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Matrix Resurrections: meglio la risurrezione di Gesù o quella di Neo?





Matrix Resurrections

Pillola azzurra, fine della storia: domani ti sveglierai in camera tua, non avrai più niente a che fare con la saga di Matrix e ci sarà qualcun altro a occuparsene. Qualcuno che realizzerà un reboot con protagonisti due giovani attori sulla cresta dell’onda, tipo Tom Holland e Zendaya, inserirà qualche vago riferimento nostalgico al film originale, e s’inventerà una scena strafiga tipo Bullet time 2.0.

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"A noi sembra un'idea grandiosa!"

Pillola rossa, resti nel paese delle meraviglie, e vedrai quant'è profonda la tana del Bianconiglio. Ti sto offrendo solo la verità, ricordalo. La verità, più una vagonata di milioni di dollari. Giri un sequel che fondamentalmente è una copia inutile del primo Matrix, ma lo spacci per gioco meta-narrativo, meta-cinematografico, meta-videoludico, meta-quelcazzochevuoi. Hai la possibilità di tenerti i “vecchi” Keanu Reeves e Carrie-Anne Moss e di cacciare Laurence Fishburne che ti sta sulle scatole.
Ah, te l’ho già detto, Lana, che ti offro una vagonata di milioni di dollari?


Lana Wachowski inghiotte la pillola rossa e realizza Matrix Resurrections.


Vorrei dire che è un capolavoro assoluto, o una schifezza senza ritegno, ma per una volta mi tocca stare nel mezzo. Per molti versi, è probabilmente il miglior nuovo capitolo della saga di Matrix che potesse essere girato oggi. Cosa che conferma come oggi non ce ne fosse alcun bisogno. Matrix è qualcosa di troppo identificativo e radicato in quel periodo in cui è uscito, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni zero, e a suo modo è un film perfetto, irreplicabile. Già quella porcheria totale di Matrix Reloaded e quella mezza porcheria di Matrix Revolutions l'avevano fatto intuire.

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"Quei due sequel non erano così male. C'ero pure io che recitavo benissimo."

Matrix Resurrections le prova tutte per risuscitare il franchise, soprattutto in una prima parte intrigante, ma finisce per perdersi in una seconda metà meno ispirata e che non sa dove andare a parare. Insomma, Lana, lo sapevi che non potevi ripetere la magia del primo Matrix e allora per quale masochistica ragione non hai scelto la pillola azzurra?

Ah già, la dannata vagonata di milioni di dollari.
(voto 6/10)





Lasciarsi un giorno a Roma, la rom(a)com di Edoardo Leo





Lasciarsi un giorno a Roma

Il primo colpo di fulmine cinematografico del 2022. Lo so, tanti odiano questa espressione e pensano sia usata in maniera eccessiva, io no. All’amore eterno non so se ci credo. Credo invece ai colpi di fulmine, cinematografici e non solo.

Tra i film, l’ultimo è scattato per Lasciarsi un giorno a Roma, la nuova pellicola diretta da Edoardo Leo, che ne è anche protagonista insieme a Marta Nieto. Attrice che mi sembra un bell’incrocio tra Kate Winslet e Keira Knightley, con l’aggiunta di un accento spagnolo che mi fa impazziiiiiiiiiiiiiire, mi fa impazziiire, come canterebbe Blanco da ubriaco.
Ah, Blanco quando canta non è ubriaco?


Scherzo Blanco, lo sai che ti voglio bene. 💗

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"Ma cos'è 'sta confidenza? Chi ti conosce, Cannibal Kid?"

Così come voglio bene a Edoardo Leo. Sono uno spettatore semplice: esce una pellicola con Edoardo Leo, la guarda, mi piace.

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"Come porcoddue se usa 'sta roba?"

Con Lasciarsi un giorno a Roma, Edoardo Leo ha realizzato un’ottima romcom, o meglio anti-romcom, che parte da uno spunto narrativo perfetto, sullo stile di Come farsi lasciare in 10 giorni e C’è posta per te. Intendo il film con Meg Ryan e Tom Hanks, non quella roba con Maria De Filippi che è appena ripartita e che cercherò di evitare, solo che non prometto di riuscirci.


Lasciarsi un giorno a Roma è la personale rilettura di Edoardo Leo del genere romcom, impreziosita da una buona dose d’ironia, da un forte retrogusto amaro e da una fascinosa ambientazione capitolina, cosa che la rende una romacom. Non m’ha fatto gridare al capolavoro, giusto per usare un altro termine abusato, ma al colpo di fulmine sì.
(voto 6,5/10)




Lo chiamano King Richard, ma è una persona umile... più o meno





Una famiglia vincente - King Richard

King Richard, il film con Will Smith nei panni del padre/allenatore delle tenniste Venus e Serena Williams, mi ha dato una grande ispirazione. Non è che adesso sogni di diventare un campione di tennis, anche perché in vita mia credo di aver preso in mano la racchetta giusto in un paio di occasioni: una volta per difesa personale e l’altra per fare lo scemo. Mi ha ispirato come essere umano. M’ha fatto quasi venire voglia di diventare padre di due campionesse mondiali di tennis. Nonostante a me di tennis non me ne sia mai fregata una mazza, e manco una racchetta.


Non che King Richard sia un uomo perfetto. Già il fatto che lo chiamino King Richard può farvi capire che non è la persona più democratica del mondo. Pur con i suoi lati oscuri, è una figura da cui c’è molto da imparare. Tipo l’umilità, quella che lui stesso per primo finisce per perdere. Nei suoi panni c’è un Will Smith che finalmente mi ha convinto al 100%. In passato ho visto Willy che cercava di fare il figo, che cercava di salvare il mondo, che cercava di fare Alì, e poi ancora che cercava di fare il figo. Questa volta invece sullo schermo non ho visto Willy, ho visto solo il padre delle sorelle Williams. Insomma, se l’Oscar se lo porta a casa, sarò felice come dopo che Djokovic è stato espulso dall'Australia. E spero venga presto espulso anche da tutto il resto del mondo.

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"L'Oscar me lo merito troppo e gli altri in confronto a me non sono nessuno, ma resto umile."

King Richard è un film in cui tutti possono trovare ispirazione, ma che farei vedere in particolare ai padri, agli allenatori, ai padri/allenatori e a Roberto Mancini con i giocatori della Nazionale prima degli spareggi per la qualificazione ai Mondiali. Per ricordarsi di restare con i piedi per terra dopo una vittoria, come quella degli Europei, e andare in campo con leggerezza per divertirsi e fare ciò che più si ama. Come le sorelle Williams hanno imparato dall'umilissimo papà, sua maestà Re Richard.
(voto 7/10)




Spencer: il film biografico a sorpresa non su Bud Spencer, ma su Lady Diana





Spencer

C'era una volta una ragazza di nome Diana Spencer. Era uno spirito libero, una ribelle, finché un giorno non si innamorò di un principe inglese bellissimo... ehm, più o meno. Carlo era il suo nome. Non era nemmeno cattivo come qualcuno poteva pensare. Era persino un ambientalista di tutto rispetto.

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"Leo, in realtà a me dell'ambiente non frega niente. Fingo solo per cercare di fregarti le fans."

Il suo cuore però era già stato preso da un'altra donna, una donna bellissima... o almeno ai suoi occhi bellissima. Ah Carlé, ma una visita dall'oculista che l'hai mai fatta?

Quest'altra donna era già sposata e quindi Carlo decise di chiedere la mano a Diana, che rispose con un: “Yeah, f**k yeah!” e pensò di essere la ragazza più fortunata del mondo intero, o se non altro del Regno Unito. Ma che gli oculisti in Inghilterra non esistono proprio?

Carlo e Diana si sposarono, ebbero due figli eternamente fedeli alla Royal Family, William e soprattutto Harry, e vissero per sempre felici e content...


Scusate, avevo sbagliato libro. Avevo preso quelle delle favole. Questa invece è una tragedia. Ricominciamo.

Una decina d'anni dopo essersi sposati, Carlo e Diana stanno ancora insieme, non proprio felici e contenti, e si ritrovano per passare un tranquillo weekend natalizio di paura con la famiglia reale inglese. Per Diana Spencer si prospettano tre giorni da incubo e il film Spencer, più che una favola, a tratti sembra quasi un horror. Togliamo pure il quasi. Inizia così “Spencer - The Horror Movie”. E già che ci sono vi spoilero pure il finale: la Regina Elisabetta si alza dalla tavola ed esclama: “E anche questo Natale... se lo semo levato dalla palle!”.

Non ci credete che finisce davvero così?
(voto 7,5/10)





Due chiacchiere al bar delle grandi speranze – Tender is the bar





Il bar delle grandi speranze (The Tender Bar)


“Buongiorno, cosa le posso servire?”

“Prendo un cuba libre, grazie.”

“Arriva subito.”

“Hey, un momento. Io ti conosco. Tu sei… Ben Affleck?!? Cosa ci fai dietro al bancone?”

“Che ci vuoi fare? Da quando mi sono rimesso con J.Lo, per arrotondare accetto ogni lavoretto che mi capita. Quella dice di essere sempre Jenny from the block, però poi si fa i bagni nel latte e con lei i soldi non bastano mai.”


“Capisco. Certo che anche te, Ben, lasciare Ana de Armas per rimetterti con Jennifer Lopez…”

“Non c’è niente da fare: il cuore vuole ciò che vuole.”

“Ben, per caso mi hai appena citato una canzone di Selena Gomez?”

“Chi, io? Ma figuriamoci… ok, lo ammetto. Ana me la faceva sentire sempre e pure J.Lo sta in fissa con lei.”

“In ogni caso, adesso la tua carriera sta andando di nuovo alla grande. Ti ho visto in The Tender Bar e te la cavi molto ben, Ben, probabilmente è una delle tue migliori interpretazioni. Peccato che il tuo personaggio a un certo punto sparisca un po’ dal film. Avrebbe meritato uno spazio maggiore.”

“Lo so. È quello che ho detto anch’io a George, ma mica mi ha dato retta. Da quando sta con Amal ed è diventato padre è cambiato. Non beve quasi più nemmeno. Solo i suoi dannati Nespresso.”

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"Certo che quei due spettegolano peggio di due vecchie comari dalla parrucchiera."

“Se non altro, quando evita di fare ciofeche fantascientifiche che non sono proprio il suo genere come The Midnight Sky, Clooney sa ancora come si gira un film decente. The Tender Bar è una pellicola molto classica e molto americana perfetta per uno come lui. Forse persino troppo classica e troppo americana, in cui tutto fila liscio come uno scotch liscio, senza enormi sorprese. Però va bene anche così. E te Ben come va, con il bere? Ho sentito che hai avuto dei problemi, qualche tempo fa.”

“Sì, è vero, però adesso ho la situazione sotto controllo. Mi faccio giusto un drink ogni tanto. D’altra parte, lavorando qui è difficile evitarlo.”

“E allora un brindisi a te e a The Tender Bar. Comunque, visto che tra te e Ana non ha funzionato, non è che mi passeresti il suo numero?”

(voto 6,5/10)




La rubrica musicale senza nome ma non senza musica di Gennaio 2022





Quest'anno la rubrica musicale si presenta in una veste tutta nuova...

Va beh, diciamo in una veste semi-nuova e parzialmente rinnovata. Che ci volete fare? Qui a Pensieri Cannibali amiamo sorprendere i lettori con colpi di scena clamorosi e sorprese continue!
Andiamo allora a scoprire cosa ci riserva la prima puntata di questa nuovissima restaurata rubrica musicale mensile, che per il momento continua a essere senza un nome preciso.



Canzoni Top

#5 Samuel "Elettronica"

Piangere dentro una macchina con la musica elettronica ✔

Voler stare ad un rave nel '96 ✔ 

Sognare l'arrivo di un nuovo album dei Subsonica ✔

 


#4 Fontaines D.C. "Jackie Down the Line"

Dopo un esordio alla Joy Division e un secondo album vagamente influenzato dai Beach Boys, i dublinesi Fontaines D.C. sono pronti per tornare con un terzo disco, "Skinty Fia" in arrivo ad aprile, che spero possa rappresentare la loro definitiva consacrazione. Il primo assaggio dalla sonorità alternative rock/grunge anni '90 "Jackie Down the Line" fa molto ben sperare.

 


#3 Father John Misty "Funny Girl"

Una canzone che sembra uscita da un musical d'altri tempi. Che incanto.
Ho detto incanto, non Encanto. Di quello parleremo dopo.

 


#2 Muse "Won't Stand Down"

Non me l'aspettavo. Per la prima volta da anni, dopo tante delusioni, una nuova canzone dei Muse mi esalta genuinamente. Sono commosso. "Won't Stand Down" sa picchiare duro, ma ha anche un ritornello accattivante e un bel testo anti-bulli. I Muse che conoscevo e amavo sono tornati, finalmente.

 


#1 The Smile "You Will Never Work in Television Again"

I The Smile sono il nuovo gruppo formato da Thom Yorke e Jonny Greenwood dei Radiohead, insieme a Tom Skinner, batterista del gruppo jazz Sons of Kemet. Nel loro primo singolo, Thom canta: "Bunga bunga, or you'll never work in television again", un non troppo velato riferimento a Silvio B.
Dopo il ritiro di quest'ultimo dalla corsa al Quirinale e il ritorno dei Radiohead, o almeno di 2/5 dei Radiohead, alle sonorità di The Bends, cosa volere di più da questo inizio di 2022?
Forse giusto Thom Yorke nuovo Presidente della Repubblica.

 



Album da ascoltare

#3 The Lumineers "BRIGHTSIDE"

Così come i sette nani saranno sempre ricordati come quelli di “Hey Ho”, la loro più grande hit, così i Lumineers probabilmente saranno sempre ricordati come quelli di “Ho Hey”, la loro più grande hit. Un pezzo uscito una decina d’anni fa che si era rivelato uno dei maggiori successi della scena indie folk, in quel brevo strano periodo storico in cui band che sembravano uscite da una festa di paese ad alto tasso alcolico erano capaci di conquistare la vetta delle classifiche mondiali.

Sebbene meno presenti in radio, i Lumineers sono comunque poi riusciti a sopravvivere a quell’ondata, pubblicando qualche altra bella canzone come “Ophelia” e ora il loro nuovo valido album “BRIGHTSIDE”. Un lavoro che a tratti mi ricorda le ballate più crepuscolari dei Pearl Jam, illuminate però da un lato positivo, da un Brightside che qua e là fa capolino ed è in grado di svoltare persino un Blue Monday, o un qualunque altro bellissimo glaciale giorno di gennaio.

 


#2 Yard Act "The Overload"

Adori la britannicità?
Ecco il disco giusto per te. L'album d'esordio degli Yard Act, "The Overload", suona come un perfetto incrocio tra i Blur di "Parklife" e i Franz Ferdinand, tra i Talking Heads e gli Arctic Monkeys, tra i Fall e gli Sleaford Mods, tra il post-punk degli anni '70 e il Britpop degli anni '90. Il tutto suonando in maniera assolutamente contemporanea e personale. E soprattutto very very British.

Ascoltare il primo disco degli Yard Act è come fare un salto al pub. Ne esci del tutto ubriaco, esaltato, con qualche livido spuntato fuori non si sa bene perché, ma felice.

 


#1 The Weeknd "Dawn FM"

Oops!… He did it again. Non fa ormai quasi più nemmeno notizia, ma il “vecchio” The Weeknd ha tirato fuori l’ennesimo ottimo disco della sua carriera. C’è comunque da notare che a questo giro ha forse realizzato il suo album più completo e riuscito dall’inizio alla fine. Le influenze anni ’80 sono presenti e abbondanti ancora una volta, ma l’atmosfera si è fatta più frizzante e meno pesantona rispetto al passato.

A rendere il tutto più speciale ci pensa la cornice “radiofonica” del lavoro, che ricorda “Songs for the Deaf” dei Queens of the Stone Age, il film I guerrieri della notte, o anche una partita a Grand Theft Auto, con un DJ d’eccezione al microfono: Jim Carrey. Cercate allora la frequenza giusta e sintonizzatevi sulla radio di The Weeknd: one nation, dawn station.

 



Guilty Pleasure
La colonna sonora di Encanto

Una disneyata mi ha conquistato. Carino il film Encanto, ma il suo punto di forza principale sta nella sua colonna sonora. Ci sono in particolare un paio di pezzi che quando ti entrano in testa non ti lasciano più: la hit a sorpresa "We Don't Talk About Bruno", che pare sia popolarissima su TikTok, e l'irresistibile "Surface Pressure", che sembra cantata da Katy Perry e invece no, la voce è quella dell'attrice Jessica Darrow.

 


Cotta del mese
Katy Perry

A proposito di Katy Perry, eccola in splendida forma nel video di "When I'm Gone".
Il pezzo non è un granché, lei invece è un gran bel pezzo.

 


Video da guardare
Stromae "L'enfer" (Live Performance)

Uno dei motivi per cui adoro la Francia. Durante il TG di TF1, nel bel mezzo di un'intervista con la conduttrice, Stromae ha cantato per la prima volta dal vivo il suo nuovo singolo "L'enfer", che parla di suicidio e depressione. Riuscite a immaginare una cosa del genere al TG1 con Francesco Giorgino?

 


Viva il trash
CIAO, 2021!

Dopo l'exploit dello scorso anno, è tornato lo speciale di Capodanno italorusso più trash e sublime del globo. Con un sacco di nuovi tormentoni, uno più kitsch e libidinoso dell'altro. I miei preferiti?
"Federico Fellini / Bacca di lampone" e "Il ragazzo con la giardinetta".

 


Meno peggio del previsto
Laura Pausini

Lo specifico subito: non è che mi piaccia la nuova canzone di Laura Pausini. Sono scemo, ma non fino a questo punto. C'è però da notare che è meno peggio di vari altri pezzi del suo repertorio che hanno avuto la (s)fortuna di devastarci le orecchie in passato. Merito di Madame, che ha scritto il brano. Quando la Pausini non urla, e purtroppo lo fa, qua e là si riesce a intravedere come potrebbe suonare la versione originale della Madama.



Il peggio
Francesco Bianconi e Baby K

È incredibile come Francesco Bianconi sia riuscito a rendere deprimente persino una hit estiva allegra e solare di Baby K.
Dite che l'originale era già parecchio deprimente di suo?

 




Ma dici sul serie? di Gennaio 2022, la nuova rubrica sulle serie TV

 


Con l'anno nuovo, c'era proprio bisogno di un cambiamento. Pensieri Cannibali ha così deciso di rivoluzionare la sua rubrica mensile dedicata alle serie TV. Rivoluzionare è una parola grossa. Diciamo che è cambiata qualcosina, tipo il nome, dall'inquietante Serial Killer😈
al più simpatico Ma dice sul serie?😄

A guardarla bene, comunque, resta più o meno la stessa cosa, un po' come quando è tempo di cambiare Presidente della Repubblica, e poi resta sempre Mattarella.

Pronti allora per la partenza di questa "nuova" avventura?



Da vedere

Euphoria
(stagione 2, episodi 1-3)

La stagione 2 di Euphoria è partita col botto. Come se Martin Scorsese girasse una serie TV teen con Zendaya che sembra scappata dallo zoo di Berlino e ha un paio di esperienze di pre-morte in una notte sola. Il tutto condito da favolosi dialoghi allucinati su McDonald's e il Paradiso da far invidia a Quentin Tarantino, accompagnato da una colonna sonora da sballo e da un ritmo indiavolato che accelera come un pazzo ubriaco al volante e che quando all’improvviso rallenta apre a squarci di disperato romanticismo.


C'è così tanta roba da riempire una stagione intera, una serie intera, invece è solo un episodio, il primo della season 2. Se il buongiorno si vede dal mattino, la seconda stagione di Euphoria è la bomba delle bombe, e pure il secondo episodio sembra confermarlo. Per non parlare del terzo, in cui non passa un minuto senza una trovata geniale o una scena memorabile. Ma non vorrei essermi fatto prendere troppo dall'euforia.



Peacemaker
(stagione 1, episodio 1)

Peacemaker è un autentico eroe. Uno che darebbe la vita, quella degli altri, pur di stabilire la pace. Certo, il suo comportamento può risultare un tantino controverso e discutibile, al punto che qualcuno lo potrebbe considerare più un villain che un vero eroe, ma tant'è.

Fatto sta che il personaggio interpretato da John Cena, dopo The Suicide Squad, si conquista una serie tutta sua e, almeno a giudicare dal primo esaltante e divertentissimo episodio, se la merita tutta. Peacemaker mi ha fatto fare pace con le serie supereroistiche quindi sì, per me è un grande uomo di pace.

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"E io che pensavo di essere soltanto un buffone mascherato."


Wolf Like Me
(stagione 1, episodio 1)

Quando guardi tante serie TV significa che, oltre probabilmente ad avere una scarsa vita sociale, difficilmente ne troverai una in grado di sorprenderti. Hai già visto tutto. Non c'è quasi mai niente che ti sembri nuovo. Adesso non so se Wolf Like Me sia la serie più originale del mondo. Di certo mi ha sorpreso.

Parte come la solita romcom e poi SBAM succede una cosa che potrebbe rendere tutto tragico e poi invece NO si ritorna sui sentieri classici della storia boy meets girl e poi AWWW capita un'altra cosa che potrebbe rendere tutto diverso e mi sa che ho trovato una serie che BOOM mi farà saltare per aria la testa. 🤯


We Are Lady Parts
(stagione 1)

We Are Lady Parts è una serie punk...
Ok, meglio definirla pop-punk, che se no i punkabbestia duri e puri s'incazzano e mi sguinzagliano i loro cani contro. Al suo interno non c'è la trasgressione dei Sex Pistols, né l'impegno socio-politico dei Clash. Diciamo che qui siamo più dalle parti del divertimento dei Blink-182.


We Are Lady Parts è una comedy pop-punk, in cui verso la fine fa capolino anche un po' di sano drama, che racconta le disavventure tragicomiche di una girl band punk composta da giovani donne musulmane. Ecco, sulla parte religiosa si sarebbe potuto osare di più, approfondendo il tema come fatto ad esempio dalla quarta stagione di Skam Italia, ma forse è meglio così. In fondo We Are Lady Parts è pur sempre una serie comedy e spingendo troppo su quel tema avrebbero rischiato di appesantirla eccessivamente. Invece funziona proprio nel suo essere frizzante e gradevole e nel suo riuscire a farsi ascoltare, scusate vedere, in maniera veloce come un bel pezzo pop-punk.


Un professore
(stagione 1)

C'è chi sostiene che il professor John Keating, interpretato da Robin Williams ne L'attimo fuggente, abbia devastato il mondo dell'educazione. Io non sono d'accordo. Ho sempre sognato di avere un prof come lui e al liceo ce l'ho avuto giusto per un breve attimo fuggente, grazie a un supplente. Per la serie: va bene una gioia, ma che non duri troppo, mi raccomando.

La serie Un professore ha per protagonista... un professore. L'avreste mai detto?!?
Dante Balestra, interpretato da un Alessandro Gassmann che sembra nato per questa parte quindi forse dovrebbe abbandonare la recitazione per darsi all'insegnamento, è il nuovo professore di filosofia di un liceo romano ed è una specie di versione playboy romanesca di John Keating. In più, sorpresa sorpresa, tra i suoi studenti c'è anche suo figlio, con un cui non ha esattamente un rapporto semplice.

Ma comunque, non è conflitto d'interessi insegnare al proprio stesso figlio? È legale?

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"Se te tratto demmerda, me sa che è legale, caro figliolo."

Al confronto di Euphoria, Un professore sembra una serie per bambini, per come affronta temi come il sesso, la droga e la delinquenza. E forse non solo al confronto di Euphoria. D'altra parte di tratta pur sempre di una Rai Fiction e non di una serie HBO, anche se L'amica geniale ha dimostrato che questi due mondi possono coesistere. Pur con tutti i suoi limiti e le sue ingenuità, Un professore funziona alla grande e appassiona con la sua ship gay che, per quanto edulcorata, per un programma trasmesso in prima serata da Rai 1 rappresenta un notevole passo in avanti.

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"Io non sono gay: mi piace Lady Gaga."
"Appunto."

Inoltre, non so per voi, ma per me è decisamente più facile ritrovarmi nell'atmosfera e nei personaggi di questo liceo romano terra terra, piuttosto che in quello metacinematografico e glamour di Euphoria, anche se le superiori le ho finite ormai da una manciata di anni. O ahimé diciamo anche da un bel po' di anni.


Cobra Kai
(stagione 4)

Bei modi per cominciare l'anno:

⭐ Festeggiare un Capodanno casalingo, senza la pressione di dover uscire. Tutto per merit... volevo dire per colpa del Covid.

⭐ Guardare lo speciale di Capodanno Ciao, 2021!

⭐ Sentire la notizia di Berlusconi che si ritira dalla corsa al Quirinale.

⭐ Fare un binge watching di Cobra Kai. La quarta stagione prova a rimescolare un po' le carte, con un nuovo villain psicopatico e nuove inaspettate alleanze, ma funziona soprattutto nel suo essere fedele a se stessa, nel crogiolarsi nella nostalgia e nell'essere un porto sicuro in cui rifugiarsi, se si è alla ricerca di un intrattenimento sempre piacevole e allo stesso tempo leggermente malinconico. Una rassicurante coperta di Linus, un po' come Mattarella.



Da guardare, con riserva

Archive 81

Datemi una serie ambientata negli anni '90, o parzialmente ambientata negli anni '90, e io sono contento. Nonostante il titolo, Archive 81 non è ambientata nel 1981, bensì tra il presente e il 1994, con inoltre una capatina più indietro ancora nel tempo, ma non vi sto a svelare quando.
No, non la Preistoria, comunque.

Come altre serie horror-mystery, Archive 81 parte alla grande, affascina parecchio soprattutto all'inizio, e poi si perde un po' per strada, riuscendo comunque a riprendersi nel finale. Quindi è da consigliare o meno?

La domanda mi devasta. Alla fine però, se mettete in conto qualche sbadiglio qua e là e tanta sospensione dell'incredulità, in questo nuovo viaggio negli anni '90 tutto sommato vale la pena avventurarsi.

E comunque, di cosa parla 'sta serie?

Non ve lo dico. Ho troppa paura di pestare uno spoilerone.



Da evitare

Incastrati
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"Ma dici che se la serie la intitolavamo Castrati, facevamo più ridere?"
"Tranquillo, non facciamo mai ridere comunque."

Non date retta a chi dice che Incastrati non è così male. Non perdete tempo. La vita è troppo breve per sprecarla guardando Ficarra e Picone.


Kitz
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"Ma kitz kazzo può guardare una serie del genere?"
"Giusto Cannibal Kitz, LOL."

Una nuova serie glamour teen a metà strada tra Revenge e Gossip Girl ambientata nella meta turistica tirolese di Kitzbühel, tra le Alpi austriache. Potrebbe essere il guilty pleasure invernale definitivo, invece, in mezzo a personaggi stereotipati e a situazioni già viste, capitombola malamente come me se tento di mettermi dei pattini o degli sci ai piedi.



Guilty Pleasures

A casa tutti bene - La serie
(stagione 1)
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"Si può sapere perché a Sanremo nella serata delle cover canterai
'...Baby One More Time' di Britney Spears con Francesca Michielin e non con me?"

Nonostante il titolo sia A casa tutti bene - La serie, in questa casa non va bene proprio un cazzo e questa non è nemmeno una serie. È una muccinata pazzesca!

Quasi ogni minuto degli 8 episodi di cui è composta ha il piede pigiato sull'acceleratore dei conflitti famigliari, delle URLAAA, del drama drama drama. Tra riprese vorticose, personaggi adulti che si comportano come ragazzini e ragazzini che si comportano come adulti, è tutto così dannatamente mucciniano che se non reggete il suo stile non resisterete manco mezza puntata. Io invece, che odio il Muccino americano mentre mio malgrado non resisto al Muccino italiano, non vedo già l'ora che arrivi la seconda stagione.

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"E non avete ancora visto niente, MUAHAHAH!"


The Ferragnez
(stagione 1)
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"Ci pensi che a Cannibal Kid è piaciuta la nostra docuserie?"
"Quello ha bisogno di andare in terapia molto più di noi, ahahah."

Dico un'eresia?
Dico un'eresia: al documentario sui Beatles, il soporifero e infinito Get Back, ho preferito la docuserie pop sulla vita reale (?) di Chiara Ferragni e Fedez, che non è nemmeno così superficiale come si potrebbe pensare e, anzi, presenta un discreto approfondimento psicologico. Ora siete liberi di non rivolgermi più la parola.


Cotta del momento
Maude Apatow (Euphoria)

Guardando Euphoria c'è da innamorarsi in ogni momento di chiunque. In questa seconda stagione, tra le bellone Sydney Sweeney e Alexa Demie (che comunque svetta nel nuovo header di Pensieri Cannibali) e una Zendaya in versione Trainspotting, a ritagliarsi un suo fondamentale spazio c'è anche Maude Apatow, la figlia del regista Judd Apatow, da cui è stata diretta in vari film, da Molto incinta a Il re di Staten Island. La cotta numero 1 di questa stagione per me è lei, ma tra 5 minuti potrei anche cambiare idea.


Lacrima facile Award
After Life

Ricky Gervais è uno stronzo egomaniaco che ha fatto una serie su un uomo che ha appena perso la sua adorata moglie. Solo che la serie non è su di lei, su quanto fosse una persona speciale, o su quanto la sua morte sia una grave perdita per suo fratello e per il mondo intero, ma unicamente su di lui e sul suo dolore.

Ricky Gervais è un modello esistenziale che va a far visita ai bambini malati in ospedale, se la prende con gli automobilisti che non si fermano sulle strisce, fa sport mentre beve birra e getta i CD di Michael Bublé e Susan Boyle dal finestrino per mettere su i Radiohead. Un eroe, in pratica.

Insomma, chi è Ricky Gervais?

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"Sono un suonatore di trombette da stadio a tradimento.
Ecco chi sono veramente."

È una contraddizione vivente, ed è proprio per questo che After Life funziona. In mano a un altro, questa sarebbe stata la solita serie buonista e strappalacrime, che vince facile giocando le carte della malattia e del lutto. In mano a Ricky Gervais riesce sì a far commuovere, in particolare nel finale, ma riesce a essere anche una riflessione sulla vita spietata, a tratti parecchio volgare e ben lontana dal politically correct. Dio, o chi per lui, benedica Ricky Gervais per questo.


Finale Ligure Award (Miglior finale vendicato)
Dexter: New Blood

Il finale di Dexter era diventato sinonimo di finale poco riuscito. Sul vocabolario Treccani, se non erro, mi pare ci sia questa definizione.

finalaccio 
s.m. ultima parte di un'opera davvero poco riuscita, un finale di merda: il finalaccio di Dexter fa proprio cagare.

Per rimediare, a 8 anni di distanza dalla conclusione dell'ottava stagione di Dexter, è arrivata la serie sequel e revival Dexter: New Blood. Non tutto funziona, c'è qualche lungaggine di troppo, Dexter ormai è diventato un boomer clamoroso che si fa sempre più fatica a reggere, e il cattivone di turno interpretato da Clancy Brown è ridicolo più che inquietante.

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"E io che pensavo di essere il nuovo Trinity..."

Nonostante questi e altri difetti, Dexter: New Blood si fa vedere che è un piacere e ci regala un finale che, per quanto non sia fenomenale e non risulti emotivamente forte come vorrebbe, rappresenta una chiusura degna di un percorso. Soprattutto, riesce a vendicare quel finalaccio dell'ottava stagione. Giustizia è stata fatta.

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"In fondo, sono solo un uomo di giustizia e pace. Proprio come Peacemaker."




Miriam ha gli occhi neri




Marilyn ha gli occhi neri

Sono pazzo. Pazzo di Miriam Leone in versione pazza. Nel film Marilyn ha gli occhi neri, Miriam Leone ha la parte di una pazza. Pazza... diciamo che è una persona con degli scatti di rabbia, come Adam Sandler in Terapia d'urto, che poi a chi non capitano, ogni tanto, dei momenti del genere?

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"Centro diurno e manicomio comunque sono due cose molto diverse, quindi non sono pazza. Capito?!?
Non sono PAZZA!"

A me scattano ad esempio quando qualcuno dice che Miriam Leone è solo bella, ma non è capace a recitare. Innanzitutto, sciacquatevi la bocca quando pronunciate il suo nome e poi è meglio se qualcuno mi trattiene perché se no vi vengo a prendere UNO A UNO. Non sono GROSSO, ma se mi toccate MIRIAM LEONE divento una BELVAAAAA!


In questo film, Miriam Leone dimostra ancora una volta tutta la sua beltà e la sua bravura. Qualche dubbio me l'ha fatto invece venire il co-protagonista Stefano Accorsi, che si allontana dal suo solito (stereo)tipo piacione alla Maxibon o alla Jack Frusciante o alla film di Muccino, per interpretare un uomo pieno di tic e di spasmi. Peccato che la sua interpretazione sia persino troppo carica, al punto da rischiare di diventare caricaturale.

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"Miriam, non mi pare che Pensieri Cannibali scriva delle cose molto sensate."
"A me invece sì."

Nel complesso comunque Marilyn ha gli occhi neri è un dramedy che, pur con qualche luogo comune di troppo, sa giocare bene le sue carte sia da un punto di vista emotivo, che da quello del divertimento. Lo so che non si dovrebbe ridere della Sindrome di Tourette, però come ca**o si fa a non riderne, brutte teste di ca**o... scusate, non volevo, mi sono fatto prendere la mano, maledetti cog**oni... chiedo scusa di nuovo.
(voto 6,5/10)

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"AHAHAH!"
"Comunque non c'è un ca**o da ridere."

P.S. Miriam Leone, che ha gli occhi verdi, ha recitato con le lenti a contatto scure, come vuole il titolo del film. Questo io lo chiamo Metodo.





Ciao ciao Sanremo 2022





Perché Sanremo è Sanremo?
Ma soprattutto, perché Elisabetta Canalis fa una pubblicità in cui dice “la mia Liguria”?
La showgirl e attrice (what?) sarda nella sua vita avrà passato sì e no una settimana in Liguria, quell’anno in cui ha condotto (again, what?) il Festival di Sanremo. Ama così tanto la Liguria che per starle il più possibile lontana è andata a vivere Los Angeles.

Il prossimo passo quale sarà?
Salvini che fa una pubblicità dicendo "la mia Africa"?

E dopo la mia Liguria della Canalis, ecco a voi il mio Sanremo.

La personale classifica di Pensieri Cannibali
delle canzoni del Festival di Sanremo 2022

#1 La Rappresentante di Lista “Ciao ciao”

La Rappresentante di Lista per me ha vinto tutto. Il duo palermitano composto da Veronica e Dario ha proposto la “Vamos a la playa” dei giorni nostri. Come quello dei Righeira, un pezzo in apparenza spensierato e ballabile, in realtà un oscuro brano apocalittico. Ma non ditelo troppo in giro che la gente si spaventano. O bella ciao ciao.

 

Paoletto Sorrentino ha dato la sua personale benedizione al pezzo, pubblicando sul suo Insta un finale alternativo da Oscar di È stata la mano di Dio.


#2 Dargen D'Amico “Dove si balla”

"Dove si balla" di Dargen L’Amico di Fedez è una genuina lettera d’amore nei confronti della dance, genere spesso bistrattato, se non del tutto ignorato, sul palco dell’Ariston, che grazie a quel cubista di Amadeus sta vivendo una rivincita.

 


#3 Elisa “O forse sei tu”

Elisa, sei tu, o forse sei tu, Cate Blanchett ne Il Signore degli Anelli?
Con Elisa ho un rapporto complicato. In genere mi piace quando canta in inglese, meno quando canta in italiano. A Sanremo 2022 le cose sono andate al contrario. Della sua cover di “What a Feeling” dal film di Flashdance m’è rimasta impressa solo la ballerina Elena D’Amario. Mi sta invece piacendo parecchio la sua canzone in gara, molto classica e sanremese però, complice un attacco vagamente radioheadiano, m’è arrivata.



#4 Mahmood e Blanco “Brividi”

“Brividi” fa l’effetto di certe canzoni di Adele. Se l’ascolti nel mood sbagliato, ti sembra solo una lagna infinita. Se l’ascolti nel mood giusto, ti vengono i brividi, brividi, brividi.
Quindi ci sono volte in cui la sento e mi sembra una gran bella canzone, e volte in cui penso che a questo Sanremo Mahmood e Blanco, per quanto bravissimi, hanno giocato a vincere facile. Pure nella scelta e nell’esecuzione della cover de “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli. Impeccabili, ma non sorprendenti. E specie da Blanco un po’ di follia in più me l’aspettavo, o almeno un Blanchito bebeee.
Alla fine hanno vinto loro, ci sta, ma si sapeva già.

 


#5 Achille Lauro “Domenica”

Per metà un autoplagio di “Rolls Royce”, che comunque resta uno dei pezzi più fighi mai portati in gara all’Ariston. Per metà invece un pezzo perfetto da sciallo domenicale. Per accompagnare la performance nella prima serata, Achille Lauro si è autobenedetto. Fortuna per lui che non ci sono più i bigotti di una volta e nessuno ha avuto niente da ridire…
Ah no. I bigotti ci sono sempre. Sono quelli che per sminuirlo hanno tirato in ballo Bowie, al cui confronto qualunque altro artista in Italia e nel mondo ne uscirebbe ridimensionato. E comunque, prima di nominare il nome di Dio David invano, sciacquetavi la bocca con l’acqua santa, per favore. Amen.

 


#6 Sangiovanni “Farfalle”

La canzone di sesto Sangiovanni non mi dispiace. Mi starò mica trasformando, non in una farfalla, bensì in un bimbominkia?
OMG! Mi sa di yes. 😜


#7 Ana Mena “Duecentomila ore”

Chissenefrega di vincere il premio della critica, quando puoi avere qualcosa di molto più prestigioso: il premio di regina delle giostre 2022?
Balla, mia cara Barbie Neomelodica, fottitene e balla.


#8 Giovanni Truppi “Tuo padre, mia madre, Lucia”

La prima volta che ho sentito questa canzone, ammetto di essermi chiesto: “Che succede?” come Morgan all'Ariston un paio d'anni fa. Con gli ascolti però cresce. Oh, se cresce. Tempo che parte Sanremo 2023, potrebbe persino salire fino al secondo posto delle mie preferenze. La Rappresentante di Lista resta invece come la canzone di Rkomi, insuperabile.


#9 Emma “Ogni volta è così”

Emma in questo Sanremo ha spaccato. Non solo i timpani, come in passato.


#10 Ditonellapiaga e Rettore “Chimica”

Un Ditonellapiaga è sempre meglio di un Ditodaunaltraparte. Poi, se vi piace anche quello, buon per voi, mica giudico. Di lei credo sentiremo ancora parlare, intanto con la Rettore c’ha conficcato non una lametta nelle vene, ma un tormentone nella testa. La versione italiana di "Physical" di Olivia Newton-John, in pratica.


#11 Highsnob e Hu “Abbi cura di te”

I Coma_Quasi. A vederli, da loro ti aspetteresti un pezzo electropunk in stile Crystal Castles, invece hanno portato una delle canzoni più dolci. Forse persino troppo.


#12 Noemi “Ti amo non lo so dire”

L’estate scorsa Noemi aveva finalmente azzeccato un pezzo piacevole, “Makumba” con Carl Brave. Speravo avrebbe portato quel mood anche all’Ariston, invece ha portato un’altra ballatona, giusto con una produzione più moderna dietro. Non male, ma sa di ennesima occasione sprecata.


#13 Gianni Morandi “Apri tutte le porte”

Gianni Morandi è un po’ come il vecchino di Squid Game. Anche se fa delle cagate, gli vuoi bene. La collaborazione con Jovanotti secondo me non è un granché azzeccata, viaggiano proprio su due ritmi diversi. “Apri tutte le porte” comunque è una canzoncina simpatica, che mette di buon umore, sembra la sigla di Jeeg Robot, quindi ancora una volta Gianni sa come farsi voler bene. La musica bella però resta un’altra cosa e il terzo posto nella classifica finale mi sembra un tantino esagerato.


#14 Rkomi “Insuperabile”

Rkomi ha una qualità innegabile: provoca un’antipatia immediata. Sia per la sua voce che per la sua attitudine. A livello musicale però è meno malvagio di altri e sembra avere un buon potenziale. Conoscendolo poi magari è pure simpatico, anche se non ci metterei la mano sul fuoco.


#15 Aka 7even “Perfetta così”

Il rapper Aka 7even a Sanremo ha portato un pezzo rock. Il più è esserne convinti.


#16 Irama “Ovunque sarai”

Da quando in qua apprezzare Irama è diventato socialmente accettabile?
Il pezzo che aveva cantato in DAD l’anno scorso, “La genesi del tuo colore”, a sorpresa mi era piaciuto parecchio, ma me ne vergognavo anche parecchio. La lamentosa lagna di quest’anno, “Ovunque sarai”, invece non mi piace per niente, e quasi quasi me ne devo vergognare, visto che ormai è diventato cool parlare bene di Irama. Quindi con lui non c'è niente da fare, finisce che mi vergogno sempre.


#17 Giusy Ferreri “Miele”

A livello musicale non sarebbe nemmeno una canzone tremenda. Solo che la Ferreri si impegna proprio per renderla più fastidiosa possibile, persino con il megafono in versione arrotino. Perché Giusy ci vuoi così male, perché?


#18 Matteo Romano “Virale”

Ma da quando la vittoria dello Zecchino d’Oro regala l’accesso diretto al Festival di Sanremo?


#19 Yuman “Ora e qui”
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"Vivo il mio Sanremo un quarto di miglio alla volta."

Vorrebbe essere il John Legend italiano. Se si rade i capelli, può andare a fare Vin Diesel al Tale e Quale Show. Un futuro comunque ce l’ha.


#20 Michele Bravi “Inverno dei fiori”

Se fossimo stagioni / Verrebbe l'inverno / L'inverno dei fiori
Mi dicono che i fiori di Sanremo sono contenti, caro Michele mani di forbice.


#21 Tananai “Sesso occasionale”

Questo non va bene manco per un ascolto occasionale, figuriamoci per del sesso occasionale.


#22 Le Vibrazioni “Tantissimo”

Quanto mi fanno schifo Le Vibrazioni?
Tantissimo.


#23 Fabrizio Moro “Sei tu”

Una cosa buona la canzone di Fabrizio Moro ce l’ha: è talmente inutile che appena hai finito di ascoltarla l’hai già dimenticata. In un’intervista ho sentito che ha anche in arrivo il suo primo film come regista. Non vedo l’ora di massacrarlo pure cinematograficamente.


#24 Massimo Ranieri “Lettera di là dal mare”

Perdereee Sanremo, quando si fa sera. E in alcune puntate, anche quando si fa notte fonda.


#25 Iva Zanicchi “Voglio amarti”

Ok, il pezzo è sbagliato. A ciò aggiungiamo che Iva è gradevole quanto quella sui prezzi e che la sua voce mi fa male, male da morire. Risultato?
Il peggio del peggio.


Conduttori e super ospiti
ma super de che, che Fazio c’ha er Papa?

Amadeus

Amadeus, Amadeus. Diamo ad Amadeus quel che è di Amadeus. In tre anni ha trasformato Sanremo dall’anticamera della morte musicale nella carriera di un artista, a trampolino di lancio per le nuove leve e di rilancio per quelle meno nuove. Ve li immaginate i Måneskin a un Festival condotto da Baglioni? Quest’anno ha limato i punti deboli delle sue due precedenti edizioni e ha tirato fuori una macchina da intrattenimento nazional-popolare vicina alla perfezione. Non è un genio, né un fuoriclasse e proprio per questo è perfetto per fare da collante e lasciare spazio alle varie anime presenti in un carozzone come quello di Sanremo.
(voto 7/10)


Ornella Muti

Ah perché, a Sanremo c’era Ornella Muti?
A parte lo scatto nel dietro le quinte insieme alla figlia con le foglie di Maria (non De Filippi), è passata inosservata e sul palco è stata inutile. Come le vallette di una volta di cui non si sentiva la mancanza.
(voto 4/10)



I monologhi a Sanremo in genere sono un dito nella piaga, non la cantante. Il suo invece mi è piaciuto, sentito e sincero.
(voto 7/10)


Drusilla Foer

Queen assoluta. Si è presa la scena con invidiabile sicurezza e non l’ha più lasciata. Mi spiace essermi perso il suo monologo in diretta, arrivato tipo all’1 e mezza, ma a quell’ora ero già tra le braccia di Morfeo da un po’ e lei credo mi possa perdonare per questo.
(voto 7,5/10)


Maria Chiara Giannetta

Insieme al collega Maurizio Lastrico ha scritto, o meglio assemblato, un fantasmagorico dialogo tra innamorati composto da frasi celebri della musica italiana (ma c’era pure qualche citazione internazionale). Una delle cose migliori che abbia mai visto sul palco dell’Ariston. Potere delle parole, delle idee, e delle interpretazioni grandi grandi grandi.
(voto 8/10)


Sabrina Ferilli

La serata finale l'ho vista solo a sprazzi, quindi su di lei non so che dire. Sulla fiducia comunque la promuoverei, visto che mi sta sempre simpatica.
(s.v.)


Fiorello

Quest’anno grande Fiorello. Grande, perché ci ha fatto il favore di limitarsi ad apparire soltanto nella prima serata. In quelle successive, senza di lui, finalmente c’è qualcuno che è riuscito a far ridere.
(voto 4/10)


Checco Zalone

Anche i grandi sbagliano. Checco Zalone ha cannato il suo primo sketch sanremese, proponendo una scenetta che nelle sue lodevoli intenzioni sarebbe dovuta essere la sua difesa della comunità LGBTQ. Solo che nessuno gliel’aveva chiesta ed è proprio stata la comunità LBGTQ a rivoltarsi contro di lui. Giustamente. La sua gag, oltre che ricca di stereotipi, era pasticciata e ben poco divertente.
Checco si è però rifatto con i suoi due interventi successivi. “Poco ricco” è la hit trap di cui non sapevamo di avere bisogno. Il colpo di genio è arrivato poi con il cugino virologo di Al Bano, personaggio che si meriterebbe un intero film tutto suo.
(voto 7,5/10)


Måneskin

Fossi in loro, vivrei come Tommy Lee nella serie Pam & Tommy. I Måneskin invece sono dei bravi ragazzi, nonostante gli ultimi assurdi 11 mesi che hanno vissuto non si sono montati la testa e Damiano s’è pure commosso dopo aver cantato “Coraline”. Che teneri. Troppo, per essere delle rockstar?
(voto 7/10)


Laura Pausini

Canta “Scatola” e annuncia il suo film e pure la conduzione di Eurovision 2022. É ovunque. Che due scatole.
(voto 4/10)


Cesare Cremonini

Avrei preferito avesse fatto unicamente canzoni dei Lùnapop, ma mi accontento di "50 Special".
(voto 6/10)


Serata cover
Il personale podio di Pensieri Cannibali

#1 Emma - Francesca Michielin “...Baby One More Time” (Britney Spears - 1998)
#2 La Rappresentante di Lista - Cosmo, Margherita Vicario e Ginevra “Be My Baby” (The Ronettes - 1963)
#3 Rkomi - Calibro 35 “Medley Vasco '80”


Il pubblico “normale” considera buona una cover quanto più è simile all’originale. Io la considero buona quanto più è diversa dall’originale. Ho quindi apprezzato parecchio la rilettura “drammatica” di “…Baby One More Time” di Britney Spears ad opera di Emma & Francesca Michielin, uno dei miei momenti preferiti ever nell’intera Storia di tutti i Sanremi. Fantastico pure lo stravolgimento del capolavoro “Be My Baby” delle Ronettes ideato da Cosmo e messo in scena da La Rappresentante di Lista con l’aiuto di Margherita Vicario e Ginevra. A sorpresa ho apprezzato pure il medley del Vasco anni ’80 interpretato dall’ignudo Rkomi, anche se più che altro per merito del cazzutissimo contributo sonoro offerto dai Calibro 35.

A vincere sono invece stati Gianni Morandi e Jovanotti che hanno fatto dei pezzi loro, quindi manco possono essere considerati delle cover. Nel dizionario Treccani, la definizione di cover è infatti questa: “Riedizione di una canzone di successo eseguita non dall’interprete originale ma da un altro”.
Quindi, se li hai votati, fatti mandare dalla mamma a prendertelo in quel posto!


Cotta sanremese
Ana Mena

Ana Mena starei al bar ad aspettarla duecentomila ore. Bevendomi duecentomila cuba libre, se necessario.


Trainspotting Award
Gianluca Grignani

Per la serata delle cover e dei duetti, Irama ha avuto la brillante idea di chiamare con sé Gianluca Grignani. Che è un po’ come scegliere di andare in gara con Morgan. Tutto sommato è ancora andata bene. Se non altro non c’è scappato il morto e hanno addirittura lasciato il palco insieme.
In ogni caso, "La mia storia tra le dita"è una canzone stupenda e per Gianluca solo tanto love, sempre e comunque. 💓

P.S. Il FantaSanremo è partito come una cosa simpatica, ma alla fine ha rotto il cazzo!




Vive la France et vive Léa Seydoux!





France

France non è un film sulla Francia, la Nazionale campione del mondo prima con la squadra guidata da Zidane e poi con quella trascinata da Mbappé. Non è nemmeno una pellicola sulla Storia della Francia, anche se potrebbe essere un'idea, più che per una serie che per un film. Ogni stato, o almeno quelli che possono permettersi di farlo, potrebbe produrre una serie Netflix sulla propria Storia. Ci sarebbe materiale per produrre potenzialmente infinite stagioni. Ad esempio da noi si potrebbe fare la Storia d'Italia da una presidenza di Mattarella all'altra.

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"Ho una domanda per il nostro nuovo Presidente della Repubblica, Sergiò Mattarellà."

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"Ma porca putain, io ero venuto a Parigi soltanto per fare un giro da turista alla Tour Eiffel, mica per essere eletto."

France non è nemmeno una fotografia della vera vita nella Francia contemporanea, come ad esempio Emily in Paris.

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"Ah no?"

France non è nessuna di questa cose. È invece una satira spietata del giornalismo, che ne esce con le osse rotta, ma è anche e soprattutto un film su una donna di nome France, France de Meurs, la giornalista più celebre di Francia, quella con cui tutti vogliono farsi un selfie. Una specie d'incrocio tra Oriana Fallaci ai tempi in cui era una reporter e Barbara D'Urso. Dite che Barbara D'Urso non può essere considerata una giornalista?
Andate a dirlo all'Ordine dei Giornalisti, mica a me.


France de Meurs è interpretata dalla Dea Seydoux. Pardon, volevo dire da Léa Seydoux, mi confondo sempre. La Seydoux in questo film è di una bravura e di una bellezza spaventosi.

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"Sono persino meglio della D'Urso!"

A volte c'è così tanta bellezza nel mondo, che non riesco ad accettarla”, diceva il ragazzo strambo di American Beauty, e qui Léa è ancora più bella di una busta di plastica che svolazza nell'aria. Cosa che detta così potrebbe non sembrare un granché, ma ricordo che quella è una delle scene più poetiche nella Storia del Cinema. Anche se oggi potrebbe fare incazzare qualcuno, tipo Greta Thunberg, perché non si gettano i sacchetti di plastica in giro, echecazzo.


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"Chi ha buttato quel sacchetto di plastica?
Ditemi subito chi cazzo è stato!"

France è un film strano, anche se per gli standard del regista Bruno Dumont forse nemmeno tanto. Di quelli che partono in un modo e poi si trasformano in altro e che contengono alcuni momenti criptici che ti lasciano un po' così. Con una protagonista che non capisci se è una persona del tutto insensibile, oppure se è persino troppo sensibile. Che poi è la stessa cosa che non sono ancora riuscito a capire di me.
(voto 8/10)




La scelta (?) di Anne - L'Événement





La scelta di Anne - L'Événement

E il Leone d'oro per il miglior film della Mostra del Cinema di Venezia 2021 va a... L'evenement, che in italiano è diventato La scelta di Anne. Perché hanno scelto di chiamarlo così?

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"Forse perché non capiscono un cazzo?"

Perché da noi, quando non sanno che titolo dargli, mettono qualcosa tipo “I segreti di...”, “Il collezionista di...”, o appunto “La scelta di...”. Qual è la scelta di Anna? No, non si tratta di scegliere quale serie iniziare a guardare stasera su Netflix. La storia di Anne, interpretata dalla rivelazione Anamaria Vartolomei, la nuova Marion Cotillard, è ambientata negli anni '60, quando Netflix manco potevano immaginare cosa fosse.

ATTENZIONE SPOILER
Anna è una giovane ragazza universitaria incinta. Negli anni '60 in Francia, ma pure in Italia eh, l'aborto era illegale. Quindi Anna non è che avesse molta scelta. Le alternative erano:

A) Tenere il bambino

B) Tenere il bambino, cazzo!

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"Chissà cosa farò?"

Lontano dal mitizzare i “favolosi” anni '60 come spesso fatto in passato da serie o altri film, La scelta di Anna ce li mostra per quello che erano per davvero: un incubo mascherato da sogno di libertà, soprattutto per le donne. Oltre a non esserci Netflix, per fare una chiamata privata bisognava usare il telefono a gettoni in cabina. Abortire non si poteva e non c'era manco il tuturial su YouTube che ti mostrava come risolvere col faidate.

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"Chissenefrega dei diritti delle donne, quando c'avemo il rock'n'roll?"

Ok, c'era della bella musica, negli anni '60, ma vivere in quell'epoca non era poi tutta 'sta figata come Happy Days ci voleva far credere. Era un mondo maschilista e misogino dove le donne su alcune cose non avevano alcuna scelta. Quindi il titolo italiano di questo potentissimo film, oltre a farlo sembrare un libro Harmony, non è che abbia un gran senso.
(voto 8/10)




Scream: se non ti lecchi il sangue dalle dita godi solo a metà





Scream (2022)

Ci sono delle regole precise che devono essere rispettate se si vuole sopravvivere alla visione di un nuovo film della saga di Scream, va bene? E vado a incominciare.

😱 Numero uno: conoscere le regole.

È fondamentale conoscere le regole vecchie, in particolare per intuire chi si può celare dietro la maschera di Ghostface, ma fai attenzione perché ce ne sono anche di nuove. Altrimenti sai che noia, sarebbe tutto troppo prevedibile.



😱 Numero due: riconoscere le citazioni.

La saga di Scream ne è piena. Nel nuovo film ad esempio a un certo punto Jenna Ortega guarda in TV Dawson’s Creek. Lo spettatore sprovveduto si domanderà: cosa diavolo c’entra Dawson’s Creek con Scream?
C’entra eccome. Il creatore di Dawson’s Creek è infatti Kevin Williamson, che è anche l’autore delle sceneggiature dei primi due Scream e del quarto, mentre nella nuova pellicola figura tra i produttori. 
C’è poi lo spettatore ancora più sprovveduto che Dawson’s Creek non sa manco cos’è. E vedere la saga di Scream senza cogliere i riferimenti toglie metà del divertimento.

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"Ma come facevano negli anni '90 a pensare che James Van Der Beek avesse davvero 16 anni?"


😱 Numero tre: mai urlare al sessismo.

Nella saga di Scream in pratica tutte le attrici sono fregne, è vero. Però lo sono in pratica anche tutti gli attori, quindi nessuno si può lamentare o gridare alla disparità di genere. Nel nuovo Scream c’è persino una scena in cui Dylan Minnette appare senza veli, quando fa la cazzata di farsi la doccia all’interno di un film horror, manco fosse la prima sprovveduta Janet Leigh di turno.

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"In un film horror per non morire bisogna puzzare, e non farsi mai un bagno o una doccia.
Come ho fatto a dimenticare questa regola?"


😱 Numero quattro: chiudere un occhio sul titolo.

Hanno deciso di intitolare il nuovo film soltanto Scream, come il primo, ma possiamo perdonarli. Tanto sarà sempre e comunque conosciuto come “Scream 5”. Tutti i sequel della saga sono una figata. Persino il terzo, per quanto inferiore agli altri, non è per niente da buttare. Il primo però è come la canzone sanremese di Rkomi: insuperabile.



😱 Numero cinque: non rimpiangere troppo i morti.

Nei film horror la morte è uno degli ingredienti principali e nei sequel di una saga chiunque può morire, persino il regista. Guardando il nuovo Scream non bisogna quindi stare a rimpiangere troppo Wes Craven, dietro la macchina da presa di tutti e quattro i precedenti capitoli e purtroppo venuto a mancare nel 2015. Lui per primo sarebbe fiero del lavoro fatto dai registi Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett, capaci di mantenersi fedeli allo spirito della saga e allo stesso tempo di rinnovarla, almeno un pochino.



😱 E numero sei: mai rispondere al telefono.

Al cinema non si deve mai rispondere al telefono. Mai! No! È proibito! È proibito! Questo vale per qualunque pellicola, ma in particolare per un film ricco di momenti tesi come il nuovo Scream. Se rispondete in sala, rischiate il pubblico linciaggio da parte degli altri spettatori. Giustamente.
Telefono uguale morte anche se state guardando il film comodamente a casa vostra. Sulla linea fissa ormai chiamano soltanto i call center oppure Ghostface. In entrambi i casi, meglio evitare.
(voto 7/10)

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"Sono 26 anni che mi chiamate, adesso basta!
Come ve lo devo dire che sono cliente TIM da quando vi chiamavate ancora SIP?"




La rubrica musicale senza nome ma non senza Sanremo di Febbraio 2022





Nel mese di febbraio può esistere altra musica all'infuori di quella sanremese?
Sì, diciamo di sì. Questa rubrica proverà a dimostrarlo, anche se non sono sicuro riuscirà a farlo...



Canzoni top

#6 Liam Gallagher "Everything's Electric"

Liam, ascoltare le tue canzoni è come battere la Nazionale Inglese: sempre un piacere.

 


#5 Red Hot Chili Peppers "Black Summer"

Jack John Frusciante è uscito dal gruppo, poi è rientrato, poi è riuscito e adesso è ritornato di nuovo. Con lui i Red Hot nel nuovo singolo "Black Summer" sono tornati alle sonorità di "Californication". Innovazione zero, ma chissene. Se il loro prossimo album "Unlimited Love", in uscita il 1° aprile (sperando non sia un pesce), suonerà tutto a questi livelli, ci sarà da godere.

 


#4 George Ezra "Anyone for You"

Nel bel mezzo del Festival, il buon George Ezra ha tirato fuori un pezzo orecchiabile e mooolto radiofonico, sia detto in senso buono. Una canzone perfetta per spezzare l'egemonia sanremese, almeno per 4 minuti.



#3 Fontaines D.C. "I Love You"

La nuova canzone dei Fontaines D.C. si chiama "I Love You" e parla dell'amore conflittuale nei confronti della loro Irlanda. In pratica, è la loro rilettura locale del motto berlusconiano "l'Italia è il paese che amo". Sì, cioè, più o meno.

 


#2 Florence + the Machine "King"

Non ci sono canzoni più divine,
di quelle di Florence + the Machine

 


#1 La Rappresentante di Lista "Ciao ciao"

Una canzone che suona bene ovunque: a un party, così come durante una fine del mondo, così come a un party durante la fine del mondo. Ciaone proprio.

 



Album da ascoltare

#7 Eddie Vedder "Earthling"

Com'è il nuovo disco solista del buon vecchio Darth Vedder?
Discontinuo, non del tutto a fuoco, ma ha i suoi bei momenti. Tra pezzi perfetti per viaggiare on the road in stile Into the Wild e bombe rock che ricordano i Pearl Jam più tirati, Eddie c'è.

 


#6 Madrugada "Chimes at Midnight"

Sulla loro storia la parola fine sembrava fosse già stata scritta. Dopo la morte del loro chitarrista, i norvegesi Madrugada nel 2008 avevano annunciato il loro scioglimento. Nel 2019 hanno però deciso di riformarsi e ora è arrivato il loro primo album da 14 anni a questa parte, e suona come un incanto. Un disco di ballate rock languide, intense, ispirate ma non deprimenti, che fa un figurone soprattutto al calare delle tenebre. Bentornati.

 


#5 Korn "Requiem"

Dopo una trentina d'anni di carriera, potreste pensare che i Korn sono fuori moda. E così è. Sono lontani i tempi in cui la scena nu metal era in cima alle classifiche. Potreste pensare anche che i Korn ormai sono bolliti. E così invece non è.

Sono andato ad ascoltarmi il loro nuovo album "Requiem", credendo che nomen omen fosse davvero la messa in onore della morte della loro musica, e invece è una risurrezione. I Korn suonano ispirati, con un gusto melodico a tratti quasi pop, per quanto i Korn possano essere pop, e allo stesso tempo sono sempre potentissimi ed ancora parecchio esaltanti. E poi, andate a dirlo in faccia a Jonathan Davis che sono bolliti, se avete il coraggio.



#4 Avril Lavigne "Love Sux"

Se volete scrollarvi dalle spalle per una mezz'oretta il peso di tutti i problemi del globo, potete o guardarvi un nuovo episodio di LOL - Chi ride è fuori, anche se la seconda stagione mi sembra finora un po' sottotono, oppure dare un ascolto a “Love Sux”. Un album di pop-punk tirato e leggerissimo, con cui un'Avril Lavigne tornata in gran forma, dopo alcuni problemi di salute personali e alcuni dischi piuttosto deludenti, non pretende certo di cambiare il mondo. Tanto c'è già chi sta cercando di cambiarlo, in peggio. Ha invece un altro scopo, solo in apparenza più semplice e meno ambizioso: far stare bene le persone. O se non altro i suoi eterni groupie come me.

 


#3 Miles Kane "Change the Show"

Fan degli anni '60?
Ma più che altro, fan della nostalgica retromania anni '60?
Ecco l'album perfetto per voi. In attesa che ci regali nuova musica coi The Last Shadow Puppets, il duo di cui fa parte insieme ad Alex Turner degli Arctic Monkeys, Miles Kane conferma di essere un uomo che non vive nel presente. Lui vive nel passato e il suo "nuovo" disco suona come un vecchio disco appena ripescato dagli anni '60. Non inventa niente, ma si fa ascoltare che è un piacere. Il potere del Kane.



#2 Beach House "Once Twice Melody"

Il nuovo album dei Beach House è l'Inception della musica. Un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno dentro un sogno, va beh, ho reso l'idea o no?

 


#1 Spoon "Lucifer on the Sofa"

Gli Spoon sono uno dei gruppi più sottovalutati e troppo ingiustamente poco conosciuti del mondo. Non sapete chi sono gli Spoon?
Ecco, appunto: la dimostrazione che sono sottovalutati e soprattutto troppo sconosciuti. Fate allora un favore, a loro e a voi stessi. Scoprite la loro musica, a partire dal loro ultimo ottimo album "Lucifer on the Sofa". Così li aiuterete a diventare un po' meno sconosciuti.

 



Cotta del mese
Ana Mena

Ana Mena è diventata il mio nuovo modello esistenziale. Il mio animale guida. Prendendo ispirazione da questo illuminante articolo del Rolling Stone, ogni volta che mi capita qualcosa di brutto o sto per perdere la pazienza, e in una giornata media capita più volte, mi chiedo: "Come affronterebbe questa situazione Ana Mena?".

Con "gracias y sonrisas", ecco come. Come non amarla?

 


Guilty Pleasure
Tananai

Ci sono geni incompresi. Persone che stanno troppo avanti rispetto ai loro contemporanei. Parlo di Vincent van Gogh, Emily Dickinson e… Tananai.

Ultimo classificato all’ultimo Sanremo, per lui per fortuna non è ancora troppo tardi. Dopo aver conquistato il popolo dei social con la sua ironia, i suoi concerti stanno andando sold out e sta cominciando a scalare le classifiche con “Sesso occasionale”, un tormentone irresistibile che non meritava certo l’ultimo posto al Festival, per di più accompagnato da un video favoloso.

Scusa Tananai se non ho compreso, se non abbiamo compreso subito la tua grandezza. Adesso però metti via quella pistola. 

    


Bella, ma anche basta
Mahmood e Blanco "Brividi"

In televisione, in radio, nei bar, nei supermercati, nei bar dei supermercati, tra la solita pubblicità, in mezzo a un brano e l'altro di Spotify. "Brividi" la si sente OVUNQUE. Bella canzone, eh, solo che a forza di suonarla sempre e dappertutto la stanno rovinando. Anche se quando sono al supermercato al reparto frigo devo ammettere che fa davvero venire i brividi, brividi, brividi.

 




Ma dici sul serie? Le serie TV di Febbraio 2022 che avreste dovuto vedere, e che potete ancora recuperare

 



Ci sono talmente tante serie in giro da vedere, che quasi non ho il tempo di scrivere questa rubrica sulle serie che ho visto.
Quasi, ho detto. Per vostra fortuna sfortuna.



Da vedere

Pam & Tommy
(stagione 1, episodi 1-6)

Bambini, cosa ci guardiamo stasera su Disney+?
C'è Pam & Tommy... cosa sarà mai? Uno spin-off di Tom & Jerry?

Come???
È la storia di Pamela Anderson e Tommy Lee e del loro famigerato sex tape?!?

Credo di averne già sentito parlare una o due volte, però nego categoricamente di averlo mai visto. Forse ho dato giusto una sbirciatina così, per cultura generale. Comunque, cosa diavolo ci fa una serie del genere su Disney+?

Va beh, guardiamoci il primo episodio. C'è Seth Rogen che si fa le seghe. Ok, molto interessante eh, ma dov'è Pamela Anderson?

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"È la stessa cosa che mi sono chiesto anch'io."

La serie si chiama Pam & Tommy, ma Pam compare per circa 10 secondi e Tommy un po' di più, ed è pure tipo il tipo più insopportabile del mondo, non il simpatico cazzaro che sembrava dai video e dal film sui Mötley Crüe. Siamo sicuri sia proprio Pam & Tommy?

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"Insopportabile io?!?
Ma cosa cazzo dici, brutto pezzo di un coglione?"

Nel secondo episodio ci viene, finalmente, mostrato com'è sbocciato l'amore tra Pam & Tommy. La serie entra nel vivo e diventa una sballo. Come se ci trovassimo in una romcom scritta dagli autori di South Park, con peni parlanti e follia in abbondanza.

Per quanto un pochino discontinua, Pam & Tommy è quindi decisamente da non perdere, anche se (per fortuna) con Disney+ non c'entra una mazza. Per prepararvi alla visione, non guardate però il sex tape di Pamela Anderson e Tommy Lee. Non troppo, almeno, che se no diventate ciechi.

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"Oh, cazzo. Comincio a non vederci più niente."


L'amica geniale
(stagione 3, episodi 1-6)
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"Prima di darmi della sfigata che usa ancora con la macchina da scrivere, vi ricordo che la serie con questa stagione è arrivata agli anni '70.
Quindi era una cosa molto tecnologica, sfigati."

Ho guardato i nuovi episodi de L'amica geniale. Mi sono vista e ho pensato che sono abbastanza bella, ma mai quanto Lila. Mi chiedo cosa pensi la gente quando guarda la serie. Di me probabilmente pensano che sono una borghese radical-chic con la puzza sotto il naso. Una con un palo infilato su per il fondoschiena. Chissà perché?
Poi vedono Lila e di lei si innamorano subito. Con lei si immedesimano, perché è una vera. Una del popolo. Non capiscono però che senza la gente come me che li aiuta, non combinerebbero nulla, quei morti di fame... volevo dire, quelle povere umili persone del rione.


A volte vorrei essere come lei. Dire le cose come stanno. Sbatterle in faccia alla gente. Ad esempio dire che la terza stagione de L'amica geniale è ottima, ma a livello registico ho notato un certo calo rispetto alle prime due stagioni. Con tutto il rispetto, Daniele Luchetti non mi pare al livello di Saverio Costanzo e soprattutto di Alice Rohrwacher, che aveva diretto magnificamente gli episodi della stagione 2 ambientati al mare.


Non sarò mai come Lila, questo lo so, però mi posso consolare. Alla gente non starò simpaticissima, ma non mi odieranno mai quanto Nino Sarratore, anche noto come omm'e merd. Si fa per scherzare. Io in realtà Nino lo amo, solo che quello non m'ha mai filata di striscio. Manco fossi nu cess. È sempre stato preso da Lila. Come tutti. Come me. Pure io invece di scrivere un libro intitolato “Quanto sono geniale”, l'ho chiamato “L'amica geniale”. Sono proprio senza speranza, maronn ro' carmin!


Bel-Air
(stagione 1, episodi 1-4)

Questa è la maxi-storia di come la mia serie
cambiata, capovolta, sottosopra sia finita
non è più una sitcom, ma è comunque uno sballo
l’atmosfera si fa cupa, però io ogni tanto lo stesso ballo
se questa è la serie che fanno a Bel-Air
per me, poi tanto male non è


Ho chiamato un Uber col mio telefonino collaudato
come su una Tesla mi sentivo gasato
quell’odioso di Carlton sta esplodendo d’invidia per me
avanti a tutta forza portami da Belén

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"Escuchame, ma io che c'entro?"

Oh, che sventola di drama, mi sento già straricco
la sitcom di prima mi puzza di vecchio
guardate adesso gente in streaming chi c'è
il principe Willy, lo svitato ma più serio di prima di Bel-Air


La reazione di Will Smith a questo rap di Pensieri Cannibali



Da evitare

The House

Vado a vedere questa serie, anzi questo film antologico in stop-motion in tre parti, salutato da alcuni come un capolavoro, come il futuro dell'animazione, come un gioiello da non perdere, e dopo pochi istanti mi chiedo: "Ma che è 'sta poracciata assurda?!?"

Ci stanno dei pupazzetti (in)animati in delle storielle miserelle che al confronto io quando ero un bambino e giocavo con i miei pupazzetti riuscivo a creare delle cose parecchio migliori. Se questo è un capolavoro, io da bimbetto nella mia cameretta ogni giorno ideavo dei mega-capolavori. Peccato, o forse sarebbe meglio dire per fortuna, non ci fosse Netflix a diffonderli in tutto il mondo.



Guilty Pleasure
The Big Leap - Un'altra opportunità
(stagione 1)
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"Mi stai dicendo che non c'è più posto al GF VIP e quindi devo fare un reality sulla danza?"

The Big Leap è come un incrocio tra UnREAL e Glee. É come guardare un reality show e una serie TV comedy-drama allo stesso tempo. É una visione un pizzico trash, ma è anche ben scritta. Ha dei personaggi cui appassionarsi e altri da odiare. A tratti fa ridere, mentre in alcune scene fa quasi venire una lacrimuccia. Insomma, c'è di tutto e anche di più dentro questa serie che al termine di ogni episodio fa venire voglia di vedere cosa succede dopo. Sì, ma di cosa parla?

Di un gruppo di persone "normali", non ballerini professionisti, che partecipano a un reality show per formare una compagnia di ballo amatoriale che metta in scena Il lago dei cigni. E soprattutto parla di seconde opportunità. Voi intanto cominciate a dargliene una prima, di opportunità.


E nel cast c'è anche l'ex ragazza del Coyote Ugly!
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"Carramba! Che sorpresa."



Cotta del momento
Lucrezia Guidone e Carolina Sala (Fedeltà)


Su Netflix ci sta una serie italiana intrigante e sexy. Un po' una muccinata, a volerla guardare da vicino, cosa che per qualcuno può essere un pregio, per altri un difetto mortale. La cosa più interessante di Fedeltà comunque è il dilemma oserei direi shakespeariano cui si trova di fronte quello sfortunato di Michele Riondino: meglio la moglie Lucrezia Guidone, o la sua studentessa Carolina Sala?

Per scoprirlo, dovete guardarvi la serie. Non sono manco stato pagato per dirlo, però in privato se volete vi lascio le indicazioni per farlo.


Mi stai diludendo, vuoi che muoro? Award
Inventing Anna
(stagione 1)

Se non ci fosse Anna Delvey bisognerebbe inventarla... ma anche no!

Inventing Anna è la nuova serie creata da Shonda Rhimes, una delle regine del piccolo schermo. L'autrice di Grey's Anatomy e di Scandal. La produttrice di Bridgerton e Le regole del delitto perfetto. Una che le regole per un guilty pleasure perfetto le conosce bene. O almeno finora.

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"Emily in Paris, sono pronta a infrangere il tuo record di selfie in una serie sola."

Le premesse per un nuova hit c'erano. Inventing Anna è la storia (vera) di una tipa che ha truffato l'alta società di New York e ha come protagonista una delle star più brave e richieste del momento: Julia Garner. Poteva venire fuori una specie di versione thriller di Gossip Girl, invece ci si concentra più che altro sull'inchiesta giornalistica dietro al caso. Cosa che non sarebbe necessariamente un male.

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"Spara pure tutte le tue critiche, Pensieri Cannibali, che io me le segno e poi te le faccio pagare una per una."

Peccato che la serie ce la metta tutta per risultare fastidiosa, riuscendoci. Per il contorno da inchiesta giornalistica che alla Rhimes non si addice per niente, ma soprattutto per la protagonista, Anna. Un personaggio sulla carta, e nella vita reale, esplosivo, che poteva essere un incrocio tra Blair Waldorf e Hannibal Lecter. Con il finto accento russo escogitato da una deludentissima Julia Garner finisce invece per sembrare un incrocio tra Ivan Drago e Jared Leto in House of Gucci. Lo so che in quel (pessimo) film Jared cerca di fare l'accento italiano, ma questo andate a dirglielo a lui, mica a me.

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"Per essere più credibile ho anche ripetuto un noto detto italiano:
io ti spiezzo in due."

Più che Inventing Anna, questa serie si sarebbe dovuta chiamare Hating Anna. Shonda, mi spiace, ma questa volta hai cannato. 


Serie più WTF del mese, e forse di sempre
La donna nella casa di fronte alla ragazza dalla finestra
(stagione 1)
Io ne ho viste serie che voi umani non potreste immaginarvi. Nonostante la mia esperienza ormai pluridecennale con i telefilm, e il fatto che li chiami ancora telefilm la dice lunga sulla mia senilità, qualcosa di così assurdo e inverosimile come La donna nella casa di fronte alla ragazza dalla finestra non credo di averlo mai visto prima.

In apparenza è un thriller come tanti, un Veronica Mars che incontra La finestra sul cortile. In realtà, oltre al titolo di wertmülleriana lunghezza, presenta alcuni dettagli e alcune svolte pazzesche che vanno al di là di ciò che si ritiene possibile, persino per gli standard di una fiction gialla, e almeno un colpo di scena geniale. 

Non ho capito se sia un thriller che si prende sul serio o una parodia del genere, e non ho capito nemmeno se mi sia piaciuta o meno, questa donna nella casa etc., ma di sicuro ha saputo sorprendermi come poche altre serie.





Belfast & Furious





Belfast

Bel film, Belfast. Se volete un'opinione fast, eccola.


Se invece volete un'analisi approfondita, mi sa che avete sbagliato persona, blog e pure città. Io al massimo vi posso decantare la bellezza della mia Casale Monferrato. Magari non in questo momento, perché così su due piedi non mi viene in mente niente di bello, ma sono sicuro che se ci rifletto quei due o tre mesi abbondanti qualcosa la trovo.

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"Evvai, ho trovato una cosa bella di Casale Monferrato!"
"Quale?"
"Ah no, mi sono confusa con un'altra città."

Bella città, Belfast. Sì, però era anche un posto in cui era difficile vivere, nel 1969. Ne sa qualcosa Kenneth Branagh, che ha raccontato in maniera semibiografica la sua infanzia nel film intitolato appunto Belfast. Cosa succedeva a Belfast, nel 1969? Ma che non l'avete studiata la Storia, brutti somari?

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"La vuoi vedere la mia stanza dei giochi?"
"Se c'hai anche il Monopoly, sì."

Io comunque non sapevo molto del clima in Irlanda in quel periodo, fortuna che c'è il cinema che mi aiuta a colmare un po' della mia ignoranza. Fortuna che c'è il cinema che rende tutto più bello, magico e anche tormentato. Fortuna che c'è il cinema in lingua originale, perché questa è una pellicola che va ascoltata godendosi lo spettacolare accento irlandese. Fortuna che ci sono film come Belfast, che raccontano una piccola storia e allo stesso tempo insegnano la Storia.
(voto 7,5/10)





Kanye West Side Story





West Side Story

A chi non piacciono i musical in America?
Questo film è stato un flop in America
forse i musical non tirano più in America
ma a me piacciono ancora i musical fatti in America

Con i musical ho un rapporto di amoreodio. Ci sono quelli come La La Land e Moulin Rouge! che mi fanno venire voglia di scendere in strada e mettermi a cantare così, a caso, in mezzo alla gente, e chissene se tutti pensano che sono pazzo.

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"Sul serio c'è gente che si mette a ballare per strada?"
"Mah, io non ho mai visto nessuno farlo."

E poi ci sono quelli come Les Misérables e Mary Poppins che mi fanno venire voglia di andare in giro con i tappi per le orecchie pronti. Sai mai che qualcuno dopo averli visti si mette in testa di scendere in strada e mettersi a cantare così, a caso, in mezzo alla gente, come se fossero pazzi.

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"Io me ne volo via da questo blog di merda."

Temevo molto il remake di West Side Story. Un po’ perché l’originale rientrava nelle seconda categoria, quella dei musical che trovo insopportabili. Un po’ perché a dirigerlo c’era Steven Spielberg, uno che per me non azzecca un film da La guerra dei mondi del 2005. Com’è andata?


A sorpresa promuovo la versione spielberghiana di West Side Story. Non a pieni voti, ma la promuovo. Tra le cose che non mi hanno convinto molto ci sono le canzoni, che sono rimaste del tutto fedeli a quelle originali, mentre io speravo in riletture più urban, più hip hop, più contemporanee. Mi immaginavo più un Kanye West Side Story, però era solo un mio viaggio mentale.

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"E io adesso che c'entro?"

Ho trovato poi un po’ moscetti e poco affiatati tra di loro i due protagonisti, un Ansel Elgort che mi era sembrato più danzereccio e musicale in Baby Driver - Il genio della fuga, benché quello non fosse un musical, e l’esordiente Rachel Zegler, caruccia e tutto, però quando si mette a cantare non si può sentire.

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"Ti amo."
"Ma mi conosci da appena 5 minuti."
"Eh lo so, però qui nella casa del Grande Fratello i sentimenti sono amplificati."
"Ma non siamo nella casa del Grande Fratello."

A rubar loro la scena ci pensano i comprimari. Una fantastica Ariana DeBose, giustamente nominata agli Oscar.


E Mike Faist, ingiustamente non nominato agli Oscar.


La storia, un incrocio tra Romeo + Giulietta e I guerrieri della notte, non è proprio il massimo dell’originalità, ma tutto sommato fa il suo dovere. A rendere il tutto più trascinante ci pensa lui, sì proprio lui. Sto parlando di Steven Spielberg con cui, così come con il musical, ho sempre avuto un rapporto conflittuale.


Dopo una lunga serie di film soporiferi, da War Horse e Lincoln a Il ponte delle spie e Il GGG - Il grande gigante gentile, finalmente il vecchio Spielby torna a girare con il ritmo e l’eccitazione di un giovinetto al primo film. Quasi fosse un giovane Dawson Leery.

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"Jen, secondo te dove devo appenderlo il poster di West Side Story?"
"Io ero venuta qua per scopare, Dawson, ma se preferisci continuiamo a parlare dei film di Spielberg."

A questo giro Steven Spielberg m’ha fatto venire voglia di scendere in strada a cantare.

I feel pretty
oh so pretty
manco fossi
pretty woman
(voto 7+/10)




La figlia oscura dell'amica geniale





La figlia oscura (The Lost Daughter)

Una professoressa inglese trascorre le vacanze in un’isola greca e qui fa amicizia con una famiglia di turisti. Amicizia è una parola grossa. Diciamo che inizia un rapporto particolare con loro. Prende così il via una pellicola in cui le cose non vanno come ci si potrebbe aspettare. The Lost Daughter non è il classico film vacanziero.

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"Capito?!?"

Contiene elementi thriller, ma non è un thriller. È una storia di figlie perdute, così come di madri che si sentono smarrite. Di più su cosa racconta non vi dico. Altrimenti a cosa servono i film, se le recensioni spoilerano tutto e non lasciano il piacere di scoprirli da soli?

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"Delizioso questo Cornetto Algida, ma non stiamo facendo product placement, no no.
Questo è proprio uno spot."

Post finito qui, quindi?
No. Vi dico anche che The Lost Daughter è l’esordio da regista dell’attrice Maggie Gyllenhaal, la sorella di Donnie Darko, quella che gli dava del “ciucciascopate”, qualunque cosa significhi.


Amo in maniera particolare le opere prime. Spesso gli autori ci mettono dentro tutto quello che hanno, forse perché non sanno se qualcuno gli permetterà mai di realizzare un’opera seconda. La Gyllenhaal sfrutta l’occasione girando in maniera fresca e con la capacità di valorizzare al meglio i suoi attori, andando ad indagare sui loro corpi anche con primissimi piani.

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"Vienimi un po' più vicino con 'sta macchina da presa, Maggie, e ti denuncio per molestie."

Olivia Colman è un’interprete fenomenale, solo che a volte mi sembra troppo impostata e teatrale, mentre qui recita finalmente in maniera naturale.

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"Dakota, mi spiace per te, ma non stiamo ballando un pezzo dei Coldplay.
Anche perché sono imballabili."

Così come Dakota Johnson appare più bella e brava che mai. Per alcuni è e sarà sempre “la tipa zoccola della saga di 50 sfumature”, però, a parte che a farsi sculacciare davanti al mondo intero ci va un coraggio non comune, film dopo film sta dimostrando di essere molto più di quello.

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"Sono molto più della tipa zoccola della saga di 50 sfumature.
Sono anche la tipa del cantante dei Coldplay e la figlia raccomandata di Melanie Griffith e Don Johnson."

Maggie Gyllenhaal regala anche un piccolo ruolo a suo marito, Peter Sarsgaard, uno dei miei attori preferiti. “Piccolo ruolo” non è la definizione corretta. Come diceva qualcuno: “Non esistono piccoli ruoli, esistono piccoli attori” e di certo Peter Sarsgaard non è un piccolo attore, nononostate spesso sia sottovalutato e sottoutilizzato. Quando compare sullo schermo, pur con pochi minuti a disposizione, sa come rimanere impresso. Per questo mi ricorda un po’ il compianto Libero De Rienzo, altro grande attore spesso sottoutilizzato.

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"Per avere la parte, m'è toccato portarmi a letto la regista, lo ammetto."

Oltre a convincere dietro la macchina da presa, la Gyllenhaal dimostra di saperci fare anche con la penna, firmando un’ottima sceneggiatura, premiata all’ultima Mostra del Cinema di Venezia e nominata agli Oscar 2022, tratta dal romanzo La figlia oscura, scritto dall’amica geniale Elena Ferrante. Il suo The Lost Daughter non è un lavoro che cerca in alcun modo di far contento il pubblico, privo di personaggi simpa com’è, eppure riesce comunque a conquistare e a farsi volere bene. Soprattutto, riesce a stupire. Non sarà la pellicola che volevamo, ma è quella di cui avevamo bisogno. Sorpresa.
(voto 8/10)




Madre: il titolo non è il massimo dell'originalità, il film invece lo è





Madre

Madre di Dio, che film!

Tutto è partito quando ha parlato di Lasciarsi un giorno a Roma, romcom con Edoardo Leo e la spagnola Marta Nieto. Anziché commentare questo film, la gente mi ha consigliato di recuperare Madre, una precedente pellicola con protagonista Marta Nieto.


Terminati i nuovi episodi di Euphoria e L'amica geniale avevo voglia di qualcos'altro in grado di travolgermi con altrettanta potenza e così sono andato a vedermi Madre, forte dei consigli entusiastici. La visione ha superato persino le già alte aspettative. È un film clamoroso. Parte in un modo e poi si evolve in un altro e non sai mai come possa proseguire e dove andrà a finire.


Sono arrivato a 40 anni. Pensavo di essere vecchio, e forse lo sono. Pensavo di aver già visto tutto, e invece ho scoperto che ci sono delle cose ancora in grado di stupirmi. Alcune in negativo, altre, ed è il caso di Madre, assolutamente in positivo. Ringrazio allora quelli che me l'hanno consigliato e passo il favore. Prendete e guardatene tutti: questo è il mio film, offerto in sacrificio per voi.
(voto 8,5/10)

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"Va bene, lo guardo.
Adesso però basta chiamarmi per dirmelo!"




Red: un pezzo sul film Disney-Pixar, non su Red Ronnie





Red
Titolo originale: Turning Red
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"No, non guardare le mie vignette. Sono imbarazzanti!"

Quando mi piace un film della Disney, e in questo caso pure parecchio, mi chiedo sempre se è la Disney che sta cambiando, o se sono io che sto cambiando.

Hey, perché mi sto trasformando in un grosso orso rosso?










(voto 8/10)




Il filo invisibile, che a volte non è nemmeno così invisibile





Il filo invisibile

C'è un filo invisibile che lega le persone. Non tutte in tutte il mondo. Alcune. C'è ad esempio un filo, nemmeno così invisibile, che lega Francesco Gheghi a Timothée Chalamet. In pratica, Francesco Gheghi è il Timothée Chalamet italiano. Si somigliano a tal punto che se una mattina Timothée, per uno strano scherzo del destino alla Freaky Friday, si dovesse svegliare dentro al corpo di Francesco Gheghi, ci metterebbe qualche giorno a rendersene conto.

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"Ciao sono Francesco Gheghi.
O forse sono Timothée Chalamet. Chi può dirlo?"

Dopo aver recitato in Io sono tempesta, Mio fratello rincorre i dinosauri e Padrenostro, Francesco Gheghi ne Il filo invisibile ha il ruolo di un teenager con due padri e una madre surrogata. Un esempio di modern family che sarebbe bello vedere in prima serata su Raiuno e che invece per il momento è a disposizione solo su Netflix.

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"Su Raiuno?"
"Sì, certo come no."
"AHAHAH!"

È interessante notare come oggi gli attori, anche in Italia, facciano quasi a gara per interpretare ruoli gay. Una volta non era così. Basta tornare indietro soltanto di pochi anni, quando un film come I segreti di Brokeback Mountain è stato rifiutato da star come Leonardo DiCaprio, Brad Pitt e Matt Damon. Il sì di Heath Ledger e Jake Gyllenhaal ha cambiato tutto. Sono stati loro a sdoganare definitivamente le parti gay tra gli attori uomini nel mainstream. Una fortuna per il cinema, non certo un'imposizione della dittaturah del politically correct.

Nel caso de Il filo invisibile, a cimentarsi con la sfida sono Filippo Timi e l'ipermascolino Francesco Scianna che, salvo qualche raro momento un po' macchiettistico, superano brillantemente la prova.

Oltre a mostrare che una coppia gay ha gli stessi problemi di una coppia etero, giusto qualcuno in più a causa della burocrazia italiana, Il filo invisibile è anche un film coming of age. Una pellicola su un teenager che affronta gli stessi problemi di un teenager con un padre e una madre. Lo so che questa per molti può anche risultare una cosa scontata, ma non mi sembra ci siano poi così tanti film, specie in Italia, che mettono in scena realtà di questo tipo, quindi ben venga.

Al di là della sua funzione "sociale", Il filo invisibile funziona sia nella sua parte più comedy che in quella più drama. E poi c'è il Timothée Chalamet italiano, che altro aspettate per guardarlo?
(voto 6+/10)

P.S. Oltre al Timothée Chalamet italiano, c'è anche la Imogen Poots italiana.



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