in mente è boh!
Con questa comicità potrei andare a fare il battutista alla Marvel.
 
 
Piuttosto deludente invece Jake Gyllenhaal. Uno dei più grandi attori nella Storia del Cinema, lo dico giusto senza esagerare. Solo che non è colpa sua, quanto del suo personaggio: Mysterio.
 
 
ATTENZIONE SPOILERDopo una prima parte in cui Mysterio fa da amichetto a Peter Parker, a un certo punto si scopre che è un cattivone in cerca di vendetta dopo essere stato licenziato dall'azienda Stark. Non è pressappoco la stessa storia di Avvoltoio, il villain di Homecoming interpretato da Michael Keaton, e un po' di tutti gli altri nemici di Spider-Man? Che fantasia!
A differenziare Mysterio c'è il fatto che utilizza le illusioni per ingannare la gente, consentendo al film delle scene in stile Matrix e Inception. Che fantasia di nuovo!!
FINE SPOILER
 
A tratti Spider-Man: Far From Home strizza l'occhio a Deadpool, in particolare nella scena d'apertura sulle note di I Will Always Love You cantata da Whitney Houston, e si rivela una simpatica variante supereroistica all'eurotrip cui gli americani sono tanto affezionati. Hostel però era ancora più divertente, ammettiamolo.
(voto 6/10)
 
 
Shazam!
 
Breve storia triste: ho guardato Shazam!
(voto 4/10)
 
 
Alita - Angelo della battaglia
 
Se il film si fosse chiamato Dua Lipa - Angelo della battaglia e come protagonista avesse avuto la splendida popstar, in quel caso ci saremmo trovati di fronte a un capolavoro assoluto. Dua Lipa si è invece dovuta accontentare, così come noi semplici spettatori, di interpretare il tema musicale della pellicola, Swan Song, un pezzo di quelli che danno la carica. La carica per ribellarsi e pretendere Dua Lipa come protagonista della pellicola.
 
 
 
Nonostante Dua Lipa nel film non compaia - sigh - e il suo pezzo sia suonato giusto sui titoli di coda, e soprattutto nonostante la sceneggiatura sia co-firmata da James Cameron, quell'invasato di Avatar che da queste parti non gode certo di grande amore, Alita - Angelo della battaglia NON fa schifo. Questa sì che è una notizia. La regia di Robert Rodriguez in versione mesteriante di Hollywood è piuttosto anonima, e qualcuno potrà sostenere che il potenziale presente nel manga cult da cui è tratto Alita l'angelo della battaglia di Yukito Kishiro è espresso soltanto in piccola parte ma io, non sapendo né leggere né scrivere o se non altro non avendo letto tale manga, questo non lo so. So solo che, come blockbusterone fracassone commerciale e d'intrattenimento, Alita almeno con me ha fatto il suo dovere. Ad affascinare è in particolare la prima parte, quella in cui la protagonista Alita, una cyborg che ha perso la sua intera memoria, ci mostra attraverso i suoi occhioni la meraviglia di scoprire per la prima volta ogni cosa del mondo. Nonostante il posto in cui si risveglia non è che sia proprio il massimo: la Città di Ferro, una città di serie Z sorta intorno alla discarica di rifiuti provenienti da Zalem, la città di serie A in cui invece vivono i ricchi, belli & famosi.
 

Nella parte finale la pellicola diventa invece il solito mix di inseguimenti e combattimenti tipici dei film action con poche idee e dà l'impressione di restare un lavoro incompiuto, il primo passo di una saga cinematografica che – visti gli incassi validi ma non del tutto esaltanti ($ 404 milioni a livello mondiale e buttali via a fronte di un budget di $170 milioni) – potrebbe continuare come potrebbe non continuare. Un seguito di Alita comunque me lo sparerei volentieri. Al contrario degli annunciati dei minacciati mille sequel jamescameroniani di Avatar in arrivo nei prossimi anni.
(voto 6+/10)
 
 
Onward - Oltre la magia
"Sì, il design del nostro furgone è stato curato da Achille Lauro."
 
Pixar goes fantasy. In attesa di Soul e dell'italiano Suca Luca, la Pixar fa un'incursione tra elfi, folletti, maghi, draghi, centauri e altre creature più o meno vere. C'è da dire che il risultato non è che sia molto dalle parti de Il Signore degli Anelli oppure di Game of Thrones, come qualcuno potrebbe supporre. Il film è più che altro una divertente nerdata dalle tinte adolescenziali e metallare, che gioca in bilico tra momenti divertenti e altri più toccanti.
 
 
Una bella storia di fratellanza che sarà anche considerata un'opera “minore” all'interno della comunque sopravvalutata filmografia Pixar, ma a cui ci si affeziona con una facilità incredibile. Non c'è niente da fare, la casa di Topolino se le studia sempre bene per arruffianarsi il pubblico di tutte le età e quasi sempre ci riesce. Ogni tanto, come in questo caso, anche con me.
(voto 6,5/10)
 
 
Bumblebee
 
Se Captain America m'ha fregato con la nostalgia anni '90, Bumblebee invece m'ha fregato con la nostalgia... anni '80. Presente la saga cinematografica dei Transformers?
La parte migliore, ma diciamo anche l'unica parte decente della serie, era stata il primo tempo del primo film, Transformers, con un divertente Shia LaBeouf e una Megan Fox all'apice della sua foxaggine.
 
"Mi sono sempre piaciute le machines. E adesso anche i Machine Gun Kelly."

Tutto il resto della serie è invece meglio dimenticarlo. La buona notizia è che lo spin-off Bumblebee riparte proprio dalle atmosfere adolescenziali e scanzonate della prima parte di Transformers 1. Questa volta pure senza la regia di Michael Bay, quindi doppia libidine!
 
"Cannibal, vuoi essere licenziato come Megan Fox?"

Fondamentalmente, Bumblebee è una storia teen d'amicizia. L'amicizia tra un'umana - e che umana! - Hailee Steinfeld, e un robot combinaguai. Una storia molto anni '80 dai contorni fantascientifici alla Corto circuito. O alla E.T. l'extra-terrestre. Non a caso tra i produttori esecutivi della pellicola figura proprio Steven Spielberg. A rendere il tutto ancora più anni '80 ci pensa l'ambientazione... negli anni '80, Stranger Things-style, anche se tutti sappiamo che a far nascere il revival 80s ci aveva pensato già nel 2001 Donnie Darko.
 
"Gli anni '80 esistevano già prima di Donnie Darko? Io non penso proprio."
 
Bumblebee è un gradevole tuffo indietro nel tempo che funziona bene nelle parti più comedy e pure drammatiche legate al personaggio di Hailee Steinfeld, una ragazzetta alternativa che ha perso il padre, meno nelle scene più action e fracassone. In pratica, questo film sarebbe un prodotto d'intrattenimento perfetto. Se solo non ci fossero del tutto i Transformers.
(voto 6,5/10)
 
 
L'angelo del male - Brightburn
 
Abbiamo parlato di cinecomics e di lavori che affrontano il passaggio dall'infanzia all'adolescenza, ed ecco un film che è un curioso incrocio tra queste due tipologie di storie. L'angelo del male - Brightburn parte da uno spunto fantascientifico alla Superman. Un bel (o forse brutto) giorno un neonato piove giù dal cielo a una coppia che vive in una fattoria in culo ai lupi e che non riusciva ad avere figli, come Clark Kent, e pure lui ha dei superpoteri. Solo che il ragazzino protagonista di Brightburn è un po' più scentrato rispetto al precisino Clark Kent.
 
"Giusto un pochino più scentrato."
 
Il risultato è quindi più imprevedibile e – ammettiamolo – più divertente al confronto di Smallville o di qualunque pellicola su Superman. Brightburn è una specie di ibrido tra un cinecomics a basso costo, da qualche parte tra Unbreakable – Il predestinato e Chronicle, e un horror, sempre a basso costo. Quindi una poracciata, ma con delle idee al suo interno.
 
 
Se il giovane protagonista Jackson A. Dunn se la cava, il resto del cast invece non è proprio fenomenale e la fattura generale è abbastanza da B-movie. Considerando però quanto siano inflazionati sia i film su eroi e antieroi, o comunque su gente con superpoteri, così come pure gli horrorini sui ragazzini inquietanti, Brightburn si lascia vedere con interesse e l'idea di un potenziale sequel per una volta non mi provoca un senso di nausea, ma mi lascia con l'acquolina in bocca. Poi se invece non lo fanno, per me va bene lo stesso.
(voto 6/10)
 
 


Notte Horror perfetta in compagnia di Generazione perfetta

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Generazione perfetta
Regia: David Nutter
Cast: James Marsden, Nick Stahl, Katie Holmes, William Sadler, Bruce Greenwood, Katharine Isabelle, Ethan Embry, Natassia Malthe, Crystal Cass, Chad Donella

Volete sentirla una storia davvero, ma davvero spaventosa? Il film di cui vi parlerò oggi si chiama Generazione perfetta. Non è male, ma non fa così paura. Ciò che fa davvero terrore è che questo film l'avevo videoregistrato su un VHS direttamente da una Notte Horror di Italia 1. Sì, ho detto VHS. E questo significa che sono spaventosamente vecchio!


Uscito nel 1998, Generazione perfetta è un perfetto rappresentante dei film horror adolescenziali degli anni '90. Ha un prelibato gusto rétro che omaggia il passato, in questo caso sembra di essere in una puntata di Ai confini della realtà, con un tocco di ironia e disincanto tipici della generazione cresciuta con Nirvana, Buffy, Beavis and Butt-head e Daria.

"Hey, Beavis, sai una cosa? A me questo blog fa proprio cagare.""Anche a me, Butt-head. Infatti mi scappa proprio in questo momento.2


In perfetto stile 90s anche i titoli di testa, che sembrano la sigla di X-Files. Non a caso le musiche originali della pellicola sono composte da Mark Snow, che è quello che ha composto la colonna sonora di X-Files. No, la sigla di X-Files in realtà non è di DJ Dado.

 

Visto che siamo negli anni '90, il resto della colonna sonora è cadenzata da canzoni alternative-rock e post-grunge, tra cui spicca questa esaltante e dimenticata figata: “Flagpole Sitta” degli Harvey Danger.

   

Il cast di Generazione perfetta è capitanato da tre attori ai tempi molto promettenti, che sembrava dovessero conquistare il mondo e poi hanno... insomma.



James Marsden sembrava destinato a diventare il nuovo Tom Cruise. Qualche successo poi l'ha anche collezionato, tipo X-Men, Le pagine della nostra vita, Come d'incanto e pure a sorpresa il recente Sonic - Il film che non si è rivelato il flop ipotizzato da molti, però non è che sia diventato proprio il nuovo Tom Cruise.

"Non sono io che somiglio a Tom Cruise. E' Tom Cruise che somiglia a me."

Katie Holmes invece avrebbe sposato il Tom Cruise vero, mossa a dire il vero non proprio azzeccatissima per la sua vita e per la sua carriera.

"Katie, chissà quanto sta piangendo Dawson in questo momento."

"Non sto piangendo. E' che mi è entrata una bruschetta nell'occhio."

Qui in Generazione perfetta è all'apica della sua figosità_ è in versione Joey Potter alternativa con piercing al naso. Difficile non innamorarsi di lei. Il piercing al naso andava un casino negli anni '90 e io adoravo le ragazze che ce l'avevano. Una moda passata troppo in fretta e di cui propongo un revival.


E poi c'era Nick Stahl. C'è stato un momento, durato purtroppo per lui piuttosto poco, in cui tutti lo volevano e sembrava sul punto di sfondare. Aveva recitato in lavori acclamati dalla critica come La sottile linea rossa e In the Bedroom, in pellicole controverse come Bully di Larry Clark, e pure in blockbusteroni come Terminator 3 - Le macchine ribelli e Sin City. Poi è come sparito nel nulla. Qualcuno sa che fine ha fatto? Federica Sciarelli, nemmeno tu?

"Il look di Donnie Darko? L'ho inventato io!"


Il vero idolo incompreso del film comunque è questo darkone albino qua.


La vicenda raccontata è quella di un liceo dominata da tizi “perfetti”, che sono appunto... perfetti. Sono belli, ricchi, popolari e si comportano da ragazzi modello. Troppo perfetti per essere veri, e infatti sotto c'è qualcosa di misterioso. Cosa?


Non ve lo rivelo, invitandovi a scoprirlo da soli cercandolo nei meandri del web. O magari nel bel mezzo di qualche programmazione notturna di Italia 1 o di qualche altro canale. Le atmosfere sono da prodotto teen anni '90, nonostante la presenza di Katie Holmes più dalle parti di Roswell che di Dawson's Creek, ma la storia resta comunque attuale. Tanto che non mi stupirebbe che oggi da un soggetto del genere ne tirassero fuori una serie TV Netflix.


Generazione perfetta ha uno stile molto televisivo, sia detto non in maniera negativa, e non a caso il regista David Nutter al cinema non ha combinato granché, anzi niente, ma è diventato uno specialista di serie TV. Oltre ad aver girato vari episodi di X-Files, ha diretto i piloti di serie come Roswell, Dark Angel, Smallville, Supernatural e Arrow, e anche alcuni episodi di Game of Thrones. Pure dell'ultima discussa stagione. Adesso sapete con chi prendervela, oltre che con David Benioff e D. B. Weiss.


Avevo scordato l'importanza avuta da questo film sul mio immaginario adolescenziale, e non solo adolescenziale. Generazione perfetta è un inno all'essere diversi, al non rassegnarsi all'omologazione, nonostante appartenere al branco di persone tutte uguali sia la scelta più facile. Non un cult assoluto del periodo, ma un ottimo esempio di cinema teen con venature horror e fantascientifiche anni '90, questo sì.
(voto 7/10)

Questo post che avete appena letto, o fatto finta di leggere, partecipa alla Notte Horror 2020. Ecco il programma completo.


La musica di agosto 2020 che non sentirete al Billionaire, anche perché ormai ha chiuso

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Agosto volge al termine e i tormentoni estivi ormai ce li siamo lasciati alle spalle. Vero?
È quindi tempo di dare un ascolto a un po' di musica nuova. Ecco alcune cose belle e brutte passate da queste parti nelle ultime settimane.



Flop del mese

#5 Travis Scott

Sfido anche il più accanito tra i fan di Christopher Nolan a dire che la canzone che il trapper Travis Scott ha composto per il suo nuovo film Tenet è bella.

 


#4 BTS

I BTS sono la boy band del momento. Per il TG1, che ne parla a ogni edizione, sono tipo il gruppo più importante di sempre. O forse è solo quello la cui casa discografica sborsa più soldi. A me sembra che al loro confronto i Backstreet Boys fanno la figura dei Beatles, ma magari sono troppo vecchio per capire la loro grandezza.

   


 #3 Zucchero

Chi ha copiato... pardon, a chi si è ispirato questa volta Zucchero per la sua nuova flopposa canzone “Soul Mama”?
A livello musicale è una fusione di talmente tante cose a caso insieme che non saprei nemmeno individuare quali di preciso. Per il testo invece Zucchero è andato a plagiare... pardon, a omaggiare Beep Beep di Willy il Coyote e Beep Beep, e persino “m'ama non m'ama”, il noto gioco in cui viene spogliata una margherita. Questa volta ha superato persino se stesso.

   


 #2 Cover di Crêuza de mä

C'era davvero bisogno di un gruppo di “star” della musica italiana per rifare “Crêuza de mä” di Fabrizio de André in occasione dell'inaugurazione del nuovo ponte di Genova?
Lascio a voi la risposta.


#1 Modà

Bella la nuova canzone dei Modà, “Cuore di cemento”. Sì, bella schifezza.

    



Top del mese

#11 Miley Cyrus

Miley Cyrus si dà alla musica disco. Il nuovo singolo Midnight Sky è un pezzo dai suoni fine anni '70/primi anni '80 che porta dalle parti di Future Nostalgia di Dua Lipa. Il video che accompagna il brano diretto dalla stessa ex Hannah Montana è un dichiarato omaggio a icone femminili della musica come Stevie Nicks, Joan Jett e Debbie Harry. A me però ricorda pure le dirette Instagram di Jo Squillo durante il lockdown. Lo dico come complimento.

 


#10 Alanis Morissette

Alanis non è più la riot girl degli anni '90. Quella che cantava di pompini fatti al cinema, anche perché adesso col distanziamento sociale voglio vedere come fa a farli. Quella che con la rabbia rock di “Jagged Little Pill” risuonava nei walkman di qualunque ragazzo e ragazza cresciuto in quel decennio. I tempi sono cambiati, lei è cambiata, i suoi suoni nel nuovo album “Such Pretty Forks in the Road” sono diventati più tranquilli. A tratti un po' noiosi, ammettiamolo. Eppure nei testi autoterapeutici c'è ancora spazio per la lotta con i suoi demoni e non tutto è così rassicurante. Alanis oggi sembra una donna matura, relativamente serena. In realtà si scorge ancora l'anima in pena di quella ragazza che 25 anni fa cantava di pompini fatti al cinema.

   


#9 Biffy Clyro

Gli scozzesi Biffy Clyro non deludono. “A Celebration of Endings” è un discone rock di quelli come non se ne fanno quasi più. Un suono potente, tra Soundgarden, Foo Fighters e Muse dei tempi migliori, con spazio per qualche ballata strappamutande come “Space”. Negli anni '90 di dischi così ne uscivano almeno 2 o 3 a settimana, oggi sono merce assai più rara e quindi da assaporare con ancora maggiore piacere.



#8 Sufjan Stevens

Stranger Things accadono dalle parti di Sufjan Stevens. La voce delicata del cantautore statunitense è sempre quella, ma nel nuovo singolo “Video Game” emergono sonorità anni '80 e un'immediatezza per lui decisamente inedite. Svolta commerciale studiata, o sincero omaggio a un decennio che non è stato poi così male come si pensava all'epoca? In ogni caso, tenetevi pronti a sentire passare in radio Sufjan Stevens.



#7 Deftones

Il 25 settembre esce “Ohms”, il nuovo disco dei Deftones, un tempo tra gli alfieri della scena nu metal. A giudicare il primo omonimo singolo, possiamo aspettarci il loro lavoro che spacca di più dai tempi del cult “White Pony”. Dita incrociate.

 


#6 The Killers

Dopo qualche disco a dir poco spento, i Killers con il nuovo “Imploding the Mirage” hanno pubblicato un nuovo album... killer. Sì sì.

 


#5 London Grammar

Sono tornati i London Grammar. È tornato l'incanto.

 


#4 Holly Humberstone

La vostra nuova cantante preferita di domani ve la presento oggi. Ecco a voi Holly Humberstone. Trattatela bene, che è una cantante intimista delicata. Forte per essere un'artista emergente che ha pubblicato appena una manciata di canzoni e non ancora un album d'esordio, ma comunque delicata.

 


#3 Dominic Fike

Dominic Fike è la next big thing. La nuova star musicale. Ancor prima di aver pubblicato il suo album di debutto, il variegato e incasinato “What Could Possibly Go Wrong” composto da 14 canzoni spremute in appena 34 minuti, vantava già una schiera di fan illustri, da Billie Eilish a Barack Obama, un singolo che si è sentito in radio anche dalle nostre parti, “3 Nights” (che si è permesso di tenere fuori dall'album), e un hype clamoroso. Il suo suono è indefinibile, anche perché ogni sua canzone è totalmente differente dall'altra. Diciamo che come influenze passa dai Red Hot Chili Peppers ai Blur attraverso Eminem e Frank Ocean, ma a seconda del pezzo potrebbero venirvi in mente altre decine di nomi e allo stesso tempo nessuno. Perché il cantautore e rapper Dominic Fike è unico e a lui dell'hype che lo circonda non sembra fregargliene un youtubo. Anzi, come dice in “Cancel Me”, spera di essere cancellato e dimenticato in fretta. Tutto quello che vuole è potersene stare tranquillo con la sua famiglia. Più che una nuova star, è una nuova antistar.

 


#2 Maya Hawke

Dopo una manciata di singoli, Maya Hawke ha rilasciato il suo album di debutto. E sì, l'attrice di Stranger Things nonché figlia di Ethan Hawke e Uma Thurman, ha tirato fuori il gioiellino di classe che ci aspettavamo da lei.

 


#1 Fontaines D.C.

Giunti al secondo album “A Hero's Death”, dopo il folgorante esordio “Dogrel” uscito appena lo scorso anno, gli irlandesi Fontaines D.C. possono essere considerati gli eroi della scena rock contemporanea. Loro hanno citato i Beach Boys come principale influenza per il nuovo lavoro, ma sinceramente ad ascoltarli non è che vengano molto in mente le spiagge della California, quanto ancora una volta la loro Dublino. E sì, pure questa volta ricordano i Joy Division. Soprattutto, però, suonano sempre più solo e soltanto come i Fontaines D.C..

 



Guilty Pleasure del mese
Nicholas Braun

Avete presente il cugino Greg di Succession?
No?
Male, recuperate subito questa serie che è una figata. Non perché è apprezzata dalla critica ed è stata nominata per vari Emmy Awards, ma perché è proprio una figata.
L'attore che interpreta il cugino Greg in Succession è Nicholas Braun, che a quanto pare nella vita reale è stralunato e imprevedibile almeno quanto il suo personaggio. In periodo di pandemia ha tirato fuori l'hit per l'estate “Antibodies (Do You Have Them)”, un pezzone apocalittico sul Coronavirus con sonorità tra emo-pop-punk alla Avril Lavigne e nu-metal alla P.O.D., accompagnato da un video che non ho capito bene se sia serio o meno. Considerando che il padre 81enne di Nicholas ha avuto il Covid-19, ma a quanto pare adesso sta bene, non credo che i suoi intenti siano troppo ironici. In ogni caso il risultato è irresistibile.

   


Cotta del mese #1
Elodie

La donna perfetta non esis

E noi donne vi mettiamo pure al mondo 🤦🏽‍♀️ https://t.co/syh0aa6PT5
— Elodie (@Elodiedipa) August 14, 2020



Cotta del mese #2
Blackpink con Selena Gomez

La collaborazione perfetta non esis

   


Video of the Month
FKA twigs “Sad Day”

Più che un videoclip musicale, un sogno a occhi aperti. Tra Matrix e La tigre e il dragone, la regia è di Hiro Murai, quello di “This Is America” di Childish Gambino.

 


Movie Soundtrack
On the Rocks

On the Rocks è il nuovo film di Sofia Coppola che uscirà su Amazon Prime a ottobre. Quando si è messa a chiedere chi avrebbe potuto chiamare per la colonna sonora della pellicola, suo marito Thomas Mars, il cantante dei Phoenix, deve aver pensato qualcosa tipo: “Noi! Noi! Noi!”, per poi dirle un distaccato: “Mah, non ne ho proprio idea”. Al ché lei avrà replicato: “Non è che è a voi Phoenix andrebbe per caso di realizzare un nuovo brano apposta?”. E lui: “Mah, sì, dai. È da un po' che non pubblichiamo niente di nuovo e i fan staranno per darci per dispersi”. E così è stato. O almeno è così che immagino sia nata la loro nuova bellissimissima canzone “Identical”.

 





Serial Killer di agosto 2020: le serie TV più calde del mese

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Ecco alcune serie TV viste sotto l'ombrellone. È solo un modo di dire. Non è che le ho proprio viste fisicamente sotto l'ombrellone. Al massimo sotto l'Umbrella Academy. Ahahah, che battuta!



Serie top del mese

Lovecraft Country
(stagione 1, episodi 1-2)

Le storie sono come le persone. Il fatto che ti piacciano non le rende perfette. Provi solo ad amarle, trascurando i difetti.
Sì, ma i difetti rimangono.

Questo è uno dei primi dialoghi di Lovecraft Country, la nuova serie TV di HBO. Non priva di difetti, ma io sto provando solo ad amarla. E ci sto riuscendo. Il pilot è uno dei più promettenti visti di recente.

Lovecraft Country ha tutto quello che una buona storia deve avere. Racconta un'avventura on the road. Uno di quei viaggi stile Il Signore degli Anelli, ambientato però non in un mondo fantasy, bensì negli Usa degli anni '50 ancora nel periodo della segregazione. C'è una tematica impegnata e impegnativa come quella razziale, affrontata in maniera originale e avvincente. C'è uno sguardo al passato che porta riflessioni sul presente. Ci sono dei rapporti famigliari conflittuali. C'è una potenziale storiona d'amore, forse anche un triangolo sentimentale. Ci sono dei contorni horror da brivido. C'è l'influenza delle opere dello scrittore H. P. Lovecraft rilette in modo personale. O almeno credo. A parte aver visto il film Il seme della follia, di Lovecraft non so nulla.

"Al cinema con i popcorn e senza mascherina? Sono proprio un folle."

Ci sono personaggi per cui fare il tifo e c'è un ottimo cast, capitanato dall'attore rivelazione Jonathan Majors...


...da Jurnee Smollett, che adoro dai tempi della serie TV Friday Night Lights, in cui recitava insieme a Michael B. Jordan, e che quest'anno tra Birds of Prey e Lovecraft Country rischia finalmente di fare il botto...

 
...e da Courtney B. Vance, già grandioso in American Crime Story nella parte dell'avvocato di O.J. Simpson.


E poi a un certo punto compare Abbey Lee, modella e attrice vista brevemente in Mad Max: Fury Road e The Neon Demon, ed è difficile non rimanere folgorati dal suo sguardo.


La serie qua e là ricorda vagamente Watchmen, Preacher e pure True Blood. Si sente anche il tocco da horror a tematica razziale stile Scappa - Get Out e Noi del produttore Jordan Peele e il senso del mistero stile Lost dell'altro produttore J. J. Abrams. Il tutto però proposto in maniera originale e imprevedibile. Al punto che è difficile prevedere se questa sarà la serie rivelazione dell'anno o se, dopo il suo scoppiettante esordio e un secondo episodio affascinante ma parecchio differente, si perderà per strada. Intanto c'è una gran voglia di scoprirlo, proseguendo il viaggio.


Biohackers
(stagione 1)

È una serie tedesca e va su Netflix. No, non è Dark. Si chiama Biohackers ed è umanamente comprensibile. Non che si capisca proprio tutto tutto, visto che è ambientata nel mondo della biotecnologia e delle sperimentazioni genetiche e quindi ok, un sacco di cose non sono molto chiare a dire la verità. Per fortuna, ci sono anche complotti thriller in ambiente universitario alla How to Get Away with Murder, un leggero tocco teen e comedy di accompagnamento, e pure un bel triangolo sentimentale.


Tra le altre cose si parla anche di virus, quindi è una serie attualissima, però non si parla di lockdown, quindi non fa prendere troppo male. Inoltre Biohackers è già stata rinnovata per una seconda stagione, quindi non bestemmierete troppo dopo il finale aperto.

La protagonista della serie è Luna Wedler, giovane emergente vista nei film Blue My Mind e Vicino all'orizzonte. L'attrice svizzera migliore dai tempi di Michelle Hunziker in Alex l'ariete... Ok, fate finta che non abbia mai detto quest'ultima cosa.

"Michelle Hunziker è un'ottima attrice! Ah no, scusate. L'ho confusa con il Gabibbo."


Hoops
(stagione 1, episodi 1-6)

Hoops...I did it again. Alle serie animate sboccate in stile South Park e Big Mouth non riesco proprio a resistere. Hoops rischia di essere il cartone animato più volgare di sempre. Cazzo, per numero di parolacce al minuto credo possa competere con The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, porca troia!

Avete presente Tornare a vincere, il recente film con Ben Affleck? Hoops è in pratica la sua versione animata e priva di buonismo. Il protagonista è un tipo irascibile e ubriacone che fa il coach di basket in un liceo. Per lui però la redenzione è ben lontana, e per fortuna. Hoops sconfigge il politically correct non a suon di tiri da tre bensì di battute e di momenti comici. Non avrà la profondità di un BoJack Horseman, almeno non ancora, ma è oggi una delle cose più divertenti in cui ci si può imbattere.



The Umbrella Academy
(stagione 2, episodi 1-8)

Riassunto delle puntate precedenti: The Umbrella Academy è quella serie supereroistica che può piacere anche a chi i supereroi li schifa, un po' come The Boys, ed è ispirata all'omonimo fumetto di Gabriel Bà e Gerard Way, quest'ultimo anche cantante dei My Chemical Romance. La prima stagione era molto figa, e la seconda?
Forse lo è ancora di più. A rendere il tutto più affascinante ci pensa l'ambientazione negli anni '60. Fondamentalmente, la novità fondamentale è questa. Hanno cambiato la collocazione temporale e poco altro. Il cast è rimasto invariato, c'è giusto un gradito maggiore spazio alla scatenata cattivona Kate Walsh, attrice che venero fin dai tempi in cui era la rivale dell'insopportabile Meredith Grey in Grey's Anatomy e che poi ha dimostrato di essere fenomenale in Tredici e Bad Judge.


Mentre la new-entry principale, anch'esse gradita, è la letteralmente pazzesca Ritu Arya.


Ci si potrebbe lamentare del fatto che la trama è in pratica uguale identica a quella della stagione 1. C'è sempre una fine del mondo da sventare e sembra esserci di mezzo sempre Vanya. I personaggi però sono così idoleschi, su tutti Klaus (Robert Sheehan) in versione guru hippie, e ci sono un sacco di scene figose, accompagnate da una colonna sonora variegata e sorprendente, che tutto funziona ancora alla grande. Per la stagione 3 suggerirei qualche maggiore variazione nella storia, ma per ora va bene così.




Serie così così del mese

Get Even
(stagione 1, episodi 1-2)

Get Even è la risposta britannica a Pretty Little Liars. Non lo dico per semplificare le cose. È proprio così. Basta sentire la sigla, “Secrets and Lies” di Ruelle. Anzi, basta solo leggerne il titolo per capire che anche qui è tutto giocato su segreti e bugie. La britannicità del tutto basta per renderla abbastanza differente?
Dopo i primi due episodi non l'ho ancora capito. Non escludo comunque la possibilità che la serie con gli episodi successivi possa trovare una via sua e possa anche diventare un godurioso guilty pleasure, ma non ditelo in giro. Got a secret, can you keep it?



Guilty Pleasure del mese
Teenage Bounty Hunters
(stagione 1, episodi 1-6)

Teenage Bounty Hunters. Come si può intuire dal titolo, le protagoniste sono due sorelle gemelle diverse teenager che si mettono a fare le cacciatrici di taglie. Il fatto che siano gemelle diverse non si capisce dal titolo, il resto sì. La serie è quindi un light crime alla Veronica Mars. La cose migliore di Teenage Bounty Hunters è però l'aspetto teen-comedy. Le due protagoniste sono delle autentiche idole. Sono superficiali e non prendono mai niente sul serio, come una Buffy Summers divisa in due parti. Nei loro panni ci sono Maddie Phillips, che ha una faccia buffa alla Cara Delevingne...


...e Anjelica Bette Fellini, una che con un cognome del genere ha il cinema nel sangue, anche se per il momento si deve accontentare della televisione.


Il loro "Giles" in questo caso è Bowser (Kadeem Hardison), un esperto cacciatore di taglie brontolone che fa loro da mentore, oltre a offrire loro un lavoro di copertura in una yogurteria.


Un po' come Warrior Nun, in cui si parlava di suore guerriere, anche in questo caso lo spunto di partenza può far pensare a una cazzata. Grazie all'ironia presente in dosi massicce, il risultato è invece così irresistibile che la visione scivola con enorme piacere. Chi ha voglia di vedere delle serie serie, quando in giro ci sono delle assurdità divertenti come queste?


Cotta del mese
Quintessa Swindell (Trinkets)

Trinkets è una serie adolescenziale che racconta di tre ragazze con un problema: hanno le mani lunghe. C'è chi va agli alcolisti anonimi, loro invece si conoscono a un gruppo di taccheggiatori anonimi. Che poi a fare i moralisti non dovrebbero restare anonimi, bensì i loro nomi dovrebbero essere fatti alle forze dell'ordine, ma questa è un'altra storia. Trinkets non sarà una serie fenomenale o una di quelle che cambiano per sempre la serialità, però io la adoro. Mi sono affezionato alle tre protagoniste: Brianna Hildebrand, già Testata Mutante Negasonica in Deadpool 1 e 2, Kiana Medeira, idola totale, e in questa seconda stagione mi sono preso una cotta in particolare per Quintessa Swindell, che con il suo nuovo look con le treccine spacca tutto.
 
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SEASON TWO BABY!!!!!! 🤠👏🏾

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Performers of the Month
Elle Fanning e Nicholas Hoult (The Great)

The Great è una serie molto valida. È una serie storica, sì più o meno, ma riesce a essere anche divertente. Ricorda come stile La favorita e Marie Antoinette, eppure ha una personalità sua. Nonostante tutto ciò, non riesce a prendermi del tutto e non sono ancora riuscito a finire la prima stagione. Non ho quindi capito se la serie sia davvero grande, però di una cosa sono sicuro. Elle Fanning e Nicholas Hoult sono grandi.

Lei è un'ottima Caterina la grande, fragile e forte allo stesso tempo.


Lui è l'imperatore Pietro III di Russia, esilarante e folle allo stesso tempo. Huzzah!






Babyteeth, la ragazza con ancora un dente da latte (ma se la sfottete siete delle brutte persone)

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Babyteeth
Regia: Shannon Murphy
Cast: Eliza Scanlen, Toby Wallace, Ben Mendelsohn, Essie Davis, Emily Barclay


Non ricordo di preciso a che età mi è caduto l'ultimo dente da latte. Sono però sicuro sia capitato prima che a Milla, la protagonista del film Babyteeth. Milla è una ragazza adolescente che frequenta le superiori, di un'età non meglio specificata ma che immagino intorno ai 15 o 16 anni. Massimo 17. Milla frequenta un ragazzo tossico e spacciatore con qualche anno in più di lei e chissà perché ai suoi genitori la cosa non sta troppo bene. Milla inoltre ha il cancro e appunto ha ancora un dente da latte. Apparentemente un dettaglio di poco conto. In realtà è una rappresentazione sottile di come Milla sia ancora una bambina. Una bambina che sta per diventare donna, la cui vita dovrebbe essere appena sul punto di cominciare e invece sta per finire. La forza di Babyteeth sta proprio nei suoi piccoli particolari, che lo rendono speciale. Ci sono tanti film più o meno belli e più o meno toccanti. Di film speciali invece ce ne sono pochi e Babyteeth rientra in questo club a ingresso riservato.


Babyteeth è tipo Colpa delle stelle riscritto da Shia LaBeouf e girato da Sofia Coppola. Invece no. È scritto dall'australiana Rita Kalnejais, attrice qua alla sua prima esperienza con una sceneggiatura per il cinema, basata su un'opera teatrale omonima da lei stessa realizzata. Ed è diretto da Shannon Murphy, pure lei australiana e pure lei al suo esordio. Un lavoro quindi con uno sguardo femminile, una produzione all'infuori dai confini di Hollywood e un approccio da debuttanti. Un film che parla di prime esperienze con la vita fatto da persone alle prime esperienze con il mondo del cinema. Tutti fattori che contribuiscono a renderlo ancora più speciale, differente rispetto alle solite cose che si vedono in giro.


Babyteeth è un “malattia movie” adolescenziale dallo stile indie, ma non è uno di quei film indie concettuali in cui non si capisce un bel niente, di quelli che ti fanno sentire scemo, perché ti sfugge il loro significato, e allo stesso tempo figo, perché stai guardando qualcosa di troppo alternativo oh yeah. Babyteeth invece è un film narrativo, che racconta una storia piuttosto semplice, ma lo fa con stile, uno stile suo. Una pellicola con due protagonisti forti, che meriterebbe di essere vista dal pubblico più ampio possibile.

È una bella storia d'amore, di un primo amore, o d'amicizia, o di quello che è, tra una malata di cancro interpretata dalla più che bravissima Eliza Scanlen, già fenomenale nella splendida miniserie Sharp Objects...


...e un tossico, nei cui panni troviamo Toby Wallace, attore della sottovalutata serie TV The Society premiato per questo ruolo al Festival di Venezia 2019 con il Marcello Mastroianni Award per il miglior giovane interprete della Mostra.


Babyteeth è però anche una storia su come due genitori affrontano la malattia della figlia. La malattia, e pure il fatto che si innamora di un tizio con la faccia tatuata.

"Ma in casa ci doveva portare proprio Post Malone?"

A questo punto si può pensare che sia un film che vuole raccontare troppo. Oppure troppo poco. Invece racconta il giusto e lo fa un tocco che si muove leggiadro su un confine scivoloso. Quello che separa le storie ruffiane, che giocano facile sullo strappalacrime, e quelle eccessivamente fredde. Babyteeth sa toccare le corde del cuore, senza che per farlo sembri ricattarti da un punto di vista emotivo. O forse ti ricatta così bene che non te ne accorgi nemmeno. In ogni caso: missione compiuta. Anche se l'età dei denti da latte l'ho passata da un pezzo, questo film è riuscito a farmi piangere come un bimbetto che ha appena scoperto che Babbo Natale non esiste.

"Babbo Natale non esiste?"

Come?
Ancora non lo sapevate?
Dai, non mettetevi a piangere anche voi. Stavo solo scherzando. Babbo Natale esiste. Certo che esiste. L'ho anche incontrato. Quando me lo sono ritrovato davanti stavo per chiamare le polizia perché si è introdotto in casa mia illegalmente, però poi quando mi ha fatto vedere che mi ha portato una pistola giocattolo come regalo ho buttato giù il telefono e ho rinunciato ad avvertire le autorità... Hey, un momento. Quella forse non era un pistola giocattolo, e quello forse non era il vero Babbo Natale.
(voto 8/10)




Sto pensando a Sto pensando di finirla qui

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Sto pensando di finirla qui
Titolo originale: I'm Thinking of Ending Things
Regia: Charlie Kaufman
Cast: Jessie Buckley, Jesse Plemons, David Thewlis, Toni Collette

Sto pensando di finirla qui. Chiudere il blog. Smetterla di scrivere. Farei meglio ad aprire un chiringuito sulla spiaggia. Una spiaggia qualsiasi. Mi farebbe bene. Non credo sarei bravo a gestire un chiringuito, non sono una persona da chiringuito, ma probabilmente sarei più felice, più sereno. Sarei una persona diversa. E poi tanto forse non sono nemmeno così bravo a scrivere. Dopo aver visto l'ultimo film scritto e diretto da Charlie Kaufman, ho seri dubbi in proposito. Sto pensando di finirla qui è scritto così bene che non sarò mai così bravo a scrivere. Quindi mi sa che è meglio rinunciare.


Sto pensando di finirla qui merita l'Oscar per la miglior sceneggiatura. Ma che dico? Merita il Nobel per la letteratura. Se l'hanno dato a Bob Dylan per i testi delle sue canzoni, e ci sta, potrebbero darlo anche all'autore di una sceneggiatura, e ci starebbe anche questo. Anche se forse il premio Charlie Kaufman dovrebbe dividerlo con l'autore del romanzo da cui il film è tratto, Ian Reid. Dico forse perché il libro non l'ho letto, quindi non so quanta parte di merito abbia l'uno e quanta l'altro. Nel dubbio, un bel Nobel a entrambi e via.


Sto pensando di finirla qui non la smette mai di parlare. È un flusso di parole quasi continuo, tra voce fuori campo e dialoghi. Come certi film di Quentin Tarantino, in particolare Grindhouse - A prova di morte, dove si parla in continuazione, e qualcuno la troverà una cosa noiosa e già dopo qualche minuto di visione, durante la lunga scena in auto dei due protagonisti, starà pensando di finirla qui. Intendo la visione del film. Io invece dei dialoghi infiniti come questi li adoro, anche se solo quando dietro c'è qualcuno che sa scriverli. Come il citato Quentin Tarantino. Come Aaron Sorkin. Come Amy Sherman-Palladino. E in questo caso come Charlie Kaufman. Sì, ma di cosa si parla?


Si parla di tutto. Di Mussolini, di David Foster Wallace, di poesia, di pittura, di virus. Del politically correct che ci fa vedere differenti le cose del passato. Di tornare a casa. Di musical. Del film Una moglie di John Cassavetes che non ho visto ma, dopo averne sentito parlare qua, è un po' come se l'avessi visto. Si parla anche del tempo. Non nel senso del meteo, con conversazioni da ascensore tipo: “Dicono che domani piove” e il giorno seguente: “Dicevano che oggi doveva piovere e invece c'è il sole, certo che quelli del meteo non c'azzeccano manco a pagarli e credono che li paghino, altrimenti perché lo fanno questo lavoro, per passione?”. Si parla del tempo, nel senso del tempo che passa. O forse di noi che passiamo attraverso il tempo.


Ho detto che ci sono due protagonisti, ma è davvero così? In teoria sembra che sia così. Lei com'è che si chiama? Ho appena finito di vedere il film, però non ne sono sicuro. Ah già, si chiama Lucy.
No, forse è Louisa.
O è Lucia?
Non lo so. Andate a chiederlo a Charlie Kaufman. Anche se ho il presentimento che non lo sappia manco lui. Nei panni di questa tipa dai molti nomi ci doveva essere Brie Larson, che poi ha lasciato il progetto non so bene perché, chiedetelo sempre a Charlie Kaufman, e alla fine al suo posto c'è Jessie Buckley, attrice irlandese 30enne emergente che si era vista nella serie Chernobyl e che penso che da qui in poi sarà sempre più richiesta. Va bene così. Per quanto voglia bene a Brie Larson, per un personaggio del genere è meglio un'attrice meno conosciuta di Captain Marvel in persona.

"Charlie, ma come mi chiamo?"
"Se non lo sai tu..."

Lui invece è Jake, sul nome suo sono relativamente sicuro, e a interpretarlo c'è Jesse Plemons. Quello delle serie Friday Night Lights, Breaking Bad e Fargo che sta insieme a Kirsten Dunst, con cui ha avuto anche un figlio, non una figlia come erroneamente scritto sulla sua pagina di Wikipedia Italia. Nel caso lo troviate in una domanda del Trivial Pursuit Genus, sapevatelo. Riguardo al fatto che il gioco da tavolo si chiama Trivial Pursuit Genus e non Trivial Pursuit Genius invece è una cosa che ho scoperto durante la visione del film e mi ha abbastanza shockato.


Giusto per dare un accenno di trama, la tizia dal nome misterioso e Jake si dirigono in un giorno nevoso nella fattoria dei suoi, dove lui gli fa conoscere i genitori. Genitori un po' particolari interpretati da David Thewlis, noto soprattutto per la sua presenza nella saga di Harry Potter, e da una Toni Collette a metà strada tra il tour de force recitativo alla United States of Tara e l'angoscia horror di Hereditary - Le radici del male.


ATTENZIONE SPOILER
Cosa c'entra l'horror? Sto pensando di finirla qui in apparenza è un film esistenzialista, ma a ben vedere, minuto dopo minuto, si trasforma sempre più in un horror. Un horror non inteso come uno slasher. Un horror più tipo gli incubi di David Lynch. Quelli in cui a un certo punto non si capisce più nulla. Sto pensando di finirla qui inizia con un sacco di dialoghi e di parole che qualcuno troverà indigesti, certo, ma la trama sembra piuttosto chiara e semplice. È un'illusione. Alcuni elementi “strani” cominciano ad apparire minuto dopo minuto e poco a poco prendono il sopravvento. Tutto si incasina sempre di più, in perfetto stile Charlie Kaufman, si vedano gli altri film da lui scritti e diretti Synecdoche, New York e Anomalisa o quelli da lui sceneggiati come Essere John Malkovich e Se mi lasci ti cancello. E quando pensi che la pellicola si sia trasformata in un horror psicologico, con tanto di liceo che sembra l'Overlook Hotel di Shining, o in un trip alla David Lynch, ecco che diventa... un musical.
FINE SPOILER


Sto pensando di finirla qui, con questo post. Ho già detto troppo. Il nuovo film di Charlie Kaufman ha dentro così tanta roba ed è così imprevedibile che merita di essere visto a tutti i costi. Anche se ve lo facessero pagare 21.99 € come Mulan. È un viaggio che potrà disorientare, perfino infastidire qualcuno, potrà essere adorato e far pensare qualcun altro, ma che non lascerà indifferente nessuno.

Il mondo d'ora in poi si potrà dividere in due categorie: chi, beato lui, non capisce proprio di cosa parli un film come questo e chi, purtroppo, lo capisce fin troppo bene. Magari non comprende tutti i deliri di Charlie Kaufman al 100%, ma quel senso di disagio esistenziale che esce da questa opera sì. Poi c'è anche una terza categoria: chi un film come questo non lo vedrà mai e probabilmente non ne sentirà mai nemmeno parlare ed è altrettanto probabilmente chi nella vita se la gode di più. Insieme a chi possiede un chiringuito sulla spiaggia. Adesso la finisco. Qui.
(voto 8,5/10)





Venezia 77: un resoconto socialmente molto distanziato, tra cinema, glamour e trash

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La prima, e si spera anche ultima, edizione della Mostra ai tempi del Coronavirus. Quest'anno a Venezia 77 sono state stabilite e rispettate le regole del distanziamento sociale. Rispettate almeno da quasi tutti, Vittorio Sgarbi a parte. Io ho deciso di rispettarle in pieno. Mi sono talmente distanziato da Venezia che ho seguito la Mostra da chilometri di distanza, dalla “mia” Casale Monferrato. Come sono andate le cose?

Partiamo dai verdetti della giuria presieduta quest'anno da Cate Blanchett. Soltanto a dire il suo nome mi sento piccolo piccolo. Cate Blanchett ormai non è più soltanto un'attrice. È un'entità. Una divinità, oserei dire. E anche le divinità indossano la mascherina.


I premi di Venezia 77
 
Premi della selezione ufficiale
Leone d'oro al miglior film: Nomadland, regia di Chloé Zhao
Leone d'argento - Gran premio della giuria: Nuevo orden, regia di Michel Franco
Leone d'argento per la miglior regia: Kiyoshi Kurosawa per Supai no tsuma
Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile: Vanessa Kirby per Pieces of a Woman
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile: Pierfrancesco Favino per Padrenostro
Premio Osella per la migliore sceneggiatura: Chaitanya Tamhane per The Disciple
Premio speciale della giuria: Dorogie tovarišči, regia di Andrej Končalovskij
Premio Marcello Mastroianni ad un attore o attrice emergente: Rouhollah Zamani per Khōrshīd 
 
Orizzonti
Premio Orizzonti per il miglior film: Dashte khamoush, regia di Ahmad Bahrami
Premio Orizzonti per la miglior regia: Lav Diaz per Lahi, hayop
Premio speciale della giuria: Listen, regia di Ana Rocha de Sousa
Premio Orizzonti per la miglior interpretazione femminile: Khansa Batma per Zanka Contact
Premio Orizzonti per la miglior interpretazione maschile: Yahya Mahayni per The Man Who Sold His Skin
Premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura: Pietro Castellitto per I predatori
Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio: Entre tú y milagros, regia di Mariana Saffon
 
Premi alla carriera
Leone d'oro alla carriera: Ann Hui e Tilda Swinton
Premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker: Abel Ferrara



Non avendo visto i film passati a Venezia 77, anziché una classifica dei titoli migliori vi propongo quella dei titoli che mi attirano maggiormente.

I film che mi incuriosiscono di più di Venezia 77


#10 Padrenostro

Tra i film italiani presentati in abbondanza a Venezia 77, tra Miss Mark, Le sorelle Macaluso, Notturno, Lacci e Lasciami andare, punto, un po' a caso lo ammetto, su Padrenostro, forte del trionfo di Pierfrancesco Favino per la migliore interpretazione maschile. Certo che questo 2020 è stato un anno di merda per tutti, tranne che per Diodato e per Favino, che quest'anno hanno vinto QUALSIASI cosa. Anche il torneo di Burraco in spiaggia, sospetto.



#9 I predatori

Come non detto. Un film italiano che mi attira di più di tutti quelli sopracitati è I predatori, l'esordio di Pietro Castellitto, premiato nella sezione Orizzonti per la migliore sceneggiatura. Non avrei scommesso un granché su di lui, ma dopo aver sentito il suo discorso di ringraziamento, uno dei più originali e meno ruffiani mai sentiti, mi sa che questo ragazzo ha davvero qualcosa di nuovo da proporre.

Sul palco ha iniziato dicendo: "Soltanto gli infami e i traditori sono bravi nei ringraziamenti" e ha concluso dedicando il riconoscimento "a chi non la pensa come me, perché solo legittimando l'altro si può avere uno scambio. La competizione è con la storia, non con il nostro tempo".
Tra poco sarà anche Er Pupone Totti nella serie TV Un capitano e pure lì potrebbe stupire.


#8 Greta

Il documentario su Greta Thunberg promette di essere una visione d'obbligo per chiunque, si sostenga la sua lotta o meno. Che poi come si fa a non sostenerla, visto che viviamo tutti sullo stesso pianeta? Mi sembra da gretini non farlo, ma comunque ben venga chi non la pensa come me, come dice Pietro Castellitto.
Greta non era presente fisicamente a Venezia, ma si è collegata via Zoom dalla sua scuola durante la ricreazione. Io quando andavo al liceo all'intervallo al massimo cercavo di non farmi fregare la merenda, lei invece si collega con la Mostra del Cinema di Venezia. Grande.



#7 Nowhere Special

Confesso che Still Life, il precedente film di Uberto Pasolini, esaltato ovunque, a me aveva lasciato parecchio indifferente. Questa sua nuova pellicola con James Norton, Nowhere Special, con la sua storia strappalacrime da Malattia Movie promette però di sciogliere anche il mio cuore.


#6 And Tomorrow the Entire World

And Tomorrow the Entire World, o se preferite Und morgen die ganze Welt, è un film tedesco che affronta il tema del neonazismo e promette di non lasciare indifferenti.
 

#5 Pieces of a Woman e The World to Come

Doppia razione di Vanessa Kirby: in coppia con Shia LaBeouf in Pieces of a Woman e insieme a Katherine Waterston in The World to Come.
 
 

#4 One Night in Miami

L'esordio alla regia della spettacolare attrice Regina King. Sarà una queen anche dietro la macchina da presa? A quanto pare sì ed è già in prima fila anche per i prossimi Oscar. Poi la storia parla di Malcolm X, Cassius Clay, Jim Brown e Sam Cooke tutti insieme, e quindi ciaone.


#3 Nomadland

Il nuovo film di Chloé Zhao, autrice di quel gioiellino che è The Rider - Il sogno di un cowboy, è stato premiato con il Leone d'oro di miglior film dell'edizione di quest'anno. Protagonista una Frances McDormand che si prenota per il terzo Oscar, Vanessa Kirby permettendo. Le aspettative sono alte, spero solo che in colonna sonora a un certo punto non parta "Io vagabondo" dei Nomadi.

"E chi sono i Nomadi?"


#2 Mandibules

Nuovo film del sempre folle e in alcuni casi geniale Quentin Dupieux, anche noto come Mr. Oizo, che racconta di una mosca gigante e si propone come una versione comedy di un film di David Cronenberg. A Venezia si parla già di cult.


#1 Mainstream

Secondo film di Gia Coppola, una che come zia ha Sofia Coppola e come nonno Francis Ford Coppola. Pare sia il titolo più attuale, Instagram-style e stiloso, ma anche uno dei più interessanti, visti a Venezia 77. Nel cast c'è pure Maya Hawke. Dire che ha tutte le carte in regola per diventare un mio classico personale è ancora limitativo.


 

Quest'anno non poteva essere presente il pubblico dei fan, ma non è comunque mancato il red porchet. Transennato, ma comunque red porchet.


Il red porchet: le più fighe di Venezia 77

#10 Giulia De Lellis

Si è presentata sul red carpet con l'acne.
Un ottimo esempio per tutti noi che, a tutte le età e in tutte le occasioni, non ci vergogniamo di sfoggiare i nostri amici brufoli.



#9 Levante

Un'eleganza e uno stile abbaglianti.



#8 Stacy Martin

Nymphomaniac forever.



#7 Nathalie Emmanuel

Miss Missandei.



#6 Sara Serraiocco

Come non adorarla per come ha messo in riga Vittorio Sgarbi (vedi sotto), e non solo per quello?



#5 Elodie

Figo Marra, strafiga lei.



#4 Ester Expósito

L'Élite delle nuove leve.



#3 Vanessa Kirby

Si era già fatta notare in The Crown e in un paio di blockbuster action come Mission: Impossible - Fallout e Fast & Furious - Hobbs & Shaw, ma qua a Venezia con due film da protagonista e la vittoria del premio per la migliore interpretazione femminile per Pieces of a Woman è arrivata la consacrazione. A star is born.



#2 Adèle Exarchopoulos

Sbattendosene del dress code che vuole tutti artificialmente eleganti sul red carpet, lei ha scelto un look da tamarra della discoteca, con cui sembra essere a suo agio. Se non la regina di Venezia, almeno è la regina del Celebrità.




#1 Maya Hawke

💖




I momenti migliori

Tilda Swinton
 
Tilda Swinton ha omaggiato il compianto Chadwick Boseman, due volte. Prima al suo arrivo in Laguna, e poi durante il suo discorso di ringraziamento per il Leone d'oro alla carriera: Wakanda Forever!



Mila Suarez e Elisa De Panicis
 
Non ho capito bene chi siano, ma il loro bacio sul red carpet, per quanto possa essere considerato un'operazione di marketing, ci stava.



Georgina Rodriguez

E' arrivata in Laguna con un abito che conteneva ancora la targhetta in bella vista. La "povera" compagna di Cristiano Ronaldo è stata quindi costretta a restituirlo al termine della sua giornata veneziana. E' la storia che ha commosso il web di quest'edizione della Mostra. Voi non vi siete commossi manco un po'? Ma cos'avete al posto del cuore, un pezzo di ghiaccio?
 


Natalia Paragoni

L'influencer Natalia Paragoni arrivata in Laguna saluta la folla come una diva.
Peccato solo che non ci sia nessuno.
 



Sara Serraiocco
 
Sara Serraiocco che distanzia socialmente il "negazionista" Vittorio Sgarbi. Idola.
 


Il peggio
Matteo Salvini
   


Rece flash: coming of age e robe più o meno adolescenziali

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Dall'archivio d recensioni mai pubblicate finora, da Pensieri Cannibali né tantomeno da qualunque altro sito sano di mente, ecco raggruppati i giudizi su alcuni film visti nei mesi passati. Ad accomunare queste differenti pellicole c'è il fatto che si tratta di storie tutte più o meno adolescenziali. Cosa? Pensieri Cannibali che parla di roba adolescenziali?
Questa è una cosa che non è mai successa prima!
 

Mid90s
 
 
Se la nostalgia anni '90 m'ha fregato in un cinecomics come Captain Marvel, figuriamoci cosa può fare in una pellicola indie girata in stile Sundance...
L'esordio dietro la macchina da presa dell'ex ciccio bomba cannoniere Jonah Hill è un coming of age pre-teen che racconta del passaggio dall'infanzia all'adolescenza di un tredicenne. Un ragazzino che si avvicina a un gruppo di skaters e scopre il gusto della trasgressione, tra un'halfpipe, un sottofondo sonoro a base di Nirvana, Morrissey e tanto rap old-school del periodo, e un'iniziazione sessuale a opera di Alexa Demie (quella sgnaccherona della serie tv Euphoria).


Il risultato è una versione un po' più soft dei film scandalo anni '90, tipo Kids di Larry Clark e Gummo di Harmony Korine. Uno sguardo tenero, ma non ingenuo, al passato, che ci consegna un regista molto promettente per il futuro. Continua così, Jonah. E continua anche a mangiare, figliolo, che ultimamente ti vedo un po' sciupato.
 
(voto 7,5/10)


Skate Kitchen
 
 
Sempre in tema di skate, ecco un altro coming of age questa volta al femminile. Skate Kitchen è ispirato alla storia di un gruppo di ragazze skaters di New York, è una pellicola indie dal sapore Sundance così genuina e ispirata da diventare subito un piccolo cult del circuito alternativo. Al punto da avere dato vita anche a una serie TV spin-off, chiamata Betty e in onda negli Usa su HBO. Mica ho detto The CW.


Il segreto di Skate Kitchen è quello di essere un tuffo completo in un microcosmo poco conosciuto, a meno che nella vostra quotidianità non frequentiate delle ragazze skaters e in tal caso ritiro quello che ho detto. Anche per chi è lontano da questo mondo, la storia offre una protagonista in cui chiunque si può ritrovare, con la sua voglia di appartenere a qualcosa, a un gruppo, e allo stesso tempo di distinguersi dagli altri.

La vera idola del film comunque è un personaggio di contorno, Kurt interpretata da Nina Moran, che come si può vedere dal suo Instagramè una vera skater.


Con l'essenza di un documentario e allo stesso tempo la poesia del cinema, Skate Kitchen riesce a far venire una gran voglia di prendere in mano uno skate...
No, dai. Per il bene dello skate è meglio se non ci provo nemmeno.
(voto 7+/10)


Blue My Mind

Altro coming of age, questa volta proveniente dalla Svizzera. Sì, anche in Svizzera girano dei film, e allora? In questo caso con protagonista una ragazzina quindicenne, Mia, una teenager che vive un periodo di grandi cambiamenti. “È il mio corpo che cambia nella forma e nel colore/È in trasformazione/È una strana sensazione/In un bagno di sudore” canterebbe Piero Pelù con la sua inconfondibile fastidiosa voce. Solo che i cambiamenti di Mia sono un pochino più radicali rispetto a quelli dei suoi coetanei alle prese con una partita di Brawl Stars e una di Fortnite, un disco di Tha Supreme e i primi peli sotto le ascelle e da qualche altra parte...


Non vi sto a spoilerare in cosa consistano di preciso questi cambiamenti, vi segnalo solo che questo film viaggia a metà strada tra l'horror franco-belga Raw - Una cruda verità e l'horror-fantasy-musical polacco The Lure, con una personalità e uno stile propri. L'adolescenza è un periodo di grandi cambiamenti e Blue My Mind ne è letteralmente la rappresentazione più evidente.
(voto 7,5/10)


Alla fine ci sei tu (Then Came You)

Malattia movies. Quanto li adoro? Ormai, quando voglio andare sul sicuro, mi guardo un malattia movie e so già che mi piacerà. Non fa eccezione Then Came You, sebbene proponga una variante rispetto al malattia movie classico. Il protagonista di questo film... non è malato. E allora che razza di malattia movie è mai questo? Lo scoprirete se anche voi vi farete infettare da questa visione che presenta un cast guidato da tre volti noti, soprattutto agli appassionati seriali. C'è Asa Butterfield, quello di Sex Education.


C'è Maisie Williams, l'Arya Stark di Game of Thrones, che qua propone una vasta varietà di capigliature differenti.

"Ancora a lamentarvi per come è finito Game of Thrones?"

E c'è Nina Dobrev di The Vampire Diaries, che è sempre un bel (ri)vedere.


Then Came You è un malattia movie che, nonostante abbia come protagonista un babbano, un non-malato, un sano, saprà comunque come contagiarvi. Altri tipi di contagio invece è meglio evitarli. #wearthedamnmask
(voto 6+/10)


Vicino all'orizzonte

Vicino all'orizzonte può essere considerata la somma dei due film di cui vi ho appena parlato qua sopra: Blue My Mind + Then Came You. La protagonista di questa pellicola tedesca è la stessa di Blue My Mind, la bella e bona e pure brava Luna Wedler, di recente vista anche nell'avvincente serie TV Netflix Biohackers.


La storia, basata sull'omonimo libro scritto da Jessica Koch, è invece un “malattia movie”. L'ennesimo malattia movie tra I passi dell'amore - A Walk to Remember e Colpa delle stelle. Niente di nuovo sotto il cielo, ma ancora una volta a questo genere di film non riesco a dire di no. E non riescono a non piacermi. Qualcuno potrà lamentarsi perché rispetto ad altri titoli analoghi è un lavoro un pochino freddo, ma per gli standard tedeschi direi che siamo già al top.

"Ancora con questo stereotipo che noi tedeschi siamo freddi e spietati?"
"Dovremmo far fuori chi ha scritto questa assurdità."


L'inizio è da tipica romcom favolistica. Luna Wedler conosce Jannik Schümann, un ragazzo che sembra la fusione tra Zac Efron e David Beckham. Di lavoro fa il modello, se ne va in giro su un Mercedes, e oltre a essere ricco, bello bello in modo assurdo è pure simpatico, sensibile, gentile, colto e ogni tanto si mette persino a citare poesie.


Sembra fantascienza allo stato puro, e invece è una storia vera capitata alla scrittrice negli anni '90. C'è comunque da dire che, essendo un malattia movie, non tutto filerà liscio e i risvolti drammatici presto faranno capolino. Male per i protagonisti della storia, bene per tutti i malati di questo genere cinematografico strappalacrime.
(voto 6/10)


The Kissing Booth 2

Vi ricordate di The Kissing Booth? Se avete più di 16 anni probabilmente no e probabilmente non ne avrete mai sentito parlare. Se invece siete giovanissimi, o giovanissimi nello spirito, vi ricorderete di quella deliziosa pellicola teen Netflix distribuita nel 2018 con gli occhi a cuoricino. Il sequel è arrivato quindi gradito a tutti noi fan di robette adolescenziali, il risultato invece convince solo in parte.


Lo sviluppo della trama è abbastanza prevedibile. I due protagonisti Joey King e Jacob Elordi, dopo aver coronato i loro sogni d'amore, si ritrovano a dover vivere una relazione a distanza.
 
 
Inevitabilmente, entreranno in gioco una bellona e un bellone che metteranno in crisi la loro fedeltà. In particolare, Joey King riuscirà a resistere al fascino latino di Taylor Zakhar Perez, nei panni di Marco? Impossibile resistere a uno che si chiama Marco, dai.
 
 
Per altro Marco, oltre ad avere un nome stupendo, è bello, muscoloso, atletico, ma possiede anche un lato nerd, un'inaspettata passione per i videogame in particolare Just Dance, e inoltre canta e suona la chitarra come un pro. Piccolo particolare ulteriore: Taylor Zakhar Perez ha 30 anni e quindi per interpretare un liceale è più improbabile di James Van Der Beek ai tempi di Dawson's Creek, ma a parte questo è il classico teenager medio che si può trovare in una high school americana. No?

"Mi sto preparando per il mio primo giorno di scuola. Potrei essere stato bocciato giusto una volta o due."

Al di là della sospensione dell'incredulità per la presenza di Marco lo studente più vecchio di Pierino, il problema è che il film dura 131 minuti, e per quella che dovrebbe essere una commedia adolescenziale leggera è un minutaggio pesante. Specie considerando che alcune sottotrame potevano essere ridotte per non dire tagliate del tutto. Inoltre la pellicola risulta come un episodio interlocutorio, che lascia diverse cose in sospeso, non a caso il terzo capitolo della saga è già stato girato e verrà poi rilasciato nel corso del 2021. A differenza del primo, non proprio un film al bacio.
(voto 6-/10)


Una famiglia al tappeto

Ho poche certezze nella vita. Una di queste è che del wrestling non me ne frega niente. Da bambino giocavo a Pro Wrestling sul Nintendo ed era abbastanza divertente, solo che bisognava schiacciare i pulsanti in continuazione in maniera talmente rapida che dopo pochi minuti ci si distruggeva le mani. Così tra la possibilità di finire all'ospedale e smetterla con questo videogame, ho deciso di smetterla. La mia esperienza con il wrestling si è chiusa lì. Negli ultimi tempi il wrestling a sorpresa ha rifatto capolino nella mia vita. E non per merito per colpa di Mr. James Ford, il mio blogger rivale appassionato di questo “sport” e che ormai sembra aver abbandonato il web, bensì a causa di Glow, serie sul wrestling femminile anni '80. A proposito, quand'è che esce la quarta nonché ultima stagione?


Qualche mese fa è arrivata anche una pellicola, sempre sul wrestling femminile, che mi ha messo al tappeto. In senso positivo. Una famiglia al tappeto come si può intuire dal titolo italico (come d'altra parte pure quello originale che è Fighting With My Family) è una commedia famigliare, che racconta di una famiglia inglese di wrestler. In pratica la versione made in Britain dei Ford. A renderla un po' più cattivella e ricca di British humour ci pensa il tocco del regista e sceneggiatore Stephen Merchant, ex braccio destro di quell'altro “bastardo” di Ricky Gervais, con cui aveva creato l'innovativa The Office UK. A far diventare il tutto ancora più British e indie ci pensa la sempre gradita chitarrina di Graham Coxon dei Blur, che si è occupato delle musiche originali insieme a Vik Sharma.


Una famiglia al tappeto è però anche e soprattutto un biopic. Racconta la storia di Saraya Bevis, nota agli appassionati di wrestling (quindi a me prima del film totalmente sconosciuta) come Paige, nome d'arte “rubato” al suo personaggio preferito della serie TV Streghe.
 
 
Nei suoi panni troviamo una Florence Pugh che conferma di essere una delle attrici oggi più versatili e in forma del momento: tra horror (Midsommer - Il villaggio dei dannati), classici in costume (Lacy Macbeth e Piccole donne), biopic sul wrestling (questa roba qua) e cinecomics action (l'imminente Black Widow) non sembrano esserci limiti a ciò che può fare.
 
"Il wrestling è una buffonata! Ok, l'ho detto."
 
Quella di Paige è una vicenda umana e sportiva non particolarmente nuova o mai sentita, ma che riesce a essere di grande ispirazione e parecchio emozionante. Anche per chi, come me, al wrestling potrà resistere, ma alle storie di rivincita degli outsider no.
(voto 7/10)


Quello che veramente importa
"Ti prego. Fa che nessuno si accorga che sono finito a recitare in 'sta roba."

Quello che veramente importa è un film che puzzava di buonismo fin dal trailer e fin dalla trama, quella di un insospettabile giovane uomo cazzaro e superficiale che a un certo punto per magia sembra avere dei poteri da guaritore. Mi sono però detto: “Il regista è spagnolo, tale Parco Arango, non sarà la solita americanata”. E infatti non lo è. È peggio. Quello che veramente importa è un film da pomeriggio di Canale 5 quando Maria de Filippi e Barbara D'Urso sono in ferie. Fino a un certo punto si lascia guardare anche, complice la presenza di Camilla Luddington, che è l'unico motivo per cui rimpiango di non seguire ancora Grey's Anatomy.


Solo che nella parte finale si degenera davvero troppo e questo diventa il film più buonista che mi sia capitato di vedere da parecchio tempo a questa parte. Quello che veramente importa quindi è che, se volete evitare un attacco di diabete, dovete girare al largo da questa pellicola. A meno che non vi spariate una dose di insulina preventiva.
(voto 4,5/10)


Take Me to the River

Take Me to the River parte da uno spunto suicida: un ragazzo che vive in California vuole fare coming out con i suoi parenti bifolchi del Nebraska. Come andrà a finire?

Sembra la cronaca di un disastro annunciato, invece il film non lo è. Non è un disastro e non va nemmeno a finire come ci si potrebbe immaginare. Per chi cerca una visione tipicamente da Sundance in grado di stupire, almeno un pochino, e di andare oltre le solite cose già viste, un recupero è consigliato. Agli interessati segnalo quindi che la pellicola con sub ita si può trovare su un sito ricco di proposte sempre molto interessanti e sempre molto alternative, Film per evolvere.
(voto 6+/10)



Bombshell - La voce dello scandalo: non una bomba di film, ma una bombetta sì

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Bombshell - La voce dello scandalo
Regia: Jay Roach
Cast: Charlize Theron, Nicole Kidman, Margot Robbie, John Lithgow, Kate McKinnon, Mark Duplass, Connie Britton, Liv Hewson, Brigette Lundy-Paine, Amy Landecker, Mark Moses, Nazanin Boniadi, Ben Lawson, Josh Lawson, Madeline Zima, Jennifer Morrison, Brooke Smith, Alice Eve, Ashley Greene, Allison Janney, Malcolm McDowell


Buongiorno gentili spettatori e benvenuti a una nuova edizione del notiziario di Foxy News. Per chi non lo sapesse, il canale più imparziale degli Stati Uniti. Come Rete 4 in Italia, per intenderci.

Oggi ci occuperemo di un caso scottante che riguarda una delle persone più perseguitate nella storia del mondo, giusto dopo Silvio Berlusconi. Roger Ailes, l'ex presidente e CEO di Fox News, è accusato di aver molestato alcune donne. Giusto una o due, o due o tre, o forse qualcuna in più, adesso non mi ricordo di preciso. Non è che posso sapere tutte le cifre esatte. Sono mica un giornalista...

Ah sì?
Dalla regia mi dicono che sono un giornalista di Foxy News. Ne siamo sicuri?

Ma voltiamo pagina. Io per confutare queste accuse diffamatorie e del tutto inventate su Roger Ailes dico solo una cosa. Roger Ailes è morto il 18 maggio del 2017. Secondo voi un uomo morto può molestare delle donne vive? Dico, vi sembra tecnicamente possibile? Stiamo parlando di realtà o di un horror soprannaturale? Io queste cose le ho viste succedere, ma solo in Scary Movie 2. Vediamo il servizio di Emilio Fedez.
 

A parte questo piccolo dettaglio che smonta tutte le teorie complottistiche nei confronti di un povero defunto, che nella sua vita era stato un Santo o quasi, ma poi credete davvero che un uomo del fascino di Roger Ailes debba ricorrere alle molestie per avere del sesso consensuale?


Ho detto Roger Ailes, non Alfred Hitchcock!
 
Ah, quello è Roger Ailes?
Ok, allora scusate.

Le accuse inoltre arrivano da queste tre donne il cui fascino è del tutto discutibile. Che razza di pervertito vorrebbe mai fare del sesso con loro?


A gettare nuove ombre sulla memoria del compianto Roger Ailes ci pensa ora un film, Bombshell - La voce dello scandalo, una ricostruzione fantasiosa e tutta da verificare di quanto accaduto. Che poi cos'è accaduto, secondo questa pellicola esageratamente scandalistica fin dal titolo?

Roger Ailes avrebbe chiesto a Margot Robbie di alzarsi un pochino la gonna di qualche centimetro? Ma questa è una goliardata!
 
Comunque, ecco una ricostruzione di quello che è accaduto veramente.
 
"Signorina Robbie, la prego, la smetta di chiedere se voglio fare del sesso bollente insieme a lei.
Sono un uomo sposato devoto alla sua moglie. Se continua con le sue disgustose avance sarò costretto a denunciarla."
 
 
E poi allora a Massimo Boldi quando in S.P.Q.R. - 2000 e ½ anni dice ad Anna Falchi: “Poppea, Poppea, e cià le puppe a pera, pera” che cosa dovevano fare? Dovevano rinchiuderlo in cella come predatore sessuale?
 
Vediamo il sondaggio. Ok. L'89% delle persone ritiene che non sarebbe poi una scelta così sbagliata.


Va comunque dato atto a questa ricostruzione fiction delle presunte accuse nei confronti di Roger Ailes di avere un ottimo cast. Charlize Theron è pazzesca per il modo in cui si è trasformata del tutto nella mia "collega" Megyn Kelly.


Nicole Kidman non è più quella inarrivabile di fine anni '90/primi duemila, ma qui nei panni dell'altra mia "collega" Gretchen Carlson offre una delle sue migliori prove recenti.


Margot Robbie è stellare e questa è probabilmente la migliore interpretazione della sua carriera. A parte quella in Tonya, altro film in teoria ispirato a una storia vera la cui veridicità mi sembra tutta da verificare. Che poi, se Charlize Theron e Nicole Kidman hanno i ruoli della giornalista Megyn Kelly e della conduttrice televisiva Gretchen Carlson, Margot Robbie recita invece nei panni della fittizia Kayla Pospisil. Esiste per davvero una persona con un nome del genere? No. Secondo gli autori del film rappresenta le esperienze di varie donne che hanno lavorato a Fox News combinate insieme. Ma Kayla Pospisil di per sé non esiste, quindi è tutta una montatura. Questo film si smonta da solo!

"Mi state dicendo che interpreto una persona finta in una storia vera? Ma quindi io cosa sono? Un burattino come Pinocchio?"

C'è poi un cast di contorno altrettanto fenomenale. La comica Kate McKinnon ad esempio è più che convincente.
 
"Ciao Ellen. Mi sa che al momento non sei la persona più indicata con cui parlare di scandali."
 
E' un piacere inoltre scovare all'interno della pellicola vari volti telefilmici noti come Connie Britton (Friday Night Lights, American Horror Story, Nashville), Liv Hewson (Santa Clarita Diet), Brigette Lundy-Paine (Atypical), Amy Landecker (Transparent), Mark Moses (Desperate Housewives, Mad Men), Nazanin Boniadi (Homeland), Josh Lawson (House of Lies), Madeline Zima (La tata, Californication) e Jennifer Morrison (Dr. House, Once Upon a Time, This Is Us). Il fatto che ci siano degli ottimi attori è solo un'ulteriore dimostrazione di quanto si siano sforzati per cercare di rendere verosimili dei fatti che non lo sono per niente.


E infine, come altra dimostrazione della faziosità di questa pellicola, c'è il fatto che per interpretare Roger Ailes hanno preso John Lithgow. Tanto per la cronaca se la cava bene pure lui, meglio di Russell Crowe nella poco memorabile e anch'essa tutta da verificare miniserie The Loudest Voice - Sesso e potere, altro prodotto di fiction che cerca di infangare a scopo commerciale il buon nome di Roger Ailes.
 
Non gli somiglia per niente!
 
Bravo John Lithgow, solo che avrebbero dovuto ingaggiare un attore più sexy per essere più fedeli alla realtà. Ad esempio, Brad Pitt era già impegnato?

Due gocce d'acqua


Nella parte di Roger Ailes avrei visto bene anche Channing Tatum.

Separati alla nascita


Devo aggiungere altro, vostro onore... volevo dire gentili spettatori?

Come film di fantascienza Bombshell - La voce dello scandalo non è nemmeno niente male. A livelli di assurdità fantascientifica siamo vicini a quelli di La grande scommessa, Vice - L'uomo nell'ombra e non dimentichiamo Fahrenheit 9/11, per cui Michael Moore dovrebbe ancora scusarsi con l'indifeso George W. Bush. Come presunta storia vera invece non ha alcuna credibilità.

Adesso devo salutarvi, un po' perché il telegiornale è finito e un po' perché sento delle sirene in avvicinamento. Credo stiano venendo ad arrestare pure me. Sappiate che, qualunque siano le accuse nei miei confronti, non c'è niente di vero. Questa è una persecuzione!
(voto 6,5/10)


La musica topposa e flopposa del mese di settembre 2020

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L'estate è finita, quindi smettetela di voler ballare un reggae in spiaggia. Anche perché quest'anno non si può ballare, se non distanziati su TikTok. E comunque, ma chi è che voleva ballare un raggae in spiaggia con la fastidiosa voce di Alessandra Amoroso in ogni caso?

L'estate è finita ed è tempo di musica autunnale. Ecco qualcosa da sentire, o da non sentire, in questa nuova stagione.


Flop del mese

#6 Smashing Pumpkins

Fa piacere rivedere negli ultimi tempi tornare star del rock passato come Marilyn Manson, Deftones, Alanis Morissette e i Killers se non ai loro livelli top assoluti, se non altro con lavori ispirati e degni di nota. Purtroppo, non sembra essere il caso di Billy Corgan e dei suoi Smashing Pumpkins. Dopo aver realizzato tre capolavori uno in fila all'altro come “Siamese Dream”, “Mellon Collie and the Infinite Sadness” e “Adore” (perché quest'ultimo non è presente su Spotify? Perché???), non hanno più azzeccato un album manco per sbaglio. A volte giusto qualche mezza canzone qua e là. Il nuovo annunciato doppio disco, in arrivo il 27 novembre, è stato anticipato da un singolo synth 80s, la title track “Cyr”, e da alcuni altri brani che non lasciano sperare troppo bene. Ma io, da illuso Pumpkins fan di vecchia data, continuo ancora a sperare, se non in un capolavoro, in un nuovo album decente.

 


#5 Pinguini Tattici Nucleari “La storia infinita”

I Pinguini Tattici Nucleari hanno già stufato?
Con il loro nuovo singolo giocano troppo facile: citano Stranger Things che cita La storia infinita. Peccato che la canzone non sia esattamente memorabile come “Never Ending Story” di Limahl e il video sembri il remake di Stranger Things fatto dai Me contro Te.

 


#4 Vin Diesel

Che ci fa Vin Diesel nella rubrica musicale?
La star di Fast and Furious ha approfittato della pausa dai set dovuta al lockdown per lanciare la sua carriera da cantante. Il risultato?
Non si offenda e non venga di corsa su una delle sue auto superveloci a menarmi, ma il suo singolo d'esordio dance-pop "Feel Like I Do" a livello vocale e musicale fa pena. Meglio che torni ai suoi film action tamarri.

  


#3 Ligabue

Si intitolerà anche “La ragazza dei tuoi sogni”, ma a me questa suona tanto come “La canzone dei miei incubi”.



#2 Gigi D'Alessio

Il nuovo disco di Gigi D'Alessio si chiama “Buongiorno”.


   


#1 Ultimo

Per curiosità io cerco di ascoltare tutte le novità, anche degli artisti che non mi piacciono, ma l'ultima lagna di Ultimo è qualcosa di davvero inascoltabile.
Da queste parti Ultimo ha sempre un posto riservato come primo. Del peggio.

   



Top del mese

#12 Samuel

Il cantante dei Subsonica in versione solista ha tirato fuori un tormentone estivo in ritardo. La sua “Tra un anno” è una canzone che:

A) Può starvi sulle balle
B) Sembrarvi irresistibile

Io al momento sono alla fase B, ma non è detto che tra qualche settimana non possa passare alla fase A.

   


#11 FSK Satellite

I FSK Satellite sono un gruppo punk che solo per caso fa musica trap. Sono la Dark Polo Gang che incontra i Death Grips. Sono finiti al primo posto della classifica italiana degli album con il loro secondo lavoro “Padre figlio e spirito” e, considerando che non fanno una musica esattamente commerciale e radiofonica, è un evento che oserei paragonare a quando i C.S.I. raggiunsero la prima posizione con “Tabula Rasa Elettrificata” nell'ormai lontano anni luce 1997, periodo in cui il rock alternativo era la vera musica alternativa. Di loro non si sa molto, visto che non concedono interviste e quanto cazzo è punk 'sta cosa? A un primo ascolto probabilmente vi faranno sanguinare le orecchie, e forse anche un secondo, ma poi potreste assuefarvi. O forse no. Non credo comunque che a loro gliene fotta qualcosa.



#10 Casadilego

La nuova edizione di X Factor ha già trovato la sua star. Che poi è un'antistar. Si chiama Elisa Coclite, il suo nome d'arte è Casadilego, ispirato alla canzone “Lego House” di Ed Sheeran, ha 17 anni, i capelli colorati alla Billie Eilish e davanti ai giudici si è presentata con una versione da brividi, e da lacrime agli occhi nel caso di quel tenero agnellino di Manuel Agnelli, di “A Case of You” di Joni Mitchell. Inoltre, in una delle sue prime interviste, ha dichiarato: “Non voglio sembrare una snob musicale, ma il reggaeton proprio non mi piace”. Applausi. Se le luci della ribalta non la scottano subito, questa Casadilego potrebbe fare davvero strada.

 


#9 Declan McKenna

Declan McKenna è un giovane cantautore britannico classe 1998 che nelle scorse settimane si è conteso il primo posto in classifica in Gran Bretagna contro gente che ha giusto qualche anno e un po' di esperienza in più: i Rolling Stones. Alla fine ha perso la sfida e si è dovuto accontentare del secondo posto, ma ha lottato fino all'ultimo. Per quanto sia un giovincello, la sua musica è parecchio rétro anche se, più che gli Stones, fa tornare in mente David Bowie. Paragone da niente, lo so. Fisicamente invece è il gemello di Alex Lawther, l'attore di The End of The F***ing World, che non a caso compare nel video della sua canzone "The Key to Life on Earth".

 


#8 Alicia Keys

Alicia Keys è sempre un piacere da sentire, oltre che da vedere. Il suo nuovo album si intitola semplicemente "Alicia" ed è stato rimandato più volte a causa della pandemia. Scelta che non condivido, perché è proprio durante un periodo duro che la gente ha più bisogno di musica nuova che sia di ispirazione, dia conforto e scaldi il cuore come la sua, ma alla fine ognuno è libero di fare le scelte che vuole e comunque finalmente il disco è uscito. Ed è bello. Non bellissimo come i suoi primi due album, che rimangono i vertici della sua carriera, però a quasi 20 anni da quando con piano e voce si imponeva all'attenzione del mondo con la sua "Fallin'", Alicia resta sempre un piacere da sentire. Oltre che da vedere.
 
 


#7 Achille Lauro

Cento ne pensa e cento ne fa. Achille Lauro se ne frega delle critiche di quell'invidiosa di Renato Zero, che l'ha definito un clown, e pubblica il suo secondo progetto musicale dell'anno, a distanza di pochi mesi da quella tamarrata anni '90 chiamata appunto "1990". Il nuovo lavoro "1969 Achille Idol Rebirth"è una versione riveduta e aggiornata di "1969", con dentro alcune chicche come "Maleducata", anche conosciuta come la cosa migliore dell'ultima stagione di Baby. Benedetta Porcaroli esclusa, ma inclusa nel video della ballatona "16 marzo", e quindi tutto torna.

 


#6 Deftones

La bomba. 20 anni dopo, i Deftones hanno finalmente tirato fuori il degno erede di "White Pony", il loro album capolavoro. Il nuovo "Ohms"è fatto apposta per essere suonato a tutto volume. Un'esperienza che vale il rischio di una denuncia per disturbo della quiete pubblica.

 


#5 Everything Everything

Per la serie: gruppi che non diventeranno mai famosi, ecco gli Everything Everything. Hanno un sound eccentrico, il loro cantante ha una voce stridula che non tutte le orecchie potrebbero gradire, ma sanno scrivere grandi canzoni. Come “Violent Sun”, che va in territori vicini ai Radiohead di “Ok Computer”, contenuta sul loro nuovo consigliato album “RE-ANIMATOR”.

 


#4 Doves

Per la serie: gruppi che non diventeranno mai famosi - Parte II, ecco i Doves. Un gruppo che è arrivato in ritardo per l'ondata Britpop e poi non è riuscito a sfondare anche perché non ha un cantante figo come Chris Martin. Che poi Chris Martin è così figo da farsi mezza Hollywood?
I Doves non hanno l'immagine giusta e il loro sound è sempre fuori moda. Per chi ama il sound made in Britain, però, il loro nuovo album “The Universal Want” è manna dal cielo.

 


#3 Marilyn Manson

Oltre a Declan McKenna, un altro che ricorda David Bowie, probabilmente l'artista musicale più influente e imitato di tutti i tempi, è... Marilyn Manson. Già ai tempi di “Mechanical Animals” il Duca Bianco sembrava il suo riferimento principale, e adesso con il nuovo “WE ARE CHAOS”, il suo album più riuscito da parecchio tempo a questa parte, lo è ancora di più. Ascolto obbligato, e a questo giro non solo per i satanisti. 😈



#2 Flaming Lips

Voglia di un disco sognante, delicato, psichedelico e malinconico?
Ecco a voi “American Head”, il nuovo album dei Flaming Lips, un gruppo di veterani in giro dagli anni '80, ma che ha ancora una freschezza e un'inventiva da far invidia alle nuove generazioni.

 


#1 Beabadoobee

Rimpiangete l'alternative rock degli anni '90?
Allora segnatevi questo nome, nonostante mi rendo conto che non sia esattamente facile segnarselo: Beabadoobee. Spero di averlo scritto giusto e non chiedetemi come diavolo si pronunci, ché non ne ho la più pallida idea. Quello che so è che è una cantautrice filippina naturalizzata britannica che è nata nel 2000, quindi i 90s in teoria non dovrebbe manco sapere cosa sono, e invece il suo suono è un mix tra Hole, Nirvana, Sonic Youth, Dinosaur Jr., Pavement, Garbage e Smashing Pumpkins quelli dei bei tempi. Il suo album d'esordio Fake It Flowers fuoriesce il 16 ottobre, siete avvisati.

 



Guilty Pleasure del mese
Tommaso Paradiso

Se Cristina D'Avena se ne fosse uscita con una canzone come “Ricordami”, la gente avrebbe gridato al capolavoro. L'ha fatta invece Tommaso Paradiso e sui social gli è piovuta addosso un'autentica shitstorm. 💩 
“Ricordami” mi ricorda le sigle di È quasi magia Johnny e di Occhi di gatto, e c'è chi persino ha scomodato paragoni non con i Bee Gees ma con i Bee Hive. E che male c'è, aggiungo io?
Rispetto ai primi singoli troppo seriosi con cui ha aperto la sua carriera solista, qui si va da frizzanti parti cartoonesche e sì, forse un po' trash. Solo, ripeto io, che male c'è?

 


Cotta del mese
Annalisa

Nuda! Nuda! Nuda!
No, non sto facendo il maniaco sessuale. Sto solo acclamando il nuovo album di Annalisa, che si chiama appunto “Nuda”. Un disco di perfetto puttanpop al pesto, in cui la cantante ligure gioca con i doppisensi e fa la bad girl. O meglio, come direbbe il suo amichetto Achille Lauro, fa la malandrina.



Video del mese
Lady Gaga “911”

Video esteticamente impressionante diretto da Tarsem Singh, ricco di riferimenti, a partire da Il colore del melograno di Sergej Iosifovič Paradžanov, passando per La montagna sacra di Alejandro Jodorowsky e 8½ di Federico Fellini, più lo stile di Frida Kahlo. Lady Gaga inoltre conferma di essere un'Attrice con la A maiuscola. E alla fine assume anche tutto un senso. Che video!

 
 



Serial Killer: le serie tv top, flop e meh del mese di settembre 2020

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Wake me up when September ends. Ok, gente. Settembre ormai sta finendo, quindi è ora di svegliarvi. Per fare cosa?
Guardare qualche serie TV. Ecco quelle che vi suggerisco di iniziare e quelle a cui potete anche dare un'occhiata a tempo perso, oppure perdervi del tutto.


Serie Top del mese

We Are Who We Are
(stagione 1, episodi 1-2)

We Are Who We Are. Siamo chi siamo. Siamo quelli che vi hanno regalato Chiamami col tuo nome e La solitudine dei numeri primi, ovvero Luca Guadagnino e Paolo Giordano, e abbiamo deciso di unire le forze insieme a HBO e a Sky Atlantic per regalarvi la serie adolescenziale d'autore che meritate, in attesa che ritorni Euphoria con una seconda stagione che a quanto pare ci sarà da aspettare ancora un bel po'. La nostra serie è ambientata in Italia, a Chioggia, in quella regione guidata da Re Zaia. Non un posto qualunque. Siamo in una base militare statunitense in cui un ragazzino californiano si trasferisce con le sue due mamme. Un piccolo microcosmo americano infilato dentro la realtà italiana. Un po' come noi italiani ci siamo intrufolati all'interno delle produzioni televisive Usa per realizzare questa We Are Who We Are. E' quindi tutto un gioco di equilibrio tra stile indie americano e sapori italiani. Un equilibrio riuscito?
Per scoprirlo, noi vi consigliamo di dare un'occhiata alla nostra serie. Siamo stati gentili abbastanza nel nostro invito, o per convincervi dobbiamo mandarvi l'esercito americano?


Utopia
(stagione 1, episodi 1-2)

In giro c'è una nuova Utopia. Non dico in generale in giro per il mondo. Non parlo di Greta Thunberg e di chi ci crede davvero che il nostro pianeta possa essere un posto migliore. Intendo in televisione. Nel 2013 era uscita una serie britannica chiamata appunto Utopia, che era diventata un piccolo cult, ma era stata cancellata dopo appena un paio di stagioni. Questo perché aveva un paio di problemi:

1) A un certo punto non si capiva più niente

2) Era troppo avanti coi tempi

Adesso è arrivata la versione statunitense della serie, curata da Gillian Flynn, quella de L'amore bugiardo - Gone Girl e Sharp Objects, due opere di fronte alle quali mi inchino. Questa volta potrebbe davvero funzionare perché, almeno a giudicare dai primi due episodi:

1) La trama sembra essere umanamente comprensibile

2) Parla di virus mortali, pandemia, complotti internazionali, e quindi cosa c'è di più attuale nell'anno 2020?


The Boys
(stagione 2, episodi 1-6)

The Boys è una serie che in poco tempo si è trasformata in un cult. Non credo che ciò sia dovuto a trame particolarmente fenomenali. Il punto di forza della serie sono i personaggi. Se non hai quelli, puoi anche raccontare la storia più bella e particolare del mondo, ma difficilmente conquisterai il pubblico. The Boys presenta invece una ricca galleria di ottimi personaggi, come Lost e Heroes. Non intendo per forza personaggi positivi o con cui immedesimarsi. Anzi, alcuni dei personaggi top della serie sono proprio quelli più sgradevoli. Su tutti Patriota, il lato Trump di Superman.

"Cattivo io? Ma se sono il padre dell'anno."

Promette molto male, quindi molto bene, anche la novità principale della seconda stagione, Stormfront, interpretata da quella sagoma diabolicamente adorabile di Aya Cash, la protagonista femminile di You're the Worst.


E poi c'è lui, Karl Urban nei panni di Billy Butcher, che è sempre un idolo ed è probabilmente il vero eroe di cui il mondo, cioé gli Stati Uniti, hanno bisogno.



Mrs. America
(miniserie)

Mrs. America è una miniserie che parla del movimento femminista negli Usa degli anni '70. Perché, incredibile ma vero, il Girl Power esisteva ancora prima delle Spice Girls.


La cosa particolare è che, oltre a proporci la vicenda di icone femministe come Gloria Steinem (interpretata dalla sempre troppo sottovalutata Rose Byrne), Bella Abzug (Margo Martindale) e Shirley Chisholm (Uzo Aduba di Orange Is the New Black, premiata con l'Emmy di miglior non protagonista), riserva anche un notevole spazio alle donne che in quel decennio hanno fatto la guerra alle donne. Su tutte Phyllis Schlafly, un incrocio tra Giorgia Meloni e Lorella Cuccarini, nei cui panni troviamo la solita perfetta Cate Blanchett. Forse persino troppo glacialmente impeccabile. Non è che sta diventando la nuova Meryl Streep? Anzi, non è che si sta trasformando proprio in Meryl Streep?


Ne esce quindi un ritratto molto sfaccettato, che racconta il femminismo e l'antifemminismo a 360°, con un gruppo di interpreti da applausi e alcuni momenti di grande ispirazione. Una lezione di Storia attualissima e che, pur tra episodi più riusciti e altri meno, non manca di essere anche un valido prodotto di intrattenimento.


Serie Meh del mese

The Third Day
(stagione 1, episodi 1-2)
"Siamo per caso sul set del nuovo film della saga di Animali fantastici?"

Jude Law finisce in un'isola misteriosa, dove vive una piccola comunità isolata dai riti strani che sembra cresciuta con il culto di The Wicker Man e The Village. Dopo i primi due episodi non ho capito se è una miniserie strepitosa o è una boiata pazzesca, quindi per il momento lascio il giudizio sospeso.

"AAAH! No, non siamo sul set di Animali fantastici 3."


Petra
(stagione 1, episodi 1-2)

Petra è una valida serie crime italiana. Molto valida. Perché allora non è tra le top, ma solo tra le meh?
"Colpa" della campagna promozionale, che mi aveva fatto immaginare qualcosa di diverso dal resto del panorama televisivo nostrano. Qualcosa di radicalmente nuovo.


Petra sarebbe potuta essere considerata una serie rivoluzionaria una ventina d'anni fa. Adesso una detective fuori dagli schemi è la norma. Non siamo molto distanti dalle parti di Rocco Schiavone, per dire. Il rapporto che la protagonista ha con il suo braccio destro, in apparenza un uomo che sembra il suo esatto opposto, è pure questo tipico dei "buddy movies". Anche i casi gialli proposti non sono niente di nuovo.

Una volta dette queste cose, Paola Cortellesi offre una buona interpretazione, la serie si lascia seguire con piacere e ci si affeziona molto rapidamente ai personaggi. L'unica cosa veramente sorprendente è però l'ambientazione genovese, finora mi pare poco sfruttata dalle produzioni di casa nostra sia su piccolo che su grande schermo, fotografata in una maniera noir che la fa assomigliare a tratti alla Broadchurch di Broadchurch e a tratti persino alla Seattle di The Killing.


Away
(stagione 1, episodio 1)
"Preghiamo affinché Pensieri Cannibali promuova questa serie."

Away mi ricorda The First, sottovalutata serie con Sean Penn sulla prima missione umana su Marte, cancellata dopo un'unica stagione. Curiosamente, in Away il compito di andare su Marte è affidato a un'altra interprete due volte premio Oscar. Dico curiosamente, perché non è che in giro ci sono tutti 'sti attori che possono vantare due Oscar in carriera. A indossare la tuta da astronauta in questo caso è Hilary Swank. Per il momento, dopo averne visto il primo episodio, sembra la versione family drama di un classico prodotto fantascientifico sulle missioni spaziali. Senza però la parte più visionaria, più "strana", che rendeva The First particolare. Magari con gli episodi seguenti migliora. O peggiora.

"Per ora non l'ha promossa. Non so se continuerò la mia missione."


Raised by Wolves
(stagione 1, episodio 1)

Raised by Wolves probabilmente farà impazzire i fan di Ridley Scott. Oltre a dirigere i primi due episodi, è un prodotto davvero molto molto Ridley Scott. Si parla di androidi umanoidi come in Blade Runner e c'è una forte atmosfera da saga di Alien. Ecco, io non sono un fan di Ridley Scott quindi la visione del primo episodio mi ha lasciato parecchio dubbioso, e a tratti anche annoiato. Il finale dell'episodio comunque lascia addosso una certa curiosità, quindi non escludo di poter continuare in questo viaggio spaziale. Non lo escludo, ma non lo assicuro nemmeno.



Serie Flop del mese

Ratched
(stagione 1, episodi 1-2)

Lo spunto di partenza di Ratched è simile a quello di Bates Motel, la serie sul giovane Norman Bates di Psycho. In questo caso è sulle "origini" dell'infermiera Mildred Ratched di Qualcuno volò sul nido del cuculo. Solo che qua non abbiamo le sottovicende adolescenziali di Bates Motel e inoltre l'ambientazione non è nel presente, bensì nel 1947. Insomma, restano gli omaggi alle atmosfere di Hitchcock e l'odiosità dei personaggi principali, ma per il resto si tratta di due prodotti dal risultato molto differente.

Ratched rientra nel filone vintage e serioso della produzione di Ryan Murphy. Quello che comprende anche Feud e Hollywood, per dire. Quello che mi piace di meno. Io preferisco il Ryan Murphy più contemporaneo e più ironico, quello di Nip/Tuck, Glee e Scream Queens. Quella genialata di Scream Queens. Pur possedendo un leggero tocco thriller-horror alla American Horror Story, ben presto Ratched, per quanto esteticamente curato e apprezzabile, affoga nella noia.



Guilty Pleasure del mese
Baby
(stagione 3)

Dopo tre stagioni, Baby è giunta al termine. Qualcuno dirà: "Finalmente!" e posso capire il perché. Baby è una serie TV antipatica, con adolescenti dal comportamento discutibile, una recitazione approssimativa, a dirla tutta più da parte degli attori "maturi" che non dei promettenti giovani, e che tratta un argomento cronachistico facilmente scandaloso, quello della prostituzione minorile.
A me però devo dire che non dispiace. A livello registico e puramente estetico si tratta di un prodotto di tutto rispetto, con l'aggiunta di una colonna sonora parecchio figa. E poi si prende talmente sul serio da diventare divertente da vedere. Baby è una serie innegabilmente antipatica, ma io l'ho seguita con discreto piacere e devo ammettere, soprattutto dopo gli ultimi due episodi rivelatisi una chiusura dignitosa, che un pochino mi mancherà.


Cotta del mese
Elarica Johnson (P-Valley)

Dalle baby prostitute di Baby alle spogliarelliste di P-Valley. Una serie TV che anche in questo caso qualcuno potrà trovare antipatica e forzatamente provocatoria, ma che merita una possibilità. Prima che pensiate sia un prodotto per soli uomini guardoni e maniaci, va detto che l'autrice dello show è una donna, Katori Hall, e inoltre a dirigere tutti gli episodi ci sono registe donne. Siamo quindi più dalle parti del recente film con Jennifer Lopez Le ragazze di Wall Street - Business Is Business, girato da Lorene Scafaria, che non di trashate anni '90 come Showgirls e Striptease. Detto questo, P-Valley è anche un piacere per gli occhi grazie alle grazie delle protagoniste, in particolare della rivelazione Elarica Johnson, precedentemente nota come Elarica Gallacher. Attrice da tenere d'occhio, cosa che - ahinoi - ci toccherà fare.


Episodio del mese
"Meet Me in Daegu", S01E06 (Lovecraft Country)

Lovecraft Country prosegue, tra ottimi episodi e qualcuno leggermente inferiore. Con il suo sesto episodio, la serie ha deciso di regalarci uno strepitoso minifilm quasi del tutto indipendente, anche se comunque si connette con il resto della storia. Siamo in Corea nel periodo della guerra e facciamo conoscenza di una giovane aspirante infermiera interpretata da una mostruosa Jamie Chung che vive con la madre, desiderosa che le porti a casa degli uomini. Vuole che la figlia trovi marito?
Non esattamente...
Di più non vi dico. Vi invito invece a guardare questa serie che continua a riservare sorprese.



L'uomo invisibile: l'essenziale è invisibile agli occhi e anche questa recensione

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L'uomo invisibile
Titolo originale: The Invisible Man
Regia: Leigh Whannell
Cast: Elisabeth Moss, Harriet Dyer, Aldis Hodge, Storm Reid, Oliver Jackson-Cohen


Questa recensione è invisibile. Sorpresa!
Lo so che è un espediente che avevo già utilizzato per Il ragazzo invisibile di Gabriele Salvatores, però oh, che cosa volete che mi inventi per un film intitolato L'uomo invisibile e che guarda caso parla proprio di un uomo invisibile...

Anzi no. ATTENZIONE SPOILER!
Il film ha una trovata originale. No, non è un film invisibile. Quella sarebbe davvero un'idea originale, ma renderebbe la visione "leggermente" difficoltosa.
Lo spunto particolare di questo adattamento moderno del romanzo L'uomo invisibile scritto da H. G. Wells nel 1881 e pubblicato per la prima volta nel 1897, nonché reboot del film diretto da James Whale nel 1933 e di quello diretto da Paul Verhoeven nel 2000 con protagonisti Kevin Bacon ed Elisabeth Shue, è quello di non raccontare la storia dal punto di vista dell'uomo invisibile, bensì di quello della donna che perseguita. Una visible woman interpretata dalla solita strepitosa Elisabeth Moss. Sì, la protagonista di The Handmaid's Tale, ma io vorrei sottolineare il fatto che è stata lanciata da Mad Men.

L'uomo invisibile è quindi il villain di turno. Una presenza spettrale e maniacale che rende questo film un incrocio tra un horror fantascientifico e uno stalker thriller. E gli stalker thriller sono un mio guilty pleasure personale. Un ottimo esempio di stalker thriller è la serie TV You. La prima stagione, almeno, la seconda l'ho abbandonata per noia.

L'uomo invisibile in questo film in particolare è lo stalker supremo, è el gran visir de tücc gli stalker. Nei suoi panni vediamo, o meglio non vediamo, Oliver Jackson-Cohen, attore con la faccia da nuovo Jake Gyllenhaal che si è fatto notare nella miniserie The Haunting of Hill House, in cui c'era anche Victoria Pedretti, poi comparsa nella seconda stagione della sopracitata You. Sarà un caso, o questi attori stanno volontariamente infestando il genere stalker thriller?
FINE SPOILER!

L'uomo invisibile è uno stalker thriller impeccabile. O quasi. La tensione è costruita con sapienza, realizzando un buon crescendo. I colpi di scena non mancano e c'è una scena, non vi dico quale, che mi ha gelato il sangue dint''e 'vvene sai. C'è però da dire che nella seconda parte si tirano un po' troppo le cose per le lunghe e a tratti la trama si fa un po' eccessiva e inverosimile, ma d'altra parte stiamo pur sempre parlando di un uomo invisibile, che manco utilizza il mantello dell'invisibilità di Harry Potter, e quindi la sospensione dell'incredulità fa parte del gioco. Se cercate uno stalker thriller ad alta tensione come si deve, questa è la visione che fa al caso vostro. Se invece volete un mattonazzo neorealista in cui tutto è plausibile, rivolgetevi altrove.

Io comunque mi sono sbattuto per scrivere tutta 'sta recensione, che non sarà un granché ma vi assicuro che c'ho messo dell'impegno, e poi tanto chi se la leggerà?
E' una recensione invisibile e in più per metà contiene spoiler, quindi chi ancora non ha guardato il film se n'è tenuto in ogni caso ben alla larga. In pratica questa recensione, più che invisibile, è inutile. In compenso posso utilizzare questo spazio per scrivere tutte le cose più vergognose che mi vengono in mente. Tanto non le vede nessuno.
Posso ad esempio finalmente confessare che possiedo il CD originale dell'esordio delle Spice Girls, comprato il giorno stesso della sua uscita e posso anche scrivere che S.P.Q.R. - 2000 e ½ anni fa con Boldi e De Sica è uno dei film più divertenti che abbia mai visto...

C'è qualcuno che sta riuscendo a leggere questo post?
Oh, cazzo!
(voto 7/10)

P.S. E comunque, sempre e comunque, scemo chi legge.


Consigliati o sconsigliati? I film da vedere e quelli da evitare

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Da qualche tempo sui miei canali social sto proponendo delle mini-recensioni. Dicendo i miei canali social qualcuno si può immaginare chissà che, invece non ho certo il seguito di Chiara Ferragni e sono più dalle parti di Emily in Paris. Sì, il primo giorno che arriva a Parigi. Se volete far salire il numero dei miei follower, e gustarvi i miei consigli e sconsigli cinematografici, ma non solo, potete seguirmi su Facebook, Instagram e Twitter.

In questo post ho raccolto alcuni dei film di cui ho già parlato, insieme ad alcuni altri commenti inediti e in esclusiva pubblicati solo su Pensieri Cannibali. Che esclusiva pazzesca, quasi meglio di Dagospia!


Consigliatissimo

Sto pensando di finirla qui

Genere: esistenzialista, ma a tratti sembra un horror
Ricorda: David Foster Wallace
Consigliato in particolare: a chi vuole un film che dopo la visione lo faccia pensare per un giorno, una settimana, un mese, senza comunque riuscire a capire tutto ciò che ha visto, fino ad arrivare a un pensiero conclusivo: “Stop pensando di finirla qui di pensare a questo film”.
(voto 8,5/10)



Consigliati

Chemical Hearts
"Chi l'ha scritto questo titolo assurdo sul nostro giornale della scuola? Vittorio Feltri?!?"

Genere: young adult indie romantico
Ricorda: Looking for Alaska
Consigliato in particolare: a chi cerca una storia adolescenziale in grado di svoltargli la giornata, e forse la vita intera.
(voto 7/10)


La dea fortuna

Genere: le coppie gay hanno gli stessi problemi delle coppie etero, ma sono più cool
Ricorda: Pedro Almodóvar, un po' come tutti i film di Ferzan Özpetek
Cose da sapere: Stefano Accorsi e Edoardo Leo fanno coppia e Stefano Accorsi è considerato quello brutto della coppia. A parte essere belli belli in modo assurdo, sono una coppia qualunque che vive un periodo di crisi. Quando una loro amica – Jasmine Trinca, brutta pure lei – gli lascia i suoi due figli perché deve ricoverarsi in ospedale per fare delle visite, i loro problemi rischiano di esplodere definitivamente. Resteranno insieme per il bene dei bambini? Perché nessuno pensa mai al bene dei poveri bambini? Peeerché?
Consigliato: a chi vuole un bel melodrammone dalle emozioni forti come solo Özpetek, anzi come solo Almodóvar e poi Özpetek sanno fare.
(voto 7/10)


Consigliati, ma non a tutti

Gli anni più belli

Genere: muccioso
Ricorda: La meglio gioventù
Cose da sapere:è anche noto per essere l'unico film uscito negli ultimi mesi per cui Pierfrancesco Favino non è stato premiato e non ha ricevuto manco mezza nomination al Festival del Cinema di San Marino. In effetti qui, oltre ad avere un personaggio odioso, convince di meno rispetto a Micaela Ramazzotti e Kim Rossi Stuart. E c'è pure Emma Marrone che se la cava mica male, chi l'avrebbe detto? Comunque la storia è quella di tre ragazzi e una ragazza e della loro amicizia che va dagli anni '80 fino a oggi. Raccontare una storia lungo un arco di 40 anni non è semplice, ma il tempo qui è gestito abbastanza bene.
Consigliato: a chi ama, o se non altro sopporta, il cinema di Gabriele Muccino, con tutti i suoi pregi e difetti annessi.
Sconsigliato: a chi pensa che Gabriele Muccino sia il Male.
(voto 6,5/10)

Sta partorendo o sta cantando un nuovo pezzo scritto da Kekko dei Modà per lei?
Lo scoprirete solo guardando il film.


Enola Holmes
"Tu non eri Superman? Come fai a essere anche Sherlock Holmes?"
"Non lo so, ma è il prossimo mistero su cui ho intenzione d'indagare."

Genere: baby light crime
Ricorda: Harry Potter
Cose da sapere: per essere una pellicola per bambinett... ehm, per giovani adulti non è male. C'è un po' di giallo, con mille casi di sparizioni in contemporanea, un pizzico di rosa, con un'accennata storiella d'amore, c'è l'ironia di Millie Bobby Brown nei panni dell'indipendente intraprendente Enola, l'odiosità di Sam Claflin nella parte di Mycroft e Henry Cavill che fa il figo nel ruolo di uno Sherlock più umano del solito.
Consigliato: a chi cerca un filmetto pre-adolescenziale con cui passare un paio di piacevoli ore. 
Sconsigliato: ai patiti hardcore di Sherlock Holmes e a chi odia i personaggi che guardano e parlano in macchina.
(voto 6+/10)

"Non è vero che parlo in macchina, non dite assurdità. Vi sembra che stia guidando?"



La babysitter - Killer Queen

Genere: comedy horror adolescenziale
Ricorda: Better Watch Out
Cose da sapere: Divertente e trash come gli horror anni '80, ironico e citazionista come gli horror anni '90, La babysitter - Killer Queen è il sequel de La babysitter, spassoso gioiellino del 2017 che poteva essere considerato un Mamma, ho perso l'aereo de paura. Ok, non è esaltante come il primo, ma è comunque un discreto spasso.
Consigliato in particolare: a chi, per quanto cresciuto, sogna ancora di avere la babysitter.
Sconsigliato: a chi cerca un film dove accadono cose spiegabili razionalmente.
(voto 6+/10)


Hubie Halloween

Genere: spaventoso
Ricorda: le altre commedie con Adam Sandler
Cose da sapere: dopo che la critica aveva esaltato la sua interpretazione in Diamanti grezzi, Adam Sandler aveva dichiarato: "Se non vinco l’Oscar, tornerò da voi e farò un film così brutto apposta, solo per vendicarmi". L'Oscar non l'ha vinto, non ha manco preso la nomination, e così ha mantenuto la sua promessa. Hubie Halloween è un film così volontariamente brutto, volgare, idiota, da finire per risultare clamorosamente divertente. Se in Italia abbiamo il cinepanettone, Adam Sandler ha cucinato una cinezucca per Halloween con tanto di scoregge, cadute e sfottò da bambini delle elementari. Roba che al confronto i film con Massimo Boldi finiscono per sembrare pretenziose opere d'autore per cinefili intellettualoidi.
Consigliato: a chi vuole ridere come uno scemo.
Sconsigliato: a chi non sopporta Adam Sandler.
(voto 6+/10)


All Together Now

Genere: teen drama molto drama
Ricorda: la serie Little Voice
Trama: Amber è una ragazza senzatetto orfana di padre che dorme con la madre su un autobus. Non avere una casa ok, ci può stare, ma questa ragazza non ha nemmeno un cellulare. Tragedia! Ha pure un cagnetto che vive nel suo zaino di scuola e che fa una pena infinita e a me i cani manco piacciono. E il peggio per lei deve ancora arrivare. Nonostante tutto ciò, guarda sempre al lato positivo della vita. Perché? Perché questo film è tratto da un altro romanzo di Matthew Quick, l'autore de Il lato positivo perché son vivo, perché son vivo.
Amber ha un sogno. A parte avere un iPhone 11, o anche solo un Nokia 3310. Amber sogna di avere un'opportunità nel mondo dello spettacolo. No, non ad Amici di Maria de Filippi e, nonostante il titolo del film, nemmeno in All Together Now. In una vera scuola di canto e recitazione. Ce la farà?
Consigliato: a chi vuole sentire una storia che un po' ti butta giù, e un po' ti tira su.
Sconsigliato: a chi al solo sentir parlare di teen drama fa scoppiare un drama.
(voto 6/10)


The Social Dilemma

Genere: (servizi) social
Ricorda: Michael Moore che decide di prendersela con Facebook e Instagram
Cose da sapere: documentario con un inserto fiction che riflette sui pericoli dei social di oggi. Quali pericoli? C'è chi ha lavorato in Facebook che sostiene che potrebbero portare a una nuova guerra civile, per dire. Ma niente panico!
Consigliato: a voi che passate troppo tempo sui social. Dopo questa visione potreste ridurne l'uso, ma non smettete di seguire Chiara Ferragni che dice cose furbe più spesso di quanto potreste immaginare. E non smettete di seguire manco me, che dico cose sceme più spesso di quantro potreste immaginare.
Sconsigliato: a Chiara Ferragni.
(voto 6/10)

"Seguire Pensieri Cannibali sui social o non seguirlo? Questo è il dilemma."



Get Duked!

Genere: Brit cazzaro
Ricorda: Selvaggi in fuga (Hunt for the Wilderpeople) + The Hunt
Cose da sapere: tre teppistelli e un angioletto vengono mandati nelle highlands scozzesi per partecipare al Duke of Edinburgh Award, una gara per orientarsi e trovare risorse in mezzo alla natura che ho scoperto esistere veramente. La loro missione da giovani marmotte si trasforma però in una specie di survival horror strafatto. Ne resterà soltanto uno? No, perché questo non è Highlander.
Consigliato: agli amanti delle comedy britanniche in stile Trilogia del Cornetto.
Sconsigliato: a chi cerca un film serio, anche solo vagamente, o con una trama elaborata, anche solo vagamente.
(voto 6/10)



Sconsigliati

Mulan

Genere: l'antica Cina secondo la Disney
Cose da sapere: noioso, prevedibile, già visto. È come il film animato, ma senza le disneyate divertenti, ed è girato in stile La tigre e il dragone, ma con 20 anni di ritardo e senz'anima, o meglio senza “qi”.
Consigliato: solo a chi ha € 21.99 da buttare nel cesso.
Sconsigliato: a tutti gli altri.
(voto 4/10)


Endless

Genere: teen spirit
Ricorda: Ghost - Fantasma. Più che un suo reboot ufficiale, è una sua maldestra copia in versione young adult da cui sono state asportate le parti thriller e comedy.
Cose da sapere: l'unica cosa che si salva è la protagonista femminile, Alexandra Shipp, che porta l'intero peso della pellicola sulle sue spalle. Male invece il protagonista maschile, Nicholas Hamilton, troppo acerbo e inconsistente già di suo, se poi lo confrontiamo con Patrick Swayze non ne esce vivo, è proprio il caso di dirlo.
Consigliato: il recupero di Ghost - Fantasma. Nel caso in cui lo spirito di qualche teenager innamorato vi faccia visita, si consiglia invece di chiamare i Ghostbusters.
(voto 4,5/10)

"Dici che Patrick Swayze sarebbe fiero della mia interpretazione?"
"Dici sul serio?"


Le strade del male
"Baciami, Bella Swan."
"Ma non mi chiamo Bella Swan."

Genere: andato a male
Ricorda: un film brutto che sembra un film bello
Cose da sapere:è uno dei più grandi sprechi di cast della storia del cinema recente. Tom Holland, Robert Pattinson, Eliza Scanlen, Mia Wasikowska, Riley Keough, Haley Bennett, Bill Skarsgård, Jason Clarke e Sebastian Stan. Loro se la cavano anche tutti bene, a parte Sebastian Stan che in versione sceriffo fa ridere i polli, nonostante il migliore sia il meno conosciuto, Harry Melling, che qualcuno ricorderà come Dudley Dursley, il cugino babbano di Harry Potter.

"Che razza di incantesimo mi hai fatto questa volta, Harry Potter?"

A non convincere è il modo di raccontare una storia con troppi personaggi e che si sviluppa lungo un periodo troppo lungo. Il tempo viene gestito male come nei peggiori episodi di Game of Thrones e la onnipresente voce fuori campo di Donald Ray Pollock, l'autore del libro da cui il film è tratto, cerca di compensare quello che le immagini avrebbero dovuto fare da sole, senza successo: narrare ed emozionare.
Consigliato: a chi non si annoia facilmente
(voto 5/10)




Richard Jewell: chi trova un pacco sospetto non sempre trova un tesoro

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Richard Jewell
Regia: Clint Eastwood
Cast: Paul Walter Hauser, Kathy Bates, Jon Hamm, Olivia Wilde, Sam Rockwell


Questo post è tratto da una storia vera. La storia vera di un vero eroe. Non un eroe americano come quelli di Clint Eastwood. Un eroe italiano. Uno che dei film di Clint Eastwood non è mai stato un grande fan, ma che continua a vederli e, in qualche modo, ad apprezzarli. Anche se non capirà mai quelli che li definiscono Capolavori. Sono lavori molto classici, tradizionali. Sarà proprio per questo che in tanti li adorano. Io invece no, perché sì, l'eroe di cui si parla oggi sono io. È come con la musica country. La rispetto. Ogni tanto la ascolto. Difficilmente però vado fuori di testa per un disco country. Sarà perché è qualcosa di troppo... classico, di troppo... tradizionale per i miei gusti. Come il cinema di Clint Eastwood.

"Sento che sto per incazzarmi come una bestia con questo sito."

Non che io pretenda effetti speciali o chissà cosa. Io odio gli effetti speciali e i chissà cosa inseriti in un film per supplire alle mancanze di idee in sceneggiatura. Per entusiasmarmi per davvero ho però bisogno di qualcosa di differente. Di un minimo di sperimentazione. Di una voglia anche di esagerare, di provocare gratuitamente, come fa Lars von Trier. Di lasciarsi andare al puro vanto delle proprie abilità cinematografiche, come fanno Paolo Sorrentino, Nicolas Winding Refn, Terrence Malick o Alejandro González Iñárritu. Rischiando di risultare troppo autoreferenziali, sbruffoni, di fare cinema per compiacere il proprio ego. Rischio che in alcuni casi si è trasformato in realtà, non lo nego.

"Autoreferenziale la grande bellezza del mio cinema? Ma quando mai?"


Le pellicole di Clint Eastwood non corrono questo rischio. Forse giusto Hereafter, il suo film più shyamalaniano e anche quello più coraggioso, sebbene tutt'altro che riuscito in pieno, nel voler cercare di fare qualcosa di diverso dal suo solito.

"Siamo sicuri che in realtà Hereafter non l'abbia girato M. Night Shyamalan?"

"Questo è il mio commento in proposito."

Il suo solito invece, soprattutto negli ultimi anni, è diventato il film sull'eroe americano. No, non stiamo parlando di cinecomics. Stiamo parlando di storie vere. Di eroi quotidiani. Rigorosamente a stelle e strisce. Fatta eccezione per Lettere da Iwo Jima, che raccontava la Seconda Guerra Mondiale dal punto di vista dei soldati giapponesi ma, insomma, quel film chi l'ha visto? Credo giusto i fan hardcore del regista, e poi ancora.

Si può dire che quelli da lui raccontati non sempre sono eroi senza macchia, ma d'altra parte questa è una caratteristica comune anche ai supereroi dei fumetti e dei cinecomics, sempre più spesso e volentieri ritratti anche con i loro aspetti più dark e oscuri. Qualcuno ha nominato Il cavaliere oscuro?


Più in generale, Clint Eastwood con i suoi lavori più recenti ha sviscerato in lungo e in largo il concetto di eroismo. Da quello (presunto) dello sparatore seriale American Sniper, al capitano coraggioso (non si parla certo di Salvini) Sully, passando per gli sventatori di attentati terrostici di Ore 15:17 - Attacco al treno. Fino ad arrivare al nuovo Richard Jewell, la storia vera di Richard Jewell. Sì, ma chi è Richard Jewell?

"Lui è Richard Jewell."

"Veramente giuro di essere io il vero Richard Jewell."


Richard Jewell è un addetto alla sicurezza che ha segnalato un pacco sospetto, rivelatosi poi un pacco bomba, nel corso di un concerto durante le Olimpiadi di Atlanta 1996. Cosa che lo fa diventare il sospettato numero uno di averlo messo, quel pacco bomba. Morale della fiaba?
Mai segnalare un pacco sospetto.


Forse la morale è solo questa. O forse Clint Eastwood vuole dirci anche altro?
Forse vuole parlarci di come i processi mediatici possano far male. Far esplodere delle vite, come e più di un pacco bomba. Di come la giustizia non sempre sia giusta. Di come persino l'FBI, la rinomata agenzia governativa di polizia federale dei grandi Stati Uniti d'America, possa prendere un granchio. Di come i veri eroi possano essere quelli più inaspettati. Come questo. Un eroe sui generis nei cui poco muscolosi e mascherati panni troviamo Paul Walter Hauser, già caratterista d'applausi in Tonya e BlacKkKlansman.


Resta invece un po' fuori fuoco il contorno del periodo. Gli anni '90. Scene del record di Michael Johnson e della Macarena, che Jon Hamm giustamente si rifiuta di ballare, a parte. Mancano quei dettagli sulla pop culture dell'epoca che invece emergevano con prepotenza in American Crime Story: Il caso O.J. Simpson, miniserie che trattava una storia di cronaca ai limiti dell'incredibile simile, così come un analogo processo mediatico, sebbene con due protagonisti del tutto differenti. Fai un film ambientato negli anni '90 e dentro non ci metti manco una canzone grunge o un pezzo di Gigi D'Agostino? Stai scherzando, Clint?
 
"Manco una parola su di me? Stai scherzando, Cannibal Kid?"
 
La vicenda comunque coinvolge, appassiona, e fa avvicinare e voler bene a questo eroe strano. A me personalmente resta comunque l'impressione che, come al solito, Clint Eastwood ha raccontato una storia cronachistica, da articolo di giornale che fa venire voglia di essere letto fino in fondo, in maniera diligente e impeccabile, assolutamente sì, senza però guizzi particolari, o colpi di genio. Per me quindi un film valido, ma nulla di particolarmente eroico. Per qualcuno invece l'ennesimo capolavoro di un eroe del cinema. Chi ha ragione?

Non per forza qualcuno deve avere ragione. D'altra parte, come proprio molti film eastwoodiani suggeriscono, il concetto di eroismo è personale e mutevole assai. Così come anche la giustizia.
(voto 6/10)



Serial Killer: le serie perfettamente splendide e quelle meno di ottobre 2020

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It ain't over til it's over. Non è finita finché non è finita e al termine di questo non proprio perfettamente splendido 2020 mancano ancora un paio di mesi. Un anno a dir poco complicato, che però per le serie TV non si sta rivelando malaccio. Tipo quelle delle ultime settimane, alcune davvero intriganti. Ecco le migliori, e pure le peggiori, del mese secondo Pensieri Cannibali.

 
Serie Top del mese

The Haunting of Bly Manor

Ci sono le serie belle e quelle che ti arrivano al cuore. A volte le due cose coincidono, altre no. Per quanto mi riguarda, The Haunting of Bly Manor rientra di sicuro nella seconda categoria. Se può essere considerata anche nella prima non lo so, mi è troppo difficile giudicarla razionalmente. La prima stagione, The Haunting of Hill House, era stata folgorante. Non sono un fan delle storie sulle case infestate, è un tema parecchio abusato, eppure Hill House riusciva a reinventare il sottogenere in maniera personale, raccontando la storia di una famiglia, più che una ghost story.

Bly Manor reinventa di nuovo questo tipo di storia, trasformandola in una love story. O meglio in una doppia love story, doppiamente splendida. Anzi, perfettamente splendida, per dirla con la fastidiosa bambina della serie. La cui interprete, tanto per la cronaca, è colei che doppia Peppa Pig nella versione originale.


The Haunting of Bly Manor prende come ispirazione Il giro di vite di Henry James, che già aveva liberamente ispirato The Others, l'horror che più mi aveva commosso. Almeno finora. Con Bly Manor si va ancora oltre. Si va oltre The Others e si va oltre pure Hill House, il cui grande punto debole era stato il finale. Un problema che certo questa volta non si presenta. Il problema è semmai stabilire se il finale di The Haunting of Bly Manor sia o meno il finale più bello di tutti i tempi. Di una serie, e non solo.

Sì, ma questa stagione è meno inquietante della preceden...



E vogliamo parlare poi della grandiosità dell'ottavo episodio, quello in bianco e nero?



La regina degli scacchi
(stagione 1, episodi 1-2)

Quando ho letto il titolo, pensavo fosse una metafora o qualcosa di simbolico. Tipo "Poker Face" di Lady Gaga. Non è che sia proprio una canzone sul giuoco del Poker. La regina degli scacchi invece parla proprio di scacchi. Di una tipa che è così fenomenale a giocare a scacchi da poter essere definita una regina. Scemo io a pensare che potesse trattare di qualcos'altro. Superato lo "shock" di questa scoperta sorprendente, dopo aver visto i primi due episodi devo ammettere che questa serie interpretata dalla nuova regina della recitazione, Anya Taylor-Joy, è riuscita a farmi appassionare agli scacchi, cosa che non ritenevo possibile. Sono quindi molto curioso di proseguire nella visione, per vedere se riuscirà ad arrivare allo scacco matto.

"Sì, belli gli scacchi, però adesso mi sa che mi faccio una partita a Fortnite."

Un momento della prima puntata, dove la giovane protagonista è impegnata in più partite contemporaneamente, mi ha ricordato questa scena de I Simpson. Diciamo però, e scusate per lo spoiler, che lei a giocare è un pochino più brava di Bart.



Grand Army
(stagione 1)

Se da una serie intitolata La regina degli scacchi non mi aspettavo una serie sugli scacchi, da una serie intitolata Grand Army, letteralmente "grande esercito", mi attendevo invece una serie che facesse fede al suo titolo. Qualcosa di bellico e militare. Infatti stavo già per scartarla. Invece no. A sorpresa, Grand Army è una serie adolescenziale. Un teen drama classico, senza vampiri, licantropi o zombie. Un teen drama duro, forte, che tratta tematiche pesanti, dal terrorismo alla violenza sessuale. Il titolo è dovuto al fatto che i protagonisti sono un gruppo di ragazzi di una scuola pubblica di Brooklyn che si chiama Grand Army High School.

Come in ogni buon teen drama che si rispetti, la maggior parte dei personaggi non sono proprio adorabili. Si comportano in maniera discutibile e tu vorresti solo dir loro: "No, fermati! Ma cosa fai?". Siamo dalle parti di Tredici - 13 Reasons Why ed Euphoria, anche se il modello di riferimento principale sembra essere l'avantissimo nei tempi My So-Called Life, la serie cult anni '90 con Claire Danes e Jared Leto. Agli appassionati del genere consiglio di dare un'occhiata. Il binge-watching è assicurato. Gli altri forse è meglio che si astengano.

"Un saluto ai detrattori delle serie teen."


South Park - The Pandemic Special

Il mondo attuale in cui viviamo sembra un incrocio tra un episodio di Black Mirror e uno di South Park. Era quindi difficile per gli autori di quest'ultimo show, Matt Stone e Trey Parker, trovare un modo per raccontare la pandemia in maniera originale, eppure ci sono riusciti. E Cartman in questo episodio speciale ci regala l'inno definitivo del distanziamento sociale.

 



Serie Flop del mese

Filthy Rich
(stagione 1, episodi 1-2)

Una volta finita la visione di Emily in Paris, che pure i suoi più grandi critici si sono pappati in pochi giorni per non dire poche ore, ero alla ricerca di un nuovo guilty pleasure trash. Ho provato ad andare sul sicuro con Filthy Rich, una serie o meglio una soap con Kim Cattrall di Sex and the City incentrata su una famiglia che gestisce una rete televisiva cristiana. Per essere trash è trash, non c'è niente da dire, pure troppo. Manca però il divertimento, il piacere di divorare un episodio dietro l'altro. Filthy Rich si può tradurre con "ricco da far schifo", ma per adesso la serie fa schifo e basta.

"Ce la farò a essere più trash di Barbara D'Urso?"


Ted Lasso
(stagione 1, episodio 1)

Un coach di football americano che viene chiamato in Inghilterra ad allenare una squadra di calcio?
Uno spunto talmente improbabile da essere divertente. Sulla carta. Nella pratica, la serie Ted Lasso non è che sia così esilarante. Sarà che il protagonista Jason Sudeikis per me è un po' come una versione americana di Enrico Brignano. Entrambi si sforzano in tutti i modi di essere divertenti ma, almeno con me, senza successo.

"Cacciate subito Cannibal Kid dalla mia conferenza stampa.
No, non sto scherzando."



Guilty Pleasure del mese
Emily in Paris

Il 2020 diventa sempre più strano. Il film più discusso dell'anno non è tanto Tenet, quanto una commedia vanziniana come Lockdown all'italiana. Non avendolo visto, sospendo il giudizio. Decisamente divisivo anche Hubie Halloween, un filmetto leggero con Adam Sandler. C'è persino chi mi ha rimosso dalle amicizie di Facebook perché ho osato parlarne bene. La serie più controversa dell'anno? Quella che in teoria dovrebbe essere un innocuo guilty pleasure, Emily in Paris.

Emily in Paris è la storia di una ragazza statunitense che si trasferisce a Parigi per lavoro, in una compagnia di marketing. Inoltre, rapidamente diventa un'influencer popolare grazie al suo profilo Instagram @emilyinparis in cui illustra per immagini la sua vita parigina. Una romcom lavorativa a puntate, a metà strada tra Il diavolo veste Prada e Gossip Girl. Una visione disimpegnata da servire fresca come una bottiglia di champagne che segna il ritorno di un maestro del genere, Darren Star, l'autore di Beverly Hills 90210, Melrose Place, Sex and the City e più di recente anche Younger. Una serie in apparenza così leggera e spensierata ha però creato un autentico polverone. Proprio così. Emily ha fatto incazzare i francesi quasi quanto Marco Materazzi durante la finale dei Mondiali del 2006. Il motivo?

Emily in Paris è un campionario di cliché assortiti sui francesi. Alcuni per altro inventati di sana pianta, come il fatto che la mattina vadano a lavorare tardi. In questo caso gli americani devono aver fatto confusione con gli stereotipi su italiani e spagnoli, d'altra parte per loro noi europei siamo tutti uguali. E questa è una visione stereotipata degli americani, me ne rendo conto. D'altra parte, chi di stereotipo ferisce, di stereotipo perisce.

"In questa scena non abbiamo messo manco una baguette. Sarà per questo che ci criticano?"

I critici francesi si sono così divertiti a demolire questa serie, e la cosa è anche comprensibile e condivisibile. Bisogna però rendersi conto che questo non è un documentario sulla vita nell'attuale parigi cosmopolita delle banlieue o una pellicola neorealista. Lucas Bravo, il figo della serie, ha replicato in maniera molto intelligente alle critiche nei confronti della serie, demolendo così lo stereotipo del bello bello senza cervello. L'attore francese ha dichiarato: “Penso abbiano ragione, in un certo senso. Abbiamo portato in scena cliché vari e una sola visione di Parigi. Parigi è una delle città più variegate al mondo. Abbiamo così tanti modi di pensare, così tante nazionalità diverse e così tanti quartieri. A un certo punto, se vuoi raccontare una storia su Parigi, devi scegliere una prospettiva. Devi scegliere una visione. La critica francese non ha capito che si tratta di una sola visione. Hanno detto: 'Oh, Parigi non è così.' Certamente. Parigi è molte cose”.

"Che peccato. Io speravo di essere considerato un bello bello senza cervello."

E dopo il bello e bravo Lucas Bravo ha detto tutto quello che andava detto sulla questione, io mi limito ad aggiungere soltanto un'altra cosa: j'adore Lily Collins.

"Cliché???
Non so di cosa state parlando. Letteralmente. Io non so il francese."



Cotta del mese
Victoria Pedretti e Amelia Eve (The Haunting of Bly Manor)

Come si fa a non amare loro due?
Amelia Eve e Victoria Pedretti. O, come preferisco chiamarla io, Victoria Foppapedretti. 



Performers of the Month
Antony Starr e Aya Cash (The Boys)

La seconda stagione di The Boys è stata figa e perfida e tutto, però non mi ha convinto in pieno. Troppo discontinua, con scene notevoli alternate a tanti giri a vuoto. Un applauso particolare va comunque fatto soprattutto ai due supercattivoni, interpretati da un Antony Starr sempre più pazzesco e da Aya Cash che arriva dalla serie comedy You're the Worst e pure qua si è confermata essere the worst. Quindi come villain è the best.

"Tu hai capito cosa voleva dire Cannibal Kid?"
"No, ma io ormai ho rinunciato da un pezzo a cercare di comprenderlo."


Episodio del mese
Right Here Right Now #4, S01E04 (We Are Who We Are)

L'episodio del matrimonio improvvisato di We Are Who We Are, il quarto della stagione. Un piccolo grande capolavoro. Se Stanley Kubrick avesse diretto una serie adolescenziale americana ambientata in Italia, il risultato non credo sarebbe stato troppo diverso. Invece l'ha girata Luca Guadagnino, e dentro c'ha messo pure una scena delirante sulle note dei CCCP - Fedeli alla linea e un bestemmione in Veneto. Cosa volere di più?




La musica di ottobre 2020: top, flop e così così del mese

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Pronti per fare un po' di casino?
Ho detto: "Pronti per fare un po' di casino?"

No, eh? Non siete dell'umore?

Ok, capisco. Allora sentiamo un po' di musica uscita nelle ultime settimane in silenzio e discrezione. Se poi durante la lettura del post vi viene voglia di alzare il volume delle vostre casse, fate pure.


Flop del mese

5. Fleet Foxes

I Fleet Foxes sono un gruppo che fa parte di quell'ondata di indie folk che qualche anno fa era di moda e io non ho mai capito il perché. Adesso quella moda, per fortuna, è scemata, però c'è ancora chi come Pitchfork grida al capolavoro ogni volta che i Fleet Foxes pubblicano un nuovo disco, come il loro ultimo "Shore". Un giorno magari riuscirò a entrare nel loro mondo sonoro e mi conquisteranno. Per ora continuano soltanto a farmi sbadigliare.

 

4. Shawn Mendes

Shawn Mendes sarebbe anche un cantautore di discreto talento. Se solo non cantasse ogni parola dei suoi brani come se avesse un orgasmo.

 


3. Francesco Bianconi

Io adoro i Baustelle. O almeno adoro il loro lato più pop, lo ammetto. Francesco Bianconi alle prese con il suo esordio solista super cantautorale e super elitario invece non riesco proprio a sentirlo. Noia a pacchi. Interessanti i testi, buone le intenzioni, ma come imitatore di Fabrizio De André basta e avanza il figlio Cristiano, grazie.

 


2. Sfera Ebbasta

Qualcuno l'ha già definito il pezzo che segna la morte della musica trap. Cosa che sempre per qualcuno potrebbe non rappresentare nemmeno una brutta notizia. Il nuovo singolo di Sfera Ebbasta "Bottiglie privè"è una sanremata pseudo strappalacrime fatta con l'auto-tune. Va bene voler fare il salto definitivo nel mainstream e diventare ancora più Famoso di quanto non sia già, ma questa come commercialata è persino troppo spudorata, beccati 'sta rima baciata, mentre la tua canzone è bocciata!

 

1. Laura Pausini

Ho sentito che con il suo ultimo singolo "Io sì (Seen)", contenuto nella colonna sonora del nuovo film con Sophia Loren, La vita davanti a sé, Laura Pausini punta a vincere l'Oscar. Tremo al solo pensiero. Se ciò dovesse accadere, sarebbe la decisione più scandalosa nella storia dell'Academy. Ancora peggio di Forrest Gump che batte Pulp Fiction, o Edward Norton sconfitto da Roberto Benigni.

 



Così così del mese

2. Gorillaz

Avete già gustato la nuova stagione dei Gorillaz?
No, non ho sbagliato a scrivere. Più che un album vero e proprio, i Gorillaz hanno pubblicato la prima stagione di una serie divisa in episodi, che infatti è intitolata "Song Machine, Season One: Strange Timez". Idea figa e sempre avanti, com'è nel loro stile, dove in ogni puntata compaiono delle guest star diverse. L'unico problema è che come lavoro preso nel suo complesso appare troppo discontinuo e quindi è una playlist che si finisce per "skippare" tra un pezzo e l'altro. Per quanto mi riguarda, promossi gli episodi con St. Vincent, Beck, Peter Hook dei New Order, ScHoolboy Q, Fatoumata Diawara, Kano e Roxani Arias, slowthai e Slaves ("Momentary Bliss"è il mio preferito), bocciati quelli con Robert Smith dei Cure, Leee John, Octavian, EARTHGANG, Joan As Police Woman e quello con Elton John, che all'interno dell'ultimo album di Lady Gaga faceva un figurone, mentre qua dentro, pur nella varietà della proposta, c'entra quanto i cavoli a merenda.

 


1. Ariana Grande

Ariana Grande è stata presa dalla sindrome di Woody Allen. No, non la passione per le ragazze giovani. Mi riferisco all'obbligo di dover far uscire per forza un suo lavoro ogni anno, almeno prima che il movimento Me Too non lo travolgesse. "Positions"è il terzo album di Ariana Grande in tre anni e sinceramente non appare così necessario. Forse era meglio se ci pensava ancora su un po' prima di dare alle stampe un nuovo disco. Per quanto deludente e ricco di riempitivi, il disco non è comunque del tutto da buttare e rivela alcuni, seppure pochi, highlights. Come la title track. "Positions"è una canzone di puttanpop impeccabile, giocata su doppisensi sessuali e con arrangiamenti che ricordano il migliore Justin Timberlake. In più nel video della canzone Ariana Grande in tre minuti si dimostra una Presidente degli Stati Uniti più credibile di Donald Trump in quattro anni alla Casa Bianca.

 

Top del mese

7. Bruce Springsteen

No, ma a me Bruce Springsteen non piace. Non è proprio il mio genere. Vade retro. Poi metto su il suo nuovo disco, "Letter to You", e dopo 30 secondi di ascolto della traccia d'apertura, la straziante "One Minute You're Here", finisco in lacrime o quasi e tutte le mie certezze vacillano. L'album non è che mi faccia questo effetto dall'inizio alla fine, ma nel complesso non è niente male, supera le aspettative e vince i miei pregiudizi. Bravo Boss, questa volta m'hai fregato, però non farci l'abitudine.

 


6. Lana Del Rey

Lana Del Rey ormai è una garanzia. Può anche mettersi a cantare l'elenco telefonico, con me ha vinto già in partenza. Il nuovo singolo "Let Me Love You Like a Woman"è un pezzo del tutto nel suo stile, senza shock o innovazioni, ma per ingannare l'attesa in attesa del suo prossimo album, in arrivo prossimamente, è perfetto così.

 


5. Black Foxxes

Se cercate un disco rock avvolgente, potente, psichedelico e fuori moda, con il nuovo omonimo album degli inglesi Black Foxxes potete andare sul sicuro. Cercatelo.

 


4. Nothing but Thieves

Se avete tra i 14 e i 20 anni, i Nothing but Thieves potrebbero cambiarvi la vita. Così come i Muse, i Killers, o gli U2 dei primi tempi se siete cresciuti in epoche precedenti. Hanno un cantante che c'ha una voce che a tratti ricorda Jeff Buckley e un suono rock epico da cui è difficile non restare travolti, in particolare dai singoli "Real Love Song" e "Impossible". Un giorno probabilmente saranno loro a venire travolti dalla "megalomania" come i Muse. Per adesso possiedono ancora un'invidiabile innocenza e purezza, tipica di quei gruppi che sono sul punto di sfondare ma ancora non l'hanno fatto.

 


3. Sunflower Bean

Brutta giornata?
Brutto mese?
Brutto anno?
Questa canzone luminosa come un raggio di sole vi farà tornare la speranza e forse anche il sorriso.



2. Beabadoobee

Ve lo avevo anticipato lo scorso mese. Beabadoobee è l'artista che negli anni '90 manco era nata che dovete assolutamente ascoltare se rimpiangete le sonorità alternative rock degli anni '90. Questo mese è uscito il suo album d'esordio "Fake It Flowers" e non ha deluso le aspettative. Suona più 90s degli Smashing Pumpkins che fanno all'amore con i Garbage e a un certo punto arriva pure Courtney Love.

 


1. Royal Blood

La bomba rock del mese, forse dell'anno: "Trouble's Coming" dei Royal Blood. Boom.

 



Guilty Pleasure del mese
Emma

Emma Marrone ha una bella voce e tutto, però le sue canzoni non mi hanno mai convinto. La colpa non era sua. Era di chi le scriveva. Adesso che sembra aver smesso, almeno per il momento, di rivolgersi a professionisti in urla e versi come Kekko dei Modà e Vasco Rossi e si è affidata a Calcutta e Dardust, con "Latina" Emma è finalmente l'interprete di una hit radiofonica piacevole. "Sono solo una canzone", niente di più, niente di meno, e questa volta per fortuna nemmeno niente urla.

 

Cotta del mese
Katie Melua

Nel 2005 Katie Melua conquistava le classifiche con la canzone "Nine Million Bicycles" e le sue sonorità pop-jazz vicine a quella di Norah Jones. Quindici anni dopo i riflettori su di lei si sono abbassati, ma lei continua ad affascinare. Con il suo nuovo raffinato ottavo album, intitolato proprio "Album no. 8", e con il suo bel faccino.

 


Serial Music
We Are Who We Are

Se avete visto la serie di Luca Guadagnino We Are Who We Are, e se non l'avete fatto vi consiglio di recuperare, non vi sarà sfuggita la presenza di Dev Hynes. E' il cantante che si esibisce in concerto a Bologna nell'ottavo e ultimo episodio. Ha iniziato la sua carriera con lo pseudonimo di Lightspeed Champion, dietro al quale ha pubblicato un paio di indie dischi niente male, e ora è meglio conosciuto come Blood Orange, nome con cui ha realizzato diversi validi dischi di personale R&B alternativo. Si sta inoltre specializzando sempre più in colonne sonore. Di recente ha firmato le musiche originali dei film Queen & Slim e Mainstream e appunto di We Are Who We Are. Se ancora non lo conoscete, potrebbe diventare il vostro nuovo artista preferito. Proprio come per i due protagonisti della serie.

 




Scoprendo Connery

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Scoprendo Forrester
Titolo originale: Finding Forrester
Regia: Gus Van Sant
Cast: Sean Connery, Rob Brown, Anna Paquin, Michael Pitt, Busta Rhymes, F. Murray Abraham, Matt Damon

Genere: storia di formazione
 
Ricorda: Wonder Boys
 
Cose da sapere: Il film con Sean Connery cui sono più affezionato non è uno dei suoi più celebri o celebrati, ed è un peccato. In Scoprendo Forrester l'attore premio Oscar per The Untouchables - Gli intoccabili ha la parte di William Forrester, uno scrittore che fin dal cognome evoca Salinger e che, dopo il grande successo del suo acclamato romanzo capolavoro d’esordio, si è ritirato a vita privata ed è sparito nel nulla. La sua quieta esistenza viene sconvolta dalla dirompente conoscenza di un ragazzo di colore diviso tra la passione per il basket e quella per la scrittura. Un incontro/scontro tra generazioni e personalità differenti che farà scintille.
 
 
Scoprendo Forrester è una pellicola esistenziale diretta da Gus Van Sant in modalità Will Hunting, di quelle che sanno regalare una grande ispirazione e sanno riempire gli occhi come il cuore. Un bel modo per ricordare un attore che sì, è stato anche il primo e più celebre James Bond – Daniel Craig chi??? – ma non solo quello. Cercatelo, scopritelo, amatelo.
 
Consigliato: in particolare a scrittori, aspiranti scrittori o semplici scribacchini.
(voto 7,5/10)
 
 
 
 

Me chiamo Francesco Totti

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Mi chiamo Francesco Totti
Regia: Alex Infascelli
Cast: Francesco Totti & friends

Buongiorno, buongiorno, io sono Francesco. Francesco Totti. Avete presente?
Certo che sì. Tutti conoscono Totti, ma non tutti conoscono Francesco. Il ragazzo timido che con il pallone si trasforma in una superstar. Per questo Alex Infascelli ha deciso di fare un documentario su di me. Che io pensavo che i documentari li facevano solo sugli animali e cose così tipo National Geographic o quei canali che metto su per prender sonno e invece no.


Mi chiamo Francesco Totti è un racconto intimo e delicato e... ma che sto a dì?
Sì, è anche queste cose, ma è anche e soprattutto un modo per rivivere una vita spettacolare, piena di eventi goduriosi. Tipo lo scudetto della Maggica. Una cosa pazzesca. Se la Juve vince lo scudetto, lo juventino fa: "Boja fauss, ne abbiamo preso un altro, neh? Bene" e poi va a dormì. Noi invece siamo andati avanti a festeggiare per una settimana. Manco in Brasile se son mai viste scene del genere.


Certo, se siete della Lazio, mannaggia a voi, rosicherete un casino, però per par condicio c'abbiamo messo dentro anche il vostro scudetto demmerda. Ne parlo per circa 3 secondi, ma c'è anche quello. E poi c'è la vittoria dei Mondiali nel 2006. Oh, quella ha fatto felici tutti. A parte Zidane, che secondo me sta ancora a rosicà adesso, tipo Ultimo a Sanremo o Trump quest'ultimo weekend.


E poi c'è anche Ilary. Quanto era bella Ilary quando faceva la Letterina a Passaparola?
Non che adesso sia un cesso, aò, non andateglielo a dire, però quanto era fregna allora?


E poi c'è spazio anche per alcuni personaggi "minori", che per me sono stati maggiori, come il mio preparatore atletico Vito Scala. Un Oscar come miglior non protagonista per me lui se lo merita e se non glielo danno, li mortacci loro!


Se invece vi state chiedendo chi se merita l'Oscar di miglior protagonista, daje, anche voi, che domande fate?

Qualcuno, tipo i soliti laziali mai contenti de niente, potrà dire che questo lavoro è un po' troppo autocelebrativo. Un po' troppo egoriferito, qualunque cosa questa parola significhi. Roba che al confronto Chiara Ferragni Unpostedè un ritratto obiettivo e imparziale.

Qualcuno avrà anche qualche dubbio sulla questione Spalletti. Perché la prima volta che mi ha allenato era un mio amicone e poi la seconda volta si è trasformato nel Thanos della situazione? Vorrei saperlo anch'io. Diciamo che questo è l'elemento thriller che rimane senza una spiegazione. Certo, avremmo potuto intervistarlo per presentare anche la sua versione dei fatti, solo che il filme si chiama Mi chiamo Francesco Totti non Mi chiamo Luciano Spalletti. Magari ci possono fare uno spin-off su di lui, se può interessare a qualcuno una cosa del genere e c'ho i miei dubbi.


Uno spin-off su er cucchiaio, che qua mi rendo conto c'ha troppo poco spazio, quello sì che potrebbe interessare un sacco di gente.


C'è inoltre chi non ha gradito molto la colonna sonora e qua faccio nomi e cognomi: Cannibal Kid. Me cojoni! Ho mica detto Aldo Grasso o il direttore della Gazza. M'ha telefonato e m'ha confessato che il mio film gli è piaciuto, l'ha fatto sospirare per i tanti ricordi del passato, a tratti l'ha divertito e a tratti l'ha commosso o quasi. Però ha avuto da ridire appunto sulla colonna sonora. A parte "Children" di Robert Miles. La "doppietta" finale per lui è stata una mazzata come quando Spalletti per umiliarmi mi ha messo dentro a due minuti dalla fine contro il Toro e io in due minuti ho fatto due gol, ho fatto. Cannibal Kid ha detto che il montaggio del pubblico al mio addio al calcio sulle note di Baglioni era una cosa degna di un servizio del TG2, non di un filme di Alex Infascelli, uno che ha lavorato al Live at the Paramount dei Nirvana e diretto video di Verdena e Cocteau Twins che io manco so chi sono. Sui titoli di coda arrivano invece le note di "Gioca Jouer" di Claudio Cecchetto, che Cannibal considera una delle peggiori canzoni di sempre e a me invece fa sempre venire voglia di ballare. Stacce Cannibal.

"Quello è Cannibal Kid. Mo je meno."

Qualcun altro ancora ha detto che questo film rappresenta una specie di flusso di coscienza autoanalitico, ma io non so proprio di cosa stanno a parlà. So solo che se volete sentire la storia di un grande uomo, anzi di un monumento de Roma, da qua non se scappa.
(voto 7/10)

"Ah Francè, questo è il copione del nostro film."
"E chi è che ce l'ha copiato? Scommetto che è stato uno della Lazio."



C'era una volta il cinema: i film del momento visti in streaming, e dove se no?

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C’era una volta il cinema. Inteso come sala cinematografica. Come luogo di sogno collettivo. Sembrano passati secoli, invece sono solo poche settimane che le sale in Italia hanno (ri)chiuso. Giusto una manciata di DPCM fa.

C’era una volta il cinema, e c’è ancora. In streaming, in TV, sul PC, persino sullo smart phone – ma non ditelo a Scorsese – o dove preferite. Tranne che in sala, per adesso. E ci sono pure i commenti ai film. Non all’uscita dalla sala, ma sui social e pure qui su Pensieri Cannibali. Ecco le mie impressioni su alcune delle pellicole più popolari e discusse delle ultime settimane.



Borat - Seguito di film cinema

Genere: satirico, ma satirico vero, non come Striscia la notizia
Ricorda: South Park
Cose da sapere: Sacha Baron Cohen è tornato a vestire i panni del cantante dei System of a Down... ah no, scusate, me li confondo sempre.


Sacha Baron Cohen è tornato a vestire i panni di Borat, il giornalista kazako più famoso famigerato del mondo, a distanza di 14 anni dal primo film. Tutto uguale, tutto già visto? No, perché il mondo è cambiato parecchio negli ultimi 14 anni, e soprattutto negli ultimi mesi, e perché questa volta Borat non è da solo. Il valore aggiunto di questo Seguito di film cinema si chiama Maria Bakalova, attrice bulgara 24enne che in curriculum vanta una piccola apparizione in Gomorra - La serie e che appena uscita dalla scuola di cinema si è trovata scaraventata in giro per gli Usa in compagnia di quel pazzo di Sacha Baron Cohen. Prova superata alla grande. Grazie al suo personaggio, quello della figlia minorenne di Borat, la satira proposta può affrontare una maggiore varietà di tematiche oltre alla politica, comunque presente, come l’aborto, la chirurgia plastica e le molestie.


Un sequel a cui per forza di cose manca l’effetto sorpresa, ma che guadagna in profondità e persino in emozione e che è una fotografia perfetta di un paese più arretrato del Kazakistan, l’America trumpiana che speriamo di esserci lasciati alle spalle.
Consigliato: nonostante a vedere lo spot pubblicitario sembri un film per idioti. In realtà è un film che, senza prendersi sul serio, si prende gioco degli idioti.
(voto 7/10)

Sacha Baron Cohen nei panni di Francesco Mandelli nei panni di Ruggero De Ceglie nei panni di Donald Trump



La vita davanti a sé

Genere: boy meets grandma
Ricorda: Gran Torino
Cose da sapere: onestamente, mi aspettavo molto peggio. Immaginavo un film buonista e ruffiano costruito unicamente per portare Sophia Loren all’Oscar, e in parte è così, a dirla tutta. La vita davanti a sé comunque è anche qualcosina di altro. È soprattutto la storia di un ragazzino senegalese orfano che si ritrova a vivere con Madame Rosa, un’ex prostituta ebrea ormai non più giovanissima. Una vicenda classica dell’incontro/scontro tra due generazioni molto distanti, come Up, Scoprendo Forrester, o Gran Torino, o quella stagione in cui Dawson distrugge la barca dell’anziano regista Arthur Brooks e così, per ripagarlo, è costretto a fargli dei lavoretti in casa. No, non quel tipo di “lavoretti”, cosa pensate?

"Dawson, smamma, oppure faccio stroncare da Pensieri Cannibali uno dei tuoi filmetti."

La pellicola segue questo filone con una narrazione a tratti incerta, senza troppa originalità e con una regia da fiction Rai più che da grande cinema, con l'aggiunta in alcune scene di una computer grafica che è una poracciata clamorosa, ma lo fa in maniera sentita abbastanza per coinvolgere. Ha inoltre dalla sua parte una Sophia Loren che diverte e commuove e forse questo benedetto terzo Oscar se lo merita veramente. Anche se più come attrice non protagonista che come protagonista. Chi l’Oscar, e nemmeno la nomination, se la merita è invece Laura Pausini, che con la sua voce e la banalità della sua canzone riesce a deturpare il finale. Il resto della colonna sonora per fortuna è più variegato e imprevedibile, tra Basemant Jaxx, Gué Pequeno e i Måneskin che rifanno Caparezza.
Consigliato: agli amanti delle storione classiche e già viste, ma emozionanti
Sconsigliato: a Meryl Streep. Potrebbe seriamente preoccuparsi che la Loren le freghi un posto in nomination ai prossimi Oscar.
(voto 6/10)

"Meryl, quest'anno te faccio un culo così."
"Che hai detto, pizzettara?"



On the Rocks

Genere:
comedy
Ricorda: Scent of a Woman - Profumo di donna
Cose da sapere:È sempre il momento di fare una commedia” diceva Nanni Moretti ne Il caimano. In questi tristi tempi più che mai c'è bisogno di un film come questo. No, non sto parlando di Lockdown all'italiana, bensì del nuovo di Sofia Coppola. Sì, la regista de Il giardino delle vergini suicide ha fatto una commedia leggera, frizzante, quasi una versione al femminile di un lavoro di Woody Allen. Dietro a questa leggerezza c'è comunque una pellicola capace di riflettere sulle relazioni tra donne e uomini e sul modo differente in cui vedono il mondo. Non tanto e non solo nell'apparente crisi di una coppia, ma siamo da tutt'altre parti rispetto ad Eyes Wide Shut o anche Storia di un matrimonio, quanto in quello che è il vero cuore del film. Il rapporto tra una figlia e un padre, interpretati da una Rashida Jones talmente naturale che non sembra manco recitare, ed è così che si fa vallo a spiegare agli attori delle nostre fiction, e da un Bill Murray oltre la soglia dell'idolesco. Come lo valorizza la Coppola, nessuno mai. Dopo qualche opera un po' appannata, Sofietta ha firmato un nuovo gioiellino molto intimo e personale e io sono fiero di lei come un padre con una figlia. Non che io pretenda di sostituirmi a Francis Ford, sia chiaro.
Consigliato: a chi vuole un film fresco, come un drink servito... on the rocks
Sconsigliato: se non vi piacciono le commedie, quelle belle
(voto 8/10)



His House

Genere: horror migrante
Ricorda: Scappa - Get Out
Cose da sapere: His House è il film horror più celebrato del momento. Devo dire che, per quanto l’abbia apprezzato, non è che mi abbia sconvolto del tutto. La colpa non è neanche del film, diciamolo subito, è mia. È solo che l’ho visto in una serata in cui ero particolarmente stanco e ho fatto fatica a tenere gli occhi aperti. E non è che il film sia noioso. Anzi. La storia è quella di una coppia di migranti sudanesi - interpretati da due attori di cui sentiremo ancora parlare: Wunmi Mosaku (già vista in Lovecraft Country) e Sope Dirisu (già visto in Gangs of London) - che dopo un viaggio a dir poco tragico arrivano in Gran Bretagna e qui gli orrori per loro non sono certo finiti.

"Ci vogliono trasferire dove? A Pontida?!?"

A me ha convinto più come dramma sull’immigrazione che non come horror. Mi rendo conto che proprio la componente paurosa è un tratto distintivo di questo film, ma a tratti mi è sembrata un po' forzata. Senza, magari sarebbe stato un lavoro ancora più efficace, anche se a quel punto forse si sarebbe trasformato in un film di Ken Loach. Che poi quando vedo un film di Ken Loach penso che con l'aggiunta di una componente horror sarebbe ancora più efficace. Lo so. Sono incontentabile.

Aggiungo inoltre che, se la miniserie The Haunting of Bly Manor parte come la storia di una casa infestata per poi allargarsi e diventare molto di più, questo film percorre il percorso contrario: parte su un orizzonte tematico parecchio vasto e poi in vari momenti si rinchiude troppo tra le mura della casa infestata. Non l'avesse fatto, sarebbe potuto essere ancora più potente.
Consigliato: non solo ai patiti di horror
Sconsigliato: a Salvini
(voto 6,5/10)



Il processo ai Chicago 7

Genere: legal
Ricorda: una puntata di Forum ben scritta e con un ottimo cast (scherzo eh, non citatemi in tribunale per queste parole, e non convocatemi nemmeno per una puntata di Forum, per favore)
Cose da sapere: altro film molto osannato un po’ ovunque che, pur essendomi moderatamente piaciuto, non mi ha convinto in pieno. Il processo ai Chicago 7 è un buon film legal, peccato non riesca a essere qualcosa di più. Resta eccessivamente intrappolato all’interno dell’aula di tribunale. Considerando il titolo del film me lo potevo anche aspettare. Le parti in flashback ambientate all’esterno avrebbero però secondo me meritato uno sviluppo maggiore. Aaron Sorkin qua in duplice versione regista + sceneggiatore si conferma un maestro dei dialoghi, solo mi sono sembrati un po' meno brillanti del solito. Fatta eccezione per gli hippie fattoni interpretati da Sacha Baron Cohen e Jeremy Strong, tutto un po’ troppo classico e moraleggiante per i miei gusti.


Al termine della visione, dopo una scena finale piaciona da facili applausi a tutti i costi, ho pensato che è il film che avrebbe realizzato Steven Spielberg se avesse girato un legal. E infatti poi ho scoperto che in un primo tempo avrebbe dovuto dirigerlo proprio lui. 
Consigliato: agli amanti delle vicende legal
Sconsigliato: ai non amanti delle vicende legal

"Mi spiace, la Bongiorno si è rifiutata di difenderti. Chissà perché..."



Le streghe

Genere:
piccoli, piccolissimi brividi
Ricorda: Stuart Little
Cose da sapere: tremate, tremate, le streghe son tornate. Mai avvertimento fu più azzeccato. Non perché Anne Hathaway e compagne facciano davvero paura, a meno che non abbiate un’età inferiore ai 6 anni, ma perché Robert Zemeckis ha fatto una bambinata pazzesca. Il film parte anche in maniera decente. Una volta che gli effetti speciali prendono il sopravvento e i topi cominciano a parlare come Stuart Little, però, diventa una cosa inguardabile ai livelli del film dei Minions o di Me contro te. Ma magari è solo perché sono troppo vecchio per queste stronzate.
Consigliato: a chi sa a memoria tutte le puntate di Peppa Pig ed è in cerca di una nuova entusiasmante visione
Sconsigliato: a chi non crede più a Babbo Natale, nè tantomeno a una versione così antiquata e stereotipata delle streghe come cattivone supreme
(voto 4/10)

"Topi che parlano?"
"Proprio così. Non sembra una stronzata anche a te?"





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