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THE IMITATION GAME - GUERRA FAI DA TE? NO ALAN TURING? AHI AHI AHI!

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Ai tempi della Seconda Guerra Mondiale non esisteva Internet – l'avreste mai detto? – e i film che non erano strettamente di propaganda bellica, come lo era ad esempio American Sniper, trovavano difficoltà a essere distribuiti. Per gli appassionati di cinema era quindi dura vedere le pellicole e ancora più dura parlarne. All'epoca ci si arrangiava come si poteva. Pensieri Cannibali, che esisteva già dai tempi dei Lumiere battuto a macchina da scrivere, durante il periodo della World War II poteva comunicare con i suoi lettori solo attraverso dei brevi messaggi cifrati che venivano diffusi attraverso le onde radio.
Volete un esempio?
Prendiamo un messaggio cifrato a caso dall'anno 1939.

Ore 6:00
The Imitation Game è una bella giornata. Non una giornata di sole da Oscar. Non un capolavoro di giornata di quelle da ricordare per tutta la vita. Solo una gran bella giornata da godersi dall'alba al tramonto.
Heil Cannibal!

Per anni gli storici si sono interrogati per cercare di capire cosa volessero dire messaggi come questo. Dopo aver arruolato le più brillanti menti e i più fini cervelli di Gran Bretagna e del mondo, credendo contenessero preziose e segretissime istruzioni militari, gli studiosi scoprirono infine che si trattava solo di inutili recensioni cinematografiche mandate da Pensieri Cannibali a quei 3 o 4 lettori che lo seguivano.
La reazione di queste esimie menti a questo punto è stata: “E noi abbiamo buttato le nostre preziose vite nel cesso per decifrare 'ste recensioni fatte con il buco del culo che Alessandro Manzoni al confronto sembra Shakespeare?”.

Per farsi in qualche modo perdonare, Pensieri Cannibali ha deciso di pubblicare oggi una nuova recensione, più completa e approfondita, della pellicola The Imitation Game. Purtroppo molte delle geniali menti che hanno lavorato alla decriptazione dei messaggi ormai sono o decedute oppure sono troppo vecchie per sapere usare un computer/iPhone/tablet, ma Pensieri Cannibali si augura che i loro eredi possano apprezzare un simile magnanimo gesto.


The Imitation Game
(UK, USA 2014)
Regia: Morten Tyldum
Sceneggiatura: Graham Moore
Ispirato al libro: Alan Turing. Una biografia di Andrew Hodges
Cast: Benedict Cumberbatch, Keira Knightley, Matthew Goode, Rory Kinnear, Charles Dance, Mark Strong, Allen Leech, Matthew Beard, James Northcote, Tuppence Middleton
Genere: enigmatico
Se ti piace guarda anche: La teoria del tutto, Sherlock

The Imitation Game è il pacchetto completo. Non un film solo, ma tre film in uno. Come una ragazza che è allo stesso tempo bella, simpatica e intelligente.
Dite che non esiste?
Può darsi. Se parliamo di film, invece, il pacchetto completo l'ha confezionato tale Morten Tyldum, questo il nome del regista norvegese della pellicola. A livello registico, se vogliamo dirla proprio tutta, la pellicola non è che si segnali in maniera particolare, nonostante l'inspiegabile nomination agli Oscar. A colpire nel segno in compenso c'è la sceneggiatura che l'esordiente Graham Moore ha tratto dal libro Alan Turing. Una biografia, scritto da Andrew Hodges. Dentro questo script c'è la vicenda thriller, c'è il racconto storico e c'è il biopic incentrato su Alan Turing. Come vi dicevo sopra, tre film al prezzo di uno. In pratica, se siete in fila al cinema indecisi se andare a vedere un thriller come L'amore bugiardo, un film storico come Jimmy's Hall e un biopic come Big Eyes, puntate su The Imitation Game che vi troverete dentro un po' di tutto.

Siamo dunque di fronte a un film perfetto, a un capolavoro?
No. The Imitation Game è una buona pellicola, però si arriva alla fine con la sensazione che manchi qualcosa. Come se, nel voler essere troppe cose insieme, non riesca a incidere nei singoli aspetti.
La componente thriller è giusto un pretesto utilizzato in maniera molto furba, e molto azzeccata, all'inizio per catturare immediatamente l'attenzione dello spettatore. Una volta conquistata questa, cosa che molte pellicole non sanno fare, The Imitation Game prende la strada del racconto storico. L'ubiquità del film non sta solo nello spaziare tra generi, ma pure tra epoche temporali diverse. Il cuore della vicenda si svolge comunque durante la Seconda Guerra Mondiale, più precisamente dopo che la Gran Bretagna entra nel conflitto contro Hitler e nasce la necessità di decifrare i messaggi cifrati con il misterioso Codice Enigma che gli Alleati del Male usavano per comunicare tra loro.
Come fare?


I britannici convocano alcune delle menti più brillanti del paese, degli esperti nel risolvere problemi, enigmi, cruciverba e pure sudoku, tra cui il più geniale (e anche il meno egocentrico) tra tutti, ovvero Alan Turing. The Imitation Game inserisce a questo punto al suo interno la parte più tipicamente da biopic. Con mia somma sorpresa, ho scoperto che questo Turing era un grande. Non era magari la persona più simpatica e alla mano del mondo, però era un grandissimo. Cosa che non avrei mai detto alla vigilia della visione. Le uniche volte che l'avevo sentito nominare è stato ai tempi del liceo durante le lezioni di fisica, la materia in cui andavo peggio. La materia in cui credo di essere stato il peggiore studente in Italia, in quel periodo. Sono andato all'esame di maturità con il 4 in quella materia e pensate che me l'hanno pure dovuto alzare, visto che avevo la media del 3 e mezzo. La scuola fa proprio male. Se c'è una cosa che ti insegna, è odiare le cose che ti insegna.

"Mmm... mi  sa che devo inventare un aggeggio per imparare a usare quest'aggeggio.
Che poi cosa diavolo è?"

Prima di vedere il film, per colpa delle lezioni liceali, Turing mi stava profondamente sulle balle. Dopo aver visto il film, è diventato uno dei miei nuovi idoli e modelli esistenziali. Non che voglia diventare un fisico e, considerata la mia media scolastica, per il mondo si può considerare soltanto un bene, però la sua passione nel cercare soluzioni a un problema è una vera fonte di ispirazione. Inoltre aveva una personalità eccentrica, molto singolare, ed era un uomo troppo avanti per i suoi tempi. Uno che già negli anni '30/'40 si immaginava i personal computer moderni.
ATTENZIONE SPOILER
Alan Turing inoltre ha salvato il culo a una buona parte dell'umanità, visto che, senza di lui, chissà se e quando la Seconda Guerra Mondiale sarebbe finita. Non mi piace usare la parola eroe, ma se devo usarla è per lui, non certo per un cecchino American Idiot in Iraq.
FINE SPOILER

Alan Turing in pratica è un idolo totale e questo, se fosse solo per il liceo, non l'avrei mai saputo. I film sì che sono una scuola utile. A riportare in vita questo personaggio su grande schermo ci pensa un ottimo Benedict Cumberbatch. Ottimo ma, sarà che per una volta ho visto la pellicola doppiata e non in lingua originale, non mi è sembrato da Oscar. Non quanto l'Eddie Redmayne che in La teoria del tutto ha impersonato quell'altro genio di Stephen Hawking. Due biopic, due ottimi biopic, su due personaggi del genere? Cosa sta succedendo al mondo? I fisici sono le nuove rockstar?
Questa è un'ulteriore conferma che il rock è davvero morto!

"Eddie Redmayne, ma che razza di nome è?"
"E Benedict Cumberbatch? Persino un genio come Stephen Hawkins mi ha confessato di non saperlo pronunciare."

Il film è stato accusato da molti di essere un prodotto costruito a tavolino per sbancare agli Oscar. A queste illazioni rispondo che no, secondo me non è così. Non del tutto. The Imitation Game può essere stato costruito apposta per trionfare ai BAFTA, è vero, ma dall'altra parte dell'Oceano invece non tutti saranno disposti ad abbracciare con totale favore un lavoro che, contrariamente a ogni film a stelle e strisce sulla Seconda Guerra Mondiale, ci mostra come il mondo sia stato salvato non tanto dall'esercito degli Stati Uniti, quanto da un fisico inglese e pure gay.
Se il protagonista funziona alla grande e il photobomber professionista Cumberbatch riesce a staccare con personalità la sua interpretazione da quella di un personaggio geniale e particolare simile a Turing come Sherlock, convince un po' meno il contorno. Da A Dangerous Method in poi ormai Keira Knightley la vedo con occhi differenti e non riesco più ad apprezzarla come un tempo ma, al di là di questo mio trauma personale, le nomination a Golden Globe e Oscar per la sua performance in questo film mi sembrano un regalo generosissimo. Gli altri personaggi della pellicola sono poi troppo esili per segnalarsi in maniera precisa.

"Suvvia, Benedict, in A Dangerous Method non ero così terribile come sostiene Cannibal."
"No??? Se ci penso mi viene da piangere ancora adesso."

La sensazione che al film manchi qualcosa non riguarda però i comprimari, quanto proprio il mitico protagonista. Sarà che la tematica dell'omosessualità viene affrontata in maniera troppo lieve, o sarà che il personaggio era uno di quelli troppo riservati e misteriosi per poter essere colti del tutto, ma arrivato alla fine di The Imitation Game ho avuto come l'impressione di non aver risolto in pieno l'enigma Alan Turing. Come un cruciverba che sei vicino a completare, però un paio di definizioni non riesci proprio a beccarle. E non vale fartele suggerire.
(voto 7/10)

BIG EYES, GLI OCCHIONI SONO LO SPECCHIONE DELL'ANIMONA

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Big Eyes
(USA 2014)
Regia: Tim Burton?
Sceneggiatura: Scott Alexander, Larry Karaszewski
Cast: Amy Adams, Christoph Waltz, Danny Huston, Krysten Ritter, Jason Schwartzman, Terence Stamp, Jon Polito, Guido Forlani, Elisabetta Fantone, James Saito, Dalaney Raye, Madeleine Arthur
Genere: falso d'autore
Se ti piace guarda anche: Ho sparato a Andy Warhol, Basquiat, Factory Girl, Pollock, La ragazza con l'orecchino di perla

Mi sono sempre piaciute le tette grosse. Questo magari lo potevate già immaginare. Una cosa che credo invece di non aver mai detto è che mi piacciono parecchio anche gli occhi grossi. Chiamatela se volete sindrome da Gatto con gli stivali. Difficile ne rimanga indifferente. Questa è una passione che ho in comune con Tim Burton. Quella per gli occhi grossi, intendo, quella per le tette grosse non lo so. Prendete le sue pellicole d'animazione. In Nightmare Before Christmas, La sposa cadavere così come Frankenweenie incontriamo un sacco di personaggi con gli occhioni. Non stupisce allora che il regista abbia una fissa per la pittrice Margaret Keane, celebre per i suoi ritratti di bambini e soprattutto di bambine con gli occhi enormi.

"Cannibal, se parli male di questo film mi metto a piangere."

Dietro questi quadri, a mio parere stupendi, si nasconde una storia misteriosa e parecchio affascinante, che meritava di essere raccontata. Per farlo, chi allora meglio proprio di Tim Burton, che dall'immaginario visivo di Margaret Keane ha preso ispirazione per alcuni suoi lavori?
Una scelta che sulla carta sembrava perfetta, stessa impressione avuta anche alla vigilia di Alice in Wonderland, peccato che i risultati in quel caso siano stati “leggermente” inferiori alle aspettative. Com'è andata invece con Big Eyes?
Prima di vedere il film, ho sentito il parere di molti che si lamentavano di come questo non sembrasse per niente un film di Tim Burton. Persino la sua compagna Helena Bonham Carter deve aver avuto una reazione simile. Probabilmente gli ha detto: “Non hai fatto un film burtoniano, non te la do' più!” e così tra i due la storia è finita.
Io mi sono chiesto come fosse possibile. Uno dei registi dallo stile più immediatamente riconoscibile che annulla se stesso?
Sono andato a verificare e quello che dicevano in molti non era vero. Big Eyes non è che non sembra un film di Tim Burton. Big Eyes non è un film di Tim Burton, punto.
Una volta detto ciò, dico anche che Tim Burton è un genio. È un fottuto genio.
Perché?


ATTENZIONE SPOILER
Big Eyes racconta di come i quadri dei bambini con gli occhioni firmati da Walter Keane sono diventati clamorosamente popolari all'inizio degli anni Sessanta. Ho detto Walter Keane?
Esatto. Margaret Keane dipingeva questi ritratti all'insaputa di tutti e il marito li vendeva a suo nome, di comune accordo (insomma, più o meno) con lei.
Tim Burton è un genio perché secondo me ha fatto la stessa cosa. Ha fatto girare la pellicola a un mestierante qualunque e poi ha firmato il film come se fosse suo. In questo modo è stato spaparanzato comodo sul divano di casa per tutto il tempo delle riprese e senza fare nulla ha intascato l'assegno, probabilmente lauto, della produzione. Magari pensava di farla franca. Magari non immaginava di essere smascherato, però in Big Eyes dello stile di Tim Burton non c'è davvero nulla. Io i suoi film li ho visti tutti, escluso il primo Pee-wee's Big Adventure, e qui dentro non  ho trovato traccia né dell'uomo che ha realizzato filmoni come Edward mani di forbice e Big Fish, ma nemmeno di quello che ha realizzato una schifezzona come Alice in Wonderland. Non è solo per il fatto che non è un film dark. Non è solo perchè è troppo luminoso e colorato. Anche Big Fish lo era. Qui non c'è traccia alcuna del suo modo di filmare. Non ci sono i suoi attori feticcio. Sì, c'è il suo abituale collaboratore Danny Elfman, ma le musiche non sembrano manco composte da Elfman. Non c'è il suo umorismo nero. Non c'è manco il gusto kitsch che contraddistingueva alcuni dei suoi lavori più discutibili. Non solo non ci sono le sue solite atmosfere gotiche, ma manca proprio il suo stile nelle riprese.
Prendiamo l'unica scena un po' dark del film, quella nella parte finale in cui Walter Keane dà fuoco alla casa e Margaret scappa via con la figlia. Nell'uso delle ombre siamo lontani dallo stile da cinema espressionista tedesco adottato in precedenza da Tim Burton, come anche nel recente riuscito Frankenweenie. Va bene cambiare, va bene provare cose differenti, va bene volersi allontanare in maniera anche radicale dal proprio stile, però qui sembra esserci proprio la mano di un'altra persona. L'unica cosa di Tim Burton che c'è di Big Eyes è la firma sui titoli di testa e di coda.
FINE SPOILER

Qual è allora il vero autore fantasma che ha girato Big Eyes?
Eccolo svelato in esclusiva da Pensieri Cannibali!


Una volta appurato che questo non è un film di Tim Burton, come film e basta com'è?
Mediocre. Non brutto, quanto anonimo. La mancanza di un'impronta stilistica dietro, che sia di Tim Burton o di Neri Parenti o di chicchessia, si fa sentire e questa appare come una pellicola biografica di stampo televisivo buona per un passaggio pomeridiano su Canale 5. Un modo valido per andare a scoprire la vicenda che si nasconde dietro ai quadri con gli occhioni, senza però che alcuna tematica venga affrontata in maniera particolare. Il maschilismo dell'epoca viene accennato in maniera superficiale e pure la tematica sulla carta molto interessante dell'appropriazione del lavoro artistico di un'altra persona viene ritratta senza un grosso approfondimento. Il personaggio di Walter Keane interpretato da Christoph Waltz poteva in tal senso essere uno dei più perfidi villain nella Storia del Cinema. Per quanto mi riguarda, ci sono infatti ben poche cose peggiori e più meschine al mondo di chi ruba il merito di un'opera a qualcun altro, invece il personaggio si risolve in una semplice macchietta. Un uomo sì disgustoso e fastidioso, privo però della sfaccettatura di altri characters burtoniani, a ulteriore riprova che questo NON è assolutamente un film del regista più emo-gothic-dark di tutti i tempi. Una riprova anche del fatto che Quentin Tarantino è un Dio nel dirigere gli attori, visto che Christoph Waltz pare mostruoso quando lavora con lui, parecchio meno con altri.


Prendiamo poi Krysten Ritter. Con quel suo fascino da darkona chic è il prototipo della bellezza burtoniana e potrebbe diventare la nuova Winona Ryder. Eppure qui viene utilizzata in un ruolo del tutto inconsistente. Il vero Tim Burton non avrebbe mai consentito uno spreco del genere.


Infine Amy Adams. A inizio carriera non mi convinceva del tutto, poi mi ha conquistato sempre più ruolo dopo ruolo, soprattutto nell'ultima annata con le sue parti in American Hustle e Lei. Una escalation continua, che sarebbe dovuta culminare in questo biopic per cui si è portata a casa il Golden Globe come miglior attrice protagonista in un film comedy/musical. Ero già pronto a esaltarla, a innamorarmi follemente di lei, a gridare allo scandalo perché è stata ingiustamente ignorata dalle nomination agli Oscar, a entrare in totale empatia con il suo personaggio e invece...
Niente. La sua interpretazione è valida ed è di gran lunga la cosa più notevole dell'intera pellicola, considerando anche come l'annunciata presenza della canzone “Big Eyes” di Lana Del Rey venga sfruttata brevemente in una scena già bruciata dal trailer. Solo che la sua non è una performance da Oscar e manco da nomination. È solo una interpretazione medio-buona che non è riuscita ad arrivare al mio cuore. Gli occhi sono lo specchio dell'anima, lo dice anche lei all'interno del film. Solo che io dentro agli occhioni di Amy Adams non sono riuscito a scorgere l'anima di Margaret Keane. E di sicuro nemmeno quella del presunto autore di questo falso d'autore, Tim Burton.
(voto 5,5/10)

FILM PICCOLI COSÌ

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Cosa c'è questa settimana?
Still Alice, certo, ma anche Still Cannibal e, purtroppo, Still Ford.
A commentare tutte le uscite cinematografiche del weekend ritroviamo ancora una volta la coppia più scoppiata della blogosfera, formata dal sottoscritto e dal suo nemico, alle prese con una rivalità e una divergenza di opinioni che negli ultimi tempi è tornata a svettare alla grande. Era ora!
Vediamo allora i loro (o meglio i nostri) pareri preventivi e si spera nuovamente discordanti sui film della settimana.

Still Alice
"Sono proprio una grande attrice!"
"AHAHAH! Ogni volta che lo dici, Kristen, mi fai dimenticare di essere malata."
Cannibal dice: Non sono un grande fan di Julianne Moore, ma sono curioso di verificare se in questa pellicola ha davvero tirato fuori un'interpretazione da Oscar come dicono. Sul fatto che possa essere più potente di quella di Rosamund Pike ne L'amore bugiardo resto comunque mooolto dubbioso. Rimanendo in tema di Oscar, sul fatto che Bradley Cooper sia stato preferito a Jake Gyllenhaal non ho invece alcun dubbio: quella è stata davvero una porcata degna giusto di Ford.
Ford dice: di questo film si fa un gran parlare principalmente per l'interpretazione a quanto pare straordinaria di Julianne Moore, che pare essere simile a quella che mette in scena Peppa Kid quando si tratta di demolire un film che non è in linea con i suoi gusti da pre-adolescente.
Sono curioso, anche perchè fino ad ora non ho trovato alcuna rivale rispetto a Rosamund Pike per quanto riguarda la corsa all'Oscar.

John Wick
"Puppati questo, American Sniper!"
Cannibal dice: Action che sembra servito su un piatto d'argento per Ford e la sua esaltazione personale. Anche se forse il 50enne Keanu Reeves è un action-hero troppo giovane per i suoi gusti sul necrofilo andante, muahahah!
L'ex Neo di Matrix non azzecca più un film da... boh, dai tempi in cui anche Johnny Depp girava delle pellicole decenti, credo. Qui pare che il buon Keanu sia in gran spolvero, ma l'unica cosa che sono pronto a spolverare io è la mia penna per le stroncature.
Ford dice: esaltante ritorno dell'action anni ottanta che segue la scia dell'altrettanto esaltante The Equalizer. Ovviamente l'ho già visto, ed ovviamente sarò pronto a darne una divertita interpretazione a brevissimo.
Si astengano musi lunghi e radical liberal pussilanimal come il mio antagonista.

Il nome del figlio
"Il nome del figlio di Ford è davvero Fordino?"
"Ho controllato all'anagrafe e pare proprio di sì."
Cannibal dice: Remake italiano del francese Cena tra amici. Quasi quasi lo guardo...
Quello francese, ça va sans dire.
Ford dice: italiano? Remake?
Ma neanche se lo stronca Cannibal Kid!

Sei mai stata sulla Luna?
"Raoul, spostati per favore.
Ci fai perdere l'attore più espressivo del film: lo spaventapasseri."
Cannibal dice: Ma Raoul Bova quante commediole gira in un anno? Ci credo che c'è disoccupazione. In Italia lavora solo lui.
Un'altra cosa che mi chiedo poi è: ma quell'alieno di Ford è mai stato sulla Terra?
Ford dice: sulla Luna spedirei giusto Cannibale. Grazie ad un homerun di bottigliate. In compagnia di Raoul Bova, giusto per fargli ancora più male.

Mateo
Il titolo originale era Matteo,
ma per problemi di budget si è deciso di tagliare una T.
Oh, siamo mica a Holywod!
Cannibal dice: Film colombiano presentato al Giffoni. Non ho niente contro il Giffoni, ma io da buon radical-chic preferisco i film presentati al Sundance.
Ford dice: ho davvero un sacco di cose da recuperare, prima di pensare di dover recuperare qualcosa dal Giffoni. Anche se si trattasse di un titolo interessante.

Difret – Il coraggio di cambiare
"Dai mamma, partiamo!"
"Hey ragazzina, dove credi di andare così Difret?"
Cannibal dice: Difret. Come io che scappo lontano da questo film impegnato. E già che ci sono pure da Ford, uno che certo non ha il coraggio di cambiare. Se non in peggio.
Ford dice: in questo momento della mia vita di spettatore, non ho il coraggio di cambiare. Soprattutto se questo dovesse significare prendere la via cannibale.


Minuscule - La valle delle formiche perdute
"Ma what the fuck?"
Cannibal dice: Magari ricordo male io, ma di Minuscole mi pare che ne avevamo già parlato in questa rubrica, e forse anche più di una volta. Adesso sembra che uscirà, finalmente.
Finalmente?
Finalmente magari per Ford che in queste bambinate d'animazione ci sguazza sempre alla grande. A me invece non attira un granché e quindi, considerando anche che gli insetti mi fanno schifo quasi quanto uno spottone patriottico americano spacciato per film da Oscar, lo passo al mio rivale repubblicano.
Ford dice: a furia di parlarne, se non sbaglio questo Minuscule è uscito addirittura in dvd. Ma considerata la distribuzione italiana, non mi stupirei se venisse riproposto in sala.
Comunque, tra un convegno repubblicano e l'altro, farò finta di non vederlo come fossi un democratico incapace di vedere il sangue sulle mani di un nerd gay anglosassone.

Piccoli così
"Ford ce l'ha piccolo così."
"Cannibal invece così."
Cannibal dice: Questo è un documentario sui peni piccoli e tra i protagonisti c'è anche il pistolino di Mr. James Ford. Così almeno sostiene il trailer della pellicola.
Ford dice: dovrò citare in giudizio il regista di questa pellicola per aver interpellato il mio pistolino senza prima essere passato dai piani alti. E non sto parlando del mio cervello, ma di Julez.

POSH - UNA RECENSIONE GRATIS PER VOI, BARBONI

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Posh
(UK 2014)
Titolo originale: The Riot Club
Regia: Lone Scherfig
Sceneggiatura: Laura Wade
Tratto dall'opera teatrale: The Riot Club di Laura Wade
Cast: Max Irons, Sam Claflin, Douglas Booth, Holliday Grainger, Jessica Brown Findlay, Natalie Dormer, Olly Alexander, Ben Schnetzer, Sam Reid, Matthew Beard, Freddie Fox
Genere: esclusivo
Se ti piace guarda anche: The Skulls - I teschi, L'attimo fuggente, Greek - La confraternita

Uè barboni, lo so che stavate aspettando la recensione di Posh. 7 euri e 50 cent per voi sono tanti, sono un mese di risparmi, quindi prima di spendere i soldi del biglietto del cinema dovete sapere se ne vale la pena o meno. Altrimenti ve lo scaricate da Cineblog01, che così questa sera riuscite a sfamare i vostri figli. Tanto, ve lo dico subito, questo film non fa per voi. Detesterete i suoi protagonisti, i membri del Riot Club, la confraternita più esclusiva dell'Università di Oxford. Tutti, li odierete. Dal primo all'ultimo. Probabilmente simpatizzerete invece per le zoccolette comprimarie e con quelle simpatizzerei pure io, visto che secondo me devono essere molto brave a fare lavoretti...

Hey, cosa avete capito, testine? Pensavate a quei lavoretti?
Ma no. Per chi mi avete preso? Per un volgare camionista o per un porco scaricatore di porto o per uno spazzino... pardon, operatore ecologico?
Io sono un gentleman. Mi riferivo al fatto che sono brave a fare lavoretti, tipo una, la sexy Jessica Brown Findlay, come lavoretto fa la cameriera. Nella sua vita privata poi magari fa anche altri lavoretti, però questo non sono io a dirlo. Un'altra invece fa proprio quei lavoretti per campare. È una escort. Avete notato con quale eleganza ho detto escort e non mignottone? In questa parte c'è Natalie Dormer, quella di Game of Thrones che io mi guardo in diretta direttamente dagli USA perché sono abbonato a HBO, non faccio mica il pezzente che se la scarica a sbafo con BitTorrent come tutti voi barboni. Se continuate così, mandate l'industria a puttane, e scusate il francese che io ho studiato direttamente sulla Côte d'Azur e mica con i corsi della De Agostini come voi. Volete mica che Natalie Dormer, anziché prendere il suo bello stipendio dalla HBO, sia costretta a spalancare per davvero le gambe per potersi guadagnare da vivere?

"Ma che ti sei messo? Manco in Game of Thrones ci vestiamo in maniera tanto ridicola."
"Per forza, in Game of Thrones siete sempre nudi!"

Beh, forse non sarebbe così un male. Comunque, non era ciò che volevo dire. Quello che volevo dire è che gli unici personaggi che voi poveri straccioni troverete in qualche modo positivi sono quelli femminili. Oltre alle due puttanell... fanciulle sopra menzionate, c'è pure Holliday Grainger, già vista nei Borgia, in Bel Ami, Anna Karenina, Jane Eyre e tutte quelle stronzate in costume che guarda la mia mami quando si stufa di giocare con gli schiavi.
Schiavi?
Ho detto schiavi? Oops, che parola brutta. Non si dice! Non è politically correct! Se li chiamo maggiordomi, colf e puliscicessi siete più contenti?

Adesso comunque basta parlare di 'ste tre poverette. Sarete anche gnocche e tutto, però pussate via, pussys. Parliamo dei personaggi fondamentali di codesto film, figo già dal nome: Posh, come la mia Spice Girl preferita, Victoria Beckham. Quella che ha capito come gira the world e si è sposata con il calciatore pieno di ca$h. E pure bono, proprio come i protagonisti della pellicola. Non prendetemi per una checca isterica o per un sodomita, però quando un uomo è bono, lo si può riconoscere liberamente. Non sto mica a fare discriminazioni sessuali come voi poveri piccolo-borghesi benpensanti. Un culo è un culo, non stiamo tanto a fare gli schizzinosi. Quelli schizzinosi saremmo poi noi ricchi? Solo perché stasera io ceno all'Epicure di Paris e voi andate sotto casa a prendervi un kebab? Noi avremo anche la puzza sotto il naso, ma voi c'avete la puzza di döner kebab sotto casa.
I protagonisti di questo film sono uno più figo dell'altro. Douglas Booth, Max Irons e Sam Claflin più che tre ragazzi normali sembrano tre esperimenti usciti da una versione al maschile de La donna esplosiva, quel cult movie degli anni '80 che anche voi pezzenti avrete visto perché lo davano sempre su Italia 1 e su tutti quei canali free generalisti che vi mandano in pappa il cervello. Io guardo solo canali pay. Non importa cosa diano. Devono essere pay altrimenti spengo il televisore al LED full HD 3D a 85 pollici che tengo nel cesso.
I tre wild boys non sono solo belli, non sono solo simpatici da morire, ma sono pure intelligenti, visto che studiano a Oxford. Un po' perché papi ha pagato loro la profumata retta e magari ha contribuito con qualche donazione al college, proprio come ha fatto il mio, però un minimo c'hanno anche testa. O se non altro c'hanno il taglio di capelli giusto. Anche quello è avere testa, ma cosa ne sto a parlare con voi che probabilmente andate a farvi tagliare i capelli per 10 euro dai cinesi?

"Siamo più fighi dei One Direction!"
"Perché, i One Direction sono fighi?"
"Io ho tutti i loro dischi... ehm, volevo dire che li sento solo se li passano in radio."

Visto che di soldi per andare al cinema non ne avete e vi sconsiglio di scaricarlo da Internet per non danneggiare l'industria dell'intrattenimento mondiale, ammesso e non concesso che abbiate un abbonamento Internet e non stiate scroccando persino questa recensione sul computer della biblioteca, vi dico che Posh potete anche non guardarvelo. Guardatevi The Skulls - I teschi, quel vecchio film con Joshua Jackson e Paul Walker che ormai è una vita che danno sulle reti free da voi tanto amate e che racconta di una confraternita universitaria esclusiva molto simile. Tanto Posh è una visione troppo raffinata per i vostri poveri occhi. D'altra parte la regia è firmata da Lone Scherfig, quella di An Education, l'elegante film che ha lanciato la deliziosa Carey Mulligan e quindi lei sì che c'ha l'occhio lungo per i giovani talenti. Oltre ai nomi già citati fino ad ora, segnatevi pure quelli di altre due presenze del cast di cui in futuro sentiremo ancora parlare: Ben Schnetzer, visto in Storia di una ladra di libri e Pride, e quel nerd di Olly Alexander, attore di God Help the Girl, Skins e Penny Dreadful e pure cantante della band Years & Years, incoronata “soltanto” come gruppo più da tenere d'occhio nel 2015 da BBC Radio. Voi però continuate ad ascoltarvi RTL 102.5 very normal people, sfigati!

"Sì, è un mio ritratto personale. Perché, voi non ne avete uno in casa?"

Che altro dire? La regia di Posh non farà gridare al miracolo, però è ben curata, di certo più di quanto non siano curate le vostre case popolari. Così come la storia non sarà la più originale del mondo, eppure ha un buon crescendo che raggiunge il suo climax quando i ragazzi idoli di Oxford vanno in trasferta per una serata fuori in un pub pieno di gente qualunque, quelli della classe medio-bassa come voi. È lì che il film raggiunge il suo potenziale in pieno o quasi, dopo una prima parte che ci mette un pochino a carburare, come una Lambo che ha già 2 o 3 anni sul groppone e non ti resta altro che usarla giusto per andare a fare la spesa. Non che io vada a fare la spesa. Di quella si occupano i miei schiavi... pardon, i miei camerieri e tuttofare. Era solo così, un modo di dire. Non bisogna dimenticare infine pure la valida colonna sonora, che sfoggia l'esaltante retrò chic “Good Times” di Eric Burdon and The Animals, più un brano inedito scritto per l'occasione da Graham Coxon dei Blur, mica la roba da radio FM da quattro soldi della vostra amata RTL, che vi ascoltate solo perché non costa manco quattro soldi ma zero.
In ogni caso voi andate a guardarvi The Skulls, o magari Poveri ma belli. Questo invece è un film che si poteva intitolare Ricchi ma pure belli ma pure intelligenti, ma se la tirano pure poco, perché bisogna sfatare il mito che tutti noi ricconi ci crediamo chissà chi. Io ne sono la prova vivente. Io sono qui a regalarvi questi miei preziosi consigli di cinema e oserei anche direi di vita. Vi faccio per caso pagare per questo?
No, è un servizio che offro gratis a voi umili morti di fame. Altroché Caritas, altroché Gesù, io sì che sono un benefattore dell'umanità. Prendete e leggetene tutti. Se sapete leggere, poveri ignoranti.
(voto 6,5/10)

THE GUEST - L'OSPITE È COME IL PESCE, DOPO 3 GIORNI... AMMAZZA

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The Guest
(USA 2014)
Regia: Adam Wingard
Sceneggiatura: Simon Barrett
Cast: Dan Stevens, Maika Monroe, Brendan Meyer, Sheila Kelley, Leland Orser, Lance Reddick, Joel David Moore, Ethan Embry
Genere: figata
Se ti piace guarda anche: Drive, The House of the Devil

Ci sono i film fighi e poi c'è The Guest: La Figata.
Non ci credete? Andate a controllare sul vocabolario Treccani edizione aggiornata e vedete se mento.

Figata: «s.f. e agg. [dal greco σῦκον «Jessica Chastain»] Cosa, situazione, fatto, ecc. riusciti bene, che piacciono molto, che danno eccitazione, emozione, divertimento: la festa di ieri è stata una gran f.. Questa sera ho visto una f. di film: The Guest.»

Uno legge la trama della pellicola e dice: “Beh, tutto qua? Cosa c'è di tanto figo?”
Niente. La vicenda raccontata non è così pazzesca o mai sentita. Un soldato congedato dall'esercito si presenta a casa della famiglia di un suo amico morto sul campo. Rimane per un po' a stare lì e si inserisce nelle loro vite. In quelle dei genitori così come in quelle dei due fratelli teenager dell'amico, un ragazzino vittima dei bulli nel suo liceo e una bella fighetta (Maika Monroe, da tenere mooolto d'occhio) di 21 anni. Quasi 21 anni. Una storia non così nuova o troppo particolare, ve l'ho detto.


A rendere figo ma Figo con la F maiuscola il tutto sono principalmente due elementi:
1) La colonna sonora, dalle tinte 80s ed elettroniche, è la più stilosa dai tempi di Drive. Scaricatela Ascoltatela che è un vero gioiellino, in cui spiccano l'ipnotica e melanconica “Anthonio (Berlin Breakdown Version)” di Annie e chicche tirate fuori dall'autoradio della DeLorean temporale come “Haunted When The Minutes Drag” dei Love and Rockets e “Masquerade” dei Clan of Xymox.
2) Il protagonista Dan Stevens, che finora si era visto giusto in quella menata di Downton Abbey, qui nei panni del misterioso soldato David è un idolo totale. È l'Idolo totale. Se siete donne vorrete farvelo. Se siete gay vorrete farvelo. Se siete uomini etero vorrete... farvelo comunque. È troppo un grande. Sì, è anche un pazzo furioso, però è troppo un grande.
Pure lui si è guadagnato una menzione d'onore sul vocabolario Treccani. Almeno sull'edizione 2015 cannibale che io ho in casa.

Idolo: «ìdolo s. m. [dal gr. εἴδωλον «simulacro» poi «idolo», der. di εἶδος «aspetto, figura»; lat. Idōlum] Persona o cosa (anche astratta) amata o venerata come un idolo, o comunque posta su un piano superiore all’umano: Facil ti fu ingannare una donzella di cui tu signore eri, i. e nume (Ariosto); Non far i. un nome Vano, senza soggetto (Petrarca); essere l’i. delle folle, Dan Stevens nel film The Guest è davvero un i.»

Vedete? The Guest non è una semplice pellicola. È un oggetto di culto, da guardare, riguardare, venerare e inserire nei dizionari. A voler fare quelli pignoli che stanno sempre a cercare il pelo nell'uovo si può dire che il film non presenta una storia come detto particolarmente originale e i personaggi non sono ritratti con grossi approfondimenti psicologici. O proprio per niente. Il bello di The Guest però sta anche in questo. È una rielaborazione di un certo cinema, soprattutto B-movies e pellicole di “genere”, oltre che di un certo immaginario degli anni '80, ricreato attraverso a un'efficace fotografia e alla splendida menzionata soundtrack. È una ricetta preparata con un pizzico di thriller con protagonista uno psicopatico molto psicopatico senza apparenti ragioni, una manciata di horror slasher alla Halloween di John Carpenter, una spruzzata di sci-fi e infine un saporito tocco di action tamarro. Tutti tipi di film in cui la caratterizzazione dei personaggi rimane monodimensionale, ma il loro fascino sta pure in quello. The Guest inoltre prende queste ispirazioni “basse” per mixarle all'interno di un gran calderone da cui ne esce una pietanza prelibata. In cui i vari ingredienti che a prima vista potrebbero cozzare l'uno con l'altro si sposano in maniera gustosa. Come nei film di Quentin Tarantino, uno capace di prendere la merda e trasformarla in oro. Onore al merito allora al regista Adam Wingard, che avevo parecchio sottovalutato ai tempi del precedente You're Next e che qui invece è riuscito a tirare fuori una direzione tanto efficace quanto sorprendente. Al punto da essere finito pure lui sul nuovo dizionario Treccani.

Sorprendènte agg. [part. pres. di sorprendere, calco del fr. Surprenant]. «Che desta sorpresa, stupore: una notizia, un avvenimento, un fatto s.; per estens., singolare, straordinario, eccezionale: un’abilità, un’intelligenza s.; questo preparato dà risultati s.; è un uomo s.; dopo il deludente You're Next, il giovane regista Adam Wingard ha tirato fuori con The Guest un lavoro davvero s.»

The Guest non è allora un semplice film, ma uno stile di vita...
Va beh, adesso non esageriamo, però è comunque una pellicola capace di entrare nell'immaginario, o se non altro nel mio immaginario, e nei vocabolari della Treccani. O se non altro nei miei vocabolari Treccani.
(voto 8/10)

BREATHE IN MA NON BRUTTIN

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Breathe In
(USA 2013)
Regia: Drake Doremus
Sceneggiatura: Drake Doremus
Cast: Felicity Jones, Guy Pearce, Amy Ryan, Mackenzie Davis, Ben Shenkman, Matthew Daddario, Elise Eberle
Genere: traditore
Se ti piace guarda anche: The Affair, American Beauty, Lost in Translation

Respirate.
Inspirate e poi espirate.
Ancora.
Inspirate e poi espirate.
Perché vi sto chiedendo di farlo?
Perché se no morite, babbei!
Continuate a farlo, mi raccomando, anche mentre leggete questo post. Siate multitasking. Lettete e respirate. Una cosa non esclude l'altra.
Breathe in and breathe out. Inspirate ed espirate. Così si fa. Non è difficile. E a proposito di Breathe In, questo è il titolo del film di cui vi parlo oggi. La regia è firmata da Drake Doremus, un nome nuovo della scena indie americana, quella più fighetta e Sundance style, che si era segnalato con il suo precedente Like Crazy. Un dramma romantico molto acclamato nel mondo alternative ma che, nonostante la presenza in un piccolo ruolo di una sfavillante Jennifer Lawrence e nonostante fosse la classica pellicoletta indie con tutte le carte in regola per piacermi, non mi aveva conquistato particolarmente. A segnalarsi in quel film, oltre alla Jenniferona nostra, c'era la protagonista femminile principale, Felicity Jones. La cocca del regista che ritorna in Breathe In, dove domina la scena.


Felicity Jones. Magari la conoscete già, se invece non la conoscete già, segnatevi il suo nome eh già. La fanciulla inglese classe 1983 vista in Hysteria, The Tempest, Albatross, Chalet Girl, in The Invisible Woman, film su Charles Dickens di e con Ralph Fiennes, in varie produzioni tv made in UK e in un piccolo ruolo in The Amazing Spider-Man 2, nonostante i 30 anni passati sembra una ragazzina e infatti in Breathe In ha la parte della studentessa britannica che va a farsi un anno di liceo negli USA. Scambio culturale. Lo sappiamo bene tutti quale scambio culturale farà la ragazza. No, non con i suoi compagni liceali, bensì con il padre della ragazza che la ospita.
Hai capito la puttanella inglese!


Ciò che a Breathe In preme raccontare non è però tanto l'attrazione di tipo sessuale, pur ben presente, tra l'affascinante Felicity Jones e il padre di famiglia musicista interpretato da Guy Pearce, attore che sarà bravo e tutto ma che a me continua a non dire nulla. L'arrivo della pretty little British zoccoletta sconvolge la vita all'uomo. Non soltanto perché gli fa tornare operativa quella parte del corpo che senza Viagra ormai sonnecchiava da tempo, ma anche perché gli ricorda chi era da ragazzo, cosa voleva diventare prima che il matrimonio e la paternità si mettessero di mezzo tra lui e i suoi sogni di una carriera in ambito musicale. È un po' il classico film sulla crisi di mezza età non troppo distante da American Beauty e affini, solo girato con uno stile più da indie movie di oggi. Ad accompagnare e a regalare una maggiore poesia al tutto ci pensano le belle note pianistiche di Dustin O'Halloran, l'autore delle musiche della serie Transparent e uno dei compositori più ricercati oggi dal piccolo e dal grande schermo. In più, sempre a proposito di serie tv, nella parte dell'amica (almeno prima che gli trombi il padre) della protagonista troviamo Mackenzie Davis, una delle attrici rivelazione dell'anno passato grazie al suo ruolo da programmatrice punk nella consigliatissima Halt and Catch Fire.


A fare la differenza comunque come detto è lei: Felicity Jones. È con il suo spaesamento, vagamente dalle parti della Scarlett Johansson in trasferta giapponese di Lost in Translation, che la pellicola riesce a discostarsi dal modello American Beauty e a trovare una sua personalità, una sua voce. Breathe In non è allora solo un film sulla crisi di mezza età maschile, la parte meno convincente del lavoro di Drake Doremus, ma anche e forse soprattutto un coming of age al femminile. Merito di Felicity Jones, attrice che si sta segnalando in questi giorni nei cinema italiani con La teoria del tutto, pellicola in cui ha la parte della moglie di Stephen Hawking e che le è valsa una nomination ai Golden Globe e una agli Oscar. Non dite poi che Pensieri Cannibali non ve l'aveva già segnalata e non dite che Pensieri Cannibali non serve a niente. Pensieri Cannibali vi ricorda infatti di inspirare ed espirare. Inspirare ed espirare. Se no morite. Breathe in. Breathe out. Dai che ce la fate anche da soli.
(voto 6,5/10)

JOHN WICK – UN FILM RECITATO DA KANI... PARDON, DA KEANU

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John Wick
(USA, Canada, Cina 2014)
Regia: Chad Stahelski e David Leitch
Sceneggiatura: Derek Kolstad
Cast: Keanu Reeves, Michael Nyqvist, Alfie Allen, Adrianne Palicki, Willem Dafoe, Bridget Moynahan, John Leguizamo, Lance Reddick, Bridget Regan, Ian McShane
Genere: cagnesco
Se ti piace guarda anche: Io vi troverò, Taken - La vendetta, The Equalizer - Il vendicatore

Per sopravvivere in questo mondo bisogna tenere a mente delle regole basilari. Girare al largo da apocalissi zombie, ad esempio. Oppure mai fare sesso non protetto con Sara Tommasi. O ancora evitare di aiutare la gente all'estero, perché rischi soltanto di venire rapito. Si deve cercare anche di evitare di fare vignette o usare un umorismo troppo scomodo. Meglio fare una satira come quella di Striscia la notizia che non fa del male a nessuno e semmai ottiene l'effetto di far sembrare più simpatici gli uomini di potere.
La regola numero 1 se si vuole restare in vita è comunque un'altra: mai uccidere il cane a Keanu Reeves. Questa è una lezione che andrebbe insegnata alle elementari e ai corsi di primo soccorso. Cosa succede a uccidere il cane a Keanu Reeves?
Meglio per voi non saperlo. Se proprio volete scoprirlo, c'hanno persino fatto un film sopra. La pellicola di cui vi parlo quest'oggi parla di un gruppo di sprovveduti criminali russi che un giorno decide di rubare l'auto a un tizio. Per farlo non è che gli prendono l'auto e scappano via. No, sarebbe troppo semplice. Gli entrano in casa, lo picchiano a sangue e gli ammazzano il cane. Perché?
Perché uccidere un cane è la cosa più crudele e ad effetto che possa essere mostrata al cinema. Persino più della morte di un bambino.

A questo punto, cosa fa una persona normale?
Bestemmia un po', piange per la morte del povero cane e chiama la polizia non perché possa servire effettivamente a catturare i malintenzionati, ma perché così è prassi. Solo che in questo caso gli sprovveduti criminali russi non sono andati a fottere l'auto a una persona normale, bensì a John Wick.
John who?
Qualcuno ha detto John Woo? No, però questo è l'inizio di un revenge movie che non è troppo distante da quelli del regista cinese, soltanto virato verso l'americanata. L'americanata forte.
John Wick non è John Woo ed è peggio di qualunque personaggio delle sue pellicole. John Wick è l'Uomo Nero, il Babadook. Un pazzo assassino che lavorava per il padre dello sprovveduto tizio russo che sembra uscito da Game of Thrones anzi è proprio uscito da Game of Thrones che gli ha fregato la macchina...
Adesso va bene la sospensione dell'incredulità, ma quante probabilità ci sono che su 7 miliardi di persone questo qua vada a rubare l'auto proprio al più spietato sicario che lavorava per il suo stesso padre?
Non importa. Ritiro la domanda. Questo è un film. Non è un film di fantascienza, però ci sta comunque che capitino delle cose senza senso. Anche se in questo film capitano solo cose senza senso. Tipo vedere Keanu Reeves che tenta di riuscire a tirare fuori un'espressione, un'espressione qualsiasi.


Come detto, John Wick non è una persona normale e quindi decide che non può passare oltre al fatto che gli abbiano fregato l'auto e ucciso il cane, così decide di vendicarsi. Io pensavo che la moda della vendetta fosse ormai passata. Kill Bill e Oldboy (intendo l'originale, non l'orrido remake) avevano detto tutto quello che c'era da dire sul genere. Più di recente c'era stato anche il sudcoreano I Saw the Devil che era un po' l'apoteosi delle pellicole sulla vendetta e la faccenda la si poteva anche chiudere lì. Invece no. Hanno poi fatto pure la serie Revenge, partita bene, come un ottimo guilty pleasure televisivo, e ormai trasformatasi in una soap-opera assurda e agghiacciande.
Che poi in fondo a cosa serve vendicarsi?
Non me lo chiedo preso da un improvviso raptus di cristianesimo. Anche perché, se andiamo a vedere, al di là del motto evergreen “porgi l'altra guancia”, la Bibbia altro non è che una lunga successione di atti di vendetta di Dio nei confronti dell'uomo. Me lo chiedo perché penso che i R.E.M. nel loro ultimo album avessero ragione sostenendo che “Living well is the best revenge”, in fondo a cercare vendetta ci si fa solo il sangue amaro due volte. E me lo chiedo inoltre perché questi film mi hanno stufato, sono tutti uguali e non aggiungono al tema alcuna nuova riflessione.

"Figlio, se mi porti a vedere un altro film americano pieno di stereotipi su noi russi, non ti faccio più bere vodka."
"Noi russi? Veramente io sono inglese e tu sei svedese, caro Michael Nyqvist. Ma vallo a spiegare agli yankee..."

Sbattendosene di ciò che penso io, John Wick decide di seguire comunque la tendenza, che io credevo ormai decrepita e invece è più viva che mai, dei revenge movie. Quelli in stile Io vi troverò (Taken) e Taken – La vendetta, ovvero un sottogenere ulteriore dei revenge movie: il Liam Neeson movie... brrr, ho i brrrividi soltanto a scrrriverlo, figuriamoci a guarrrdarlo. Uccidere un cane è una bastardata, ma anche girare un Liam Neeson movie non è una roba da brave persone. Proprio come le pellicole interpretate negli ultimi anni dall'attore nordirlandese, John Wick è un filmetto con una sceneggiatura ridicola, per non dire inesistente. A mancare sono i dialoghi, i personaggi, il senso dell'umorismo. Per essere spacciato come un film d'intrattenimento, è grave non metterci dentro manco una battuta. O magari sono io che non le ho colte. Capisco che gli sia appena morta la moglie e gli abbiano pure ammazzato il cane, però almeno una frase a effetto come gli action-hero veri, quelli alla Bruce Willis, potevano fargliela dire a questo serioso (e noioso) John Wick.
Per essere un film d'azione, di azione ce n'è, ma nemmeno così tanta. La prima mezz'ora procede tra sbadigli e Keanu che fa due freni a mano in auto manco si credesse Dom Toretto, quindi arrivano delle sparatorie e delle scene di combattimento che sembrano la copia sbiadita di quelle di Matrix giunte giusto con un quindicina d'anni di ritardo e con qualche acciacco di più dovuto all'età per Keanu. L'unica differenza con un Liam Neeson movie è che qui non c'è Liam Neeson. Questo è un merito non da poco, lo riconosco, sebbene pure Keanu sia ankora più kane a recitare di quanto rikordassi. La mancata presenza di Liam Neeson è anche l'unico pregio del film. A essere generosi si può aggiungere l'unica scena action spettacolare dell'intera visione, quella in discoteca, dove la figosità è più da attribuire alle canzoni figose scelte nella figosa colonna sonora che non alla regia da Playstation di tali David Leitch e Chad Stahelski, kiiiiiiiiiiiiiiii?

"Magari recitassi da kani...
Cucciolo, tu al mio confronto sembri Al Pacino."

Come ha sottolineato anche qualcun altro in rete, non ricordo più chi sorry, Keanu Reeves è arrivato a girare un Liam Neeson movie con un dieci anni di anticipo rispetto al collega. D'altra parte Keanu è sempre stato l'Eletto e quindi quello di diventare un action hero per vecchietti persone mature era qualcosa che stava scritto nel suo destino.
Così come era destino che il figlio di un boss della mala russa uccidesse il cane del suo ex killer più spietato e questa è una cosa che proprio non si fa. Come vi ho detto in apertura, infatti, la prima regola per sopravvivere a questo mondo è: mai uccidere il cane a Keanu. Altrimenti questo si incazza di brutto e per vendicarsi decide di sterminare l'intera malavita russa.
A questo punto mandategli uno dell'Isis a fargli sgozzare il suo pesciolino rosso, così abbiamo risolto il problema del terrorismo mondiale.
Oops, credo di avervi appena spoilerato tutta la sceneggiatura di John Wick 2.
(voto 4/10)

FURY CARRO ARMATO DEL WEST

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"La Seconda Guerra Mondiale sta per finire?
Ma nooo, io non c'ho voglia di tornare a casa da Angelina!"
Fury
(USA, Cina, UK 2014)
Regia: David Ayer
Sceneggiatura: David Ayer
Cast: Brad Pitt, Logan Lerman, Shia LaBeouf, Jon Bernthal, Michael Peña, Jim Parrack, Brad William Henke, Jason Isaacs, Xavier Samuel, Alicia von Rittberg, Anamaria Marinca, Scott Eastwood
Genere: furioso
Se ti piace guarda anche: La sottile linea rossa, Salvate il soldato Ryan, End of Watch - Tolleranza zero

Fury è una pellicola che parla di Fury, un carro amato del West. O, per essere più precisi, un carro armato che avanza nella West Germany.
Cioè, un attimo, mi state dicendo che hanno fatto un film su un carro armato?
Ebbene sì. Ormai girano pellicole su qualunque cosa, persino su una bambola comparsa brevemente in un horror, volete che non girino una pellicola su un carro armato?
Quindi è così, il grande protagonista di Fury è proprio Fury, il carro armato Fury, ancor più di Brad Pitt che qui, per quanto ritorni su livelli recitativi più decenti rispetto a quelli zombie di World War Z, è ben lontano dalla performance da Oscar che probabilmente era convinto di fare quando ha deciso di girare questo film. Una pellicola ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, già solo per questo si candiderebbe a essere una roba da Academy, visto che all'Academy adorano le pellicole ambientate in quel periodo e i film bellici in generale. Guerre e/o film sugli handicappati e/o malati e/o con attori fighi che diventano brutti e/o basta che ti chiami Meryl Streep e la nomination è garantita.


Detto questo, Fury non è un film da Oscar. Nel senso sia che non è un Capolavoro assoluto di quelli che meritano tutti i premi del mondo, ma anche nel senso più positivo, ovvero che non si tratta di una ruffianata bella e buona preconfezionata apposta per ricevere gli applausi dai parrucconi dell'Academy, che infatti puntualmente lo hanno ignorato. Fury è un film tosto, crudo, con personaggi dalla morale ambigua e con luci ed ombre che illuminano ed oscurano gli americani quanto i nazi. Poche strizzate d'occhio all'Academy e al grande pubblico, ma qualcuna è pur presente. I numerosi riferimenti alla Bibbia ad esempio li ho trovati forzati e del tutto evitabili, per quanto uno dei personaggi presenti all'interno del carro armato sia soprannominato proprio Bible, ed è tra l'altro uno Shia LaBeouf bravino ma qui non del tutto a suo agio.
Se Brad Pitt e Shia LaBeouf non mi hanno convinto al 100%, i migliori del cast mi sono parsi allora altri due. Il primo è Jon Bernthal, uno dei pochi attori decenti usciti da quel covo di recitazione zombie che è The Walking Dead, qui alle prese con un nuovo ruolo da cattivone ma non troppo.

"Sono sopravvissuto, ehm più o meno, a Carl di The Walking Dead.
Credete mi facciano paura due nazi da strapazzo?"

Il secondo è il giovane sempre più promettente Logan Lerman. Ai tempi di Percy Jackson era difficile scommettere su questo ragazzo. Un po' come su Daniel Radcliffe ai tempi di Harry Potter. Con la differenza che Radcliffe, per quanto si sforzi, continua a fare pena, mentre Lerman con Noi siamo infinito ha dimostrato di essere uno dei nuovi volti più interessanti tra gli attori bimbiminkia di oggi e qui ce lo conferma alla grande.

"Ragazzo, promettimi una cosa: non sposarti mai.
O, se propri dovessi farlo, non con una come Angelina Jolie!"

Devo ammettere che all'inizio ho fatto una certa fatica a entrare in sintonia con un film come Fury. Davvero troppo bellico per me nella prima parte. Con l'ingresso in scena del giovane pivellino interpretato da Logan Lerman, anche un pivellino un po' meno giovane come me è però riuscito a calarsi dentro la botola di questo carro armato. Un carro armato che gira lento, ci mette un po' a carburare, diciamo un'oretta pesante quanto un macigno, ma quando lo fa offre ottime cose. Il regista David Ayer, che già aveva mostrato numeri interessanti con il precedente poliziesco End of Watch - Tollerenza zero, dà il suo meglio nei momenti action e nelle concitate scene di combattimenti ed esplosioni, che per i miei gusti potevano anche essere accorciate un pochettino. Nonostante la spettacolarità di queste sequenze, il film riesce ad arrivare al cuore, almeno al mio, quando si ferma e quando trova il tempo di avvicinarsi di più ai suoi personaggi. È lì che molla un po' la sua andatura da carro armato che passa sopra a tutti gli orrori della guerra e dimostra di essere un action bellico dotato anche di una bella anima.

Fury è allora sì un film su un carro armato, ma il suo colpo più potente lo sferra raccontandoci a sorpresa di un “coming of age”. Attraverso il volto da ragazzino di Logan Lerman che si trasforma poco a poco in quello di un uomo, viviamo una specie di Noi siamo infinito in versione guerrafondaia. Un passaggio dall'infanzia al mondo dei grandi che avviene nella maniera più dura e spietata immaginabile. Nonostante non manchi qualche momento forzatamente eroico che fa tanto filmone ammeregano (certo che 'sti ammeregani sono proprio fissati con il sacrificarsi e l'eroicizzarsi a tutti i costi) e nonostante una partenza fin troppo belligerante, nella parte centrale la pellicola riesce a smarcarsi dai confini del genere e quando poi nella parte finale ritorna sul campo da battaglia, lo fa con uno spirito diverso, più sentito, più umano.
Non sarà un film da Oscar, e prendete quest'affermazione nel senso che più preferite, però Fury è davvero un carro armato. Il suo passaggio può non essere del tutto gradevole, ma difficilmente non lascia traccia.
(voto 7-/10)

STILL ALICE, UN FILM CHE PARLA DI NON MI RICORDO PIÙ COSA

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Still Alice
(USA, Francia 2014)
Regia: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Sceneggiatura: Richard Glatzer, Wash Westmoreland
Tratto dal libro: Perdersi (Still Alice) di Lisa Genova
Cast: Julianne Moore, Alec Baldwin, Kristen Stewart, Kate Bosworth, Hunter Parrish, Shane McRae, Stephen Kunken, Seth Gilliam
Genere: smemorando
Se ti piace guarda anche: non ricordo altri titoli simili in questo momento, forse Memento

Non ho mai avuto una grande memoria.
Hey, la sapete una cosa, che credo di non avervi mai detto?
Non ho mai avuto una grande memoria. Lo so che l'Alzheimer non colpisce per forza le persone come me e un film come Still Alice ci mostra come possa manifestarsi in una professoressa di linguistica che ha sempre avuto nella memoria e nelle parole il suo punto di forza. Io magari rimarrò costante così, a un livello di memoria mediamente di merda, ma non peggiorerà troppo. Eppure quando si parla di Alzheimer è come se si parlasse di qualcosa che mi riguarda in prima persona, come se fosse destino che mi venga. Non so, è una paura che ho e ve l'ho mai detto che non ho una grande memoria? L'altro giorno mi pare fosse il Giorno della Memoria, solo che non ricordo mai in memoria di cosa sia. Forse delle persone con poca memoria come me, peccato che le persone come me non si ricordano mai in che giorno vada festeggiato.

Mettermi alla visione di una pellicola come Still Alice in cui una professoressa di linguistica si ammala di Alzheimer così, di punto in bianco, a 50 anni, è come mettermi di fronte a uno dei miei peggiori incubi. Still Alice io l'ho vissuto come un film horror, anche se poi è il classico film sulla malattia.
Mi avevano detto, qualcuno che adesso non ricordo, che Still Alice non era il classico film sulla malattia. Invece sì. Non lo dico come una cosa necessariamente negativa. Rispetto ad altre pellicole che hanno affrontato il tema in maniera singolare come Un sapore di scoregge e ossa, o un titolo del genere, oppure in maniera ricca di umorismo come Quasi mici, Still Alice mi è sembrato seguire gli schemi tipici del film sulla malattia: primi sintomi, primi sospetti, diagnosi, reazione della famiglia, tentativi di conviverci, peggioramento lieve delle condizioni, peggioramento definitivo delle condizioni... Tutto abbastanza nella norma, con una regia che non fa certo gridare al miracolo e si limita a raccontare la storia e la sua protagonista nella maniera migliore possibile, senza enormi sorprese, a eccezione del finale che non è quello che ci si poteva aspettare, o che almeno io non mi aspettavo. Quindi, cos'ha di speciale questo film?

"Tesoro, come hai detto che si chiamava quel blog competente di cinema?"
"Non ricordo bene, ma di sicuro non Pensieri Cannibali."

Niente, è solo che mi ha fatto piangere come un vitello, ma non uno normale. Uno di quelli che gli altri vitelli prendono per il culo perché piangono troppo. Era dai tempi di quel film... come si chiama... Un ponte di Brooklyn... No, ma che dico?
Un ponte per Terronbithia, o qualcosa del genere, adesso non mi viene in mente il titolo preciso. Non ricordo nemmeno bene di cosa parlasse. Ricordo solo che mi aveva commosso parecchio.
La prima parte di Still Alice non è che mi abbia colpito così tanto, allo scattare della mezz'ora però mi è salita un'angoscia esistenziale profonda. C'è una scena in cui ATTENZIONE SPOILER Julianne Moore comunica ai suoi figli di essere malata e che la cosa è ereditaria FINE SPOILER e lì la fontanella mi si è aperta e non si è più chiusa. Il resto del film non posso nemmeno dire di averlo visto bene. Un po' perché in questo momento non riesco a ricordarmelo bene anche se l'ho guardato... quando l'ho guardato? Boh, credo un paio di giorni fa. E un po' perché avevo gli occhi lucidi e quindi la visione è proseguita in maniera sfocata.

Cosa volete?
Anche un uomo ogni tanto ha bisogno di farsi un pianto. Per ricordarsi di essere umano, di essere sensibile, perché io sono così smemorato che a volte mi dimentico persino queste cose. Solo perché un uomo piange non significa che sia gay. Lo dice pure Tiziano Ferro: “E mi sento come chi sa piangere ancora alla mia età”... ehm, forse ho sbagliato esempio.
In ogni caso capita che anche noi uomini a volte piangiamo. In privato, di nascosto da tutti, ma piangiamo. Devo poi aggiungere che quando ho visto Still Alice ero in condizioni – come dire? – precarie. Ero influenzato, avevo le difese immunitarie compromosse... scusate, compromesse.
Ve l'ho già detto che io prima di guardarmi un film mi preparo con un metodo paragonabile a quello dell'Actors Studio?
No, questo non credo di avervelo mai detto. Ne sono sicuro. Per quanto possa essere sicuro di qualcosa uno con una memoria come la mia. In pratica, cerco di immedesimarmi il più possibile in un personaggio o in una pellicola in generale e, se mi devo guardare un film che affronta il tema della malattia, quando lo guardo cerco di essere malato anch'io. Mi rendo conto che un'influenza di stagione non è minimamente paragonabile ad avere l'Alzheimer, però il fatto di essere in condizioni malaticce mi ha aiutato a empatizzare con la protagonista. Oltre al fatto che io, come lei, ho dei problemi di memoria. Ve l'ho mai detto?

Nonostante le lacrime che il film mi ha fatto versare e nonostante sia entrato in totale empatia con la protagonista, io agli Oscar non farò comunque il tifo per Julianne Moore. Perché? Perché sarò anche sensibile, ma resto sempre uno stronzo. E poi perché per essere brava è brava davvero, solo che in questa pellicola pure Kristen Stewart mi è sembrata cavarsela alla grande e quindi la mia capacità di giudizio per un film strappalacrime del genere potrebbe essere fallata. Io, comunque, se avessi una figlia come Kristen Stewart che vuole fare l'attrice, farei come Julianne Moore e le consiglierei di avere un piano di riserva, nel caso la carriera cinematografica non andasse. Dopotutto l'avete vista in Twilight? Se qui la Stewart mi è sembrata valida allora mi sa che è davvero colpa dei lucciconi che mi hanno impedito di guardare bene il film.

"Mamma, ma come non ti ricordi più di me? Sono tua figlia, e sono anche quella famosa per Twilight."
"Twilight? E che cos'è?"
"Eh, beata te che l'hai scordato!"

In ogni caso la notte del 22 febbraio terrò per quell'altra, Rosalina Fika o come diavolo si chiama, quella del film L'amore bastardo, avete capito? In seconda linea terrò per quella tipa francese, Marion Cotillon, che con i ricchi premi si abbina, e poi per quella signorina di quel film su quell'handicappato. Cioè, un genio ma allo stesso tempo handicappato. Dai che avete capito di chi parlo.
Io, sinceramente, non ricordo più di cosa stavo parlando. Credo di cinema. Sì, qualcuno mi ha detto, non ricordo più chi, che una volta tenevo questo blog dove scrivevo delle recensioni cinematografiche, a volte anche molto lunghe, spero non tutte noiose come questa, e non so come facessi a ricordarmi quello che scrivevo, visto che io non ho mai avuto una memoria molto... molto... qual è la parola che adesso non mi viene? Memorabile. Io di film memorabili nella mia vita ne ho visti tanti, anche se in questo momento faccio fatica a ricordarli. Ricordo che in preparazione degli Oscar ho guardato i vari film nominati. Come quello del ragazzino che cresce e c'hanno messo 12 anni per girarlo. Mi chiedo come facessero ogni anno a ricordarsi di ricominciare le riprese. E poi candidato per la miglior attrice c'era quello con quella tipa dai capelli rossi che prima credo di avervi detto come si chiama ma adesso non mi viene più. Quel film che aveva il nome come quello di quella schifezza di Tim Matton... il paese delle meraviglie! Ecco, la protagonista del film aveva lo stesso nome della tipa che finiva nel paese delle meraviglie. Ricordo che non è che fosse una pellicola così memorabile da un punto di vista cinematografico, ma ricordo anche che mi fece piangere come pochi altri film e comunque cosa stavo dicendo?
Voi chi siete?
Cosa ci fate su un sito che si chiama Peni Cannibali?
Ma cos'è 'sta roba per pervertiti?
E perché io ci sto scrivendo sopra?
Forse è meglio se mi stendo un attimo, visto che tra l'influenza e la mia scarsa memoria al momento ho le idee un po' confuse. Dell'influenza mi sembra di avervene parlato prima, ma ve l'ho già detto che non ho mai avuto una grande memoria?
(voto 7/10)

ANGELINA JOLIE VS. BRAD PITT: VINCA IL PEGGIORE

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Che settimana, 'sta settimana!
Ce n'è davvero per tutti i gusti: una pellicola italiana che per una volta potrebbe davvero essere divertente e persino grandiosa, uno scontro armato per la coppia più celebre (e fastidiosa) di Hollywood alle prese con due war movie, una commedia per tutta la famiglia, più una inglesata e una francesata in grado di far contento pure il pubblico con la puzza sotto il naso.
Come fondamentale guida tra tutte queste variegate offerte, il consiglio è quello di seguire i consigli del sottoscritto Cannibal Kid e fare l'esatto contrario di quanto vi dirà il mio sempre più degenerato rivale di blog, Mr. James Ford del WhitePower... ehm, lapsus freudiano dovuto al suo irreversibile repubblicanesimo, volevo dire del WhiteRussian.

"Se noi siamo conosciuti come i Brangelina, Cannibal e Ford come dovrebbero farsi chiamare? Cannibord?"
"Io preferisco Fordibal, ahahah!"

Unbroken
"Ford ha deciso di non parlare più di cinema? Sììì!"
Cannibal dice: Maccio Capatonda a parte, i protagonisti di questo weekend cinematografico sono loro, i Brangelina, la coppia più odiosa di Hollywood. Che io in realtà contro Brad Pitt una volta non avevo niente. Solo che da quando si è mezzo con la Scheletrina Jolie, non so se è un caso, il suo livello recitativo è crollato. In Fight Club e L'esercito delle 12 scimmie ad esempio se la cavava alla grande. Di recente, tralasciando robaccia come World War Z, persino quando ha lavorato con grandi registi come Tarantino o Iñárritu non è che lui personalmente abbia lasciato un grosso segno. La Jolie invece come attrice ha sempre fatto pena, quindi adesso c'è da chiedersi se come regista sarà ancora peggio, oppure se ha trovato la sua vera vocazione. La risposta arriverà nei prossimi giorni qui su Pensieri Cannibali. Riguardo invece a ciò che vi dirà WhiteRussian, quello potete fare come al solito e ignorarlo.
Ford dice: la Jolie non mi è mai stata particolarmente simpatica. Non è riuscita a convincermi neppure in Changeling, che malgrado la firma di Clint è uno dei film del buon Eastwood che ho meno apprezzato, tanto per intenderci. E negli anni non ha fatto che peggiorare.
Mi ero risparmiato il suo esordio dietro la macchina da presa, e penso che sfrutterò questo Unbroken solo per sfogare un po' di bottigliate.
Peccato che probabilmente questo film verrà massacrato anche dal Cannibale, altrimenti sarebbe stato perfetto.

Fury
Cannibal finalmente va a visitare le casa di Ford.
Ma non da solo...
Cannibal dice: Di questo film ve ne ho già parlato il Giorno della Memoria. A sorpresa mi è piaciuto. Dopo una prima ora molto bellica e molto fordiana, la pellicola cresce di ritmo e ne esce quasi una storia adolescenziale ambientata su un campo da guerra. Quindi una roba perfettamente cannibale. Boom.
Ford dice: ho messo gli occhi su questo film già da tempo, e non soltanto perchè Brad Pitt mi sta molto più simpatico della sua consorte, ed ho atteso con fiducia la sua uscita italiana per potermici confrontare.
Verrò ripagato di questo tempo? Oppure sarebbe stato meglio sparare su Fury settimane fa?
Presto scoprirete l'ardua sentenza!

UPDATE
Il film, previsto in arrivo in Italia oggi, non uscirà poiché la casa di distribuzione Moviemax è stata dichiarata fallita dal tribunale di Milano pochi giorni fa. [fonte Wikipedia]

Italiano medio
"Ti prego, Cannibal, almeno tu parla di me,
che Ford è rimasto alla comicità di Stanlio e Ollio..."
Cannibal dice: Dico solo che questo film è diretto da James Camera.
E già così per me è abbastanza da consegnare alla pellicola che segna l'esordio cinematografico di Maccio Capatonda tutti gli Oscar di questo mondo. Questa sì che è genialità pura, altroché Amariocan Sniper.
Ford dice: non ho mai seguito la carriera di Maccio Capatonda, e anche se comprendo, da quel poco che ho visto, l'adorazione dei suoi fan, non mi pare roba per me.
Comunque, dovesse capitarmi, uno sguardo lo darò. Non fosse altro che per la speranza di schierarmi di nuovo contro Peppa Kid.


Notte al museo 3 – Il segreto del faraone
"Questa porcata è davvero il mio ultimo film?
AAAAARGH!"
Cannibal dice: Non ho mai visto i primi due, figuriamoci se vado a guardarmi il 3. A me Ben Stiller sta simpatico e i suoi film, nonostante qualche schifezza galattica confezionata qua e là, di solito sono un buon guilty pleasure. Della prima notte al museo mi sono però bastati pochi minuti per capire che era un'inguardabile bambinata che non fa ridere manco per sbaglio. Senza volerlo ho descritto la commedia fordiana ideale, o sbaglio?
Ford dice: non ho mai visto i primi due film di questa serie, e benchè Ben Stiller mi stia simpatico, non credo proprio comincerò dal terzo.
E sappiate che quasi mi sono terrorizzato da solo a scrivere qualcosa di quasi identico rispetto al mio rivale.

Turner
"Adesso dipingerò qualcosa che vi sconvolgerà tutti:
un Ford!"
Cannibal dice: Turner... un nome che mi fa venire in mente la cantante Tina Turner, quella che una volta mi aveva dedicato una canzone, “Simply the Best”, non so se l'avete mai sentita. E poi mi viene in mente anche Turner e il casinaro, una roba che non ce l'ho mai fatta a guardare, visto che odio sia i film con Tom Hanks, sia i i film recitati da cani. Che poi è un po' la stessa cosa. Il Turner di cui si parla adesso in ogni caso è la nuova pellicola di Mike Leigh, regista che non so perché confondo sempre con Ken Loach, ma che in realtà apprezzo più di Ken Loach. Tra i suoi film ho visto Segreti e bugie, piaciuto, e La felicità porta fortuna, piaciuto molto, quindi potrei dare un'opportunità anche a questo, lasciando a Ford una visione a lui più consona, quella di Turner e il casinaro.
Ford dice: Mike Leigh, per quanto non il mio preferito in terra anglosassone, ha sempre confezionato cose decisamente interessanti. Turner, inoltre, è un pittore che ricordo con grande piacere dai tempi della scuola, e che sono curioso di conoscere in misura maggiore soprattutto a livello "umano".
Forse il film della settimana, e senza dubbio uno dei migliori di questo periodo di spenti Oscar e deliri cannibali.

Gemma Bovery
"Ciao lettori Cannibali, siete i più fichi del mondo.
Mica come quelli di quell'altro blogghetto..."
Cannibal dice: In una settimana ricca di uscite di un certo rilievo, se non altro per i nomi coinvolti, ecco che c'è anche Gemma Arterton in Gemma Bovery. Chi meglio di lei, in un film con un titolo del genere?
Tra gnocca, produzione francese e radical-chicchismo a manetta, questa pellicola potrebbe essere una bella cannibalata. E Ford può già tirare fuori dalla cantina sociale le sue bottigliate delle grandi occasioni.
Ford dice: la scorsa settimana è stato il turno del panesalamismo sfrenato di John Wick, per la legge del contrappasso a questo giro passa una roba che, se non fosse per la Arterton, sarebbe solo un polpettone radical dal quale stare alla larga.
Nonostante tutto, credo ne resterò lontano ugualmente.

I DISCHI DI GENNAIO 2015

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L'anno scorso ero partito a mille. Avevo fatto il post dei dischi del mese di gennaio e pensavo di farlo diventare un appuntamento mensile. Solo che poi dimentico le cose e non sono costante con le rubriche fisse, quella delle uscite cinematografiche co-condotta con Ford a parte, e quindi è andato tutto a putt... è sfumato tutto.
Quest'anno ci riprovo, più convinto che mai e chissà che non riesca a farlo diventare un appuntamento abituale. Via quindi alla rubrica dedicata ai dischi del mese ascoltati qui su Pensieri Cannibali, e vediamo se questa volta dura.

Bjork “Vulnicura”

Com'è il nuovo disco di Bjork, uscito in anticipo di due mesi per colpa o per merito del leakkaggio selvaggio su Internet?
Bello? Brutto?
Nessuna delle due, più che altro è... noioso. Il momento migliore di "Vulvicura"“Vulnicura” è il pezzo d'apertura “Stone Milker”, che sembra quasi una rilettura della stupenda “Joga”. Erano anni che la cantante islandese non tirava fuori un brano tanto spettacolare ed emozionante ed è un pezzo che da solo vale più dell'intera carriera di molti artistucoli. Peccato solo che nel resto del disco di altre canzoni come questa non ce ne siano. Anzi, non ci sono altre canzoni. Non canzoni vere e proprie.
Il resto del menù è un pesante ammasso di pezzi eccessivamente e inspiegabilmente diluiti, come un caffé o, peggio ancora una birra, allungati con acqua. Eresia! Una pesantezza che raggiunge il suo culmine nei 10 estenuanti minuti di “Black Lake” e negli 8 ancora più micidiali minuti di “Family”. I brani possiedono anche un loro fascino e il ritorno alle sonorità di “Homogenic” e “Vespertine”, due album che adoro con tutto me stesso, è apprezzabile. Solo che si affoga nella noia.
Bjork, ti prego, torna a scrivere delle canzoni. Delle maledette splendide canzoni e basta. Capisco che questo sia il tuo “album della rottura”, visto che è incentrato sulla fine della tua lunga relazione con il regista e scultore Matthew Barney, però, perdonami se te lo dico, sembra più che altro un album da rottura... di palle.
(voto 6/10)




Sleater-Kinney “No Cities to Love”

I ritorni mi fanno sempre una fottuta paura. Le Sleater-Kinney, uno dei gruppi simbolo dell'alternative rock degli anni '90, non facevano un disco da 10 anni e temevo che il loro nuovo lavoro si sarebbe rivelato una delusione cocente, come capitato l'anno scorso con i Pixies. Per fortuna mi sbagliavo. Le Sleater-Kinney hanno tirato fuori il comeback perfetto. “No Cities to Love” sembra il disco d'esordio di una band di giovani sbarbatelle, eppure allo stesso tempo è un lavoro che mostra una maturità compositiva notevole. Un album tiratissimo, cazzuto, che suona come le Sleater-Kinney di una volta e contemporaneamente suona nuovo. Un ritorno di cui non avere una fottuta paura, ma da suonare a un volume da fottuta paura per i vicini di casa.
(voto 8/10)




Fall Out Boy “American Beauty/American Psycho”

Il nuovo disco dei Fall Out Boy è una parata spudorata del rock più da stadio e più commerciale che si possa immaginare. Un loro nuovo pezzo, “Immortals”, è stato persino usato all'interno dell'ultimo poco riuscito film Disney Big Hero 6 e l'album nel complesso è pieno di ritornelli ruffiani e coretti da cantare in coro. Con tali premesse, un disco del genere aveva tutte le carte in regole per farsi odiare dal sottoscritto, invece no. Questo album è talmente l'apoteosi del rock più mainstream oggi immaginabile da finire con l'essere “Irresistible”, come dice il titolo del brano d'apertura. Come potrei poi odiare un disco che nella title track cita due capisaldi della cultura cannibale come American Beauty e American Psycho?
E come potrei odiare un brano come “Centuries” che campiona in modo tanto paraculo quanto efficace il “do do do do do do do do” di “Tom's Diner” di Suzanne Vega?
E Come potrei odiare un pezzo come “Fourth of July” che sembra la rilettura in chiave rock di “Firework” di Katy Perry?
E come potrei odiare un album che contiene una canzone tarantiniana come “Uma Thurman”, un brano che ricorda qual è il compito numero 1 della musica rock'n'roll, quello che negli ultimi anni in molti hanno dimenticato: far muovere i culi! “Uma Thurman” è uno dei pochissimi pezzi rock recenti che oggi potrebbero tranquillamente essere suonati in discoteca, senza provocare uno svuotamento della pista di massa. La loro non sarà la musica più indie, raffinata o ricercata in circolazione, assolutamente no, ma le nuove canzoni dei Fall Out Boy mi fanno lo stesso effetto della siringa sparata nel cuore a Uma Thurman in Pulp Fiction. Una botta di adrenalina.
(voto 7/10)




Belle and Sebastian “Girls in Peacetime Want to Dance”

I Belle and Sebastian sono sempre stati sinonimo di un certo indie-pop delicato, lieve, gentile, dalle influenze 60s tanto nella musica quanto nell'immaginario visivo. Il leader del collettivo scozzese ci ha di recente offerto anche un corrispettivo cinematografico delle canzoni della band con il musical alternativo God Help the Girl, acerba quanto deliziosa pellicola che ha segnato il suo esordio dietro la macchina da presa. Dopo l'esperienza nel mondo del cinema, Murdoch all'interno del nuovo album del suo gruppo sembra muoversi come un'anima in pena alla ricerca di suoni e stimoli differenti. Ciò si traduce in un disco indeciso tra seguire il vecchio percorso della band e cose del tutto originali, almeno per loro. “Girls in Peacetime Want to Dance” è allora un lavoro con dentro idee e pezzi interessanti, con suoni tra pop puro e tentazioni danzerecce alla Pet Shop Boys, ma resta incerto su quale direzione prendere e non convince fino in fondo. Il classico disco di transizione, ma ad avercene, di transizioni così.
(voto 6,5/10)




Marilyn Manson “The Pale Emperor”

Marilyn Manson può ancora essere considerato uno spauracchio? Una rockstar spregiudicata? Un nemico pubblico per i benpensanti, la cosiddetta beautiful people?
No, ormai Marilyn Manson è entrato nell'immaginario collettivo come icona della pop culture, come il protagonista di un film horror alla Freddy Krueger o alla Michael Myers che una volta terrorizzavano e oggi fanno più che altro simpatia. L'avreste mai detto, una ventina d'anni fa, ai tempi di “Antichrist Superstar”, che Marilyn Manson sarebbe diventato un personaggio tanto simpatico quanto innocuo?
Le cose eppure sono andate così e il buon Manson, da non confondere con quello tutt'oggi cattivo, ha tirato fuori un disco che è esattamente come il nuovo episodio di una saga horror già nota. Dentro c'è tutto quello che ci si aspetta, ci sono i ritmi alla “The Beautiful People”, le chitarre in odore di metal ma non troppo, la sua inconfondibile voce tenebrosa eppure ormai non così inquietante, e c'è pure qualche canzone non male come la tirata “Deep Six” e la già familiare “Cupid Carries a Gun”, usata in versione strumentale come sigla della serie Salem. C'è un po' tutto quello che ci si può aspettare da un suo disco, insomma. A mancare è giusto anche solo un vago effetto sorpresa. E quell'antico senso di trasgressione che si provava una volta ascoltandolo.
(voto 6-/10)




Carmen Consoli “L'abitudine di tornare”

Per Carmen Consoli può valere un discorso simile a quello di Marilyn Manson. Non che lei sia mai stata così “satanica”, però negli anni '90 era un po' la nostra Courtney Love... ah no, quella era Asia Argento. Carmen in ogni caso era una rockstar, una delle poche nella nostra Italietta. Poi cos'è successo? Il tempo, come per tutti, è passato e la Consoli si è dedicata a un songwriting più quieto e a un suono meno confuso e più felice. Il nuovo “L'abitudine di tornare” prosegue su questa linea e propone una raccolta di canzoni pop-rock raffinate e gradevoli. Si fa tutto ascoltare con piacere, a meno che non siate tra quelli a cui la voce di Carmen provoca l'orticaria, solo che non c'è la scossa, non c'è l'eccitazione, non ci sono quei suoni che fanno storcere il naso ai genitori. Adesso la neomamma Carmen Consoli con “Sintonia imperfetta”, che cita il pezzo anni '40 “Voglio vivere così” di Ferruccio Tagliavini, potrebbe piacere persino ai nonni. Il problema del rock di oggi, o di quel che ne è rimasto, è questo. Non dà più fastidio a nessuno, e questo non è bene. Per fortuna ci restano ancora le Sleater-Kinney.
(voto 6/10)

PREDESTINATION, IL FILM PREDESTINATO A DIVENTARE RITORNO AL FUTURO

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30 gennaio 2015, ore 09:00
Io adoravo i film sui viaggi nel tempo. Ritorno al futuro, Donnie Darko e L'esercito delle 12 scimmie sono tra i miei cult assoluti di tutti i tempi. Senza contare altri gioiellini come lo spagnolo Timecrimes e la variante romcom inglese Questione di tempo. Di recente però pellicolette come Looper o Edge of Tomorrow mi hanno fatto pensare che pure le storie di questo tipo hanno ormai fatto collassare il genere. A forza di riciclare idee dal passato, i film del presente sul futuro hanno cominciato a fare un po' schifino.
Mi sono allora approcciato a questo Predestination con una certa diffidenza. Considerando come sembra che ormai tutte le vicende che riguardano i viaggi nel tempo, così come la musica rock'n'roll, sembrano aver detto quello che avevano da dire, è ancora possibile inventarsi qualcosa di nuovo?
La risposta, almeno a guardare Predestination, è no. Il modello di riferimento resta sempre Ritorno al futuro, pellicola inarrivabile del 1985. Come fare quindi a risolvere il problema?
Io ho la soluzione. Prendo la sceneggiatura di Predestination e me la porto indietro nel tempo. A prima di Ritorno al futuro.


TORNIAMO INDIETRO NEL TEMPO
(immaginatevi il tema musicale di Ritorno al futuro come sottofondo)

30 gennaio 1984, ore 09:00
Eccomi negli anni '80. In questa strana epoca in cui la gente ascolta i Duran Duran e porta dei terribili capelli cotonati, Ritorno al futuro non è ancora uscito. Lo script di Predestination che mi sono portato dietro dal futuro risulterà allora geniale. Devo soltanto trovare qualcuno a cui venderlo. Sì, ma a chi?Mmm... Steven Spielberg!
Steven Spielberg esiste già, nel 1984?
Certo che esiste! Ha appena girato E.T. l'extra-terrestre ed è nella fase creativamente più brillante della sua carriera, sia come regista che come producer. Vuoi allora che non mi compri la sceneggiatura di Predestination?
Contatto il signor Spielberg per lettera, poiché in questa strana epoca le e-mail non esistevano ancora o, se esistevano, erano una cosa ancora troppo nerd persino per Spielberg.

10 febbraio 1984, ore 12:35
C'è una lettera per me, che mi arriva nella casa dei miei genitori dove mi sono trasferito spacciandomi per un parente venuto da lontano, molto lontano. I miei genitori hanno un figlio di quasi due anni che si chiama Marco e sembra una piccola versione di me. Chissà perché?
In ogni caso la lettera arriva da Los Angeles. Il signor Spielberg mi ha risposto!
Dice che di sceneggiature per dei film ne riceve un sacco ogni giorno, ma la mia ha colpito immediatamente la sua attenzione: “Una pellicola sui viaggi nel tempo? Questa sì che è un'idea innovativa! Voglio rubart... ehm, comprartela subito!”.
Nella lettera, il signor Spielberg dice che al momento è troppo impegnato con la promozione di Indiana Jones e il tempio maledetto e poi sta girando un lavoro nuovo, Il colore viola, che pensa lo farà considerare finalmente un regista serio. Dice quindi che si trova costretto a passare il progetto a un suo amico, un regista promettente di nome Robert Zemeckis, che ha appena ultimato una commedia avventurosa, All'inseguimento della pietra verde, e pensa possa essere la persona giusta per dirigere una pellicola del genere.

20 febbraio 1985, ore 18:30
Vengo contattato da Robert Zemeckis per lettera. Dice che la sceneggiatura che gli ha passato Spielberg gli piace molto e vuole farla diventare il suo prossimo film. Dice che apporterà qualche modifica, giusto cose di poco conto, e poi comincerà subito a girare. Come protagonista dice che si immagina un giovane attore emergente, un certo Eric Stoltz. A me queste cose non importano più di tanto, che scelga pure l'attore che vuole. Mi offre una barca di soldi per vendergli lo script e così gli cedo i diritti senza pensarci su due volte.

14 marzo 1985, ore 17:59
Robert Zemeckis mi aggiorna sul progetto Predestination sempre via lettera. Ha deciso di cambiargli il titolo in Ritorno al futuro. Pensa che sia più accattivante e mi sa che ha ragione. Ha inoltre scelto un altro protagonista, siccome quell'Eric Stoltz non possedeva l'ironia che cercava per la parte.
Ironia?
Nella sceneggiatura che gli ho venduto non è che ce ne fosse. Boh. Le parti ironiche faranno parte delle modifiche di cui mi aveva accennato. Il signor Zemeckis mi dice che ha preso come nuovo protagonista il ragazzo della sitcom Casa Keaton, Michael J. Fox, e io penso che forse è un po' troppo giovane per la parte dell'agente che viaggia nel tempo di Predestination, ma tanto ormai a me che mi importa?
La sceneggiatura adesso è la sua e ci può fare quello che vuole.

18 ottobre 1985, ore 23:14
Sono ritornato dalla visione di Ritorno al futuro, il film che Robert Zemeckis ha tratto dalla sceneggiatura che gli ho venduto appena uscito nelle sale italiane.
Che dire?
È esattamente il film che mi ricordavo e che nella mia vita avrò visto almeno 300 volte. Pensavo sarebbe cambiato e invece no. Robert Zemeckis dalla sceneggiatura di Predestination ha preso solo l'idea dei viaggi nel tempo e ha cambiato tutto il resto.
Meglio così. Ritorno al futuro è mille volte più figo di Predestination!

22 ottobre 1985, ore 20:15
Robert Zemeckis mi contatta, questa volta al telefono. Dice che adesso che Ritorno al futuro sta incassando milioni e milioni di dollari può anche permettersi una telefonata intercontinentale con l'Italia. Dice inoltre che ha chiamato per chiedermi se avevo visto il film e per sapere che cosa ne pensavo.
Gli rispondo che è molto, ma molto diverso rispetto alla sceneggiatura che io gli avevo inviato, originariamente intitolata Predestination. Il signor Zemeckis mi spiega che la tematica transgender presente era troppo trasgressiva per una pellicola che lui intendeva rivolta al grande pubblico. In effetti ora mi trovo negli anni '80, la parola gay viene associata a quella AIDS e in tv non ci sono ancora serie come Transparent. La tematica transgender, che era poi l'elemento più originale e intrigante della sceneggiatura di Predestination, non poteva che essere scartata.

"Sono una bella gnocca!
Perché mi scambiano tutti per un uomo?"

Quanto al resto, dice che la vicenda era troppo arzigogolata e confusa. Ha deciso così di cambiare storia. Ha tolto via il personaggio dell'agente che viaggia nel tempo per sventare un attentato terroristico. A pensarci, nell'America pre-11 settembre, a nessuno importava un fico secco degli attentati terroristici. Ha scelto allora di ambientare la nuova storia in un liceo, con un ragazzo che va indietro nel tempo per far mettere insieme i suoi genitori in modo che possano concepirlo, anziché la vicenda sessualmente troppo confusa della ragazza con l'apparato genitale sia maschile che femminile presente nello script originale che gli avevo venduto. Il finale dice poi che era assurdo e non funzionava assolutamente e così ha cambiato pure quello.
Io gli dico che tutte le modifiche che ha apportato sono più che giustificate e che in effetti il film funziona meglio così. Molto meglio. Non che la sceneggiatura di Predestination che gli ho dato fosse così malaccio, però era davvero troppo “arzigogolata e confusa”, come sintetizzato perfettamente dal signor Zemeckis. Io posso aggiungere che: “Ai vostri figli piacerà”, perché sono cresciuti a pane e Christopher Nolan e fratelli Wachowski, ma a noi gente cresciuta in quella strana epoca, in quegli strani anni '80, piace di più la semplicità. La semplcità di un film come Ritorno al futuro.

30 gennaio 2015, ore 08:55
Eccomi di nuovo qui. 30 anni dopo. No, non sono tornato nel futuro subito. Mi sono rivissuto da capo tutti gli anni '80, tutti i '90, tutti gli anni zero e adesso sono un vecchietto. Ho vissuto di rendita fino ad ora grazie alla vendita della sceneggiatura e ormai sono rimasto senza niente. Mi sono dimenticato della crisi economica del 2008 e in quel periodo ho perso tutti i miei soldi fidandomi del broker sbagliato. Ora non ho più manco i soldi per andare al cinema. Mi tocca così vedermi Predestination scaricato gratis dalla rete. Ebbene sì. Predestination alla fine l'hanno girato, così com'era nella sceneggiatura originale.
Racconta di Ethan Hawke, un agente che viaggia nel tempo, e del suo tentativo di fermare un tizio chiamato Bomber responsabile di un terribile attentato a New York City nel 1975. Una specie di Osama bin Laden ante litteram. Per fermarlo torna indietro nel 1970, trova un impiego come barista e al bancone si imbatte in uno strano tizio. Un tizio che forse è una tizia. Un tizio, o forse tizia, interpretato dall'ottima attrice rivelazione Sarah Snook, che si mette a raccontargli la storia della sua vita. Una storia particolare e anche piuttosto affascinante. Nella prima metà, il film gioca bene le sue carte e riesce a catturare l'attenzione. I problemi arrivano nel secondo tempo, proprio quando entrano in gioco prepotentemente i viaggi nel tempo. È lì che la pellicola dei fratelli Spierig, già responsabili di quella mezza porcheria di Daybreakers - L'ultimo vampiro, si incarta, eccede con i salti tra passato, presente e futuro e il film perde parecchio di fascino. Nonostante la confusione della trama, tutti i nodi in qualche modo vengono al pettine e il finale lo si intuisce, o almeno io, che di solito a intuire i finali dei film sono un babbo di minkia, l'ho intuito già con un quarto d'ora d'anticipo. Insomma, così com'è Predestination è una pellicola con del buon potenziale espresso all'inizio e poi sprecato nella seconda metà. Ha allora fatto davvero bene Robert Zemeckis a cambiare tutto. Predestination non è un brutto film, ma sa di già visto e gli mancano l'ironia, l'immediatezza e la “miticosità” che hanno reso leggendario Ritorno al futuro.

30 gennaio 2015, ore 9:00
Io adoravo i film sui viaggi nel tempo. Adesso non ne sono più così sicuro. Mi sembrano tutti così maledettamente uguali.


Predestination
(Australia 2014)
Regia: Michael e Peter Spierig
Sceneggiatura: Michael e Peter Spierig
Ispirato al racconto: Tutti i miei fantasmi (All You Zombies) di Robert A. Heinlein
Cast: Ethan Hawke, Sarah Snook, Noah Taylor, Elisa Jansen, Freya Stafford
Genere: temporale
Se ti piace guarda anche: Ritorno al futuro, Looper, Frequency - Il futuro è in ascolto, L'esercito delle 12 scimmie
(voto 6/10)


"E 'sta roba cos'è?"
"Ethan, è la sceneggiatura di un film sulla crescita di un ragazzino da girare in 12 anni."
"12 anni??? Ma non funzionerà mai!"

OBVIOUS CHILD, LA RECENSIONE-PARTO

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Obvious Child
(USA 2014)
Regia: Gillian Robespierre
Sceneggiatura: Gillian Robespierre
Cast: Jenny Slate, Gaby Hoffmann, Paul Briganti, Stephen Singer, Richard Kind, Jake Lacy, David Cross
Genere: pregno
Se ti piace guarda anche: Girls, Molto incinta, Juno, Louie

Cari lettori e care lettrici, oggi ho una comunicazione molto importante e molto seria da farvi: sono incinto.
Vi starete chiedendo come ciò sia possibile. È presto spiegato. È andata come va di solito in queste circostanze. Non sono stato attento. Non ho usato il preservativo e... patatrac.
Voglio quindi fare un appello ai lettori più giovani. Non fate sesso e, se proprio dovete farlo, usate precauzioni, mi raccomando. Avete visto i nuovi condom della Coop, “Fallo protetto”?
Lo so che con un nome del genere non viene molta voglia di comprarli né tanto meno di fare sesso, però voi procurateveli lo stesso, okay?

"Tranquilla, è un  preservativo Coop."
"Ah, allora sì che siamo a posto, yeah!"

Dopo questo spot anticoncezionale, vi state ancora chiedendo come sia possibile che sia rimasto incinto?
Siete ancora della vecchia scuola di pensiero che gli uomini, solo perché non hanno le ovaie, un utero e una vagina non possano avere figli? Quanto siete antiquati. Non l'avete mai visto Junior, il film con Arnold Schwarzenegger?
Credete che tutte le pellicole con Schwarzy siano solo delle grandissime stronzate?
Per una volta no. Junior è tratto da una storia vera. Gli uomini possono partire. Io ne sono la prova vivente. Sono incinto e in questo momento sto partorendo il mio nuovo bebè. La mia nuova recensione che si candida a essere la più stupida che io abbia mai scritto nella storia di Pensieri Cannibali.
Ueeeeeeè!”.
Sentite? Sta piangendo.
Ueeeeeeeeeeeeè!”.
Il mio nuovo piccolo sta piangendo! È appena nato ed è in perfetta salute.
Come si chiama?

Si chiama Obvious Child. Lo so. Come nome fa schifo. Quasi peggio dei preservativi della Coop. Con un nome del genere, è sicuro che quando andrà a scuola si prenderà un sacco di botte. Il bullismo è una cosa sbagliata e io lo condanno assolutamente, però per un momento provate a mettervi un attimo nei panni dei bulli. Se vi trovate in classe con uno che si chiama Obvious Child, è ovvio che vi venga voglia di menarlo. C'è poco da fare.
In questo caso comunque non è colpa mia. Non sono stato io a dargli un nome tanto terribile. È tutta colpa della madre. È sempre colpa delle madri. Pensate ad esempio che Francesco Totti volesse chiamare la sua figlia Chanel?
Non sa manco chi o cosa è. È stata tutta colpa di Ilary Blasi. Lo stesso vale in questo caso. A scegliere il nome Obvious Child è stata la regista e sceneggiatrice Gillian Robespierre, che a sua volta si è ispirata per questo suo nuovo parto a una sua piccola creatura precedente, il cortometraggio del 2009 intitolato anch'esso Obvious Child. Allora il suo è un vizio.


Com'è, questa creatura?
È presto detto. Obvious Child in pratica è come un episodio lungo della serie tv Girls con una trama vagamente ispirata a Molto incinta. È in pratica la versione indie del film di Judd Apatow con Seth Rogen e Katherine Heigl, soltanto che in questo caso ci si concentra soprattutto sulla parte femminile. La protagonista assoluta dal primo all'ultimo istante della pellicola, nei panni di una giovane comica che resta incinta, è l'attrice rivelazione Jenny Slate, vista finora in alcune piccole parti nelle serie House of Lies, Hello Ladies, Bored to Death, Parks and Recreation, nel citato Girls e che nei prossimi mesi/anni rivedremo probabilmente ancora in un sacco di produzioni televisive e cinematografiche hipster. Così come l'interprete dell'amica della protagonista, Gaby Hoffmann, una delle protagoniste della nuova serie Transparent adocchiata pure lei – ovviamente – anche in alcuni episodi di Girls. Jenny Slate e Gaby Hoffmann sono delle sicure protagoniste della scena indie presente e futura e se voi non siete indie, significa che siete troppo commerciali e mi fate venire le nausee mattutine, bleah.


Volete sapere pure come si sviluppa, questa piccola creatura?
Questo non ve lo svelo. Vi anticipo solo che cresce bene. Non sarà un bebè particolarmente originale, non farà cose mai viste prima, ma è un film carino e piacevole come un neonato...
Dite che i neonati non sono particolarmente piacevoli?
Verissimo! Diciamo che è piacevole come un neonato che non piange e non si caga/piscia/vomita addosso ogni due secondi e non ha una di quelle facce brutte da mostriciattolo figlio di Satana. Così credo di rendere meglio l'idea.
Quanto al mio, di bebé, questa non sarà magari la recensione migliore del mondo, anzi sicuramente, ma io ne sono comunque fiero, perché ogni scarrafone è bello a mamma soja.
(voto 6,5/10)

UNA STREGA CHAMATA ELVIRA, IL BOLLAFILM

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Una strega chiamata Elvira
(USA 1988)
Titolo originale: Elvira: Mistress of the Dark
Regia: James Signorelli
Sceneggiatura: Sam Egan, John Paragon, Cassandra Paterson
Cast: Cassandra Paterson, Daniel Greene, Edie McClurg, Kurt Fuller, W. Morgan Sheppard, Susan Kellermann, Robert Benedetti, Jeff Conaway
Genere: tettuto
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I blog hanno ancora senso di esistere?
Certo che sì. Volete una prova?
Volete davvero una prova?

Ma uff, io dicevo così, tanto per dire.
Okay, allora fatemi pensare un attimo...
Ecco, ce l'ho un motivo!
Ci sono cose che si possono scoprire soltanto grazie a un blog. Io ad esempio un film come Una strega chiamata Elvira non l'avrei mai visto in vita mia, non fosse per un blog, Il Bollalmanacco di Cinema redatto dall'imprescindibile Babol. Se ancora non frequentate il suo sito, passate subito a dargli un'occhiata. Se invece siete già suoi seguaci, c'è un'immagine del Bollalmanacco che vi sarà familiare, quella usata in cima come header, se la memoria non mi inganna, fin dalla prima volta che ho messo piede nel sito.


Mi sono sempre chiesto chi fosse quella vagamente sexy, ma più che altro inquietante, donnina che stava sdraiata sull'header. Non ho però mai chiesto a Babol chi fosse, non so perché. All'inizio pensavo fosse lei, quindi per non invadere la sua privacy ho evitato e, una volta che ho capito che non era lei, non gliel'ho comunque domandato per non fare la figura dell'ignorante cinematografico, visto che sembrava il personaggio di un qualche cult movie che non potevo confessare di non aver mai visto. Sono rimasto così con questo dubbio atroce che mi assillava per un sacco di tempo. Per anni.

Qualche tempo fa Babol ha finalmente deciso di svelare l'arcano, in un post dedicato al film Una strega chiamata Elvira, un cult mancato più che un cult vero e proprio, se non per il Bollalmanacco, e che ero molto curioso di guardare.
Possiamo dire che la mia vita è cambiata, dopo averlo visto?
No e, se anche non l'avessi recuperato, non mi sarei poi perso uno dei più grandi Capolavori nella Storia del Cinema. Questo è vero. Allo stesso tempo però mi sarei perso una pellicola curiosa e simpatica. Più che la pellicola in sé, mi sarei perso un personaggio mitico.
Elvira è una grandissima. Una grandissima tettona, ma anche una grandissima in generale. La superdotata e supergotica protagonista interpretata da Cassandra Peterson è nata come figura del piccolo schermo, come conduttrice di Movie Macabre, un programma dedicato al cinema horror in onda sulla tv americana a fine anni Ottanta. Laddove noi abbiamo avuto Lo zio Tibia, dall'altra parte dell'Oceano ne hanno avuto una sua variante con le minne giganti.


Un personaggio dark che sembra uscito dalla famiglia Addams o dal The Rocky Horror Picture Show, con la fisicità di una fanciulla di una pellicola di Russ Meyer, o anche di una MILF di un porno, e un senso dell'umorismo black che l'accompagna sempre. Un'icona della scena horror che un giorno, non contenta della sola popolarità televisiva, ha deciso di allargare i suoi confini e portare le sue tettone in uno spazio dove ci sarebbero potute stare per intero: il grande schermo. È così che nel 1988 è approdata nei cinema mondiali con Una strega chiamata Elvira, di cui nel 2002 è arrivato pure il sequel La casa stregata di Elvira e di recente persino un videogame.
Il pregio così come il difetto del film sta racchiuso tutto in lei, Elvira. Seguirla e vedere che cosa combina è uno spettacolo. Se facessero pure un reality-show su di lei, ne uscirebbe una cosa stile The Osbournes e probabilmente me lo guarderei. Il limite della pellicola sta però nel non presentare molto altro oltre a Elvira e alle sue gigantesche tette. Le vere protagoniste del film sono loro e solo loro, onnipresenti e dalle quali è impossibile distogliere lo sguardo. La maggior parte delle gag e delle battute presenti sono costruite proprio su questo. Volete allora per caso che critichi una pellicola che ha delle tette enormi come centro di tutto?
Non ci penso neanche!


Posso solo constatare come sia un peccato non aver sviluppato un film del tutto all'altezza di Elvira e delle sue due grandiose doti. La trama è troppo esile, giusto un pretesto in cui far muovere la protagonista, i personaggi di contorno sono inconsistenti, gli attori non sono proprio dei fenomeni, la colonna sonora rock avrebbe potuto spaccare di più e la regia è al livello dei telefilm degli anni '80, ben lontana quindi dalle attuali meraviglie di HBO, AMC e company, anche perché le serie tv venute prima di Twin Peaks, mi spiace dirvelo gente e mi spiace compromettere i vostri piacevoli ricordi, facevano quasi tutte cagare a spruzzo. Sarebbe stato bello vedere questo personaggio palpato dalle mani di un Tim Burton, che in quel momento stava tra l'altro vivendo il suo periodo creativamente più vivo ed Elvira non avrebbe sfigurato nella sua galleria di personaggi tra un Beetlejuice ed un Edward mani di forbice. Sarebbe stata ancora più a suo agio Elvira dentro un film di John Waters alla Cry Baby o ancor di più alla A Dirty Shame, che vedeva una Selma Blair altrettanto e pure più superdotata. Ecco, se c'è qualcosa che questo Una strega chiamata Elvira ricorda è una pellicola di John Waters, altrettanto trash, forse ancora più trash, sboccata e piacevolmente volgare, con la stessa voglia di mettere alla berlina la classe media americana provinciale e bigotta, solo senza il genio di John Waters.
Se la pellicola nel complesso non è dunque destinata a rimanere nella mia memoria a lungo, a restare impresso è comunque il personaggio di Elvira. Lei e soprattutto le sue tette ipnotiche. È per loro che ringrazio il Bollalmanacco di esistere. È per loro che i blog oggi hanno ancora senso di esistere, eccome.
(voto 6+/10)

ANGELINA, IL TUO FILM SARÀ UNBROKEN, MA DUE COSE A ME LE HA ROTTE

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"Gesù Cristo, chi?"
Unbroken
(USA 2014)
Regia: Angelina Jolie
Sceneggiatura: Joel Coen, Ethan Coen, Richard LaGravenese, William Nicholson
Ispirato al libro: Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio di Laura Hillenbrand
Cast: Jack O'Connell, Domhnall Gleeson, Finn Wittrock, Takamasa Ishihara, Jai Courtney, Garrett Hedlund, Luke Treadaway, John Magaro, Spencer Lofranco
Genere: rotto
Se ti piace guarda anche: Forrest Gump, Vita di Pi, Jona che visse nella balena

Angelinaaaaa, ti va un'altra Grey Goose?
A me sì. Devo bere. Bere per dimenticare il tuo film. Una pellicola che presenta un titolo disonesto e ingannevole. Unbroken un paio di palle! Proprio come quelle che avevo e la tua pellicola di 2 esagerate ore e 20 esagerati minuti mi ha rotto.
Angelina, io sono proprio come te. Proprio come te uguale uguale no. Non sono una donna, non sono ricco, non sono famoso, non ho adottato 20 figli e insomma con te non centro niente, se non per un aspetto. Intendevo dire che sono un pacifista, proprio come te. Non è tanto che sia contro la violenza. Se c'è un motivo per cui odio la guerra è perché è dannatamente noiosa!
Cosa c'è di più noioso della guerra, Angelinaaaaa?
Durante la guerra si ferma tutto. Stop alle Olimpiadi. Stop ai Mondiali di calcio. Interrotti un po' tutti gli sport, tranne il tiro al piattello. Nei cinema non danno più niente di interessante, solo film di propaganda come Süss l'ebreo o American Sniper. I libri vengono bruciati, tranne quelli di Moccia che per precauzione sono fatti anche in tempo di pace con materiale che non si può bruciare. Credetemi, c'ho provato e proprio non vogliono saperne di prendere fuoco. Di figa in giro poi non ce n'è. Gli uomini stanno a guardare altri uomini, e manco in senso omosessuale. La vita dei prigionieri certo è terribile, ma anche quella dei carcerieri che devono passare l'intero a controllarli dev'essere un gran bello smaronamento. La guerra non è solo piena di morte. È piena di tempi morti. Di attese. Di osservarsi. Di stare fermi per non farsi vedere. Di nascondersi. Di aspettare il momento giusto per attaccare. Di non fare niente. Di noia per tutti.

Angelinaaaaa, faccio un appello che credo condividerai: popoli di tutto il mondo, ascoltatemi. Smettete di fare la guerra. È una palla colossale. Se proprio vi odiate, risolvetela facendo a cazzotti in maniera veloce una volta e chiudetela lì. Non fate la guerra anche perché poi c'è gente come Angelinaaaaa che ci ricama sopra dei film di guerra pieni di pathos e di retorica e soprattutto pieni di noia, che trasformano la guerra in una rottura di palle pure di secondo livello.
Angelinaaaaa, forse quest'ultima parte del mio discorso l'avrai condivisa meno della prima, però c'è da dire che con questa pellicola hai davvero esagerato. Mi rendo conto che a recitare non sei buona, io te lo dico da sempre e pian pianino anche il resto del mondo se ne sta sempre più rendendo conto, e quindi stai cercando un'altra ragione che giustifichi la tua presenza in quel di Hollywood, al di là dell'essere la Signora Bradpitt. Mettendoti a fare la regista mi sa però che hai fatto il classico passo più lungo della gamba. E sì che hai delle gambe lunghe e chi ama il genere – io no – apprezzerà. Il tuo film d'esordio dietro la macchina da presa In the Land of Blood and Honey non l'ho visto e manco ci tengo visto che ci tengo alla mia vita, ma da questo secondo Unbroken direi che stai togliendo il mestiere a gente ben più dotata di te.

"Devo correre molto veloce se voglio scappare dalle gambe lunghe della Jolie."

Non che il tuo Unbroken sia poi così terribile. Tecnicamente è ben realizzato e tutto. D'altra parte hai chiamato fior fior di collaboratori per darti una mano. I fratelli Coen hanno messo la loro firma sulla sceneggiatura e con ciò intendo che probabilmente l'hanno fatta scrivere a un ghost-writer e alla fine loro c'hanno aggiunto giusto la firma. Per la colonna sonora hai convocato a palazzo addirittura il numero 1 della composizione mondiale, oggi come oggi, il francese Alexandre Desplat. Uno capace di ottenere quest'anno da solo ben 2 nomination agli Oscar contemporaneamente per Grand Budapest Hotel e The Imitation Game. Per la soundtrack del tuo film invece no. Sorry, Angelinaaaaa, ma il francesino proprio per la tua pellicola non si è applicato e ha realizzato uno dei lavori meno significativi della sua intera carriera. La fotografia inoltre è curata, anche se la sua nomina agli Oscar non ha alcun senso, visto che sfigura al confronto di quella splendida di Ida tra gli altri candidati, così come al confronto di quelle de L'amore bugiardo e Lo sciacallo che manco sono state nominate.
Con un supporto del genere, se al tuo posto dietro alla macchina da presa avessero messo una scimmia ammaestrata, non avrebbe fatto molta differenza, Angelinaaaaa. Il tuo stile registico è davvero piatto, al punto che si potrebbe definire un non-stile. Qua e là sembri voler scopiazzare Forrest Gump e Vita di Pi, oltre a certo classicismo alla Clint Eastwood/Steven Spielberg, senza mai riuscire in una singola scena a trovare una tua identità, una tua personalità registica. Sei piatta, Angelinaaaaa.

"Però, sta venendo bene questo sequel di Vita di Pi!"

No, non offenderti. Non intendevo piatta in quel senso. Lo so che lì hai avuto dei problemi e a quel punto Brad Pitt avrà capito di aver puntato sulla puledra sbagliata mollando Jennifer Aniston e le sue belle perolone sode. Intendevo dire che sei piatta come regista. Non prendertela. Non volevo essere scortese. Per farmi perdonare, ti va un'altra Grey Goose? In cambio presentami un'amica, Angelinaaaaa.
Jennifer Aniston con quelle sue tette che te ti sogni ad esempio può andare bene.
Come? Non siete amiche? Non l'avrei mai detto, Angelinaaaaa! Dai però che “se ci credi ce la puoi fare”, come viene ripetuto nel tuo film fino alla nausea. Se ci credi, tu e Jennifer potete diventare BFF. Offrile una Grey Goose, è così che si fa. Cremonini docet.

"Meglio la guerra o girare un altro film con la Jolie?
La guerra!!!"

Angelinaaaaa, adesso accendiamo un film porno?
O anche non un porno. Basta solo che non sia girato da te. Con Unbroken mi hai regalato la pellicola più buonista, infarcita di retorica, stucchevole e noiosa dai tempi del War Horse di Steven Spielberg. Un film che è proprio come te: esteticamente impeccabile, quanto gelido e incapace di suscitare emozioni. Con questo lavoro sei riuscita persino a far crollare la mia stima personale nei confronti del protagonista Jack O'Connell, mio idolo assoluto nella serie tv Skins, che qui invece offre una prova parecchio discutibile e sfoggia un sorriso – e diciamolo – proprio da scemo. E poi perché la parte di un italo americano l'hai data a uno che si chiama O'Connell e che direi che di italiano non c'ha manco un pelo del culo?
Vogliamo infine parlare della parte finale, senza spoilerare niente? Sui titoli di coda partono le note di una canzone che i tuoi amici Coldplay hanno composto apposta per la pellicola e lì il buonismo raggiunge la sua apoteosi totale. Ed è lì che ho realizzato che da qualche parte nel mondo, in quel momento, mentre guarda quella scena Fabio Fabio si starà facendo un segone. Intanto gli infiniti titoli di coda proseguono.
La notte è già finita, Angelinaaaaa, ma il tuo film no.
Quanto cazzo dura ancora?
(voto 4/10)


I ORIGINS E STARRY EYES, DUE FILM AL PREZZO DI UNO

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I Origins
(USA 2014)
Regia: Mike Cahill
Sceneggiatura: Mike Cahill
Cast: Michael Pitt, Astrid Bergès-Frisbey, Brit Marling, Steven Yeun, Cara Seymour, Archie Panjabi
Genere: occhiuto
Se ti piace guarda anche: Another Earth, Predestination, Sound of My Voice

Ci sono cose che ti devi beccare per forza in coppia. Tu vorresti una cosa sola e invece no, te ne arrivano due. Come un appuntamento con una tipa: se vuoi fare sesso, prima ti tocca sorbire tutta la smaronata del rituale di corteggiamento e fingere persino interesse in quello che ha da dire. La stessa cosa comunque vale anche per lei, che prima si gode la parte dell'appuntamento romantico e le sue stesse chiacchiere e poi dovrà fingere l'orgasmo.
Altro esempio: le rubriche dedicate alle uscite cinematografiche settimanali, in cui potete gustarvi i miei squisiti commenti e allo stesso siete costretti a leggervi pure le panzanate del mio blogger rivale Mr. James Ford.
D'altra parte tutte le coppie celebri piaccia o meno vanno prese insieme, come un pacchetto unico. Ad esempio Gigi & Andrea. Andrea Roncato è quello più cazzaro, quello più simpatico, mentre Gigi Sammarchi... ma chi se l'è mai inculato, quello?
Oppure Raimondo & Sandra. Lo so che non è politically correct parlare male dei morti, però non me ne frega niente. Vengano pure a infestarmi la casa, se hanno qualcosa in contrario. Dovrei parlare bene di Chris Kyle solo perché è morto? Non ci penso neanche. Tra Raimondo & Sandra lui è sempre stato un grande, uno brillante e con la battuta pronta, mentre lei era un dito nel culo insopportabile. Prendiamo il suo personaggio più celebre: Sbirulino. Cosa c'è al mondo di più odioso di Sbirulino?
Forse giusto Topo Gigio.
Altro esempio: prendiamo Albano e Romina... Ah no, quelli sono insopportabili entrambi.

Ci sono cose che ti devi beccare per forza in coppia. Sono inseparabili, come gli occhi. A meno che non si parli del Ciclope o di quelli con una benda da pirata su un occhio, come quella tipa di Twin Peaks, Nadine. In linea di massima gli occhi sono da considerare in coppia e gli occhi sono i veri grandi protagonisti del film I Origins. Se cercate una pellicola che affronta l'argomento occhi, lasciate perdere Big Eyes di Tim Burton e gettate il vostro sguardo su di questo.


Per I Origins vale il discorso fin qui fatto. Si tratta di un film nettamente diviso in due parti distinte e bisogna beccarsele ambedue. La prima metà è splendida o quasi. Ci presenta una storia d'amore intrigante, incantata ma non smielata, che ci regala persino un omaggio a Il tempo delle mele, solo che il pezzo suonato qui non è “Reality” di Richard Sanderson, bensì “Dust It Off” dei The Dø, un duo franco-finlandese che pure in quel caso vi dovete beccare per forza in coppia.



Al di là dei risvolti sentimentali, I Origins serve sul tavolo una tematica parecchio complessa: il rapporto tra scienza e fede. Considerando che il regista e sceneggiatore è Mike Cahill, già autore di Another Earth, ci si poteva aspettare uno sviluppo della tematica singolare, come fatto dal suo lavoro precedente nei confronti dell'argomento apocalittico. All'inizio ci riesce. Ancora una volta Cahill fa della fantascienza giocata più su riflessioni di natura filosofico/esistenziale che non sugli effetti speciali, il tutto supportato da un buon trio di protagonisti: Michael Pitt è sempre lì lì per diventare il nuovo DiCaprio, peccato gli manchi il film giusto con cui fare il botto, la spagnola Astrid Bergès-Frisbey affascina, mentre Brit Marling è ormai una garanzia totale, peccato che qui non abbia dato il suo contributo anche alla sceneggiatura, come fatto con Another Earth.

"La smetti di toccarmi gli occhi?
Sarai mica uno di quei maniaci feticisti che praticano l'oculolinctus?"

Dopo la prima ottima parte, vi dovete però beccare anche la seconda, in cui I Origins si fuma le buone premesse e si trasforma radicalmente. Come se fosse tutto un altro film. Assistiamo a un salto temporale in avanti nella vicenda di anni e, al di là di questo, è proprio la pellicola a cambiare faccia. I toni caldi e quasi sognanti del primo tempo lasciano spazio a un secondo tempo freddo e asettico, con un'ambientazione indiana ricca di stereotipi e banalità. Se all'inizio il film pone interrogativi in maniera aperta, nel finale ha l'arroganza di fornire delle risposte. L'apertura mentale e scientifica iniziale viene abbandonata e si finisce dalle parti di un misticismo new-age francamente fastidioso. Solo che non c'è niente da fare. I Origins va preso così. Come un'occasione grande come una casa sprecata e allo stesso tempo come una pellicola che qualche spunto valido lo offre, eccome. Va preso così, come il più bello tra i film brutti e come il più brutto tra i film belli.
(voto 6+/10)




Starry Eyes
(USA, Belgio 2014)
Regia: Alex Essoe, Pat Healy, Noah Segan, Shane Coffey, Fabianne Therese, Natalie Castillo, Amanda Fuller, Nick Simmons, Maria Olsen, Louis Dezseran
Genere: depravato
Se ti piace guarda anche: Mulholland Drive, Il cigno nero, The Society, Possession, La mosca

Che cosa diavolo c'entra Starry Eyes con I Origins?
Niente. Fondamentalmente niente. Qui gli Eyes li troviamo giusto nel titolo, ma non si tratta di una pellicola incentrata in maniera particolare sugli occhi. Inoltre I Origins è una pellicola sci-fi, laddove in Starry Eyes entriamo in terrori thriller-horror, UUUH che paura!
Se allora vi parlo di entrambi i film non è perché sono scemo e non è perché sono stronzo. Sono entrambe le cose, però in questo preciso caso ciò non è così rilevante. Li ho abbinati perché il post parla appunto di cose che dovete beccarvi in coppia, siate d'accordo o no. Ragione aggiuntiva: per Starry Eyes vale in pratica lo stesso discorso fatto per I Origins e quindi cosa dovevo fare, realizzare due post in cui scrivo la stessa identica cosa?
Ne faccio uno unico così risparmio tempo e fatica sia a voi che a me.

La prima parte di Starry Eyes fa quasi gridare al: “MIRACOLO!”. Sembra di assistere a un incrocio tra Mulholland Drive e Il cigno nero, sebbene in tono minore, in tono molto minore rispetto ad entrambi, ma sembra pur sempre un incrocio tra due pellicole fondamentali del Cinema, o almeno del Cinema di Pensieri Cannibali. Come in Mulholland Drive, abbiamo anche qui una giovane aspirante attrice in quel di L.A. alle prese con dei provini alquanto particolari per ottenere il ruolo da protagonista in un film misterioso. E come ne Il cigno nero vediamo che il mondo dello show-business può provocare non solo stress, ma proprio dei cambiamenti di tipo fisico. Una vera e propria trasformazione animalesca.
A ciò vanno aggiunte delle notevoli atmosfere da horror fine 70s/inizio 80s non troppo distanti da gioiellini recenti come The House of the Devil e The Guest, rese grazie anche alle musiche di tale Jonathan Snipes che a tratti riecheggiano i lavori dei Goblin per Dario Argento.


Il film è quindi ricco di fascino, nonostante la sua trama non sia certo delle più originali. La storia raccontata è una variante ambientata in quel di Hollywood sul tema classico del vendere l'anima al diavolo. Grazie a un'efficace costruzione della tensione, a una sequenza in cui l'ottima e promettente protagonista Alex Essoe sembra omaggiare la tarantolata Isabelle Adjani di Possession di Andrzej Zulawski, e a una buona dose di mistero, il primo tempo di Starry Eyes funziona alla grande, facendomi già annusare l'odore di cult movie.
Sarò schizzinoso io, però la seconda parte getta invece via quasi tutto quello di buono che aveva presentato fino ad allora, finendo per tramutarsi in una splatterata gratuita esagerata. Gli amanti del primo David Cronenberg e più in generale del body-horror come il Bradipo, che ringrazio insieme a Lucia de Il giorno degli zombi per aver consigliato questa pellicola, apprezzeranno. Per quanto mi riguarda, io avrei preferito una soluzione più elegante, più ricercata, come nel citato Il cigno nero. Anziché lo scorrere di tutto questo sangue, avrei gradito di più un maggiore approfondimento psicologico. O – tanto per fare un esempio a caso – un bello scenone lesbo come quello tra Natalie Portman e Mila Kunis non mi sarebbe spiaciuto affatto.

"Oh mio Dio, è finita la carta igienica! E adesso come faccio?"

I Origins e Starry Eyes sono quindi due film che ben poco hanno a che fare l'uno con l'altro, ma sono accomunati dallo stesso destino. Due lavori che meritano sicuramente una visione perché propongono alcuni spunti e momenti notevoli, laddove un sacco di pellicole non ne offrono manco mezzo. Se però i film che fanno cagare fin dall'inizio manco ci provano a illuderti del contrario, questi due fanno venire un gran nervoso. Potevano essere cult, avevano le potenzialità per essere cult, e invece sono solo due affascinanti occasioni fallite.
(voto 6,5/10)

OPEN WINDOWS, COME GUARDARE UN FILM CON SASHA GREY SENZA TOCCARSI

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Open Windows
(Spagna, USA 2014)
Regia: Nacho Vigalondo
Sceneggiatura: Nacho Vigalondo
Cast: Elijah Wood, Sasha Grey, Neil Maskell, Nacho Vigalondo
Genere: aperto
Se ti piace guarda anche: The Den, Il ricatto, In linea con l'assassino - Phone Booth, La finestra sul cortile

Oggi è la mia prima volta. La prima volta che guardo un film con Sasha Grey.
Un film con Sasha Grey non porno, precisiamo.
L'ex pornostar si è ritirata dall'ambiente a luci rosse nel 2011, nel corso di una giornata in cui in tutti i paesi del mondo è stato proclamato il lutto nazionale, e da tempo si è dedicata ad altre attività oltre a quella di succhiare piselli e prenderselo nel didietro, come fare la DJ, la scrittrice e pure l'attrice “seria”. Che poi quest'ultima definizione sarebbe tutta da discutere. Per me è d esempio molto più seria come attrice Christy Mack che non Angelina Jolie, ma lasciamo perdere le polemiche.

Non l'ho mai sentita suonare, però sulla fiducia è la mia DJ preferita di tutti i tempi.

Sasha Grey aveva già girato altre pellicole non erotiche, come il film d'autore The Girlfriend Experience di Steven Soderbergh (ma siamo sicuri non sia erotico?), l'horror Would You Rather e il thriller The Scribbler. Tutti lavori che io non ho visto, perché mi faceva strano e mi sembrava pure offensivo nei suoi confronti guardare un film con Sasha Grey senza il preciso intento di masturbarmi.
Adesso però con questo nuovo horror intitolato Open Windows ho voluto fare un esperimento scientifico altamente rischioso, a cui nessun uomo a oggi è mai sopravvissuto: guardare un film con Sasha Grey senza toccarsi.
Che poi il fascino di Sasha Grey è una cosa difficile da spiegare. Non è il classico stereotipo di pornostar che uno si potrebbe immaginare. Non è una bionda tettona rifatta con le labbra gonfie e lo sguardo da cerebrolesa. Sasha Grey ha sì un fondoschiena da urlo, però è mora, ha poche tette, è una bella ragazza ma non una di quelle poi così vistose o appariscenti. Il segreto del successo, la carta vincente di Sasha Grey è allora un'altra: ha uno sguardo da porca che non conosce eguali.


Via ora all'esperimento scientifico.
Comincio con la visione di Open Windows, che apro sul mio Windows.
È davvero un'esperienza surreale e straniante iniziare la visione di una pellicola con Sasha Grey con il simbolo di Canal + e l'annuncio che il film è stato girato con il supporto del governo spagnolo, anziché scritte del tipo: BangBus Presents, Brazzers Production o Una Produzione CiucciaPifferi.
Comunque, titoli di testa finiti e non mi sono ancora toccato: bene così!

Il film inizia con il finto trailer di un nuovo finto blockbuster fantascientifico che vede come protagonista la star del momento, Jill Goddard interpretata da Sasha Grey.
Sasha Grey... aaah, al solo nominarla ho degli strani impulsi... No, devo farmi forza. Devo fare come i partigiani: combattere per la Resistenza!
Beviamo. Liquidi, ho bisogno di liquidi. Ho bisogno di acqua, non di alcolici, che quelli aiutano solo a far cadere le inibizioni, dannati diavoli tentatori. All'interno del fittizio trailer, un tizio sta per togliere la sexy canotta indossata da Jill Goddard/Sasha Grey. Non so se mi arrapa di più il nome Jill Goddard o quello di Sasha Grey. Non che Sasha Grey sia un nome particolarmente arrapante. Sasha anzi è un nome più che altro maschile. A me fa venire in mente il cantante tedesco Sasha, quello che a fine anni '90 aveva tirato fuori la sdolcinatissima e vomitevole “If you believe in love toniiight, I'm gonna show you one more time.



Grazie Sasha. La tua canzone mi ha fatto subito abbassare l'erezione che mi era venuta al pensiero della Grey senza canotta.
La sua canotta rimane, il trailer fittizio finisce e comincia una conferenza stampa di presentazione fittizia dedicata al film fittizio. Qui tutto procede liscio, nel senso che Sasha Grey è vestita in maniera molto castigata, anche se quel suo sguardo basta e avanza per arrapare. A far diminuire i pensieri erotici ci pensa allora... Elijah Wood.


Basta la visione di Frodo Baggins per stemperare qualunque fantasia di tipo sessuale. A meno che non siate Samvise Gamgee e in tal caso ciao, vi sarete già fatti un bel pippone!

"Aaah, Elijah, che sesso che mi fai!"

La visione della Grey da vicino è compromessa da un sacco di finestre che si aprono. Una buona parte della pellicola la vediamo infatti attraverso lo schermo del computer di Elijah Wood, che ha la parte del webmaster di un sito dedicato alla star Jill Goddard. Lo stile adottato ricorda molto da vicino quello del recente horror mockumentary The Den, quello con Melanie Papalia, bella gnocchetta pure lei...
Uhm, meglio che non ci pensi.
Comunque sulla pagina Wikipedia italiana dedicata a Open Windows ci sta scritto: “La pellicola ha la particolarità, prima nella storia del cinema, di essere tutta ambientata in screencast, cioè su schermi di pc, webcam o videocamere.” Non è vero. C'è già stato The Den nel 2013, mentre questo Open Windows è del 2014. Anche Wikipedia sbaglia! Questa scoperta diminuisce ulteriormente la mia libido e mi manda in depressione. Se persino Wikipedia mente, tutto il mondo mente e non c'è niente di sicuro, NOOOOOOOOOO!

Il film da qui in poi prosegue un po' dalle parti di serie tv sugli stalker come Pretty Little Liars, il nuovo Eye Candy e Stalker, così come anche del film Maniac sempre con Elijah Wood. E a proposito di Elijah Wood, che fino a che continuo a parlare di lui il rischio masturbazione resta lontano, Open Windows va vicino anche a quei film dove c'è un pazzo che minaccia il protagonista da lontano di cui sentiamo solo la voce come in In linea con l'assassino - Phone Booth, Buried - Sepolto o Il ricatto con l'onnipresente Elijah Wood.
Il riferimento principale resta in ogni caso il citato The Den, soltanto che Open Windows adotta uno stile meno mockumentaroso e leggermente più autoriale. Non stupisce allora trovare dietro a questa operazione Nacho Vigalondo, che non è il nome di un trafficante o di un piatto messicano, bensì è il regista spagnolo che ha girato lo splendido film sui viaggi nel tempo Timecrimes e poi il divertente, sebbene non del tutto riuscito, Extraterrestre, pellicola che gettava uno sguardo ironico sul cinema di fantascienza, un po' come questo lo fa nei confronti degli ambienti hollywoodiani. Vigalondo tra l'altro compare pure come attore nei panni auto ironici del regista del film fittizio all'interno del film.

Fino ad ora, ed è passata circa mezz'ora, Open Windows viaggia su ritmi alti, ha un discreto livello di tensione ed è interessante abbastanza da non farmi pensare ad altro. Peccato che, dopo 45 minuti di visione, Sasha Grey si sveste ed è in lingerie. Quindi si spoglia del tutto e rimane solo in vestaglia.
Perché l'hai fatto, Sasha? Non dovevi!
L'esperimento scientifico a questo punto si fa davvero duro. E non solo quello. Elijah Wood, minacciato dal maniaco di turno, minaccia a sua volta Sasha Grey e la costringe a... spogliarsi.


Che state facendo?
Nooo, fermatevi, sciocchi! Volete proprio veder fallire il mio esperimento, vero?
Adesso Sasha Grey apre sempre di più la sua vestaglia e fa vedere le tette. La sensualità della scena è però stemperata dalle immagini di un tizio legato e in fin di vita presente su un'altra schermata del computer di Elijah Wood. Se non siete fan del bondage e del sadomaso, e io non lo sono particolarmente, la cosa servirà a farvi diminuire l'eccitazione. Con me sta funzionando, però Sasha Grey se ne sta lì con i capezzoli bene in vista ed è difficile resistere. Intanto Elijah Wood le chiede di mostrare di più. Ancora di più. E chiedere a Sasha Grey di spogliarsi è come mettere una striscia di coca davanti alle narici di Diego Armando Maradona, o richiedere ad Adele una canzone spezzacuore, o domandare un brutto film a Liam Neeson. Un'abitudine da cui non ce la fanno a stare lontani. E allora Sasha si spoglia sempre più e io...
Devo pensare a qualcosa di non sexy, devo pensare a qualcosa di non sexy, devo pensare a qualcosa di non sexy. Ecco, trovato! Matteo Salvini sulla copertina di Oggi...
Funziona! Funziona alla grande! Per un po' non dovrei più avere un'erezione. O forse per sempre, chi lo sa?

Nel frattempo Sasha Grey si riveste e io, grazie a Dio e soprattutto grazie a Salvini, ho superato indenne questo momento di crisi.
Siamo oltre i 50 minuti di film con Sasha Grey e ancora non mi sono toccato: è un nuovo record mondiale!
Sì, in questo momento mi arriva la comunicazione ufficiale dal Guinness World Records: è una cosa mai successa prima.
Dopo essere entrato nella Storia, devo comunque cercare di portare l'esperimento scientifico al termine. In mio soccorso arriva la pellicola, che da qui in poi ci propone meno Sasha Grey e più inseguimenti in stile Grand Theft Auto. Da un punto di vista dell'interesse sia cinematografico che sessuale, questa è la parte più spenta e ripetitiva della pellicola.
A questo punto la strada che porta al successo del mio esperimento è in discesa, mentre il film scivola in una parte conclusiva che esagera con i colpi di scena a effetto. Con la voglia di stupire a tutti i costi, Nacho Vigalondo finisce per sortire l'effetto contrario. Come spesso accede con i thriller-horror, anche in questo la parte finale è quella più deboluccia rispetto al resto.
Vigalondo è allora qui lontano anni luce dai livelli del suo folgorante esordio Los cronocrímenes, non stupisce in una maniera particolare per originalità, almeno chi ha già visto The Den, non ha realizzato quel La finestra sul cortile in versione 2.0 come magari sognava di fare, però ha comunque confezionato una pellicola accattivante, di buona tensione e di discreto intrattenimento che getta qualche leggera riflessione sul mondo social di oggi. Un film che in più offre qualche sensuale spunto pruriginoso grazie alla presenza di una Sasha Grey cui è possibile resistere. Sì, si può resistere. Io ce l'ho fatta. L'esperimento scientifico è stato superato: sono riuscito a guardare un intero film con Sasha Grey senza toccarmi!
(voto 6+/10)



Se volete mettere alla prova la vostra resistenza, guardate anche voi Open Windows con Sasha Grey.
Nel caso abbiate dubbi sulle vostre capacità di frenarvi, per sicurezza procuratevi prima il pratico kit anti-masturbazione.


A grande richiesta è ora disponibile anche la versione per le fanciulle!

IL DESTINO DEL CINEMA

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Fratelli Wachowski contro il cinema italiano.
Birdman contro Iceman.
Cannibal Kid contro il suo blogger nemico Ford.
Questo sarà un weekend all'insegna delle grandi sfide. Sia nei cinema, che qui sui nostri blog, dove come al solito la rubrica dedicata alle uscite nelle sale si sdoppia tra i preziosi consigli di Pensieri Cannibali e quelli deleteri e potenzialmente mortali di WhiteRussian.

Jupiter - Il destino dell'universo
"Seriously, Channing? Ma chi te l'ha fatto fare di conciarti così?"
"Oh, che vuoi Mila? Tengo famiglia."
Cannibal dice: I Wachowski sono un grande rischio. Dopo il primo ancora oggi esaltante Matrix, il film scopiazzato da tutti persino da Eastwood che ha cambiato il cinema sia action che di fantascienza degli ultimi anni, checché ne dica Ford, non ne hanno più azzeccata una. Il loro ultimo Cloud Atlas è una delle peggiori schifezze viste da parecchio tempo a questa parte e il nuovo ambizioso Jupiter è, fin dal trailer, ad altissimo rischio ciofeca. Potrebbe essere uno dei film più involontariamente ridicoli dell'anno e quindi Ford potrebbe esaltarlo come un nuovo Capolavoro proprio come ha fatto con l'agghiacciante Cloud Atlas. Io comunque sono fiducioso: impossibile fare peggio di quello.
Ford dice: sono contento che i Wachowski tornino sul grande schermo, sempre con la loro amata fantascienza un po' tamarra che è, di fatto, un marchio di fabbrica della filmografia che li rappresenta.
Considerato, infatti, quello che accadde con Cloud Atlas, si prospetta un litigio con i fiocchi e controfiocchi tra me e Spielberg Kid, che ormai si porterà dietro per tutto l'anno i pistolotti contro American Sniper e cercherà di infilarli a forza anche per criticare Jupiter.

Birdman
"Fordman, smettila di seguirmi con quel ridicolo vestito.
Non è ancora Carnevale e non stiamo andando a un incontro di wrestling!"
Cannibal dice: Birdman begins. Il film in corsa per gli Oscar presto volerà sui cieli di Pensieri Cannibali e, credo, pure su quelli di WhiteRussian. Che impressione mi avrà fatto?
Mistero totale e, per una volta, non so davvero cosa ne potrà pensare Mr. Fordman. Presto però lo scopriremo...
Ford dice: Birdman è stato, in questi primi quaranta giorni circa del duemilaquindici, uno dei film di cui più si è parlato, e forse uno di quelli che dovrà confrontarsi con le aspettative più alte di pubblico e critica.
Inarritu tornerà ai livelli dell'esordio di Amores Perros volando alto o si schienterà rovinosamente contro una muraglia di bottigliate come fu per Babel? A breve avrete la risposta, mia come quella del mio rivale. Purtroppo.

The Iceman
"Scendi subito da questa auto!
Può sembrare una minaccia, ma in realtà lo dico solo per il tuo bene:
alla guida c'è Mr. Ford!"
Cannibal dice: Film del 2012 che arriva ora nelle sale italiane giusto con quel solito piccolissimo ritardo. Nonostante in rete circoli già da parecchio tempo, non l'ho ancora visto ma credo sia arrivato il momento. Anche se non mi ispira più di tanto perché mi sa di – com'è quell'espressione? – fordianata colossale, eccola trovata!
Ford dice: la distribuzione italiana resta uno dei grandi misteri della Natura e del Cosmo, un po' come i processi mentali di Cannibal Kid.
Fatto sta che, con quasi tre anni di ritardo, giunge in sala un film del duemiladodici che più o meno dallo stesso tempo giace nel mio hard disk esterno, e che, dunque, sarà il momento di riesumare.
Su due piedi, direi che si tratta di una cosa molto più nelle mie corde che in quelle di Peppa.

Non c'è 2 senza te
"Belen, smettila di recitare così male che ti mettono in galera insieme a Corona!"
Cannibal dice: Film agghiacciante fin dal titolo, che persino io mi rifiuterei di usare in un mio post. Ci sarebbe da vedere 'sta roba con Belen Rodriguez giusto per infoltire la classifica dei peggiori film dell'anno, ma già soltanto con le pellicole guardate a gennaio ho la Flop 10 quasi piena.
Ford dice: qui non c'è neanche uno. E forse neanche lo zero. Passo, e non lo auguro neppure al mio antagonista.

Leoni
"Hey, dopo Belen arrestate pure me? In cella con Corona però non ci voglio andare,
che quello in mezzo alle gambe c'ha una proboscide!"
Cannibal dice: Commedia italiana che promette di riflettere sulla situazione lavorativa e sociale nostrana di oggi con protagonista Neri Marcoré, uno che secondo me al cinema proprio non funziona. Ora che ci penso, manco in televisione funziona. E il trailer mi ha fatto venire voglia di vedere questo film quanto di partecipare a una sfida di wrestling in tag team (è giusto il termine?) in squadra con Ford.
Ford dice: di questo film non mi importa praticamente nulla, ma sono strabiliato dal fatto che Peppa conosca il termine tag team, e lo citi immaginando un nostro incontro di wrestling, per giunta in coppia.
Per l'occasione, potremmo vedercela con Brad Pitt e Angelina Jolie: in questo modo, tra lei e il Cucciolo, potrebbe scattare una spassosa catfight!

Non sposate le mie figlie!
"Applausi per Ford, ha finalmente ammesso di essere
quello che noi francesi chiamiamo les incompétents."
Cannibal dice: Fino a poco tempo fa le produzioni transalpine mi ispiravano immediata fiducia, adesso sono più diffidente, soprattutto nei confronti di questa commedia matrimoniale che pare davvero una robetta. Che è successo al cinema francese, perché si è fordizzato? Per fortuna ogni tanto tira ancora fuori radical-chiccate cannibali gradevoli come il recente Gemma Bovery.
Ford dice: dopo un paio di stagioni a dir poco esaltanti, il Cinema d'oltralpe pare essere clamorosamente crollato a livelli che lo avvicinano a quello nostrano, finendo per distruggere uno dei campi di battaglia più interessanti per le discussioni con Cannibal. Salto, nella speranza che si possa tornare ad avere qualcosa di davvero interessante dai nostri cugini.

Mune – Il guardiano della Luna
"Oooh, la Luna è bella quasi quanto una pellicola consigliata dal Cucciolo Eroico!"
Cannibal dice: Come quasi ogni settimana, ecco qua la bambinata fordianata del weekend, che si preannuncia pure peggiore del solito. E il fatto che sia una produzione francese non basta per renderla appetibile al mio palato radical-chic.
Ford dice: ho visto e stravisto il trailer di Mune su tutti i canali di cartoni animati che si schiaffa il Fordino, e seppur non esaltato, mi è sembrato che non fosse neppure così male. Credo che, comunque, fino a quando Po impazzerà da queste parti, sarà dura che venga recuperato.

NUOVI CORSI CORSARI CUI PARTECIPARE DI CORSA

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Tornano i Corsi Corsari!
Qui su Pensieri Cannibali abbiamo già parlato diverse volte di queste iniziative, ma per i più distratti laggiù nei banchi in fondo che passano tutto il tempo a parlare e a ridere, ricordo cosa sono. Si tratta di alcune serie di lezioni e incontri dedicati al mondo del cinema che si tengono in quel di Milano. Per quanto riguarda questo primo scorcio di 2015, l'appuntamento si moltiplica. Nei primi mesi dell'anno sono infatti previste varie nuove iniziative. Quali sono? Vediamole subito.

CINEMA: L'ABC

Un incontro ravvicinato con la grammatica filmica che parte dal lessico delle inquadrature per arrivare alla sintassi del montaggio, rispondendo ai mille quesiti dello spettatore: che cos’è una soggettiva e a cosa serve? E un piano sequenza? Come e quando usare i movimenti di macchina? Qual è la differenza tra carrellata e zoomata? Che cosa sono le dissolvenze? Quali sono le funzioni del “controcampo” e del “montaggio alternato”?
Le lezioni sono accompagnate da una ricca antologia filmica in formato digitale.
A fine corso vengono rilasciate la filmografia e la bibliografia delle lezioni, che saranno tenute da Massimo Zanichelli, professore, scrittore e grande esperto di cinema.

Questo primo corso si terrà a Milano al Fermo Immagine Museo del Manifesto Cinematografico, via Gluck 45, Milano in tre date: venerdì 20 e 27 febbraio e il 6 marzo, dalle 19.10 alle 21.10. Costo totale del corso: 60,00 € (IVA inclusa). Per maggiori informazioni e per iscriversi, potete fare un salto sul sito di Corsi Corsari.


Ad aprile e maggio si terranno inoltre una serie di altri incontri. Eccoli qui di seguito.


DEGUSTAZIONI IN PELLICOLA
Due incontri monografici di cinema "di gusto", accompagnati dalla degustazione di differenti tipologie di tè, ognuna portatrice di storie, suggestioni e sapori unici.
Un'esperienza sensoriale ed evocativa, a cura di Massimo Zanichelli e Barbara Sighieri de La Teiera Eclettica.

IL CINEMA DI NOLAN
In occasione dell’uscita del libro di Massimo Zanichelli su Christopher Nolan e del Blu-ray dedicato a “Interstellar”, un’avvincente panoramica sul cinema di uno dei registi più immaginifici del nostro tempo, con un'antologia che racchiude come in un magico cofanetto tutti i film di Nolan raccontati attraverso una singola scena, da “Following" a "Memento, da "Insomnia” a “The Prestige” da “Inception” fino alla Trilogia del Cavaliere Oscuro.

MILANO IN PELLICOLA
Un'antologia di suggestioni cinematografiche con la città di Milano a far da protagonista.
Riviviamo la città meneghina attraverso la visione dei più bei frammenti della storia del cinema italiano dell'ultimo secolo, dal Neorealismo al giorno d'oggi.

Per maggiori info potete fare un salto sempre sulla pagina web di Corsi corsari. Correte a iscrivervi, prima che sia troppo tardi!

L'ALBA DELLE SERIE VIVENTI - LE NOVITÀ TV 2015

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Tira aria di novità all'interno del panorama televisivo americano. Con serie storiche come Breaking Bad, Sons of Anarchy e Mad Men che hanno chiuso i battenti o stanno per farlo, la caccia al nuovo cult del piccolo schermo è più viva che mai e il 2015 si è aperto con una serie di potenziali nuove droghe seriali da non sottovalutare.
Se qualcosa non funziona troppo (Eye Candy) e qualcos'altro non convince in pieno (12 Monkeys), vi invito caldamente a cominciare a seguire gli altri cinque titoli. Perché?
Scopritelo leggendo le mie mini-recensioni (alcune manco troppo mini) dedicate alle novità tv di inizio 2015.


Empire

Negli Stati Uniti hanno un Presidente di colore, ma una bella serie black come si deve?
Quella ancora no. Fino ad ora. A colmare questa clamorosa lacuna ci pensa Empire, che non a caso si sta rivelando la nuova serie tv di maggior successo del 2015 e, più in generale, di tutta la stagione 2014/2015. L'America aveva bisogno di una serie come questa e pure io. Empire porta sul piccolo schermo le vicende di una casa discografica hip hop capitanata dal rapper/imprenditore/gangsta alla Jay-Z Lucious Lyon interpretato da un Terrence Howard in gran forma. L'attore è in gran forma e qui riprende un po' il ruolo che aveva in Hustle & Flow - Il colore della musica. Il suo personaggio invece non è così in forma e, anzi, non gli resta tanto da vivere. Prima di andarsene vuole però sistemare i suoi figli. Vi ricorda qualcuno? Un certo Walt White di Breaking Bad, per caso?
In realtà Empire è più un Dallas in versione black ricco di elementi da soap opera, e lo dico nella sua accezione più positiva, visto che è un prodotto che crea dipendenza e voglia di guardare un episodio dopo l'altro. Allo stesso tempo è un'epopea famigliare tipo un Sons of Anarchy in chiave hip hop, con una colonna sonora ricca di canzoni originali scritte/prodotte/curate da Timbaland, mica Emis Killa.
Altro punto di forza: i personaggi. Ognuno può scegliere il suo preferito tra il padre patriarca all'antica, il figlio gay sensibile con la voce da John Legend, il figlio sbruffone che sembra un incrocio tra Chris Brown e Balotelli e poi lei, la mia idola personale, Cookie Lyon, l'ex moglie del protagonista appena uscita di galera nei cui panni troviamo una Taraji P. Henson da Emmy/Golden Globe/Oscar immediato.
Empire, l'intrattenimento tv ai suoi massimi livelli, yo.
(voto 7,5/10)

"Un brindisi a Cannibal Kid. Niente proiettili per lui.
Per il momento..."

Hindsight
"Negli anni '90 non esistevano i blog."
"Come si stava bene senza Pensieri Cannibali, AHAHAH!"

Ho una passione per i film/le serie tv ambientati nei decenni passati. Se già tendo a venerare quelli che ci riportano nei 60s/70s/80s, per quelli che vanno indietro nei 90s vado proprio fuori di testa. È il periodo in cui sono cresciuto e tutte le cose che hanno a che fare con quel decennio mi provocano un inevitabile tuffo al cuore. Oddio, non tutte. Pensare alla moda del karaoke o a Settimo Cielo o a “T'appartengo” di Ambra ad esempio mi può provocare un infarto, più che un tuffo al cuore.
Dopo la splendida serie made in UK My Mad Fat Diary, di cui nei prossimi mesi dovrebbe arrivare la terza stagione, ecco che anche Hindsight ci riscaraventa indietro negli anni Novanta. Con uno di quei pretesti “magici” in stile La vita è meravigliosa/30 anni in un secondo/The Family Man/17 Again - Ritorno al liceo la protagonista è una quasi 40enne alla vigilia del suo secondo matrimonio che un giorno si ritrova e essere di nuovo una ventenne-e-qualcosa nel mezzo dei 90s e a poter decidere se rifare di nuovo tutto uguale, oppure cambiare radicalmente le decisioni prese nella sua vita.
Sarà che l'autrice della serie è quella della sottovalutatissima e troppo prematuramente cancellata Jane by Design, sarà che la colonna sonora con Alanis Morissette, Cranberries, Elastica, Ace of Base, Collective Soul e qualunque gruppo trooppo 90s vi possa venire in mente è una libidine totale, sarà che i dialoghi tra la protagonista con la faccia da Shakira e la sua BFF ricchi di riferimenti alla pop-culture in stile Una mamma per amica sono irresistibili, sarà che vedere che nei locali si poteva ancora fumare mi fa venire una gran nostalgia, o sarà che adoro (quasi) tutto quello che ha a che fare con gli anni Novanta, ma Hindsight è già la mia nuova serie cult.
(voto 7,5/10)

12 Monkeys

La prima volta che ho visto L'esercito delle 12 scimmie avevo circa 12 anni, ero al cinema con gli amichetti dell'epoca a fare casino e non c'ho capito una mazza. La seconda volta ero un teenager e c'ho compreso qualcosina di più, eppure restava sempre una visione incredibilmente misteriosa, in cui qualcosa sfuggiva. L'esercito delle 12 scimmie resta a tutt'oggi uno dei film più incasinati e affascinanti che io abbia mai visto, nonché una delle pellicole per me fondamentali e a cui sono più legato. Per questo quando ho saputo che ne avrebbero tirato fuori una serie tv, per giunta quei depravati di Syfy, il canale di Sharknado e Z Nation, ho desiderato che il virus mortale del film colpisse gli autori prima che potessero portare a compimento un'operazione del genere.
Come potrete intuire, partivo quindi “leggermente” prevenuto nei confronti di questo adattamento tv. E invece...
Invece non mi ritrovo certo a osannare 12 Monkeys come un nuovo capolavoro televisivo, però devo dire che ho apprezzato il modo di approcciarsi alla pellicola originale. Parecchio rispettoso, nonostante ci siano alcune “piccole” differenze rispetto al film cult di Terry Gilliam, oltre al fatto che manca del tutto il tocco visionario e geniale di Terry Gilliam, ma va beh, quello è non si può replicare. Tra le “piccole” differenze c'è il fatto che il personaggio del folle Jeffrey Goines (grande cognome!), interpretato da un Brad Pitt alla forse migliore prova recitativa della sua carriera insieme a quella in Fight Club, è diventato... Jennifer Goines.
WTF?
No, non è un trans. Gli autori hanno semplicemente deciso di rendere il personaggio una personaggia, cioè una ragazza, interpretata da tale Emily Hampshire, una tipa che somiglia vagamente a Tatiana Maslany, così come questa serie ha un piglio sci-fi umanista vagamente alla Orphan Black. Jennifer Goines potrebbe essere il personaggio chiave dell'intera serie, solo che dai primi episodi in cui compare pochissimo ciò non è ancora bene chiaro. Questa è una cosa positiva. Proprio come il film, non si capisce bene dove voglia andare a parare e, almeno sotto questo punto di vista, rimane fedele alla pellicola, per quanto una serie di SyFy possa esserlo.
Nel complesso mi aspettavo insomma peggio. Molto peggio. Anche se c'è una cosa che non funziona proprio e non è una cosa mica da poco: il protagonista principale. Aaron Stanford non vale mezzo Bruce Willis. Anzi, nemmeno un quarto di Bruce Willis con formaggio.
(voto 6/10)

"Sono il nuovo Brad Pitt, ma perché nessuno mi vuole credere?"
"Poveretta. Oggi doppia razione di psicofarmaci."
"Io sono il nuovo Bruce Willis.
Almeno nei miei sogni..."

Eye Candy
Nina Dobrev Victoria Justice in Eye Candy

Le Pretty Little Liars hanno fatto il loro tempo?
Stalker non vi basta?
Volete un nuovo maniaco da seguire come maniaci?
Ecco a voi Eye Candy, la serie su una bella gnocca, Victoria Justice, perseguitata da un pazzo stalker. Perché?
Perché è una bella gnocca, credo non ci siano altre ragioni. O forse sì, visto che la sexy fanciulla è una hacker cui tre anni prima hanno rapito la sorella e quindi potrebbe esserci qualcos'altro sotto, solo che ciò non importa. Eye Candy è una serie teen-crime-thriller di livello medio guardicchiabile ma non certo memorabile che ha una sola e unica ragione fondamentale per essere seguita. La stessa per cui lo stalker segue la protagonista: Victoria Justice è una bella gnocca.
(voto 5,5/10)

"Solo 5,5?
E' ora di organizzare un bell'attacco hacker a Pensieri Cannibali!"

Mozart in the Jungle

Pensate che la musica classica sia una palla? Che sia un genere per nonnetti oppure per giovani sfigati?
Avete ragione. Avete perfettamente ragione. Tutto questo cambia però quando ci si trova di fronte a Mozart in the Jungle, nuova serie il cui motto è “Sex, Drugs and Classical Music”.
Se andiamo a vedere da vicino di sex non ce n'è tantissimo, di certo meno che nella gran parte delle serie della tv via cavo americana attuale. Con le drugs poi siamo messi maluccio, visto che anche su questo aspetto si potrebbe osare molto ma molto di più. In compenso c'è la Classical Music, molta Classical Music, che qui viene proposta con un'attitudine rock'n'roll dal Maestro Rodrigo, un giovane direttore d'orchestra considerato un genio della musica mondiale nei cui panni c'è un grandioso (nonostante di statura sia piccolino) Gael García Bernal. La serie ha un piglio molto hipster, non a caso tra i creatori ci sono Roman Coppola e Jason Schwartzman, due degli amichetti più fidati di Wes Anderson. Si tratta dunque di una di quelle comedy indie intellettualoidi tra Woody Allen e Girls che non fanno ridere a crepapelle, più che altro sorridere qua e là, ma cui con un attimo di pazienza ci si affeziona irrimediabilmente.
Mozart in the Jungle è una serie che cresce poco a poco e conquista sempre più, episodio dopo episodio, raggiungendo il suo picco con la settima splendida puntata “You Go to My Head”, ambientata durante un radical-chicchissimo party e che prende il suo titolo da un pezzo magnifico di Billie Holiday. La serie fa allora lo stesso effetto del suo protagonista Rodrigo, all'inizio guardato con diffidenza dagli accademici parrucconi legati alle tradizioni e appunto alla “classicità” della musica classica, e poi capace di conquistare persino i più diffidenti.
(voto 7+/10)

"Hey tu, stronzetto. Te lo ricordi Arancia Meccanica?"
"Seguro!"
"Ecco, vedi di non scordartelo, ok?"

Galavant

Durante i primi 30 secondi di Galavant ho pensato: “Un musical fantasy favolistico? Ma cosa ca##o sta guardando?”
Tempo che fosse finita la prima canzone ed ero già innamorato alla follia di questa serie. Il merito?
Le canzoncine non saranno musicalmente fenomenali, però sono contagiosissime. Il punto di forza principale è comunque un altro: Galavant non si prende sul serio. Mai. L'ironia non è presente soltanto sullo sfondo, è proprio la protagonista principale. Mi spiace dirlo, caro il mio egocentrico eroe Galavant, ma la vera protagonista è lei ancor più di te.
Galavant è una serie che fa ridere. Davvero ridere. Per lo meno se si accetta la sua natura totalmente cazzara, capace di far passare Mel Brooks e Leslie Nielsen per dei tipi seri al confronto. Se l'attitudine è cazzara, le coreografie e i numeri musicali sono invece realizzati in maniera molto professionale e, oltre che divertentissimi, sono anche curatissimi, così come le interpretazioni sono da applausi, soprattutto quelle dei due cattivoni: King Richard alias Timothy Omundson e la sexy quanto spietata Madalena AKA Mallory Jansen. Grande pure l'ex calciatore Vinnie Jones, mentre il protagonista Joshua Sasse è una rivelazione assoluta ed è già uno dei miei nuovi idoli personali.
Tutto bene, or dunque?
Ehm, per quanto riguarda gli 8 veloci ed esilaranti episodi che compongono la prima stagione sì. Il problema è che, visti i non troppo esaltanti dati d'ascolto americani (comunque nemmeno così terribili), potrebbe non esserci mai una seconda stagione.
Cioè, ci troviamo di fronte a una delle serie più genuinamente divertenti e originali in onda sulla tv americana e questi la vogliono subito cancellare?
È una battuta, vero?
(voto 7/10)

"Mi spiace Mattarella, ma dopo Re Giorgio tocca a me!"

Man Seeking Woman

Altra comedy spassosissima e clamorosamente originale. Altra serie che rischia di non vedere mai una seconda stagione. C'è da chiedersi se gli americani non hanno senso dell'umorismo, oppure se è tutto uno scherzo e ci stanno pigliando per il culo. Fatto sta che gli ascolti di Man Seeking Woman al momento sono parecchio bassini e la serie potrebbe quindi non durare molto a lungo.
Fino a che andrà avanti, comunque, Man Seeking Woman merita di essere vista, nonostante la vicenda raccontata sia banale. Il protagonista facia da pirla Jay Baruchel è un ventenne-e-qualcosa rimasto single alla ricerca di una nuova tipa. La maniera in cui questo spunto abusatissimo viene sviluppato è però fenomenale. Tra troll, Adolf Hitler e nuvolette fantozziane, soltanto nel primo episodio capita qualunque cosa immaginabile o meglio ancora non immaginabile. Guardando il pilot viene il dubbio che gli autori si siano giocati tutte le idee più geniali subito e invece con le puntate successive ne tirano fuori delle altre, come un pozzo senza fondo di spunti e creatività. Magari non tutte le trovate funzionano al 100% o sono completamente spassose, ma nel complesso Man Seeking Woman è una delle cose più fantasiose che si possano trovare all'interno di un panorama dominato da sequel/prequel/remake/spinoff e cose già viste e straviste.
Prendete e godetene tutti.
Finché dura.
(voto 7/10)
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